misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda dRic » 18/11/2018, 21:55

Premesso che non studio matematica (penso che molti di voi l'avranno capito, ma lo ribadisco :-D ) sto seguendo un corso in cui abbiamo fatto una carrellata di due settimane sulla teoria di misura per introdurre la teoria dell'integrazione di Lebesgue. Non state fornite dimostrazioni dei teoremi. Quindi se pensate che non si possa rispondere alle mie domande data la mia preparazione mi metterò l'anima in pace.

Espongo i dubbi che mi sono venuti per adesso.

1) Sia $(\Omega, M, \mu)$ spazio di misura e supponiamo che $E \subset M$ e che $\mu(E) = 0$. Adesso prendiamo $E_0 \subset E$, possiamo concludere che $\mu(E_0) = 0$ ? No, perché $E_0$ potrebbe essere contenuto in $P(Omega)$ (insieme delle parti), ma non in $M$ e quindi non sappiamo se $E_0$ sia misurabile. Se volessi $\mu(E_0) = 0$ allora dovrebbe essere $E_0 \subset M$ (ovvero dovrebbe essere misurabile). Corretto questo ragionamento ?

2) Non riesco proprio a capire il concetto di integrale rispetto a una misura. Per esempio, sia $\chi_E(x)$ la funzione caratteristica di $E$ sottoinsieme di $Omega$, non riesco proprio a capire il senso della seguente definizione:

$$\int_{\Omega} \chi_E(x)d\mu(x) = \mu(E)$$

In particolare, che cosa sarebbe quel $d\mu(x)$?

Grazie in anticipo.
dRic
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda gugo82 » 19/11/2018, 01:05

dRic ha scritto:1) Sia $(\Omega, M, \mu)$ spazio di misura e supponiamo che $E \subset M$ e che $\mu(E) = 0$. Adesso prendiamo $E_0 \subset E$, possiamo concludere che $\mu(E_0) = 0$ ? No, perché $E_0$ potrebbe essere contenuto in $P(Omega)$ (insieme delle parti), ma non in $M$ e quindi non sappiamo se $E_0$ sia misurabile. Se volessi $\mu(E_0) = 0$ allora dovrebbe essere $E_0 \subset M$ (ovvero dovrebbe essere misurabile). Corretto questo ragionamento ?

Sì.
Le $sigma$-algebre \(\mathcal{M}\) tali che, per ogni \(E \in \mathcal{M}\) con $mu(E)=0$, risulta:
\[
E_0 \subseteq E\quad \Rightarrow\quad E_0 \in \mathcal{M}\quad (\text{e quindi } \mu (E_0)=0)
\]
si chiamano $sigma$-algebre complete (rispetto alla misura $mu$) e sono quelle che si usano di solito.

dRic ha scritto:2) Non riesco proprio a capire il concetto di integrale rispetto a una misura. Per esempio, sia $\chi_E(x)$ la funzione caratteristica di $E$ sottoinsieme di $Omega$, non riesco proprio a capire il senso della seguente definizione:

$$\int_{\Omega} \chi_E(x)d\mu(x) = \mu(E)$$

Pensa all'integrale di Riemann.
La funzione caratteristica di un intervallo compatto $[a,b]$ è integrabile secondo Riemann in $RR$ (sarebbe meglio dire "in senso improprio", ma adesso non preoccupartene... Sto facendo un esempio solo per farti cogliere l'analogia) e risulta:
\[
\int_{\mathbb{R}} \chi_{[a,b]}(x)\ \text{d} x = \int_a^b \text{d} x = b-a\;,
\]
con l'ultimo membro che coincide con la lunghezza (cioè con la misura unidimensionale) dell'intervallo $[a,b]$.
Visto che la $x$ nel simbolo $"d" x$ serve unicamente a "tener d'occhio" la variabile d'integrazione1, essa può essere rimpiazzata da qualsiasi oggetto sia più utile evidenziare per esplicitare ciò da cui dipende il valore dell'integrale: in tale ottica, dato che l'uguaglianza precedente mostra che l'integrale di \(\chi_{[a,b]}\) dipende dalla lunghezza dell'intervallo, i.e. dalla misura unidimensionale (di solito denotata con $m$ o $lambda$) definita sulla retta reale, puoi pensare di modificare il simbolo d'integrale per mettere in luce tale dipendenza e scrivere:
\[
\int_{\mathbb{R}} \chi_{[a,b]}(x)\ \text{d} m(x) = m([a,b])
\]
(in cui la $x$ l'ho lasciata perché c'è nella tua notazione, ma a me non piace tanto).

