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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: 17 again
Autore: Micco Claudio
Scuola: Liceo scientifico
Descrizione: Nella stesura della tesina ho tentato di focalizzare la mia attenzione sulla ricerca dell'originalità e, in un certo senso, della simpatia, nel disperato tentativo di catturare l'attenzione e il tanto sperato favore della commissione. È per queste ragioni che in seguito a lunghe ricerche su internet, che ai giorni d'oggi è in grado di sostituire persino le migliori biblioteche, la mia scelta è ricaduta su un soggetto tanto banale quanto inverosimile, ovvero: cosa farei se un giorno mi risvegliassi diciassettenne? Probabilmente oggi, nel mio ultimissimo giorno da liceale, sarebbe un incubo, la peggiore esperienza che potrei mai vivere, dato che per nessuna ragione al mondo ripeterei questi ultimi anni passati al liceo, nonostante siano stati ricchi di soddisfazioni. Anche se so che quasi certamente già a settembre inizierò ad avere le prime nostalgie, i primi rimorsi e qualche rimpianto, cominciando a pensare "Che cosa sarebbe successo se ". Certamente non sono il solo a vivere tale dilemma, come testimoniato dall'opera e dal pensiero di numerosi poeti e filosofi, a partire dal medioevale Villon, passando per il simbolista Verlaine, entrambe pentiti per le scelte compiute nella loro vita; oppure come un trasformato D'Annunzio, che da interventista e donnaiolo scatenato diventa l'innocuo e malinconico invalido del Notturno. Poi c'è chi come Nietzsche proprio non vuole guardare in faccia alla realtà e inventa di tutto, persino che Dio è morto, pur di ritrovare quel senso di libertà e spensieratezza di cui si gode nella tarda adolescenza. Purtroppo per noi non è possibile, quando le cose non sono andate come noi avremmo voluto, premere il tasto rewind e ricominciare tutto da capo, riavere la possibilità di scegliere tra il mare di alternative che ci sono davanti a 17 anni. Purtroppo i vari Verlaine e D'Annunzio non hanno potuto ricevere la loro seconda chance, ed anche lo spavaldo Nietzsche si sarà ormai reso conto che, suo malgrado, Dio non lo ha ancora ucciso nessuno, e che di conseguenza la decantata libertà di cui si è fatto profeta non è altro che un'illusione. Materie trattate: francese, italiano, storia dell'arte, latino
Area: umanistica
Materie trattate: francese: villon e verlaine, je plains le temps de ma jeunesse e le ciel est par dessus le toit, rimorsi per le cattive scelte compiute italiano: gabriele d'annunzio, notturno, la morte porta l'uomo a riconsiderare tutta la propria vita filosofia: nietzsche, morte di dio, illusione di libert nel scegliere storia dell'arte: magritte, decalcomania, guardare la realt con occhi diversi riconsiderando i propri fallimenti latino: apuleio, le metamorfosi, paragone con la trama del film
Bibliografia: • Doveri, De fil en aiguille, vol. 1-3, Europass • Imbimbo, "Viaggio nella filosofia", vol. 3, Palumbo editore • Dorfles, Arti visive, vol. 3, Atlas • Sambugar, Gaot, vol. 3, La nuova Italia • Canali, Camena, vol.3, Einaudi scuola • http://www.mymovies.it/
• http://fr.wikipedia.org/wiki/
• http://www.liceolocarno.ch/
2. Trama e commento
“17 again” è la storia di Mike O’Donnell, un quarantenne deluso e irrequieto. Ex
capitano della squadra di basket del liceo, vent'anni dopo è il padre svogliato di due adolescenti
e il marito disamorato della più bella ragazza della scuola, decisa ormai a chiedergli il divorzio.
