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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: La legge e l'uomo

Autore: Petissi Roberto

Scuola: Istituto tecnico industriale

Descrizione: Prendo spunto dal motto della Polizia italiana che recita: " sub lege libertas" per cercare di esporre un pensiero caro all'umanità  sin dai suoi primordi. Sono consapevole del limite e della parzialità  di questo mio contributo che pur tuttavia senza ambizione alcuna, vuole offrire un'occasione di riflessione su di un tema che come un sottile filo d'oro accompagnerà  la storia umana fino al suo termine. L'esposizione ha la sua matrice nel chiarimento del concetto di "legge". Legge che, nel corso delle epoche storiche fino ad arrivare ai nostri giorni, ha suscitato per motivi distinti e consapevolmente deformati guerre e rivoluzioni, contrapposti a passaggi importanti di civiltà , autentiche pietre miliari su cui si costruiscono le moderne democrazie. A questo punto sorge una domanda, se la legge per sua natura sorge per un necessario equilibrio e ordine che regola la vita degli uomini, per quale motivo costoro si sono sempre battuti per modificarla a proprio piacere? Lo studio prende avvio dall'ottica religiosa del mondo, parte quindi dalla creazione su iniziativa di Dio, passando al monte Sinai e precisamente alle tavole dei dieci comandamenti, affidate a Mosè poi attraverso i secoli, l'analisi si sofferma sull'epoca romana su cui si fonda il nuovo significato di legge proprio della modernità  fino ai nostri giorni. Numerosi sono i riferimenti alle leggi vigenti del nostro paese, intendendo l'insieme dei diritti e doveri che l'uomo è tenuto a osservare per l'edificazione del bene comune, in equilibrio con le libertà  individuali e quindi la Costituzione. La conclusione è uno sguardo ottimista verso il domani: interrogandoci sui modi con cui la legge organizzerà  la società  futura.

Materie trattate: Religione (Antico e nuovo Testamento), Storia (l'epoca romana), Diritto la Costituzione)

Area: umanistica

Estratto del documento

I.T.I. Artigianelli- Tesi di maturità

Roberto Petissi

quando il soffio del Signore vi passa sopra; certo, il popolo è come l'erba" (Isaia 40:7). Per

questo la vita che dà vitalità all'ambiente è la vita stessa di Dio, piena della Sua santità.

È così che l'Antico Testamento porta in sé un chiaro e distinto ambientalismo, ed al suo centro

sta la Legge di Dio, il Creatore.

1.2.1 La legge nell’Antico Testamento

Per l'Antico Testamento la Legge è norma insostituibile di ogni rapporto della creatura umana

con Dio perché definisce la volontà di Dio per la sua vita. Nel Giudaismo la Legge di Dio,

raccolta e codificata in scritti sacri, costituisce il centro stesso della pietà religiosa.

L'osservanza dei comandamenti è l'atto religioso fondamentale.

Storicamente, all'origine della Legge in Israele è la figura di Mosè, il legislatore per eccellenza,

coadiuvatore dell’ordine terreno. È alla sua opera che tutte le leggi sono fatte risalire. Egli,

però, non è che il mediatore che Dio ha scelto per comunicare al Suo popolo la Sua volontà

(Esodo 19:23-25). La Legge, infatti, proviene da Dio e non riguarda solo l'ambito cosiddetto

religioso della vita, tutta la vita umana, in ogni suo ambito, pubblico e privato. La Legge di Dio

è il contenuto dell'Alleanza che Dio ha stabilito con il Suo popolo. La Legge di Dio è ciò che

Israele si è impegnato ad osservare e che determina la sua identità e funzione nella storia. La

legge di Dio è frutto della rivelazione ed è chiara, certa, costante ed universale. A differenza

delle divinità immaginate da altri popoli, Dio è costante e fedele ai Suoi impegni certificati in

quello stesso patto.

Il termine ebraico che noi traduciamo con Legge, Torah significa originalmente insegnamento e

designa la tradizione legale tramandata dai Leviti e dai sacerdoti presso i santuari e

probabilmente mediante la consultazione di oracoli. A differenza della parola profetica, dal

carattere improvviso e occasionale, le singole leggi erano considerate universalmente ed

eternamente valide. Presto esse sono messe per iscritto ed incorporate nel Pentateuco. Con il

ritrovamento e la lettura pubblica del "Libro della Legge" (2 Re 22,23), avviene, però, una

profonda trasformazione: essa diventa libro, testo scritto solennemente promulgato con lettura

pubblica. Da allora il "Libro della Legge" comincia a sostituire il Tempio come simbolo della

presenza di Dio. Con Esdra il processo è compiuto, la legge è letta di fronte al popolo e da

allora s'identifica con l'intero Pentateuco.

