07/02/2009, 23:43
Sidereus ha scritto:Ommammamia, ho fatto una gaffe spaventosa
Chiedo venia umilmente
Ma santo cielo, Vicious Goblin, sei professore di Analisi e vieni a chiedere a me di definirti le successioni di Cauchy equivalenti? E' questo che mi ha fuorviato.
Sidereus ha scritto:Il tuo ultimo messaggio, con l'esempio relativo a $e$, mi fa sostanzialente capire che tu vedi i numeri reali come le successioni di razionali che verificano la proprieta' di Cauchy, modulo la relazione di equivalenza $(a_n)\sim(b_n)$ se e solo se $a_n-b_n\to0$
Beh, ma non sono io a dirlo. E' il teorema di completamento degli spazi metrici.
Sidereus ha scritto:In base a questo teorema, $RR$ è il completamento di $QQ$, ed è un vero teorema di matematica, perché costruisce effettivamente $RR$; secondo me non è sufficiente limitarsi a fare l'elenco degli assiomi che valgono in $RR$, senza dimostrare anche che esiste davvero un insieme che gode di quelle proprietà.
Limitarsi al formalismo senza fare costruzioni riduce la matematica a una collezione di esercizi di logica, secondo il mio pedestre parere. Secondo me il matematico non può accontentarsi di teoremi di esistenza puramente logici che non offrono una costruzione dell'oggetto di cui si suppone l'esistenza.
Cerco di spiegarmi. Il teorema di Lagrange sul valore intermedio ci dice che
$(f(b)-f(a))/(b-a) = f'(\eta)$ sotto certe ipotesi.
Bene, il teorema ci informa che esiste questo numero $\eta$, ma non ci dice come trovarlo: è un teorema di logica. Paradossalmente, la versione geometrica di questo teorema è veramente matematica: tracciare la tangente alla curva $y=f(x)$ parallela alla secante e proiettare il punto di tangenza sull'asse delle $x$. Qui l'esistenza deriva da una costruzione matematica, non da un esercizio logico. Un analogo problema si verifica col teorema delle funzioni implicite, che in realtà contiene due teoremi, uno logico e uno matematico. Questo teorema dimostra l'esistenza di una funzione senza costruirla (parte logica) e quindi come calcolare la sua derivata (parte matematica).
Ci tengo a precisare che non sto dicendo che i teoremi di esistenza logici non sono accettabili. Vanno benissimo. Purché non se ne abusi e ci si renda ben conto che la matematica è un'altra cosa.
Sidereus ha scritto:Quanto alla questione della notazione $dx$, la considero un sinonimo di successione $a_n$ tendente a 0.
Sidereus ha scritto:Nell'integrale essa segnala la contrazione a zero delle $\Deltax_n$ che scriviamo nelle somme di Riemann, nella matematica applicata segnala la stessa cosa e in più la coerenza con le unità di misura, nella derivata segnala il differenziale della variabile dipendente rapportato al differenziale della variabile indipendente, poi c'è la coerenza con la teoria della misura.... insomma ho elencato almeno quattro buone ragioni per tenerselo.
Sidereus ha scritto:Infine, mi chiedi se considerare successioni che tendono a 0 non sia la stessa cosa del limite. Lo è. Ma anche l'assioma dell'estremo superiore, quello che distingue i numeri reali dai razionali, che altro è, se non un limite mascherato?
Inoltre, accettare l'assioma dell'estremo superiore significa accettare l'esistenza degli infinitesimi.
Sidereus ha scritto:Sia $A$ un insieme di numeri reali non vuoto e superiormente limitato. Allora esiste $"sup"A$.
Sia $\epsilon_1$ un numero positivo arbitrario; allora esiste un $a_1 \in A$ tale che $"sup"A-\epsilon_1<a_1<="sup"A$
Sia $\epsilon_2<\epsilon_1$ un numero positivo arbitrario; allora esiste un $a_2 \in A$ tale che $"sup"A-\epsilon_2<a_2<="sup"A$
..................................
