vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: ESSERE DONNA
Autore: Martes Valentina
Descrizione: nella mia tesina ho tentato di delineare un percorso sull'evoluzione della condizione della donna attraverso i secoli tra storia, arte e letteratura
Materie trattate: Storia, Filosofia, Attualità , Inglese, Italiano, Greco, Latino, Storia Dell'arte
Area: umanistica
Sommario: Storia, Il femminismo, Il mondo è delle donne, La condizione femminile nella storia Filosofia, Simone De Bouvoir e Luce Irigaray, Il Secondo sesso, Speculum: L'altra donna Inglese, Virginia Woolf, A Room Of One's Own, icona del femminismo moderno Greco e Latino, La condizione della donna nel mondo classico, Giovenale, misoginia mella Satira 6 contro le donne Italiano, Le principali figure femminili nei romanzi tra 800 e 900 Arte, La rappresentazione della donna attraverso i secoli
”se
La poligamia è lecita e prevista dal Corano per gli uomini con la limitazione:
temete di non essere giusti con loro sposatene una sola o le ancelle in vostro
possesso”. Secondo il Corano l'uomo può ripudiare la moglie e non v'è nessun
accenno che la moglie possa farlo nei confronti del marito (come del resto anche
nelle società greca e romana).
sura "della Luce". il v. 31 prescrive che le credenti abbassino gli sguardi e:
Nella
“custodiscano le loro vergogne, non mostrino troppo le loro parti belle” ad altri che
“non
agli uomini della famiglia e: battano i piedi sì da mostrare le loro parti
nascoste”. Secondo un'usanza che è precedente al Corano questo versetto proibirebbe
alla donne di mostrare il volto e quindi avrebbe giustificato nei tempi passati
l'esistenza dei ginecei (harem) in cui erano rinchiuse le donne, custodite nel caso di
personalità di grande ricchezza, da guardiani evirati, nonché l'uso oggi in alcuni Stati
islamici di vesti che coprono interamente il viso. Circa l'obbligo di portare il velo e
coprire il volto non c'è alcun versetto che lo prescriva espressamente.
Se tutto ciò appare in qualche modo soggetto a interpretazione sì da smentire chi
affermi apoditticamente che il velo o la supremazia dell'uomo sulla donna siano
previsti, nella loro accezione più avvilentemente maschilista, dal Corano, ben diversa
è la situazione legata al diritto ereditario. È infatti detto in merito all'eredità ai figli
“Iddio vi raccomanda di lasciare al maschio la parte di due femmine” e in molti altri
punti del Corano si evidenzia uno stato d'inferiorità della donna rispetto all'uomo,
anche se sono frequenti le raccomandazioni ai mariti di trattare con gentilezza e
giustizia le loro mogli anche nei rapporti sessuali, anche in caso di poligamia.
Donna con velo. Donna con burka.
4
FILOSOFIA
Filosofe femministe: Simone De Beauvoir e Luce Irigaray
L’emancipazione della donna nel 900 ha determinato anche la nascita del pensiero
femminile nel campo della filosofia occidentale.
Simone De Beauvoir.
Nata a Parigi il 9 gennaio 1908 da una famiglia della alta
borghesia, fin da giovane Simone rivelò una grande passione per lo
studio, diventò infatti un’allieva esemplare alla Sorbona, dove
incontrò quello che sarà il compagno della sua vita, il filosofo
esistenzialista Jean- Paul Sartre. Simone De Beauvoir è considerata
la madre del movimento femminista, fu infatti sostenitrice del
femminismo dell’uguaglianza, che si proponeva il raggiungimento di una parità di
diritti con il modello maschile di riferimento della cultura occidentale. La sua opera
“Il secondo sesso”
più importante, è un saggio fondamentale che da un lato fa il
punto sulle conoscenze biologiche, psicoanalitiche e storiche esistenti sulla donna,
dall’altro apre la strada a quella discussione radicale sulla condizione femminile che
avrebbe caratterizzato i decenni successivi.
Luce Irigaray. È una filosofa e psicoanalista nata in Belgio nel 1930, vicina al
movimento delle donne anche se non direttamente coinvolta in
“Speculum: l’altra donna”
esso. La sua tesi di laurea costituisce
una vera e propria critica radicale alla concezione psicoanalitica
della donna. La Irigaray svolge così una reinterpretazione
dell’intero pensiero filosofico dell’Occidente e si confronta con
Platone, Nietzsche, Heidegger e Freud. Un’altra critica importante
infatti sottolinea l’errore
è quella rivolta a Simone De Beauvoir,
di chi si proponesse di ottenere una inesistente uguaglianza tra
e l’intrinseca diversità della
uomo e donna, ma al contrario sottolinea la differenza
Da questo punto di vista, l’io, il soggetto,
natura femminile: la differenza sessuale.
l’uomo, ossia i tradizionali concetti della filosofia, non possono più essere considerati
ma devono essere posti come una
come un’unità, dualità.
