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Sintesi
Tesina sulla Roboetica, anno scolastico 2016/2017.



Estratto del documento

espiare le sue “colpe di scienziato” istituendo il Premio Nobel.

Iniziando a parlare di roboetica proprio in quel luogo ci si

prevenire

augura di eventuali cattivi utilizzi della robotica, in

modo da non dover, nel futuro, essere costretti a porre

rimedio ai danni procurati. Praestat cautela quam medela.

Il robot Asimo prodotto dalla Honda simula di tenere una lezione in classe.

Molto discussa è la questione del permettere ai robot di insegnare: meglio

un “RoboProf” che non sbaglia mai e sa tutto ciò che c’è in rete, o un

insegnante umano con i suoi difetti, ma dotato di sensibilità?

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Estetica robotica

Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze.

(Oscar Wilde)

Uno degli aspetti più importanti

riguardo l’introduzione di robot

di servizio (destinati cioè a

“servire” l’uomo nelle faccende

quotidiane) all’interno delle

abitazioni è quello estetico. Dei bambini autistici giocano con un robot Nao.

L’utilizzo dei robot umanoidi per l’interazione con

Quale forma deve avere un persone affette da autismo e DSA è in studio presso

numerosi centri d’eccellenza, anche l’italiana “Scuola di

robot affinché questo possa Robotica”. I bambini sono molto più disposti degli adulti

nei confronti dei robot “diversi”.

integrarsi perfettamente

nell’ambiente domestico e

urbano, senza creare turbamento alcuno nelle persone?

Il prof. Bruno Siciliano, uno dei robotici più illustri a livello

mondiale, sostiene che nell’arco di venti anni i robot umanoidi

come sono immaginati comunemente scompariranno, per

lasciare spazio a sistemi robotici che si integreranno

perfettamente negli ambienti, nei veicoli, negli indumenti e

addirittura che potranno essere incorporati all’interno

dell’organismo. Certamente di applicazioni di questo genere ve

ne saranno molte; oggi la domotica per la produzione di

abitazioni intelligenti e la bionica per la produzione di arti e

organi artificiali sono settori altamente sviluppati.

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Nonostante le previsioni del prof. Siciliano, c’è chi sostiene,

come il professore giapponese Hiroshi Ishiguro, che i robot

umanoidi siano i più adatti all’interazione diretta con le

persone per più motivi.

Innanzitutto i nostri edifici sono costruiti “a misura d’uomo”,

ciò significa che per potersi muovere in casa e per poter

interagire con gli elettrodomestici la forma umanoide è la più

adatta (ad esempio si pensi a come dei robot potrebbero salire

le scale o come robot senza “mani” potrebbero aprire il

frigorifero per preparare la cena).

Un’altra motivazione che storicamente spinge gli uomini a

tentare, o per lo meno immaginare di produrre robot

umanoidi, è sicuramente la sua innata, perversa, quasi feticista

volontà di eguagliare Dio, di sentirsi “creatore” di uomini (gli

schiavi di metallo di Efesto, il Golem per gli ebrei, l’Automa

Cavaliere di Leonardo, il Mostro del dottor Frankenstein sono

alcuni esempi che portano a riflettere su come questo

desiderio di creazione si sia espresso anche tramite il mito e la

letteratura).

Gli studi dell’esperto di robotica giapponese Masahiro Mori

hanno dimostrato come i grandi sforzi per costruire automi

sempre più simili all’uomo, a volte anche privi di una reale

utilità, siano un’espressione della volontà di possedere un

feticcio, un oggetto sul quale indirizzare la propria

venerazione. 10

Frankenstein complex: may robots overcome humans?

One of the most worrying scenarios related to the

forthcoming spread of humanoid robots is that someday

robots will become autonomous of their human masters, and

they will decide to exterminate human plague.

This is a fairly apocalyptic vision of the future, but it feed the

imagination of some of the greatest sci-fi writers.

The fear of a robot rebellion has been named by the famous

russo-american science fiction novelist Isaac Asimov

“Frankenstein complex”, whose exact definition is:

“The fear that machines via artificial intelligence might one

day replace physicians” (Segen's Medical Dictionary, 2012).

