Vulplasir ha scritto:Chi non fa Matematica tende a credere che i matematici si divertano e/o esprimano il loro sadismo latente affibiando nomi assurdi ad oggetti "inutili" o nomi diversi dai consueti a nozioni conosciute
Tende a credere bene direi, il "congruenti", "uguali" "equivalenti" "coincidenti" è un esempio...
Vulplasir ha scritto:per non parlare delle equazioni pure, spurie, impure...
Vulplasir ha scritto:Dimenticavo complete, incomplete, monomie...qualcuno ne ha qualcun'altra?
Vulplasir ha scritto:Equazioni intere, fratte, razionali, irrazionali
Vulplasir ha scritto:Ad ogni modo, la classificazione delle discontinuità nasce per un semplice motivo pratico: non scrivere troppi giri di parole negli enunciati dei teoremi classici sulla convergenza delle serie di Fourier
Non ho mai sentito parlare di discontinuità di prima, seconda, terza, quarta...specie, al massimo di funzione regolare a tratti, che consiste appunto nel concetto di salto di cui parlavo prima, se l'obiettivo era quello di facilitare le cose, non ci siete riusciti.
Quindi tu usi un'altra locuzione, i.e. "salto", totalmente equivalente a "discontinuità di prima specie". De gustibus, ma la logica sottesa alla tua scelta è esattamente la stessa sottesa a quella degli altri.
Non vedo il problema: per un matematico è naturale passare da una convenzione ad un'altra senza troppi patemi... Per gli altri diventa difficile, data la loro rigidità mentale
Vulplasir ha scritto:Quindi tu usi un'altra locuzione, i.e. "salto", totalmente equivalente a "discontinuità di prima specie". De gustibus, ma la logica sottesa alla tua scelta è esattamente la stessa sottesa a quella degli altri.
Invece no, sei tu allora che non hai capito la questione, quando uno dice "salto" è chiaro a cosa si riferisce, quando dice "discontinuità di n-esima specie" no.
Kopernik, su OliForum, ha scritto:Una nota a margine della discussione: secondo me una delle sciagure del mondo è l'idea che "come l'ho fatto io è più semplice". Ora, se qualcuno riesce a trovare una dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat lunga mezza pagina che usi solo le operazioni aritmetiche, sarò d'accordo che è più breve di quella di Wiles. Ma in generale la cosa più semplice (sbrigativa?) non è la medesima per tutti (sono a disagio a enunciare una cosa così ovvia).
Mi capita spessissimo in classe di risolvere uno stesso problema in due (o più) modi, e gli studenti mi chiedono quale sia il più semplice o la più veloce. La mia risposta è questa: a cosa ti serve sapere qual è il più semplice secondo me? Devi capire qual è il più semplice secondo te, qual è il procedimento che ricorderai (rendendo minimo l'uso di formule a memoria!). Se uno studente ha difficoltà a memorizzare un procedimento sbrigativo, non potrà usarne un altro che si ricorda? Ci sono miei colleghi che segnano sbagliato (o comunque non a punteggio pieno) lo svolgimento di un esercizio perché lo studente lo fa con un metodo diverso dal loro, che evidentemente è "il più semplice". Non è una cosa orribile? Perché un esercizio svolto correttamente con qualche riga in più di conti dovrebbe valere meno di uno più sintetico? La cosa bella non è che lo studente individui la propria strategia (mnenomica, di calcolo, di visualizzazione, la cosa è irrilevante)?
Perciò, in conclusione, ha senso discutere su quale sia la cosa più semplice da fare o da ricordare? E soprattutto, esiste davvero un modo più semplice?
Vulplasir ha scritto:Non vedo il problema: per un matematico è naturale passare da una convenzione ad un'altra senza troppi patemi... Per gli altri diventa difficile, data la loro rigidità mentale
Eh si è nota la grande flessibilità mentale dei matematici, che appena escono dal loro seminato non ci acchiappano nulla.
i matematici sono come i francesi: qualunque cosa uno dica, la traducono nella loro lingua e subito diventa qualcosa completamente differente.
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