5
GRECO E LATINO
Il ruolo della donna nel mondo greco e romano.
Il problema della condizione della donna e della sua subordinazione all’uomo non è
solo recente, ma affonda le sue radici più profonde nella misoginia che caratterizzava
il mondo greco e romano e che ebbe grande influenza sulla cultura occidentale fino al
Medioevo.
Nelle civiltà greca e romana la donna apparteneva, insieme agli schiavi e agli
stranieri, a quella classe sociale esclusa dalla partecipazione alla vita politica.
Il suo ruolo era principalmente quello di procreare, di generare gli eredi e di custodire
la casa; tanto che a Sparta Licurgo prescrisse addirittura degli esercizi fisici per le
donne, che sconcertarono gli Ateniesi abituati a uno stile di vita più rigido.
In ogni caso, la caratteristica fondamentale della società greca, che influenzerà quella
romana, è la misoginia (dal greco mysos=odio e gyne=donna). Tale avversione nei
confronti della donna traeva origine dalle opere di scrittori, filosofi e poeti. In
particolare, Esiodo fu l’iniziatore della poesia misogina, in quanto è il primo a narrare
il mito di Pandora con cui si attribuisce alla donna la causa di ogni sofferenza sulla
terra. Forte di questa antica tradizione la società greca relegò le donne in ambiti
strettamente domestici, tanto che a loro era destinata la parte della casa chiamata
Ma come si svolgeva la vita quotidiana di una donna nell’antica Grecia?
gineceo.
Le donne erano abituate a vivere nell’ombra, non solo socialmente, ma anche
fisicamente in quanto era normale che vivessero in casa, lontano dal sole e di
l’appartenenza a una famiglia
conseguenza avessero un colorito pallido che denotava
agiata. Alle donne ricche era permesso di uscire in alcune occasioni, quali feste
religiose, nascite o riti funebri. È necessario inoltre distinguere tra i diversi tipi di
donne: le mogli, servivano a procreare e ad accudire fedelmente la casa, vi erano poi
le concubine, destinate a soddisfare i piaceri sessuali degli uomini, e infine le eteree,
ovvero le prostitute di professione che intrattenevano l’uomo con danze e spettacoli
durante i banchetti. Infine, vi erano le donne anziane che venivano considerate un
oggetto ormai inutile, questo può essere considerato uno dei lati più irrispettosi della
misoginia classica.
Nell’antica Roma la condizione femminile conobbe fasi alterne nel corso dei secoli.
La donna romana nel periodo più antico era totalmente subordinata al potere
patriarcale. In questa prima fase esistevano due categorie di donne ben distinte: le
donne per bene, le matronae, e tutte le altre. La matrona romana si distingueva già
dall’abbigliamento in quanto indossava la stola che la proteggeva da sguardi
indiscreti e la identificava come una donna sposata. Il compito della matrona romana
era quello di riprodurre la discendenza del marito, perpetuandone la stirpe; ma era
necessario che tale discendenza fosse legittima, da qui deriva l’assoluto divieto di
commettere adulterio, che veniva considerato una turbatio sanguinis.
6
A tale proposito è doveroso citare il celebre episodio mitico di Lucrezia, narrato da
“Ab Urbe condita”.
Livio nella sua opera Questa donna, essendo stata violentata da
Sesto Tarquinio, afferma la propria natura di uxor pudica attraverso il suicidio,
considerato l’unico rimedio necessario. Lucrezia assurge, così, a modello
paradigmatico della matrona romana, che incarna i valori tipici del mos maiorum,
primo fra tutti la pudicizia. (cfr. la moglie di Eufileto)
il principato e l’impero la donna potè godere
Con il passare del tempo, nel periodo tra
di maggiore libertà ma non dei diritti politici. Durante questa fase della storia romana
alcuni autori riscontrarono i segni di una decadenza morale e si diffuse una tendenza
misogina simile a quella greca. In particolare, Giovenale esprime la sua profonda
avversione verso il genere femminile nella Satira VI, che rappresenta uno dei più
feroci documenti di misoginismo di tutti i tempi, in cui emerge la figura di Messalina,
augusta meretrix, che incarna un modello di donna diametralmente opposto a quello
di Lucrezia.
