fausto1947 ha scritto:Dedekind capovolse un modo di pensare millenario. Si era sempre definito l’infinito a partire
dal finito, appunto come non-finito; ora, invece, è il finito che diventa il non-infinito.
Un'altra cosa a cui ci si può riferire per quanto riguarda la concezione dell'infinito definito a partire dal finito è la distinzione tra infinito
potenziale e infinito
attuale.
E' una distinzione mutuata dalla filosofia, che risale a Aristotele.
L'infinito potenziale è una grandezza che può essere fatta crescere in modo illimitato, l'esempio più semplice sono i numeri naturali, si può sempre prendere un numero più grande di qualsiasi altro numero assegnato. In questo senso è un infinito in potenza, in fieri, è possibile ripetere la procedura quante volte si vuole, ma nell' 'attimo' dato il numero preso è pur sempre finito.
L'infinito attuale è invece un infinito che si dà 'in atto', è una totalità che si dà in un certo istante come realtà effettiva, un ente con un numero di elementi infinito.
E' questo l'infinito di Cantor e Dedekind.
Fino alla fine del XIX secolo, appunto con Cantor e Dedekind, l'infinito era concepito in matematica solo come infinito potenziale.
Si pensi all'infinito nel senso del concetto di limite in analisi reale, formalizzato nel XIX secolo da Cauchy e poi da Weiestrass. Nella definizione di limite all'infinito c'è appunto un'idea potenziale dell'infinito, una grandezza (il valore della funzione) che può essere resa infinitamente grande, più di qualsiasi numero dato, ma non c'è l'idea di un insieme infinito in sé.
In questo senso nella definizione ottocentesca di limite (cioè quella che ancora oggi abbiamo) l'infinito viene 'addomesticato' al finito.
Con Cantor abbiamo invece un teoria degli insiemi infiniti in sé, con i numeri transfiniti e le gerarchie di infiniti, cioè può esistere un infinito più 'grande' di altri, addirittura infinite cardinalità infinite.
Entriamo in quello che Hilbert chiamò 'il paradiso creato da Cantor da cui nessuno potrà scacciarci'.
Easy reading is damned hard writing. (Nathaniel Hawthorne, The Scarlet Letter)