Questo perché, il giorno più importante della sua vita, prima della partita di basket in cui
sarebbe stato selezionato per una prestigiosa borsa di studio, la sua ragazza, Scarlet, gli
comunica la notizia di essere incinta e Mike prende una decisione storica: lascia perdere la 4
partita, una sicura borsa di studio e un futuro ricco di aspettative, scegliendo di sposarsi. Dopo
circa 20 anni, la vita di Mike, che una volta appariva brillante e ricca di possibilità, è stata
offuscata da un lavoro senza prospettive, da un matrimonio fallito e da due figli adolescenti che
conosce appena. E non può fare a meno di chiedersi: Che cosa sarebbe successo se….? Sarà un
angelo guida, nei panni di un umile custode, a procurargli una seconda possibilità per rivivere la
sua adolescenza e per aggiustare un destino da perdente. Tornato diciassettenne, Mike capirà
finalmente qual è il suo ruolo in campo e nel mondo, ricompiendo, alla fine, la stessa scelta
fatta 20 anni prima.
Da sempre, al cinema come nella letteratura, la sospensione o il riavvolgimento temporale
conducono i protagonisti a riconsiderare la propria esistenza, riconoscendo eventuali errori ed
egoismi e riscoprendo un altro se stesso, quello buono e giusto, quello funzionale alla morale
esibita. 17 Again, con una fantasia trascurabile, non fa eccezione e va ad aggiungersi a quello
che a tutti gli effetti è diventato un vero e proprio (sotto)genere: il racconto spazio-temporale,
dentro al quale ritornare adolescenti o sperimentare l'età adulta. Il Mike O'Donnel quarantenne,
smarrita la propria identità nel presente, la ritroverà in un altro (e già esperito) continuum
dell'esistenza. Purtroppo si tratta di una semplice commedia romantica per consumatori di
unghie e pop corn, la cui risposta è naturalmente l'amore. 17 Again vorrebbe descrivere il disagio
degli adolescenti americani di oggi, il bullismo, la paura dell'esclusione, l'ansia da prestazione, il
rifiuto e l'emarginazione, il conformismo e la ribellione, e andare a scavare fino a vedere cosa
c'è sotto. In fondo al racconto c'è la High School Generation, una folta schiera di bravi ragazzi
col cuore d'oro che sostituiscono il conflitto con la fede nella salute. Eppure sono malati,
“corrotti” dal moralismo: non fare uso di droghe, non fare sesso, non sbagliare, non vivere. 17
Again è come il suo protagonista, un concentrato innocuo di buona “maniera”, un contenuto
spostato in superficie, che non trasgredisce mai e non brucia addosso, nel quale il sottoscritto si
è sforzato di trovare un significato che va oltre la semplice lezione di buona condotta,
attribuendogli un collegamento di dignità filosofico - letteraria con diversi autori, paragonandoli
ai tre diversi personaggi protagonisti del film: al Mike quarantenne assocerei le figure di Villon,
Verlaine e D’annunzio (nel Notturno), in quanto simboli del fallimento e del rimorso ; al Mike
diciassettenne collegherei parte del pensiero di Nietzsche, nello specifico ciò che riguarda “la
morte di Dio”, ovvero quella situazione che l’uomo può provare dinanzi alla liberazione da
qualsiasi vincolo etico e morale e vede “un mare di possibilità che gli si staglia di fronte”, come
chi, una volta che sa come funziona il mondo, può rivivere la propria vita da capo; per quanto
concerne il personaggio finale, miglioratosi in seguito alla trasformazione, viene spontaneo il
collegamento con Lucio, il protagonista delle Metamorfosi di Apuleio. 5
3. FRANÇAIS
François de Montcorbier dit Villon est un poète français de la fin du Moyen Âge. Il est
probablement l'auteur français le plus connu de cette période. Les romantiques en firent le
précurseur des poètes maudits.
Il est né a Paris et ses origines sont humbles. Il a été élevé par un prêtre, Maître Guillaume de
Villon qui lui a donné son nom. Il a étudié à la Sorbonne mais il songeait surtout à s’amuser. Il a
eu de mauvais amis et il est arrivé à tuer un prêtre en 1455. Il a obtenu des lettres de rémission
pour ce meurtre mais il a continué sa vie aventureuse. Il a été impliqué dans des vols et on le
retrouve souvent en prison à Paris ou ailleurs en France. Le 5 janvier 1463 le Parlement de Paris 6
annule une sentence de condamnation à mort et lui interdit de vivre à Paris pendant dix ans.