Anche al tempo di Gesù e fino ad oggi, per gli Israeliti, "Legge" o Torah è la designazione dei

primi cinque libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio). Con Esdra,

accanto al sacerdote, appare così la figura dello scriba, cioè "l'uomo del libro", l'interprete delle

prescrizioni divine rivelate una volta per tutte. La Legge finisce così per essere considerata una

collezione di comandamenti. La vita religiosa diventa, così, sempre di più osservanza, spesso

esteriore, di questi comandi divini e si ritiene che la salvezza sia il risultato della loro

osservanza. In termini tecnici si designa questo come salvezza per le opere della legge.

È necessario tenere in debito conto questi aspetti molto vivi della religione della legge, per

valutare giustamente la polemica che il Nuovo Testamento rivolge alla Legge, opponendola

alla fede ed alla grazia. Nell'originale concezione biblica, la Legge non si oppone alla grazia,

ma ne è espressione. In questo i concetti più profondi del Nuovo Testamento sono prefigurati e

preannunciati nell'Antico. La legge e l’uomo V

“ambiti di relazione attraverso le epoche passate”

I.T.I. Artigianelli- Tesi di maturità

Roberto Petissi

3.1 Mosè il mediatore di Dio per la legge.

Negli scritti biblici e più nello specifico nel libro dell’Esodo la figura di Mosè prende forma

attorno alla narrazione della liberazione degli ebrei dalla condizione di schiavitù, nel paese

d’Egitto (Esodo 14:19-31). Nello specifico si comprende la sua funzione di Profeta, non solo in

merito alla liberazione del popolo ebreo dagli egizi, ma anche in virtù della mansione di

legislatore ottenuta attraverso le rivelazioni divine sul Monte Sinai. Egli, infatti ha ottenuto

l’importante incarico di diffondere e spiegare le leggi collezionate nel Decalogo al popolo

ebreo, rendendo fertile il terreno che col tempo avrebbe consentito la nascita della Torah.

Dal secondo libro della Bibbia, si delineano le vicende più emblematiche di Mosè sia in

relazione ai rapporti con il faraone sia per quanto riguarda la sfera famigliare.

In principio l’Esodo spiega la disumana condizione degli israeliti in terra d’Egitto:” «Allora

sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. E disse al suo popolo:

“Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo

provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra si unirà

ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese”. Perciò vennero imposti

loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono

1:8-12).

per il faraone la città –deposito, cioè Piton e Ramses»”(Esodo

Dopodiché l’Esodo continua la narrazione in riferimento alla nascita di Mosè e alla sua

giovinezza già contraddistinta da elementi prefiguranti il suo ruolo futuro nella civiltà ebrea. Il

secondo sapiente del faraone Jetro, già predice la venuta di un bambino che avrebbe liberato gli

schiavi ebrei dall’oppressione e distrutto il popolo egizio; il chiaro evento cui si fa riferimento

riguarda il comando, mosso dal timore, del faraone quando comanda alle levatrici ebraiche:

“«Quando assisterete al parto delle donne ebree osservate quando il neonato è ancora tra le

due sponde del sedile per il parto: se è maschio, lo farete morire; se sarà femmina potrà

vivere”.Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e

1:15-8).

lasciarono vivere i bambini»”(Esodo

È famoso l’episodio del ritrovamento del bimbo Mosè lungo la riva del Nilo da parte della

figlia del faraone la quale, di nascosto dal padre, affida il bambino alle cure materne di una

balia ebrea. E lei che porrà il nome al bimbo “Mosè”, che significa “Salvato dalle acque”.

1.3.1 Il comando del Signore e la liberazione.

Di grande importanza nella vita di Mosè, e senz’altro la vicenda del roveto ardente che non

cessa di ardere davanti ai suoi occhi, quale espressione della forza di Dio sulla natura. In

quel contesto è particolare l’ordine deciso e amorevole del Signore quando incita Mosè a

levare i calzari spiegando che egli cammina su terra santa; è la Sua terra, la terra che

consentirà a Lui mediante la persona di Mosè di liberare, il popolo che Egli ama.