Frankenstein complex is a

sort of Automatonophobia,

the fear of figures designed to

represent humans like wax

statues, dolls and puppets.

Asimov gave this name to the

complex because of the

famous novel “Frankenstein;

or, the modern Prometheus”

written by Mary In the play R.U.R. by Karel Čapek (Czech writer

inventor of the world “robot”) a robot rebellion leads

Wollstonecraft Shelley. In the to the extinction of the human race

11

novel in fact, scientist Dr. Frankenstein, by using parts from

different corpses, manages to give life to a “man”. The

creature anyway is unattractive and rude, so Dr. Frankenstein

repudiates and abandons him. The creature, mistreated by the

whole society, decides to take revenge from Frankenstein. He

kills Frankenstein’s family and then gets away. Dr.

Frankenstein will spend the rest of his life chasing the creature.

By the end of the novel Frankenstein dies and the creature,

after having understood that his life does not make sense,

decides to burn himself alive in order to keep the secret of his

life hidden.

The novel Frankenstein is one of the most renowned examples

of the fact that trying to go beyond human boundaries, to give

life as God, is something that we’re not allowed to do, and so

we are punished for doing that.

However, I firmly believe that no limits should be given to

human knowledge. Frankenstein complex is just a neurosis; I’m

sure that, if science is guided by strong ethic principles,

nothing bad can ever happen.

Even in Shelley’s novel it’s said that the creature was not born

evil, but people’s wickedness made him black-hearted.

So even if experts like prof. Bill Hibbard says that “Intelligent

robots will overtake humans by 2100”, I’m sure that if we thing

to what we’re doing while we’re doing it, nothing bad could

happen. 12

Human-like sì, ma non troppo:

La Uncanny Valley e come far piacere i robot umanoidi

Ma se è meccanismo, come può esser vita, come può esser

arte? È quasi come entrare in uno di quei musei di statue

viventi, di cera, vestite e dipinte. Non si prova altro che la

sorpresa (che qui può essere anche ribrezzo) del movimento,

dove non è possibile l'illusione d'una realtà materiale.

(Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore)

Nel 1970 il professor Masahiro Mori giunse, tramite l’analisi di

svariati esperimenti condotti, a descrivere empiricamente gli

effetti provocati sulle persone dalla vista di robot dalle

sembianze umane.

Secondo il professor Mori “la familiarità che un robot

umanoide provoca nelle persone cresce assieme alla loro

somiglianza agli uomini”: da qui la tendenza a costruire robot

umanoidi che risultano conseguentemente sempre più graditi.

Tuttavia, continua il professor Mori nella sua trattazione, la

sensazione di simpatia nei confronti del robot umanoide

aumenta fino ad un punto in cui l’eccessiva somiglianza

all’uomo, ma la possibilità di riconoscere ancora la natura

13

artificiale del robot, produce un drastico calo dell’empatia,

perturbamento e repulsione: la flessione dell’empatia

rappresenta la cosiddetta Uncanny Valley (Valle del

Perturbante).

Per meglio far comprendere l’effetto di perturbamento

prodotto dagli androidi il professor Mori spiega come questo

sia simile a quello prodotto da un cadavere, uno zombi o da

una persona colpita da crisi epilettica: si riconoscono in essi dei

profondi tratti di umanità, ma al contempo l’assenza di

movimenti, o ancor peggio la presenza di movimenti innaturali,

provoca una naturale repulsione in chi assiste.

Rappresentazione dell’Uncanny Valley su di un grafico che mostra l’andamento della

familiarità all’aumentare della somiglianza dell’oggetto all’uomo

14

Per fuoriuscire da questa condizione di perturbamento, che

senza dubbio risulterebbe assai limitante alla diffusione dei

robot umanoidi nella società, il professor Mori mostra come

andando ad aumentare ulteriormente la somiglianza del robot

all’uomo, producendo cioè androidi praticamente

indistinguibili dalle persone in carne ed ossa, si fuoriesca dalla

Valle del Perturbante e si possa avere finalmente la totale

integrazione del robot nella società.

