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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Ladro di cuori e di memorie: il Morbo di Alzheimer

Autore: Ghezzo Fabiola

Descrizione: la tesina tratta del morbo di alzheimer, dai suoi aspetti prettamente medici (conseguenze), a quelli psicologici e alle ricadute giuridiche, con uno sguardo alla componente affettiva e alle possibili cure nei vari ambiti.

Materie trattate: Cultura Medico Sanitaria, Psicologia, Diritto

Area: scientifica

Sommario: Cultura medico sanitaria: conseguenze e cure della malattia. Psicologia: Cognitivismo e Scienza cognitiva come trattamento per il Morbo di Alzheimer. Diritto: Incapacità  naturale e legale.

Estratto del documento

MAPPA CONCETTUALE

CULTURA MEDICO SANITARIA

Fattori di rischio e protettivi

 Età di insorgenza e diagnosi

 PSICOLOGIA

Aree colpite e lesioni tipiche

 Evoluzione della patologia

 Il cognitivismo e la scienza cognitiva

Prognosi, epidemiologia

 La malattia di Alzheimer: evoluzione

Cura

 La riabilitazione cognitiva

DIRITTO

Problematiche legali

 Incapacità

 Conseguenze civili e penali

 Procura

 Interdizione

 Inabilitazione

 2

INDICE

MAPPA CONCETTUALE pag 2

PREMESSA pag 4

PRESENTAZIONE DEL PERCORSO pag 5

CULTURA MEDICO SANITARIA pag 6

PSICOLOGIA pag 10

DIRITTO pag 16

CONCLUSIONE pag 19

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA pag 20

PREMESSA 3

La scelta di trattare l’argomento del Morbo di Alzheimer ed in particolare le conseguenze dal

punto di vista mnesico e le possibili cure è dovuta soprattutto ad un’esperienza personale

vissuta qualche anno fa.

Due estati fa mio nonno è morto, molto probabilmente (poiché non diagnosticato da biopsia

post-mortem) soffriva del morbo di Alzheimer, di cui era stata effettuata la diagnosi di

probabilità attraverso dei test.

Nel caso specifico di cui sto parlando, la perdita di memoria era degenerata in maniera molto

più rapida di quel che ‘prevede’ la prognosi di Alzheimer, perché la situazione era aggravata

da arteriosclerosi dei vasi sanguigni cerebrali.

Nonostante tutto ciò sia accaduto due anni fa, mi sono resa conto solo ora che, all’epoca,

consideravo i comportamenti di mio nonno come frutto di una “cattiveria” che ritenevo

avesse anche prima che la malattia lo attaccasse.

Credo che questo fosse dovuto alle poche spiegazioni che medici e specialisti che lo hanno

seguito hanno dato ai suoi familiari (e quindi anche ai miei genitori) ma anche da una

componente affettiva mia personale: vedendo mio padre soffrire per queste amnesie del

nonno, consideravo tutti gli atteggiamenti nuovi che il nonno assumeva come comportamenti

che prima solo nascondeva.

Ho deciso quindi di trattare questo argomento per rendermi conto in maniera approfondita di

quali siano le conseguenze sul piano teorico e pratico di questa particolare malattia

degenerativa del tessuto cerebrale: cosa praticamente muta nel comportamento del soggetto

affetto e quali terapie farmacologiche o meno siano in grado di rallentare questa inesorabile

cancellazione delle informazioni contenute nella mente.

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BREVE PRESENTAZIONE DEL PERCORSO

L’argomento del morbo di Alzheimer è trattato inizialmente dal punto di vista medico, grazie

anche all’ausilio del testo scolastico in uso per la materia di Cultura Medico Sanitaria.

La patologia vista dal punto di vista psicologico è presentata attraverso la teoria cognitivista e

la scienza cognitiva, al fine di giungere, dopo una spiegazione dell’evoluzione della prima,

alle possibili terapie cognitive.