Questo paragone dovrebbe aiutarti ad intuire che la definizione di integrale rispetto a $mu$ di una funzione caratteristica riproduce nel caso astratto ciò cui sei abituato nel caso concreto più semplice, cioè quello degli integrali di Analisi I.

dRic ha scritto:In particolare, che cosa sarebbe quel $d\mu(x)$?

È un simbolo che ti consente di tenere sott'occhio la misura rispetto alla quale stai integrando.
Insomma, svolge lo stesso ruolo del $"d"x$ negli integrali di Riemann, che serviva a tenere traccia del nome della variabile di integrazione.

Note

  1. Dovrebbe essere un fatto noto che il numero denotato dal simbolo $\int_a^b f(x)"d"x$ non dipende da $x$, poiché infatti si può scrivere indifferentemente $int_a^b f(t)"d"t$ oppure $\int_a^b f("`Pippo'")"d`Pippo'"$ ed il suo valore non cambia... In soldoni, ciò mostra che l'integrale di una funzione "decente" dipende dalla funzione e dagli estremi di integrazione, ma non dal nome della variabile rispetto alla quale l'integrazione viene svolta.
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda Raptorista » 19/11/2018, 01:47

Rispondo anche io a 2), però da un punto di vista puramente intuitivo: una misura ti dice quanto è lungo un intervallo, perché l'intervallo \((0,1)\) è lungo 1 se stai misurando il lato di un quadrato, ma ha lunghezza 0.5 se stai misurando la probabilità che una uniforme su \((0,2)\) dia una realizzazione minore di 1, o ancora lunghezze diverse in base al contesto. Integrare rispetto ad una misura significa moltiplicare tutti i pezzettini infinitesimi e farne la somma, come si fa di solito, considerando però i vari \(dx\) non con la loro lunghezza "normale" ma con la loro lunghezza misurata con la misura in questione.
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda gugo82 » 19/11/2018, 04:04

@Raptorista: Bene, però... Quella che proponi è un’interpretazione valida se $mu$ è una misura “decente” in $RR$, ma non vale più se la misura non è “decente” oppure se non si lavora in $RR$.

Ad esempio, il ragionamento intuitivo non funziona quando consideri la misura di Dirac:
\[
\mu (E) = \begin{cases} 0 &\text{, se } 0\notin E \\ 1 &\text{, se } 0 \in E\end{cases}
\]
che è concentrata in un punto, invece di essere “ben spalmata” su una porzione di retta. :wink:
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda Raptorista » 19/11/2018, 05:20

Lo sapevo che ti saresti messo le mani nei capelli :P
Nel caso della delta di Dirac il mio intuito non mi delude: un intervallo è lungo 1 se contiene lo zero, altrimenti è lungo 0.

Non voglio sfidarti a trovare una misura che io non sappia interpretare, il punto è che una volta che l'idea di base c'è, e cioè che una misura ti dice come associare un numero ad un pezzetto di retta, poi ben vengano tutte le virgole e i puntini sulle 'i' messi dalla teoria, che non voglio sminuire.
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda dRic » 19/11/2018, 15:16

Intuitivamente mi ci sto avvicinando, grazie mille per le risposte.

Quindi io sto moltiplicando il valore della mia funzione in un punto per il "peso" che ha quel valore.Facendo un esempio: se io stessi facendo la media dei miei voti, nel caso in cui io abbia preso 2 volte lo stesso voto quel voto avrebbe misura 2 e pertanto il suo valore viene moltiplicato per 2 (la sua misura). giusto ?

L'unico dubbio che mi rimane è che, tornando all'esempio del segmento, io pensavo che la misura di un punto fosse nulla e che quindi per ottenere la misura del segmento in $\RR$ non potevo sommare le misure dei singoli punti (se non dico una castroneria mi pare che ciò venisse dal fatto che $\RR$ non è numerabile quindi la proprietà di numerabile addittività della misura non è applicabile perché non posso trovare una successione di punti da sommare per ottenere il segmento in $\RR$). Però allora come ritiro fuori che la somma delle "infinitesime misure" fa la misura del segmento ?