Iterando questo processo risulta che $\epsilon_n$ è un infinitesimo, che $"sup"A-a_n$ è un altro infinitesimo e che $a_n$ è una classe di numeri infinitamente vicini a $"sup"A$.
Sidereus ha scritto:Ricordiamo la definizione di infinitesimo (positivo) di Robinson:
un "numero" (?) $\epsilon$ tale che $0<\epsilon < 1/n$ per ogni $n \in NN$
Allora $\epsilon=1/(n+1)$ è un infinitesimo o no?
Sidereus ha scritto:Salute
08/02/2009, 02:44
Sidereus ha scritto:Gugo82 ha scritto:Il significato dei simboli in matematica è quello che noi, convenzionalmente, attribuiamo mediante definizioni: pertanto non ci vedrei niente di strano nell'usare l'uguaglianza $\int_{y_a}^{y_b} :=y_b-y_a$ come definizione del simbolo $\int_{y_a}^{y_b}$.
Stai dicendo che la matematica è una scienza del linguaggio. Ma una scienza del linguaggio esiste già, ed è la logica. Tanto vale dedicarsi alla logica. Comunque, il 95% dei matematici del ventesimo secolo ha abbracciato il tuo punto vista.
Quello strano sono io. Io pensavo e penso tuttora che la matematica sia il linguaggio della scienza, e non la scienza del linguaggio.
Sidereus ha scritto:In effetti, per venticinque secoli la matematica è stata il linguaggio della scienza. Ha smesso di esserlo nel ventesimo secolo. Nel corso della storia, la matematica è sempre servita a risolvere problemi difficili. Da un po' di tempo si è dedicata a rendere difficili i problemi già risolti. Questo la renderà sterile. Parere personale, ca va sans dire.
Salute
08/02/2009, 16:17
09/02/2009, 17:23
ViciousGoblin ha scritto:Sidereus ha scritto:Quanto alla questione della notazione $dx$, la considero un sinonimo di successione $a_n$ tendente a 0.
Purtroppo per come ragiono io questa tua affermazione significa che $\int_0^1x^2 dx$ si puo' scrivere $\int_0^1x^2 " successione" a_n "tendente a 0$Sidereus ha scritto:Nell'integrale essa segnala la contrazione a zero delle $\Deltax_n$ che scriviamo nelle somme di Riemann, nella matematica applicata segnala la stessa cosa e in più la coerenza con le unità di misura, nella derivata segnala il differenziale della variabile dipendente rapportato al differenziale della variabile indipendente, poi c'è la coerenza con la teoria della misura.... insomma ho elencato almeno quattro buone ragioni per tenerselo.
...segnala ...segnala ... Ma cosa DENOTA ?- per me questo discorso (su cui sono sostanzialmente d'accordo, fino a prova contraria da parte dell'analisi non standard) significa che $dx$ non ha un significato individuale fuori dal segno di integrale - il fatto che quel simbolo ricordi che l'integrale viene immaginato una "somma infinita di quantita' infinitesime" non significa che siamo riusciti a definire le quantita' infinitesime e la loro somma infinita - abbiamo solo definito l'integrale !!!Se poi questo ci basta - bene! Se invece vogliamo dargli senso individuale dobbiamo dare delle definizioni e confrontarci su quelle.
09/02/2009, 17:45
Gugo82 ha scritto:Sul versante "linguistico", ho sempre sostenuto che la matematica, in quanto "modello" per un linguaggio della scienza, debba essere priva di qualunque riferimento al reale; pertanto non mi spaventa affatto introdurre delle notazioni (anche bizzarre) se esse aiutano a mettere tutto insieme in maniera più comprensibile per chi scrive/legge.