Infine, ma non meno importante, nella sezione di diritto tratto i temi delle problematiche

legali che deve affrontare una famiglia nella quale un membro è afflitto da demenza di

Alzheimer, o il membro stesso malato nelle fasi di insorgenza del Morbo.

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INTRODUZIONE

La malattia di Alzheimer viene descritta per la prima volta nel 1906 dal neuropatologo Alois

Alzheimer durante la Convenzione psichiatrica di Tubingen nella quale presenta il caso di

una donna di 51 anni affetta da una forma sconosciuta di demenza. Solo nel 1910, però, la

malattia ha un nome, grazie ad un altro psichiatra tedesco dell'epoca che ripubblicò il suo

trattato nel quale definiva una nuova forma di demenza scoperta da Alzheimer,

"Psichiatria",

chiamandola appunto malattia di Alzheimer.

CULTURA MEDICO SANITARIA

La demenza di Alzheimer è una patologia cerebrale degenerativa primaria.

È un’affezione che determina una grave perdita di neuroni corticali e dei rispettivi dendriti,

ha progressione peggiorativa, la causa non è nota e la demenza è il principale sintomo di

questa malattia. Essa è accompagnata da una forte diminuzione, dei livelli di acetilcolina a

livello cerebrale, neurotrasmettitore essenziale per qualsiasi tipo di comunicazione

intraneuronale o meglio per la trasmissione degli impulsi elettrici a livello della sinapsi.

Fattori di rischio

È necessario innanzitutto chiarire che l’eziologia di questa patologia è senza dubbio

multifattoriale, infatti non si è ancora stati in grado di definire la causa del morbo.

I fattori che ne influenzano l’insorgenza più o meno precoce sono:

la presenza di un familiare di primo grado con disturbo demenziale dà

fattori genetici:

 maggiore possibilità di soffrire della stessa patologia.

connessione rilevata da alcuni studiosi, per cui l’emisfero sinistro sarebbe in

mancinismo:

 questi soggetti più vulnerabile.

vi è un’ipotesi di una connessione fra l’età della madre oltre i 40 anni al

età della madre:

 momento della nascita.

la presenza di queste associate a perdita di coscienza sembra favorire

lesioni craniche:

 l’insorgenza dell’AD (userò questa comune abbreviazione per Demenza di Alzheimer) di

tipo sporadico, non di quello familiare.

si è ipotizzata una correlazione fra precedenti disturbi psichiatrici e il loro

depressione:

 trattamento ed il morbo di Alzheimer.

alcuni antipsicotici, in particolare contro la depressione, possono causare

farmaci:

 alterazioni cerebrali simili a quelle provocate dall’AD.

si è notata un’elevata correlazione fra un largo utilizzo di queste sostanze e

alcol e fumo:

 l’AD. si sta ancora cercando una precisa correlazione fra la presenza di

fattori ambientali:

 allumino nelle placche amiloidi e l’esposizione a questo metallo.

frequentemente riscontrato è l’incidenza maggiore fra soggetti con minori

scolarità:

 livelli di istruzione

soprattutto se abituale ( come stile di vita) è un fattore predisponente.

inattività fisica:

 6

È necessario anche dire che l’incidenza di questa patologia aumenta con l’età e colpisce in

maggioranza la popolazione femminile (probabilmente a causa della maggiore aspettativa di

vita). Per quanto riguarda nazionalità, razza, gruppo etnico e livello sociale, la patologia

colpisce indistintamente.

Fattori protettivi

Alcuni fattori considerati protettivi cioè che ritardano o rallentano l’insorgenza dell’AD sono:

questi farmaci si dicono implicati nei

FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei):

 processi di inibizione dei meccanismi infiammatori coinvolti nella patogenesi dell’AD.

riducono i depositi di beta-amiloide e favoriscono la genesi delle sinapsi in

estrogeni:

 alcune zone del sistema nervoso.