APPROFONDIMENTO: La donna nel teatro di Euripide
Euripide è considerato il più moderno dei tre tragediografi anche per aver dato ampio
spazio nelle sue tragedie alle figure femminili. Basti pensare a Medea, Al cesti,
Fedra, Andromaca, Elettra, Ecuba, tutte donne forti e determinate che si impongono
come protagoniste indiscusse delle tragedie.
Alcesti l’unica che decide
Al cesti è una donna eroica, la migliore di tutte le donne ( ),
consapevolmente di morire per amore al posto del marito. Ella non è più lo stereotipo
di proprietà dell’uomo, ma ci appare libera di avere e dichiarare
della donna-oggetto
valori propri e dotata della capacità di decidere per sé e per gli altri. Il sacrificio
d’amore le conferisce gli onori a cui una donna non può aspirare: l’immortalità della
valori tipici dell’eroe omerico. D’altra parte, Admeto non può essere
fama, il kleos,
considerato egoista in quanto, malgrado ne abbia l’animo straziato, è costretto ad
accettare il dono divino offerto da Apollo, che in quanto tale non poteva essere
rifiutato. Al cesti, dunque, al di là di qualsiasi considerazione razionale sul futuro dei
figli orfani di padre, desidera morire per il suo sposo; ma proprio sul piano emotivo
il senso del tragico: da una parte desiderosa di morire, dall’altra umanamente
sta
attaccata alla vita. In questo caso, tuttavia, la morte diventa funzionale alla vita,
l’amore vuole la resurrezione, Al cesti infatti esprime la fiducia che gli dei possano
rivolgere lo sguardo agli uomini e offrire loro la salvezza.
7
ITALIANO
Le figure femminili nella letteratura tra 800 e 900.
I romanzi della letteratura italiana tra 800 e 900 pullulano di personaggi femminili;
tra questi ne ho scelti alcuni per delineare un quadro sull’evoluzione della figura
femminile in ambito letterario.
Manzoni nelle sue opere ci offre diversi personaggi femminili tra cui ricordiamo
“I Lucia è l’immagine ideale
Lucia, ne Promessi Sposi”. della femminilità cristiana:
come suggerisce il suo nome, è colei che illumina, la donna-angelo con funzione
strumento della Grazia divina che conduce alla conversione l’Innominato e
salvifica,
suscita nella monaca di Monza la nostalgia per l’innocenza perduta; ella, privata di
ogni elemento erotico, incarna un ideale femminile particolarmente caro alla
borghesia ottocentesca: la vergine che con la sua purezza redime dal peccato le anime
corrotte ed offre loro un’occasione di salvezza.
Verga nei suoi romanzi veristi ci offre tipi femminili più realistici tra cui Nedda,
protagonista dell’omonima
Mena, Bianca Trao, Isabella. In particolare la Lupa,
“Tigre reale”, “Eros”, “Una
novella, e altre donne dei romanzi pre-veristi come
peccatrice”, anticipano la femme-fatal dannunziana.
Nella produzione dannunziana la figura femminile è connotata da accesa sensualità,
“Il
da una bellezza seducente e raffinata, talvolta anche da lussuria e aggressività. Ne
Piacere” compaiono due tipi di donne: Elena Muti e Maria Ferres. La prima
incarna in sé l’erotismo lussurioso, la seconda invece incarna un ideale femminile
“ Trionfo della morte”
opposto alla femme-fatal. Ne Il emerge Ippolita Sanzio, che
si caratterizza come la femme-fatal per eccellenza e diviene nemica del protagonista.
La donna assume una funzione narrativa molteplice nello sviluppo della tematica
pirandelliana del contrasto tra vita e forma. Il rapporto con la donna presenta
l’ambivalenza dell’attrazione e della repulsione e si configura in termini di conflitto.
donna, infatti, rappresenta la parte oscura dell’uomo e il punto di vista femminile
La
mette in discussione l’ordine e la coscienza maschile. Per esempio, in “Uno, nessuno
e centomila” è la rivelazione da parte della moglie del naso pendente a destra che fa
precipitare Vitangelo Mostarda in una profonda crisi d’identità.
Infine, nelle raccolte di Montale la donna diventa il destinatario privilegiato e assume
diversi nomi Clizia (Irma Brandeis), Mosca (Drusilla Tanzi), Volpe o Annetta. Vi è
una ripresa della funzione femminile nel Dolce Stil Novo: la donna di Montale