Proprio qui il Signore Dio pronuncia le parole trasparenti la Sua volontà:”«Ho osservato la

miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti;

conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo

uscire da questo paese verso un paese dove scorre latte e miele, verso un luogo dove si

trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Il grido degli

Israeliti è arrivato fino a me e io ho visto l’oppressione con cui gli egizi li tormentano. Ora

3:7-

va! Io ti mando dal faraone. Fa uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!»”(Esodo

11). Come noto il faraone, alle intimazioni da parte di Mosè di lasciare partire il popolo dei

figli d’Israele, non si attiva e spaventa in alcun modo non dando minima importanza alle sue

parole. L’ira del Signore non tarda, infliggendo sull’Egitto le profetiche “dieci piaghe

d’Egitto”. La legge e l’uomo VI

“ambiti di relazione attraverso le epoche passate”

I.T.I. Artigianelli- Tesi di maturità

Roberto Petissi

Finalmente Mosè come da comando divino parte con il popolo ebraico per la “Terra

Promessa”. Dopo il passaggio del Mar Rosso con la separazione delle sue acque (Esodo

14:25,29), il popolo d’Israele ringrazia Dio e il suo sensale con canti di lode.

2.3.1 Il monte Sinai e il Decalogo delle leggi.

Il popolo dei salvati, giunto ai piedi del monte Sinai, ode la voce di Dio che chiama Mosè,

egli infatti ha il compito di informare il popolo che il giorno successivo il Signore si

presenterà in e che costoro dovranno essergli fedeli per la grazia

“una nube caliginosa”,

della salvezza ricevuta. Al terzo giorno dopo la liberazione dall’oppressione egizia, iniziano

tuoni e lampi e il Signore Dio si manifesta al popolo, prolungando con Mosè un discorso di

quaranta giorni e quaranta notti. Al termine di essi Mosè riceve le due tavole su cui erano

incisi i dieci comandamenti.

Il Liberatore pronunziò queste parole: “«Io sono il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal

paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei all’infuori di me. Non ti

farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla

terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra(…). Non pronunzierai invano il nome del

Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronunzia il suo nome invano.

Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro;

ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro(…).

Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il

Signore tuo Dio. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunziare

falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non

desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né il suo bue, né il suo asino, né

alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo»”.

3.3.1 Il vitello d’oro e l’ira del Signore.

Mentre Mosè rimaneva sul monte, Aronne stava solo con il popolo a valle in attesa del

ritorno del profeta. Essi però stanchi di aspettare chiesero al fratello di Mosè di continuare

da soli il viaggio di ritorno e di costruire per loro un’immagine di Dio da portare in trofeo

durante il cammino. Aronne raccolse dunque tutto l’oro, lo fece fondere e con la fusione

modellò un vitello d’oro, che venne in successione portato in processione dagli israeliti per

tutto il campo, salutato dai canti e danze idolatrici. Dio vedendo ciò che accadeva, espose a

Mosè il suo intento, quello di sterminare il popolo d’Israele poiché aveva peccato

gravemente ai suoi occhi adorando un idolo d’oro. Il profeta sconvolto dalla situazione,

riuscì a far desistere l’Eterno dalla decisione presa.

Scese dal monte con le tavole della legge e gli si presentò quella scena spregevole. Dalla

rabbia distrusse le tavole, fece bruciare il vitello e ordinò ai figli di Levi, gli unici rimasti

fedeli, di far perire di spada tutti gli adoratori. Il sistema del peccato venne cancellato e il

Signore accordò il proprio perdono al Suo popolo. Tornato poi Mosè sul monte Sinai

ricevette le nuove “Tavole della Legge”, che furono gelosamente custodite e venerate

nell’arca dell’Alleanza. La legge e l’uomo VII

“ambiti di relazione attraverso le epoche passate”

I.T.I. Artigianelli- Tesi di maturità

Roberto Petissi

4.3.1 Mosè e il Decalogo nelle tradizioni religiose.

- Tradizione ebraica: Mosè è senza dubbio una delle figure storiche più osannate dalla

mitologia ebraica. La sua storia è stata arricchita da tradizioni e leggende, come quella della

corona del faraone e della guerra contro Kush, riportate nella parte concernente la vita.

Secondo la tradizione ebraica la casa dei genitori di Mosè fu invasa da una luce immensa al

momento della sua nascita. Era già in grado di parlare a un anno e di prevedere il futuro a

tre.

Dopo aver ucciso il sorvegliante egizio, Mosè venne catturato dalle guardie del faraone e

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