Sto studiando i teoremi. Ma molti non li capisco. Cioè non capisco
il modo in cui ci si richiede di ragionare.
Non pochi sono del tipo che, inizialmente, si stabilisce che due
grandezze stanno nel rapporto di $<=$. Nel seguito si fa vedere
che le stesse grandezze - e nello stesso ordine, ovviamente -
stanno anche nel rapporto di $>=$ e se ne conclude che, perciò,
esse coincidono c.v.d.. Non so come si definisca questo tipo di
dimostrazione, ma l'importante non è come si chiamino quanto,
piuttosto, il fatto che io non riesco a capirle.
In merito a quanto in oggetto il prof. dice di considerare $n$
vettori e di formare con essi le colonne di una matrice, $A_{m,n}$.
Poi, prosegue: "Sia $\rho(a) = p$ la caratteristica di $A$
($p<=m$; $p<=n$). Poiché i vettori-colonne generano in $K^m$
un sottospazio avente dimensione $p$, $p+1$ colonne di $A$,
comunque scelte, sono linearmente dipendenti su $K$ e, quindi,
sono tutti nulli i minori di ordine $p+1$ di $A$ (e, naturalmente,
anche quelli di ordine maggiore di $p+1$)."
E fin qui ci arrivo anch'io perché si tratta della definizione di $\rho(A)$.
Ma il prof. prosegue: "Viceversa sia $q$ il massimo ordine di minori non
nulli che si possono estrarre da $A$, sicché $q<=p$ ...".
E qui mi blocco. Perché occorre introdurre $q$ ?
Cioè ipotizzare un generico massimo ordine "$q$" di minori non nulli?
Quando già sappiamo - mi sembra - che, se si ha un sottospazio
avente dimensione $p$ - come recita il testo del teorema -, tutti
i minori di ordine $>p$ sono nulli?
Qualcuno potrebbe riuscire a farmi capire che cosa mi sta sfuggendo
nell'argomentazione della dimostrazione del teorema effettuata dal
prof.? Grazie $oo$!