Una persona, per avere "conoscenze minime" di algebra lineare, deve saper moltiplicare due matrici, e giusto essere a conoscenza della definizione di spazio vettoriale. Ma anche no, quest'ultima. In analisi, considero solo il precalcolo come punto di partenza (una definizione rigorosa dei reali, magari assiomatica; e la teoria degli insiemi, ecc.; ma non, ad esempio, il calcolo integrale, nemmeno in una sola variabile; o i gli anelli di polinomi) Questa persona non dovrebbe avere, idealmente, nessuna conoscenza della geometria fatta in \( R^3 \) (vd. seguito).
Ciò che mi infastidisce della topologia è la sua sorta di ecletticità; la trovo difficile da spiegare. Mentre è possibile apprezzare costruzioni "coi gruppi" o "con gli spazi vettoriali" rimanendo all'interno di "algebra", sembra meno ovvio1 dare una giustificazione a fatti topologici senza un apporto abbastanza pesante di esempi concreti. Non è dovuto all'astrazione: anche la teoria spicciola dei gruppi lo è. (Vd. butterfly lemma o quarto teorema di isomorfismo, per un'esempio a mio favore di cosa astratta, totalmente algebrica, ma "con un senso al di fuori di esempi concreti").
Quindi, quando ha senso studiare topologia? Il suo "senso astratto" è nascosto dai giocattoli che le sono aggiunti (penso ad esempio alla geometria che si può fare in \( \mathbb{R}^3 \), con la norma; o agli spazi vettoriali topologici; alle varietà, anche se in merito non so nulla se non la definizione di varietà topologica, che sembra di fatto inutile senza l'analisi, ecc.), al punto che la cosa più sana è studiare una sorta di "topologia pura", dandoci un senso geometrico? È "solo impalcatura", che ha lo scopo di dare una nozione di continuità, però sempre tra strutture più complesse di uno spazio topologico?
- Ok, conosco di nome tipo tre libri di topologia, e ne ho letto parti non risibili di uno soltanto. Ma l'approccio non sembra mai dare dignità (la domanda mi è venuta riprendendo il Manetti, che è l'unico dei tre che pare dar un senso "astratto" alla materia) alle definizioni di per sé; o ritenendole una diretta conseguenza di un'astrazione difficile da usare (definizione di spazio e di continuità con gli intorni [Hausdorff], da cui si ricava la caratterizzazione classica; che assume appunto il titolo di semplificazione sintattica, ma non concettuale); o non giustificandole affatto, a meno di una difesa futura in guisa di supporto per costruzioni o analitiche o algebriche (GT, SVT, varietà, ecc.). ↑