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espiare le sue “colpe di scienziato” istituendo il Premio Nobel.
Iniziando a parlare di roboetica proprio in quel luogo ci si
prevenire
augura di eventuali cattivi utilizzi della robotica, in
modo da non dover, nel futuro, essere costretti a porre
rimedio ai danni procurati. Praestat cautela quam medela.
Il robot Asimo prodotto dalla Honda simula di tenere una lezione in classe.
Molto discussa è la questione del permettere ai robot di insegnare: meglio
un “RoboProf” che non sbaglia mai e sa tutto ciò che c’è in rete, o un
insegnante umano con i suoi difetti, ma dotato di sensibilità?
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Estetica robotica
Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze.
(Oscar Wilde)
Uno degli aspetti più importanti
riguardo l’introduzione di robot
di servizio (destinati cioè a
“servire” l’uomo nelle faccende
quotidiane) all’interno delle
abitazioni è quello estetico. Dei bambini autistici giocano con un robot Nao.
L’utilizzo dei robot umanoidi per l’interazione con
Quale forma deve avere un persone affette da autismo e DSA è in studio presso
numerosi centri d’eccellenza, anche l’italiana “Scuola di
robot affinché questo possa Robotica”. I bambini sono molto più disposti degli adulti
nei confronti dei robot “diversi”.
integrarsi perfettamente
nell’ambiente domestico e
urbano, senza creare turbamento alcuno nelle persone?
Il prof. Bruno Siciliano, uno dei robotici più illustri a livello
mondiale, sostiene che nell’arco di venti anni i robot umanoidi
come sono immaginati comunemente scompariranno, per
lasciare spazio a sistemi robotici che si integreranno
perfettamente negli ambienti, nei veicoli, negli indumenti e
addirittura che potranno essere incorporati all’interno
dell’organismo. Certamente di applicazioni di questo genere ve
ne saranno molte; oggi la domotica per la produzione di
abitazioni intelligenti e la bionica per la produzione di arti e
organi artificiali sono settori altamente sviluppati.
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Nonostante le previsioni del prof. Siciliano, c’è chi sostiene,
come il professore giapponese Hiroshi Ishiguro, che i robot
umanoidi siano i più adatti all’interazione diretta con le
persone per più motivi.
Innanzitutto i nostri edifici sono costruiti “a misura d’uomo”,
ciò significa che per potersi muovere in casa e per poter
interagire con gli elettrodomestici la forma umanoide è la più
adatta (ad esempio si pensi a come dei robot potrebbero salire
le scale o come robot senza “mani” potrebbero aprire il
frigorifero per preparare la cena).
Un’altra motivazione che storicamente spinge gli uomini a
tentare, o per lo meno immaginare di produrre robot
umanoidi, è sicuramente la sua innata, perversa, quasi feticista
volontà di eguagliare Dio, di sentirsi “creatore” di uomini (gli
schiavi di metallo di Efesto, il Golem per gli ebrei, l’Automa
Cavaliere di Leonardo, il Mostro del dottor Frankenstein sono
alcuni esempi che portano a riflettere su come questo
desiderio di creazione si sia espresso anche tramite il mito e la
letteratura).
Gli studi dell’esperto di robotica giapponese Masahiro Mori
hanno dimostrato come i grandi sforzi per costruire automi
sempre più simili all’uomo, a volte anche privi di una reale
utilità, siano un’espressione della volontà di possedere un
feticcio, un oggetto sul quale indirizzare la propria
venerazione. 10
Frankenstein complex: may robots overcome humans?
One of the most worrying scenarios related to the
forthcoming spread of humanoid robots is that someday
robots will become autonomous of their human masters, and
they will decide to exterminate human plague.
This is a fairly apocalyptic vision of the future, but it feed the
imagination of some of the greatest sci-fi writers.
The fear of a robot rebellion has been named by the famous
russo-american science fiction novelist Isaac Asimov
“Frankenstein complex”, whose exact definition is:
“The fear that machines via artificial intelligence might one
day replace physicians” (Segen's Medical Dictionary, 2012).