09/02/2009, 18:08
ViciousGoblin ha scritto: Dire che la "versione geometrica" e' la "vera" dimostrazione mi pare difficilmente sostenibile dato che presuppone tutta una serie di conoscenze sullo spazio che credo non siano per nulla evidenti, come si e' capito con la questione delle geometrie non euclidee - credo che se il foglio su cui fai il grafico di $f$ fosse "curvo" l'interpretazione geometrica di Lagrange sarebbe falsa.
La matematica elabora "modelli" della "realta'" (tant'e' vero che Lagrange lo puoi interpretare anche in modo "fisico per cui se un'auto percorre 100 kilometri in un ora lungo una strada in cui vige il limite di 90 all'ora, siamo autorizzati a multare il conducente - poi dicono che la matematica non serve ...). Lo stesso teorema descrive cose apparentente assai diverse - la matematica dunque sta nella "descrizione" Questa elaborazione di modelli dovrebbe essere un processo di andata e ritorno(in ui tutti guadagnano qualcosa) e qui concordo con te che un matematico dovrebbe interessarsi di piu' all'utilita' delle costruzioni che propone studiando (seriamente) le discipline in cui esse vengono utilizzate, per elaborare cose significative. Comunque penso che anche in quest'ambito ci sia una forma di selezione, un giorno che
questa matematica non servisse piu' ....
E non si puo' rinuciare a in'idea di coerenza nel linguaggio - deve essere chiaro come si usano i simboli. E' come il un linguaggio di programmazione con cui si devono scrivere dei programmi - se la sintassi e' contorta, non si riesce a capire come mai i programmi non girano.
10/02/2009, 13:56
Sidereus ha scritto:ViciousGoblin ha scritto:Sidereus ha scritto:Quanto alla questione della notazione $dx$, la considero un sinonimo di successione $a_n$ tendente a 0.
Purtroppo per come ragiono io questa tua affermazione significa che $\int_0^1x^2 dx$ si puo' scrivere $\int_0^1x^2 " successione" a_n "tendente a 0$Sidereus ha scritto:Nell'integrale essa segnala la contrazione a zero delle $\Deltax_n$ che scriviamo nelle somme di Riemann, nella matematica applicata segnala la stessa cosa e in più la coerenza con le unità di misura, nella derivata segnala il differenziale della variabile dipendente rapportato al differenziale della variabile indipendente, poi c'è la coerenza con la teoria della misura.... insomma ho elencato almeno quattro buone ragioni per tenerselo.
...segnala ...segnala ... Ma cosa DENOTA ?- per me questo discorso (su cui sono sostanzialmente d'accordo, fino a prova contraria da parte dell'analisi non standard) significa che $dx$ non ha un significato individuale fuori dal segno di integrale - il fatto che quel simbolo ricordi che l'integrale viene immaginato una "somma infinita di quantita' infinitesime" non significa che siamo riusciti a definire le quantita' infinitesime e la loro somma infinita - abbiamo solo definito l'integrale !!!Se poi questo ci basta - bene! Se invece vogliamo dargli senso individuale dobbiamo dare delle definizioni e confrontarci su quelle.
Tutto vero. Provo a ripercorrere un po' delle cose che ho detto (per quanto mi sforzi, non è facile stare attenti ai dettagli in questa sede)
1. Infinitesimi
Un infinitesimo (positivo) è una successione di numeri reali $\epsilon_n$ che assume definitivamente valori minori di qualunque numero positivo a (definitivamente significa per tutti gli indici n maggiori di un certo numero N che dipende dalla scelta di a).
E’ semplicissimo mostrare decine di esempi di infinitesimi (sia positivi che negativi). Si può anche completare l'insieme degli infinitesimi aggiungendo la successione $o_n=0$ per ogni n, che ovviamente si dirà infinitesimo nullo. Si fa vedere facilmente che somme, differenze e prodotti di infinitesimi producono infinitesimi e che il prodotto di un numero reale per un infinitesimo produce sempre un infinitesimo.
