la matematica a partire dalla realtà

Messaggioda jitter » 15/10/2019, 15:26

ciao a tutti,
mi interesso di didattica ed editoria scolastica e stavo facendo una riflessione.

Prendo questo problema tratto da una rivista perché ce l'ho sottomano, ma potrebbe anche trovarsi su un libro di testo:

A Paola piacciono le ciliegie sotto spirito delle quali è così golosa che non sa proprio trattenersi. Il primo giorno ne mangia un terzo del totale, il secondo giorno un quarto del totale iniziale, il terzo giorno un quinto del totale. Al quarto giorno il vaso è calato in modo preoccupante e rimangono solo 13 ciliegie. Quante ciliegie vi erano all’inizio nel vaso? Quante ne ha mangiato in tutto Paola?


Sono perplessa sull'uso della realtà (perplessa, non critica: non ho esperienza di insegnamento ed è per questo che scrivo qui). E' vero che il mangiare ciliegie è un'azione concreta e familiare, ma non mi pare lo sia il modo in cui è posto il problema, che non mi sembra molto realistico. Lo trovo quasi intralciante. Un problema astratto travestito da concreto.

Mi chiedo: l'uso di oggetti concreti facilita davvero la comprensione del problema e la sua risoluzione, se presentato in quel modo? Oppure addirittura lo rallenta, perché lo studente deve fare il doppio passaggio concreto --> astratto --> concreto e allora, tanto vale, chiedere direttamente "trova un numero tale che...."?

In che modo andrebbe presentato il rapporto tra matematica e realtà nella didattica, secondo voi?
In che modo fate didattica, in questo senso?

p.s. Lo so che è innocuo il problema delle ciliegie, ma l'ho preso come esempio di un'impostazione generale in alcuni testi.
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Re: la matematica a partire dalla realtà

Messaggioda axpgn » 15/10/2019, 15:38

A mio parere, se ad un ragazzo presenti un problema come "Trovare quel numero che diminuito di un terzo, di un quarto e di un quinto è pari a tredici", gli fai scappare anche quella poca voglia che aveva :-D
Neanche lo legge …
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Re: la matematica a partire dalla realtà

Messaggioda Bossmer » 19/01/2020, 20:56

Secondo me la verità è che gli autori dei libri sono spesso pigri... e altrettanto di frequente poco interessati all'immedesimazione nel lettore, il che rispecchia fedelmente la scarsa attitudine della nostra società all'empatia.

Dopo questa ventata di ottimismo e bei pensieri, sono d'accordo con entrambi, nel senso che presentare un problema del genere è del tutto inefficace, tanto quanto presentare direttamente il problema "astratto" salvo negli studenti già orientati ed interessati al pensare in questi termini.

A mio avviso, dopo anni di sperimentazioni, credo che la chiave di volta sia non tanto presentare un problema vicino o lontano dalla realtà di tutti i giorni, ma piuttosto darne una motivazione.
A un problema del genere la prima domanda che mi farebbe uno studente è "ma perché non può mangiare le ciliege senza farsi tutti sti problemi? glieli do io i soldi per comprarne un altro barattolo". Il punto è che spesso i ragazzi (giustamente) vedono questi problemi come un'inutile complicazione di una situazione semplice, secondo me la differenza sta nel modificare tali problemi per giustificare in modo ragionevole e comprensibile una situazione o un comportamento chiaramente artificioso.

Ad esempio così :

"Siamo al Cairo, in Egitto, e Abdul dopo aver commesso un efferato omicidio, non riuscendo a rubare una jeep, scappa a piedi nel deserto credendo di essere inseguito dai parenti della vittima. Essendo stancante scappare nel deserto e non avendo ne acqua ne cibo con se, Abdul percorre ogni ora metà della distanza dell'ora precedente, sapendo che la terza ora percorre 5 km , e che l'oasi più vicina è a 40 km, riuscirà il nostro assassino ad arrivare fino all'oasi e sopravvivere? e si si dopo quante ore?"

Poi ovviamente se ormai l'avversione per la matematica e per "l'usare il cervello" è nata, c'è poco da fare.
Un altro ostacolo secondo me forte è la lingua, i nostri studenti sono praticamente tutti analfabeti funzionali, quindi quello che ho scritto è difficilmente comprensibile, anche parole come "efferato" 2 studenti su 3 non saprebbero cosa vuol dire, anche se maggiorenni.