Après cette date on perd toute trace de lui.
Les seules sources contemporaines dont nous disposons concernant Villon sont, outre ses propres
écrits littéraires, six documents administratifs relatifs à ses procès. Ainsi, il faut soigneusement
séparer les faits établis avec une quasi-certitude de la « légende Villon » à laquelle il a lui-même
largement contribué en se mettant en scène dans ses œuvres
Toute son œuvre est en vers et consiste en deux grands poèmes lyriques : Le Petit Testament et
Le Grand Testament qui comprend diverses ballades. La Ballades des pendus ou Epitaphe Villon
est écrite plus tard, au moment où le poète, condamné à la potence, s’attend à être pendu.
Dans ses poèmes il fait revivre la tradition réaliste et les grands thèmes lyriques comme la piété,
la tendresse filiale, le patriotisme, les regrets du passé, les remords, la fraternité et la hantise
de la mort. Il est toujours très sincère et se livre à nous tel qu’il a été. Il refuse de s’attendrir
sur son sort et il est capable d’ironiser. L’idée de la mort est constante dans son œuvre et la
hante continuellement. Rappelons-nous qu’il a été condamné plusieurs fois. La langue qu’il
utilise est vivante et populaire, son réalisme est puissant et il nous décrit la vérité tragique de la
condition humaine. Un problème reste : qui est-il ? Peut-être la réponse est dans un de ses vers :
je ris en pleurs qui exprime bien la dualité de sa personnalité et de sa conscience.
Je plains le temps de ma jeunesse
Je plains le temps de ma jeunesse,
Auquel j'ai plus qu'autre gallé
Jusqu'à l'entrée de vieillesse,
Qui son partement m'a celé.
Il ne s'en est à pied allé,
N'à cheval ; hélas ! comment donc ?
Soudainement s'en est volé,
Et ne m'a laissé quelque don.
(…)
Hé ! Dieu, si j'eusse étudié
Au temps de ma jeunesse folle
Et à bonnes meurs dédié,
J'eusse maison et couche molle !
Mais quoi ? Je fuyaie l'école,
Comme fait le mauvais enfant.
En écrivant cette parole,
À peu que le coeur ne me fend.
Paul Verlaine est son premier biographe, comme Pauvre Lélian (anagramme de son
nom) il se place à la fin d’une lignée de poètes. Il naît à Metz et passe une enfance joyeuse et
protégée au milieu de ses parents qui sont assez âgés (son père etait militaire) et d’une cousine
orpheline. Les premiers contacts avec la vie sont difficiles et l’enfant supporte mal le
pensionnat de l’institution Landry. En 1862 il obtient le baccalauréat, commence a travailler et
compose ses premières oeuvres. Il fréquente les artistes et collabore au Parnasse. Pour échapper
à la tristesse et à la monotonie il commence à boire de l’absinthe et il a des crises de fureur
terrible. Apres la mort de son père et de sa cousine les crises augmentent, ainsi pour essayer de
se ranger il épouse Mathilde Mauté, une jeune fille de 16 ans. Cette période de calme dure peu
et, bien vite, il devient violent dans son ménage et frappe sa femme. En 1871 il recueille
Rimbaud chez lui, tombe amoureux et le scandale éclate. Il va quitter sa femme et sa maison
pour suivre Rimbaud en Angleterre et en Belgique. La relation sera très orageuse et le 10 juillet 7
1873 il tire des coups de revolver contre son ami qui est blessé. Verlaine est emprisonné et va
purger deux ans de prison à Mons. Il apprend dans sa cellule que sa jeune femme a obtenu la
séparation. Ébranlé, il devient un chrétien ardent.
Romances sans paroles et Sagesse témoignent de sa conversion. Sagesse, dont fait partie Le ciel
est par dessus le toit, a été publié en 1881 et comprend des textes écrits en prison ou après.