A sinistra: Federico Paolucci e l’Androide Geminoid; dotato di muscoli facciali artificiali è in

grado di riprodurre espressioni in base a ciò di cui sta parlando. A destra: Federico Paolucci

e il prof. Hiroshi Ishiguro dell’Università di Osaka e (nessun robot?...); l’androide è stato

costruito su immagine e somiglianza del professore.

-Professor, can I take a selfie with you?-, - You can have one with the robot over there-,

-It’s not the same thing,… not yet!-

(Università “La Sapienza” di Roma, DIAG, INTERACTIVE HUMANOIDS AND OUR FUTURE LIFE

di Hiroshi Ishiguro, 25 novembre 2016) 15

Ma questa ultima situazione, quella in cui gli androidi sono

praticamente indistinguibili dagli esseri umani, conduce a

nuovi interrogativi: se (e quando) una differenza tra robot e

persone non sarà più visibile, dovremo iniziare a trattare i

robot come individui e dunque dotarli di loro diritti, doveri e

leggi?

Una domanda questa che può riportare alla mente opere come

Il Cacciatore di Androidi di Philip K. Dick, grande scrittore di

fantascienza (ispirazione per il celebre film di Ridley Scott

Blade Runner), in cui dei replicanti, androidi in fuga dalle loro

mansioni, sono inseguiti da un cacciatore di taglie.

Sarebbe però alquanto sconsiderato ridurre la questione della

non distinguibilità uomo-robot ad una fantasiosa romanzeria.

Questa situazione all’apparenza lontana dal mondo odierno, è

in realtà molto vicina: la rapidità del progresso tecnologico

dell’attuale Rivoluzione 4.0 porterà nel giro di pochi decenni ad

avere i mezzi per poter produrre androidi perfettamente in

grado di confondersi con gli uomini nelle mansioni quotidiane.

Impellente appare allora la necessità di trovare una linea di

sviluppo della robotica, che possa portare nel breve e lungo

termine ad un utilizzo etico, democratico e non-tecnocratico di

questa nuova tecnologia. Una grande opportunità la robotica,

che senza dubbio modificherà il modo che l’uomo ha di

interpretare il mondo e la sua stessa esistenza, e cha va

dunque sviluppata con grande cognizione di causa.

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Das Unheimliche: “Il Perturbante” in Sigmund Freud

Il fenomeno del perturbante su cui si

basa la descrizione dell’Uncanny Valley

di Masahiro Mori, non è un’idea

originale dell’ingegnere giapponese: già

nel 1919 lo psicoanalista e filosofo

austriaco Sigmund Freud aveva

pubblicato un saggio intitolato “Das

Unheimliche” (parola tedesca che non

possiede un corrispettivo esatto in

italiano, ma che viene comunemente

tradotta come “Perturbante”).

Freud fu il primo a condurre uno studio approfondito sul

perturbante e a pubblicarne i risultati in uno scritto dedicato,

tuttavia, come egli stesso ricorda nel libro, già lo psichiatra

Ernst Jentsch e il filosofo Friedrich Schelling avevano studiato il

fenomeno.

Nel saggio Freud afferma che:

“il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto

ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”.

Il perturbante si origina dunque quando una particolare

situazione riporta alla mente pensieri che il nostro inconscio,

17

tramite il meccanismo psichico della rimozione, aveva

allontanato perché intollerabili all’Io per varie motivazioni.

“Una condizione particolarmente favorevole al sorgere di

sentimenti perturbanti si verifica quando predomina

l’incertezza intellettuale se qualcosa sia o no vivente, o quando

ciò che è inanimato spinge troppo oltre l’analogia con ciò che è

vivo”

È questo il motivo per il quale automi inanimati che si

muovano similmente agli uomini possono portare al

perturbante.

Questo fenomeno di strano timore verso qualcosa può aversi

anche nel caso in cui “il confine tra fantasia e realtà si faccia

sottile”, e cioè cose prima considerate fantastiche o

fantascientifiche, in breve tempo si facciano realtà, non

lasciando il giusto tempo per maturarne la realizzazione.

Chiaramente anche questo può essere un motivo per ritenere

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