Sperò di non aver detto troppe cavolate.
dRic
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda Raptorista » 20/11/2018, 00:07

Perché non stai sommando punti ma segmentini piccoli piccoli. Se ricordi la definizione di integrale, prendi l'insieme delle suddivisioni dell'intervallo di integrazione e sommi i valori moltiplicati [pesati, come dici giustamente tu], con le lunghezze dei pezzi di suddivisione.
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda gugo82 » 20/11/2018, 11:06

Raptorista ha scritto:Perché non stai sommando punti ma segmentini piccoli piccoli. Se ricordi la definizione di integrale, prendi l'insieme delle suddivisioni dell'intervallo di integrazione e sommi i valori moltiplicati [pesati, come dici giustamente tu], con le lunghezze dei pezzi di suddivisione.

Però questo metodo di interpretare la faccenda non funziona proprio benissimo per l'integrale di Lebesgue.
Infatti, Lebesgue stesso spiegò che bisognava cambiare prospettiva nell'approccio all'integrale secondo la teoria da lui sviluppata (e per questo ci tenevo a fare un esempio in cui l'interpretazione intuitiva data da Raptorista fosse fallace1):

H. Lebesgue, in Sur le développement de la notion d'intégrale (1926), ha scritto:I geometri del XVII secolo consideravano l'integrale di $f(x)$ -la parola "integrale" non era ancora stata inventata, ma ciò non importa- come la somma di un'infinità di indivisibili, ognuno dei quali era l'ordinata, positiva o negativa , di $f(x)$. Benissimo! Noi abbiamo semplicemente raggruppato insieme gli indivisibili di grandezza vicina. Abbiamo, come si dice in Algebra, riunito i termini simili. Si potrebbe dire che, secondo il procedimento di Riemann, si cerca di sommare gli indivisibili prendendoli nell'ordine nel quale ci sono forniti dalla variazione di $x$, come un commerciante confusionario che conta monete e biglietti a caso, nell'ordine in cui gli vengono dati; mentre noi operiamo come un commerciante metodico, che dice:

  • Ho $m(E_1)$ monete da $1$ centesimo, che valgono $0.01*m(E_1)$,
  • ho $m(E_2) $ monete da $5$ centesimi, che valgono $0.05*m(E_2)$,
  • ho $m(E_3)$ monete da $10$ centesimi, che valgono $0.1*m(E_3)$, etc...
Dunque tutto insieme ho $S=0.01*m(E_1) + 0.05*m(E_2)+ 0.1*m(E_3) +...$ [Qui $m(E_k)$ denota la misura dell'insieme $E_k$ (nel caso particolare, la misura che si ottiene contando gli elementi di $E_k$), nota di Gugo82].

I due procedimenti porteranno di certo il commerciante allo stesso risultato poiché, per quanti soldi abbia, c'è solo un numero finito di monete e di biglietti da contare. Ma per noi, che dobbiamo sommare un numero infinito di indivisibili, la differenza dei due metodi è di capitale importanza.

L'importanza del definire l'integrale della funzione caratteristica come la misura dell'insieme (misurabile) che essa individua serve proprio all'uopo di far funzionare il processo di "conteggio" descritto da Lebesgue.

Di questa cosa ne abbiamo parlato (con un dissonance alle prime armi, con Camillo -che ringrazio per la traduzione di Lebesgue presa a modello per quella riportata qui-, Fioravante, VG ed altri) in questa vecchia discussione.


P.S.: Ho leggermente modificato il mio primo post in questa discussione; conviene rileggerlo. :wink:

Note

  1. Nonostante funzioni sufficientemente bene quando si ha a che fare con misure e funzioni "di ordinaria amministrazione".
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda anto_zoolander » 20/11/2018, 15:28

@gugo
Testo nascosto, perché contrassegnato dall'autore come fuori tema. Fai click in quest'area per vederlo.
ogni volta che leggo nomignoli comici sugli integrali, tipo 'pippo', mi viene sempre in mente il famoso integrale:

\( \int \mathrm{(fantino)d(cavallo)} \)
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Re: misura e integrale di Lebesgue

Messaggioda gugo82 » 20/11/2018, 16:12

@anto:
Testo nascosto, perché contrassegnato dall'autore come fuori tema. Fai click in quest'area per vederlo.
anto_zoolander ha scritto:@gugo
ogni volta che leggo nomignoli comici sugli integrali, tipo 'pippo', mi viene sempre in mente il famoso integrale:

\( \int \mathrm{(fantino)d(cavallo)} \)

Non ho la più pallida idea di cosa significhi... :|
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