Induttori in serie a linee ad alta tensione

Messaggioda ig.farne » 24/01/2007, 23:23

Salve a tutti,
Vorrei parlare di un argomento che penso sia insolito per questo forum, ma che può ugualmente interessare i fisici e gli elettrotecnici.
Premetto che la notizia la lessi su una rivista di elettronica inglese anni fa e da allora non sono più riuscito a ritrovare la rivista e quindi l'articolo, ma vogliate credermi che la notizia è vera. L'articolo diceva pressappoco questo:
"Negli anni appena successivi alla rivoluzione russa (intorno al 1920) venne per la prima volta elettrificata una zona della russia asiatica. I tecnici russi, completato l'elettrodotto ad alta tensione (in corrente alternata), il giorno dell'attivazione, nella centrale elettrica di partenza chiusero gli interruttori e... niente, la corrente non partiva dall'elettrodotto. Venne controllato tutto l'elettrodotto, lungo oltre mille chilometri e tutto sembrava a posto. Allora si rivolsero all'università di Mosca e lì un professore contattò in Italia alcuni tecnici italiani, che dopo un'analisi del problema indicarono la soluzione ai russi: occorreva installare in serie ai fili dell'alta tensione dei grossi induttori, di cui diedero le caratteristiche elettriche e meccaniche. I russi seguirono le indicazioni avute e la corrente circolò nell'elettrodotto."
Ciò che vorrei sapere da qualche fisico o ingegnere che frequenta questo forum:
- qual'è il fenomeno che impediva la circolazione di corrente prima di inserire gli induttori?
- qual'è la relazione che lega l'induttanza dei suddetti induttori alle caratteristiche della linea di trasmissione, in particolare alla sua lunghezza?
Vi ringrazio anticipatamente delle risposte. Ignazio
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Messaggioda lupo grigio » 28/01/2007, 06:29

La tecnica di porre induttanze in serie alle linee ad alta tensione in corrispondenza delle stazioni terminali è prassi comunemente usata. Queste induttanze sono chiamate in inglese line traps, in francese circuit de bouchon, in italiano bobine di sbarramento e la ditta nella quale lavoro produce tra le altre cose proprio questi dispositivi [produzione che oggi si sta trasferendo in Cina, India e altri paesi asiatici per ragioni oramai arcinote]...

Il motivo per il quale nell'elettrodotto sovietico con circolava corrente era probabilmente dovuta al fatto che, lato generatore, la linea ad ad alta tensione terminata sulla stazione elettrica remota presentava alla frequenza di lavoro [in Europa si usano 50 Hz, oltre Atlantico 60 Hz...] una impedenza di ingresso con parte immaginaria negativa e di valore elevato. In tal caso porre in serie una impedenza avente in corripondenza della frequenza di lavoro parte immaginaria positiva e di uguale valore annulla la parte reattiva dell'impedenza e rende massima la potenza trasferita sull'elettrodotto...

cordiali saluti

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Messaggioda Camillo » 28/01/2007, 10:18

Quindi la linea presentava una forte componente capacitiva ?
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Messaggioda GIOVANNI IL CHIMICO » 28/01/2007, 10:20

E' una questione di rifasamento induttivo, giusto?
Ma gli induttori come sono posizionati di solito? A stella o a triangolo? Mi ricordo che tra queste due disposizioni c'è qualche differenza, ma non ho mai capito qual'era la migliore...
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Messaggioda luca.barletta » 28/01/2007, 10:33

volevo aggiungere, per curiosità, che le bobine di sbarramento, o loro equivalenti, si trovano anche in casa nostra; se avete ad esempio un pc portatile controllate il cavo di alimentazione, vi siete mai chiesti a che cosa serva quel cilindro coassiale al cavo posto poco prima del connettore lato pc? Quella è una bobina di sbarramento e impedisce che ci siano fastidiose correnti di ritorno, che sarebbero molto dannose per l'apparecchio.
A parte questo, quando in una linea di trasmissione non circola più potenza reale allora il più delle volte la causa è un forte disadattamento sulla linea.
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Messaggioda kinder » 28/01/2007, 10:36

Si, evidentemente la reattanza della linea era di tipo capacitivo, visto che un'induttanza in serie l'ha ridotta significativamente. Non capisco però una cosa: tu hai detto che non circolava corrente. Forse intendevi che si osservava una grossa caduta di tensione sulla linea?
C'è da aggiungere una cosa per linee lunghe migliaia di km. Alla frequenza di 60 Hz la lunghezza d'onda delle radiazioni elettromagnetiche è di 5000 km. Questo vuol dire che una linea così lunga comincia a diventare un'antenna a $lambda/4$. Non so però quanto incida la potenza irradiata su quella totale immessa. Probabilmente è trascurabile. C'è qualche elettronico che può rispondere?
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Messaggioda luca.barletta » 28/01/2007, 10:42

le emissioni di radiazione delle linee di trasmissione sono un tipico problema di compatibilità elettromagnetica. Le linee vengono progettate tenendo conto anche della minimizzazione della densità di potenza irradiata, ad esempio disponendo con una geometria particolare i cavi della linea
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Messaggioda ig.farne » 01/02/2007, 22:14

[quote="kinder"]Si, evidentemente la reattanza della linea era di tipo capacitivo, visto che un'induttanza in serie l'ha ridotta significativamente. Non capisco però una cosa: tu hai detto che non circolava corrente. Forse intendevi che si osservava una grossa caduta di tensione sulla linea?
C'è da aggiungere una cosa per linee lunghe migliaia di km. Alla frequenza di 60 Hz la lunghezza d'onda delle radiazioni elettromagnetiche è di 5000 km. Questo vuol dire che una linea così lunga comincia a diventare un'antenna a $lambda/4$. Non so però quanto incida la potenza irradiata su quella totale immessa. Probabilmente è trascurabile. C'è qualche elettronico che può rispondere?[/quote]

Forse sono stato impreciso: alla centrale elettrica di partenza, la corrente nel generatore equivalente (trasformatore elevatore di tensione), con l'elettrodotto collegato, fu pressocché di cortocircuito, talché il trasformatore saltò letteralmente in aria (scoppiò). I russi lo sostituirono. Controllarono tutta la linea e circa due mesi dopo fecero un nuovo tentativo: anche il nuovo trasformatore scoppiò. A questo punto chiesero aiuto all'università di Mosca e tramite essa, agli italiani. Da una ricerca fatta in rete ho trovato (e mi sono ricordato) il nome dell'effetto: si chiama effetto Ferranti (dal nome del tecnico di origini italiane che scoprì, per primo, il fenomeno). Una cosa che non sono però riuscito a sapere è questa:
Quanto tempo ci mette la prima semionda per compiere tutto il tragitto dalla centrale di partenza a quella di arrivo, nell'ipotesi che la linea sia lunga 1500 Km ? Qualcuno saprebbe rispondermi? Grazie. Ignazio.
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