Il quoziente di due infinitesimi $\epsilon / \eta$ , con $\eta$ diverso da 0, può produrre invece uno dei quattro risultati seguenti:
1) un infinitesimo, e allora si dice che $\epsilon$ è di ordine superiore a $\eta$ e si scrive $\epsilon=o(\eta)$
2) un numero reale non nullo + un infinitesimo, e allora si dice che $\epsilon$ e $\eta$ sono dello stesso ordine
3) un infinito (cioè il reciproco $1/\omega$ di un infinitesimo $\omega$, e allora si dice che $\eta$ è di ordine superiore a $\epsilon$
4) nessuno dei casi precedenti oppure delle ambiguità, e allora si dice che $\epsilon$ e $\eta$ non sono confrontabili
2. Differenziale
Sia $f(x)$ una funzione reale di variabile reale.
Poniamo $\Deltaf = f(x+\epsilon_n)-f(x)$, supponendo di aver scelto e fissato un x nel dominio di f.
Diremo che f è differenziabile in x se esiste un numero reale a(x) tale che, per ogni infinitesimo $\epsilon_n$, risulti
$\Deltaf = f(x+\epsilon_n)-f(x)=a(x) \epsilon_n + o(\epsilon_n)$.
In pratica, $\Delta f$ si spezza nella somma di una funzione lineare di $\epsilon_n$ e di un infinitesimo di ordine superiore a $\epsilon_n$. La parte lineare di $\Deltaf$ si chiama il differenziale di f in x e si denota $df=a(x) \epsilon_n$.
In particolare, se $f(x) = x$ otteniamo $df=dx=\epsilon_n$, pertanto $dx$ denota anche un infinitesimo arbitrario.
3: Somma integrale
Sia $[y_a,y_b]$ intervallo chiuso e limitato di numeri reali.
Costruiamo una generica partizione dell'intervallo in questione:
$y_a=y_0<y_1<y_2<y_3<........<y_n=y_b$ e poniamo $\Deltay_k=y_k-y_(k-1)$
Allora $\sum_{k=1}^n \Deltay_k = y_b-y_a$, indipendentemente dalla scelta della partizione e dal
numero $n$ di punti della partizione.Aggiungiamo anche la condizione che il parametro di finezza delle partizioni scelte $\Delta_n=max(\Deltay_k , k=1,2,...,n)$ sia un infinitesimo.
Poiché possiamo scegliere ad arbitrio le partizioni senza alterare la somma, poniamo
$\epsilon_n=(y_b-y_a)\omega_n$, dove $\omega_n$ è un infinitesimo arbitrario e formiamo la partizione
$y_a=y_0<y_1=\epsilon_n<y_2=2\epsilon_n<y_3=3\epsilon_n<........<y_M=M\epsilon_n=y_b$ e poniamo $\Deltay_k=y_k-y_(k-1)=\epsilon_n$
Allora $ y_b-y_a =\sum_{k=1}^M\Deltay_k =\sum_{k=1}^M \epsilon_n=M\epsilon_n=Mdy$
Poiché $M\epsilon_n=y_b-y_a$, ne consegue che $M$ è un infinito, e quindi $y_b-y_a$ è la somma di un numero infinito di infinitesimi arbitrari $\epsilon_n=dy$, che denotiamo così:
$\int_{y_a}^{y_b} dy=y_b-y_a$
4. $\int_0^1x^2 dx$
$x^2dx$ è il differenziale di $y=1/3 x^3$ (per quanto detto al punto 2)
Dunque $dy = x^2dx$, che significa anche che a ogni infinitesimo $x^2 dx$ nell'intervallo $[0,1]$ corrisponde un solo infinitesimo $dy$ nell'intervallo $[0,1/3]$ ad esso uguale. Poiché la cardinalità di $[0,1]$ è uguale alla cardinalità di $[0,1/3]$, la somma integrale di infinitesimi uguali nei due insiemi produrrà somme uguali:
$\int_0^1x^2 dx=\int_0^(1/3)dy=1/3$, per quanto detto al punto 3.
