_antoniobernardo
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Nato il 22 dicembre 1887 in India, Srinivasa Ramanujan scoprì la matematica nel 1903, con il libro di matematica di Carr, un matematico mediocre, che aveva raccolto gli appunti delle sue lezioni. Ramanujan fu irretito dalla matematica pura e perse interesse per tutto il resto: tranne che in matematica, andava male in tutte le materie e per questo fu cacciato dalla scuola; senza un lavoro, passava il suo tempo a bighellonare, così ogni tanto pativa la fame.

Cominciò a riportare i suoi appunti in alcuni quaderni, che erano il frutto del suo duro lavoro, ma anche dell'assenza di convenzioni nella quale si trovò a crescere, visto il suo insuccesso accademico.

Verso la fine del 1908, dopo aver sopportato a lungo le sue scelte, i genitori gli organizzarono un matrimonio combinato. Ramanujan abbandonò le sue ambizioni di fare il matematico: voleva solo un lavoro e la possibilità  di un futuro, di una nuova vita.

A diciotto mesi dalle nozze, cominciò a cercare di vendere il suo lavoro, i suoi quaderni di appunti. Pubblicò il suo primo articolo sul Journal, riguardante le serie: dava dimostrazioni abbozzate e incomplete e trovava collegamenti tra cose che sembravano senza rapporto, ma con questa pubblicazione stava cominciando a farsi notare. Così scrisse ad alcuni matematici europei: Baker e Hobson diedero una risposta negativa e il 16 gennaio del 1913, Ramanujan scrisse a G.H. Hardy che, più giovane degli altri due, si lasciò colpire dalla stranezza dei teoremi del matematico indiano. Hardy non sapeva che fare del lavoro di Ramanujan, ma il suo amore per ciò che era inaspettato e non ortodosso, la sua apertura alle novità , lo fecero decidere per una collaborazione. Rispose così con una lettera prodiga di incoraggiamenti e la carriera di Ramanujan fece un balzo in avanti: ricevette una borsa di studio dal Presidency College di Madras che gli permise di dedicarsi esclusivamente alla matematica. Doveva semplicemente presentare, ogni tre mesi, un resoconto dei progressi fatti.

Raggiunto Hardy a Cambridge, Ramanujan si mostrò molto produttivo e felice: la sua originalità  non gli permetteva formalismi, ma la sua intuizione rischiava di minare la sua crescita in campo matematico. Era stata una fortuna per Ramanujan finire tra le mani di Hardy, visto che questi riuscì a guidarlo senza bloccare il suo entusiasmo. Ramanujan non aveva doveri ufficiali nel college e poteva fare quello che voleva: si immergeva nella matematica senza preoccupazioni né finanziarie né familiari.

Agli inizi del 1916, cominciò per lui un periodo di forte tensione nervosa: la guerra, la nostalgia della famiglia e della vita in India, la consapevolezza di essere sempre e comunque uno straniero tra gli inglesi, ebbero serie conseguenze psicologiche. Neppure Hardy riuscì a impedire cheRamanujan cadesse in una crisi ancora più profonda: l'unica cosa in comune tra i due era la matematica e l'inglese non arrivò mai a conoscere veramente Ramanujan. Il lavoro intenso ”“ a volte lavorava per trenta ore consecutive e poi dormiva per venti ore ”“ la mancanza di regolarità , equilibrio e riposo sconvolsero la sua vita: al suo terzo anno in Inghilterra, la malattia sembrava in attesa di insorgere. La caduta in una profonda depressione spinse Ramanujan a gettarsi sui binari davanti a un convoglio in arrivo: una guardia lo vide e lo salvò in extremis. Dopo questo gesto, consapevole dell'importanza delle onorificenze accademiche per l'indiano, Hardy ottenne la sua nomina alla Royal Society, ma non bastò.

Malato, tornò in India nell'aprile del 1919: lo attendeva un'epidemia di influenza, che avrebbe ucciso milioni di persone ed egli stesso aveva uno stato di salute alquanto precario. Ramanujan lavorò ancora alla matematica, fino a poco prima di morire: nel suo ultimo anno di vita, le sue capacità  intellettive si fecero più acute e brillanti. Morì il 26 aprile del 1920.