Frankenstein complex is a
sort of Automatonophobia,
the fear of figures designed to
represent humans like wax
statues, dolls and puppets.
Asimov gave this name to the
complex because of the
famous novel “Frankenstein;
or, the modern Prometheus”
written by Mary In the play R.U.R. by Karel Čapek (Czech writer
inventor of the world “robot”) a robot rebellion leads
Wollstonecraft Shelley. In the to the extinction of the human race
11
novel in fact, scientist Dr. Frankenstein, by using parts from
different corpses, manages to give life to a “man”. The
creature anyway is unattractive and rude, so Dr. Frankenstein
repudiates and abandons him. The creature, mistreated by the
whole society, decides to take revenge from Frankenstein. He
kills Frankenstein’s family and then gets away. Dr.
Frankenstein will spend the rest of his life chasing the creature.
By the end of the novel Frankenstein dies and the creature,
after having understood that his life does not make sense,
decides to burn himself alive in order to keep the secret of his
life hidden.
The novel Frankenstein is one of the most renowned examples
of the fact that trying to go beyond human boundaries, to give
life as God, is something that we’re not allowed to do, and so
we are punished for doing that.
However, I firmly believe that no limits should be given to
human knowledge. Frankenstein complex is just a neurosis; I’m
sure that, if science is guided by strong ethic principles,
nothing bad can ever happen.
Even in Shelley’s novel it’s said that the creature was not born
evil, but people’s wickedness made him black-hearted.
So even if experts like prof. Bill Hibbard says that “Intelligent
robots will overtake humans by 2100”, I’m sure that if we thing
to what we’re doing while we’re doing it, nothing bad could
happen. 12
Human-like sì, ma non troppo:
La Uncanny Valley e come far piacere i robot umanoidi
Ma se è meccanismo, come può esser vita, come può esser
arte? È quasi come entrare in uno di quei musei di statue
viventi, di cera, vestite e dipinte. Non si prova altro che la
sorpresa (che qui può essere anche ribrezzo) del movimento,
dove non è possibile l'illusione d'una realtà materiale.
(Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore)
Nel 1970 il professor Masahiro Mori giunse, tramite l’analisi di
svariati esperimenti condotti, a descrivere empiricamente gli
effetti provocati sulle persone dalla vista di robot dalle
sembianze umane.
Secondo il professor Mori “la familiarità che un robot
umanoide provoca nelle persone cresce assieme alla loro
somiglianza agli uomini”: da qui la tendenza a costruire robot
umanoidi che risultano conseguentemente sempre più graditi.
Tuttavia, continua il professor Mori nella sua trattazione, la
sensazione di simpatia nei confronti del robot umanoide
aumenta fino ad un punto in cui l’eccessiva somiglianza
all’uomo, ma la possibilità di riconoscere ancora la natura
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artificiale del robot, produce un drastico calo dell’empatia,
perturbamento e repulsione: la flessione dell’empatia
rappresenta la cosiddetta Uncanny Valley (Valle del
Perturbante).
Per meglio far comprendere l’effetto di perturbamento
prodotto dagli androidi il professor Mori spiega come questo
sia simile a quello prodotto da un cadavere, uno zombi o da
una persona colpita da crisi epilettica: si riconoscono in essi dei
profondi tratti di umanità, ma al contempo l’assenza di
movimenti, o ancor peggio la presenza di movimenti innaturali,
provoca una naturale repulsione in chi assiste.
Rappresentazione dell’Uncanny Valley su di un grafico che mostra l’andamento della
familiarità all’aumentare della somiglianza dell’oggetto all’uomo
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Per fuoriuscire da questa condizione di perturbamento, che
senza dubbio risulterebbe assai limitante alla diffusione dei
robot umanoidi nella società, il professor Mori mostra come
andando ad aumentare ulteriormente la somiglianza del robot
all’uomo, producendo cioè androidi praticamente
indistinguibili dalle persone in carne ed ossa, si fuoriesca dalla
Valle del Perturbante e si possa avere finalmente la totale
integrazione del robot nella società.