Salute
10/02/2009, 19:08
ViciousGoblin ha scritto:Caro Sidereus,
sono un po' "sfibrato" da questa conversazione - piacevole, beninteso, ma che richiede troppa concentrazione. Purtroppo leggendo cio' che mi scrivi ripiombo nella sgradevole sensazione di trovarmi di fronte a parole che cambiano significato mentre procedo nella lettura.
ViciousGoblin ha scritto:Tu in piu' punti affermi che la matematica non deve essere lo studio del linguaggio - accettiamolo pure (anche se andrebbe capito cosa intendi) - il nostro problema pero' non e' di matematica (su cui mi sono convinto siamo quasi completamente d'accordo) ma e' proprio di linguaggio. Io proprio non capisco (per lo meno non sono sicuro di capire) quello che vuoi sostenere. Vediamo se riesco a fare delle domande "dirimenti".
ViciousGoblin ha scritto:La scrittura $\int_0^2 2=4$ , non ti va bene perche'
(A) e' brutta, in quanto non riflette il procedimento di limite che ha portato alla definizione del simbolo che sta a sinistra
(B) e' sbagliata perche' $\int_0^2 2$ non ha senso
(C) e' sbagliata perche' $\int_0^2 2$ fa qualcosa di diverso da $4$
Una tua risposta secca mi permetterebbe di orientare le mie eventuali repliche....
ViciousGoblin ha scritto:Riguardo ai punti 1-3, come dicevo all'inizio la senzazione e' che le definizinioni siano quelle che conosco e insegno, ma che le interpretazioni siano diverse (altrimenti non mi spiego tutti i discorsi del punto 3) che per me dicono solo che $n(b-a)/n=b-a$ dove $a$ e $b$ sono numeri reali, non lunghezze o altro)
ViciousGoblin ha scritto:C'e' peraltro al punto 2 una contunua oscillazione di significato del termine $dx$; $x$ viene usata sia come variabile sia per indicate la funzione identica; purtroppo questa abitudine e' per me ' devastante e probabilmente all'origine della mia incapacita' di capire molte cose.
ViciousGoblin ha scritto:Purtroppo sono stato abituato al fatto che la derivata di $x^2$ e' zero dato che la funzione $x^2$ e' costante (se si vuole un linguaggio coerente).
ViciousGoblin ha scritto:Comunque fatte le mie dovute traduzioni interne mi pare di non aver nulla da dire riguardo a 1-3, in particolare non mi pare ci siano "cose non standard" ; tutto quanto dici e' riconducibile alla nozione di limite classico, anche se dette coi differenziali possono avere sfumatute diverse.
ViciousGoblin ha scritto:Ti faccio un'altra domanda trasversale per capire il tuo punto di vista,
secondo te le due formule:
$\lim_{x\to 0}\sin(x)/x=1$
e
$sin(x)=x + o(x)$
hanno lo stesso "contenuto conoscitivo" ? e"contenuto matematico " ?
ViciousGoblin ha scritto:Riguardo al punto 4) mi pare di capire che per te non si integrano le funzioni, bensi il prodotto di una funzione per un differenziale (che e' una applicazione lineare). Per inciso mi pare di capire che in questo caso usi $dx$ per indicare il differenziale dell'applicazione identica (differenziale che e' costantemente la funzione identica) Questo mi sembra perfettamente formalizzabile col linguaggio delle forme differenziali. Mi pare pero' che allora si dovrebbe cominciare dall'inizio a integrare oggetti della forma $f dg$.Comunque se questo e' il tuo punto di vista dimmelo all'inizio "guarda per me si integrano le forme differenziali" (perche' sono quelle che per me hanno significato) e io sono soddisfatto e riconosco che il $dx$ ci vuole.
ViciousGoblin ha scritto:Concludo con una battuta - le tue lamentele a proposito della bizzarria di $\int_a^b=b-a$ mi suonano come se tu protestassi quando uso la parola "leone" chiedendomi dov'e' il ruggito.
ViciousGoblin ha scritto:Alla prossima
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