In ogni caso è chiaro che qua si sta parlando di "tamponare" un problema insolubile, l'istruzione occidentale ha completamente fallito, la cosa giusta(o che si avvicina al "giusto") sarebbe costruire in maniera reale e sperimentale, la situazione astratta una, due, tre, dieci volte, prendere un barattolo di ciliege e farglielo mangiare seguendo quella regola, creare un "gioco gestionale" dove le risorse vengono elargite secondo prefissate regole, in modo che tocchino con mano la situazione che gli si vuol fare risolvere, e solo dopo che hanno toccato letteralmente con mano l'importanza di questi problemi (perché ad esempio perdono al gioco) allora si può sperare che riescano facilmente a visualizzare il problema astratto oltre e soprattutto ad essere motivati(per associazione comparativa) a risolverlo.

Ma questo è impensabile, non c'è il tempo, non c'è la volontà, non ci sono le risorse, non siamo ancora culturalmente pronti, forse fra 500 anni o più ne riparleremo :-D
"In matematica non si capiscono le cose. Semplicemente ci si abitua ad esse."
[John von Neumann]
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Re: la matematica a partire dalla realtà

Messaggioda gugo82 » 20/01/2020, 12:51

Ci sono testi pieni di problemi “di realtà” in cui i protagonisti ragionano in modo molto lontano dal reale… Alcuni mi ricordano un vecchio sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo (minuto 5:27 o giù di lì).

Semplicemente, quei problemi li salto o, quando mi capita di svolgerne qualcuno, io e gli studenti discutiamo su cosa non vada nel testo.
Ad esempio, è capitato l’altro giorno, di svolgere un problema in cui un tizio voleva pavimentare un vialetto lungo $9m$ con delle beole triangolari di altezza $40cm$… La prima cosa che gli studenti hanno notato è che il vialetto veniva così stretto che non ci passavano due persone contemporaneamente, sicché il tizio era meglio che lasciasse il lavoro ad un piastrellista serio. :lol:
Sono sempre stato, e mi ritengo ancora un dilettante. Cioè una persona che si diletta, che cerca sempre di provare piacere e di regalare il piacere agli altri, che scopre ogni volta quello che fa come se fosse la prima volta. (Freak Antoni)
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Re: la matematica a partire dalla realtà

Messaggioda gio73 » 22/01/2020, 08:33

Premetto che è solo uno sfogo...


Ma a voi, quando presidi/pedagogisti/esperti esterni... (Che hanno studiato tutt'altro) vi spiegano come va insegnata la matematica, non viene una gran voglia di interrogare?

Giusto per controllare se le strategie suggerite hanno avuto su di loro esito positivo (metodo sperimentale, no?)

Al di là di un po' di stress da fine quadrimestre e conseguente sfogo mi interesserebbe sapere se effettivamente qualcuno che ha imparato qualcosa di STEM (ormai si chiama così), l ha fatto in modo innovativo.
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Re: la matematica a partire dalla realtà

Messaggioda jitter » 22/01/2020, 21:19

Una riflessione fuori tema, visto che parliamo di insegnamento.
Non metto in OT, tanto uno va lo stesso a leggere, anzi di più...

L'altro giorno ho fatto lezione di storia a un ragazzo né sveglio né rimbambito, insomma normale. Leggiamo sul libro che Colombo è partito per l'America per dimostrare che la terra non è piatta.
Spiego al ragazzo che già i greci lo sapevano e mi dilungo una decina di minuti su questo.
Subito dopo chiedo al ragazzo (che stava attento) di ripetere la lezione. E lui che fa? Dice che Colombo è partito per l'America per dimostrare che la terra non è piatta :roll:
Ma perché? Troppo costretti da un senso del dovere che non lascia un minuto di libertà di pensiero? Il ragazzo si fissa sul libro perché ripetere il libro è il suo "compito"?
Anche in matematica - l'anno scorso ho seguito un po' di persone - tantissimi sono così presi dal risultato esatto da raggiungere che non si fermano un momento a pensare. Non è un fatto di intelligenza, è psicologico.
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