A sinistra: Federico Paolucci e l’Androide Geminoid; dotato di muscoli facciali artificiali è in
grado di riprodurre espressioni in base a ciò di cui sta parlando. A destra: Federico Paolucci
e il prof. Hiroshi Ishiguro dell’Università di Osaka e (nessun robot?...); l’androide è stato
costruito su immagine e somiglianza del professore.
-Professor, can I take a selfie with you?-, - You can have one with the robot over there-,
-It’s not the same thing,… not yet!-
(Università “La Sapienza” di Roma, DIAG, INTERACTIVE HUMANOIDS AND OUR FUTURE LIFE
di Hiroshi Ishiguro, 25 novembre 2016) 15
Ma questa ultima situazione, quella in cui gli androidi sono
praticamente indistinguibili dagli esseri umani, conduce a
nuovi interrogativi: se (e quando) una differenza tra robot e
persone non sarà più visibile, dovremo iniziare a trattare i
robot come individui e dunque dotarli di loro diritti, doveri e
leggi?
Una domanda questa che può riportare alla mente opere come
Il Cacciatore di Androidi di Philip K. Dick, grande scrittore di
fantascienza (ispirazione per il celebre film di Ridley Scott
Blade Runner), in cui dei replicanti, androidi in fuga dalle loro
mansioni, sono inseguiti da un cacciatore di taglie.
Sarebbe però alquanto sconsiderato ridurre la questione della
non distinguibilità uomo-robot ad una fantasiosa romanzeria.
Questa situazione all’apparenza lontana dal mondo odierno, è
in realtà molto vicina: la rapidità del progresso tecnologico
dell’attuale Rivoluzione 4.0 porterà nel giro di pochi decenni ad
avere i mezzi per poter produrre androidi perfettamente in
grado di confondersi con gli uomini nelle mansioni quotidiane.
Impellente appare allora la necessità di trovare una linea di
sviluppo della robotica, che possa portare nel breve e lungo
termine ad un utilizzo etico, democratico e non-tecnocratico di
questa nuova tecnologia. Una grande opportunità la robotica,
che senza dubbio modificherà il modo che l’uomo ha di
interpretare il mondo e la sua stessa esistenza, e cha va
dunque sviluppata con grande cognizione di causa.
16
Das Unheimliche: “Il Perturbante” in Sigmund Freud
Il fenomeno del perturbante su cui si
basa la descrizione dell’Uncanny Valley
di Masahiro Mori, non è un’idea
originale dell’ingegnere giapponese: già
nel 1919 lo psicoanalista e filosofo
austriaco Sigmund Freud aveva
pubblicato un saggio intitolato “Das
Unheimliche” (parola tedesca che non
possiede un corrispettivo esatto in
italiano, ma che viene comunemente
tradotta come “Perturbante”).
Freud fu il primo a condurre uno studio approfondito sul
perturbante e a pubblicarne i risultati in uno scritto dedicato,
tuttavia, come egli stesso ricorda nel libro, già lo psichiatra
Ernst Jentsch e il filosofo Friedrich Schelling avevano studiato il
fenomeno.
Nel saggio Freud afferma che:
“il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto
ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”.
Il perturbante si origina dunque quando una particolare
situazione riporta alla mente pensieri che il nostro inconscio,
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tramite il meccanismo psichico della rimozione, aveva
allontanato perché intollerabili all’Io per varie motivazioni.
“Una condizione particolarmente favorevole al sorgere di
sentimenti perturbanti si verifica quando predomina
l’incertezza intellettuale se qualcosa sia o no vivente, o quando
ciò che è inanimato spinge troppo oltre l’analogia con ciò che è
vivo”
È questo il motivo per il quale automi inanimati che si
muovano similmente agli uomini possono portare al
perturbante.
Questo fenomeno di strano timore verso qualcosa può aversi
anche nel caso in cui “il confine tra fantasia e realtà si faccia
sottile”, e cioè cose prima considerate fantastiche o
fantascientifiche, in breve tempo si facciano realtà, non
lasciando il giusto tempo per maturarne la realizzazione.
Chiaramente anche questo può essere un motivo per ritenere