Dans ce poème Verlaine fait un retour sur son passé. Mais à la date où parait Sagesse, Verlaine
est retombé dans ses errements d'autrefois. Verlaine va alors osciller entre vertu et péché, chair
et esprit, ce sera Jadis et Naguère.
Le ciel est, par-dessus le toit...
Le ciel est, par-dessus le toit,
Si bleu, si calme !
Un arbre, par-dessus le toit,
Berce sa palme.
La cloche, dans le ciel qu'on voit,
Doucement tinte.
Un oiseau sur l'arbre qu'on voit
Chante sa plainte.
Mon Dieu, mon Dieu, la vie est là,
Simple et tranquille.
Cette paisible rumeur-là
Vient de la ville.
--Qu'as-tu fait, ô toi que voilà
Pleurant sans cesse,
Dis, qu'as-tu fait, toi que voilà,
De ta jeunesse ?
Quand il sort, Rimbaud est parti, sa femme a divorcé, le Parnasse l’a exclu. Il recommence à
boire et quand sa mère meurt il est dans un misère terrible (les Mauté ont pris tout son
héritage). Il erre d’hôpital en hôpital, de taudis en taudis, fréquente femmes de petite vertu, vit
comme un clochard mais il connaît la célébrité car on reconnait en lui un grand poète, on lui
demande des conférences et on le sacre prince des poètes. Il meurt en 1896 et ses funérailles
sont suivies par des poètes, des écrivains et par le ministère des Beaux-arts, dans l’église de
Saint-Etienne-du-Mont et au cimetière des Batignolles.
4. ITALIANO
C’è da sempre una dicotomia nella valutazione critica dell’opera di Gabriele
D’Annunzio come figura cardine della letteratura italiana di inizio Novecento.
a. D’Annunzio e le prose memoriali
E’ quella che riguarda la differenza, il contrasto di toni e di sostanza tra il lirismo decadente dei
cinque libri delle Laudi – che ne decretarono l’affermazione e la fortuna di poeta – scritte tra il
1903 e il 1912, e la riflessione solitaria e pensosa, l’introversione oscura, meditativa e dolente
contenuta nelle cosiddette ‘prose memoriali’, delle quali il Notturno è il caso più emblematico.
Se il ‘rimprovero’ che è sempre stato mosso al D’Annunzio vate, al D’Annunzio lirico, per gran 8
parte del Novecento post bellico, fu quello di una mancanza di essenzialità, e di un
compiacimento stantìo di una lingua artificiosamente elaborata, ai limiti del barocco, tesa
unicamente alla costruzione di un mito personale tutto risolto al raggiungimento di un orizzonte
da Ubermensch nietzschiano, una parte della critica ha sempre puntato il dito sul rovescio della
medaglia della personalità artistica di D’Annunzio, emergente quando il delirio personalistico e
avventuriero dell’anima che visse come diecimila si spegneva per cause contingenti, e casuali,
che costringevano il grande pescarese a intro-vertersi, a guardarsi dentro, a dare spazio sincero
alle molte zone d’ombra e di solitudine di una psicologia ipertrofica e non equilibrata. Se infatti
D’Annunzio fu spesso – e a ragione – accusato di ‘naufragare nelle parole’, di non placarsi fino
all’esaurimento dell’ultima immagine disponibile, dell’ultima scaltrezza formale raggiungibile
grazie a mezzi espressivi dalle risorse infinite, è proprio quando questa capacità di stupire venne
meno – per cause di forza maggiore, come nel caso del Notturno – che poté manifestarsi il
D’Annunzio perdente, quello costretto a confrontarsi con uno stato e con sentimenti di sconfitta,
di prostrazione, di ripiegamento, di delusione, di rinuncia, di tregua.
In queste circostanze potremmo dire a proposito di D’Annunzio, citando Mallarmè, l’enfant
abdique son extase: D’Annunzio abdica alla sua estasi superomistica, è costretto finalmente a
fare i conti con la sua carne, con i dolori profondi delle ferite non solo materiali, e a guardarsi in
faccia, rinunciando al rifugio parossistico di una personalità costruita ad arte, e interpretata con