Età di insorgenza

La demenza viene detta ad o presenile se l’esordio della stessa avviene

insorgenza precoce

prima dei 65-70 (in genere si tratta di soggetti nelle cui famiglie vi sono già stati casi della

stessa patologia) ed ha caratteristiche di particolare rapidità evolutiva ed attacco di funzioni

concernenti motricità e linguaggio.

Il periodo in cui la AD ha maggior incidenza è quello dopo i 70 anni circa, l’insorgenza del

morbo è subdola e si sviluppa lentamente ma senza tregua per tutto il suo corso.

Vi sono anche sporadici casi di in questi il decorso è più lento e

insorgenza tardiva:

caratterizzato da compromissione, in particolare, di funzioni cerebrali superiori.

Diagnosi

La diagnosi certa è possibile, nonostante i numerosi sintomi, solo post-mortem.

Si rende necessaria infatti l’identificazione delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale e ciò è

possibile solo con un’autopsia eseguita dopo la morte.

Esistono inoltre vari test che identificano la presenza della malattia di Alzheimer in maggior

o minor percentuale.

Aree colpite

Possiamo dire che in generale lo sfoltimento neuronale

colpisce zone cerebrali deputate a funzioni mnesiche,

linguistiche, gnostiche e legate al movimento,

influenzando l’orientamento spazio temporale del

paziente. (Tratterò con maggiori particolari i sintomi

causati dalle lesioni cerebrali nella sezione di

Psicologia)

Lesioni tipiche

Le lesioni tipiche che si possono trovare a livello

cerebrale sono il decremento progressivo della

lunghezza della corteccia cerebrale, senza assottigliamento della stessa, il decremento del

numero di neuroni, la riduzione di neurotrasmettitori (come l’acetilcolina) e la comparsa

delle caratteristiche placche beta-amiloidi. 7

Evoluzione della patologia

Individuare e distinguere delle fasi in ambito prettamente clinico-biologico è molto difficile

perciò è possibile solo una suddivisione schematica come quella sotto riportata, basata

comunque anche sui mutamenti che è possibile osservare nel comportamento della persona:

1. Fase reattiva: è di durata breve e si caratterizza per uno stato ansioso-depressivo e

disturbi mnesici.

2. Fase neuropsicologica: può durare anche diversi anni e si caratterizza per disturbi

della prassia, fasia, gnosia e personalità.

3. Fase neurologica: di durata variabile caratterizzata da diversi disturbi quali epilessia,

paraplegia, spasticità, …

4. Fase internistica: può durare anche qualche mese; questa fase precede la morte ed è

caratterizzata da cachessia (forma di deperimento organico, caratterizzata da

progressivo deterioramento di tutte le funzioni metaboliche, associato a debolezza,

anoressia e dimagramento). Prognosi

La prognosi è in tutti i casi infausta;

nonostante ciò l’aspettativa di vita per una

malato di Alzheimer, oggi va dagli 8 ai 14

anni.

Ciò di cui bisogna occuparsi però, credo

sia la qualità che la vita del soggetto

assume in questo periodo o perlomeno la

percezione che esso ne ha.

Di questo si occupano varie terapie che si

Tomografia ed emissione di positroni: a sinistra il basano sulle relazioni, sulla musica, sulla

cervello di un malato di Alzheimer con molte zone

rese inattive dalle placche di amiloide; a destra un percezione della realtà esterna in generale,

cervello che manifesta i primi sintomi della malattia e l’utilizzo di tutte le abilità residue del

sofferente.

Epidemiologia

L’incremento massiccio degli ultimi anni della popolazione anziana non solo a livello

nazionale, ma addirittura a livello mondiale, ha portato ad un aumento dei casi di demenza

facendone un vero e proprio problema per il sistema sanitario di ciascun Stato.

L’AD è la forma di demenza più comune nei paesi industrializzati e oggi si ritiene che, in

Italia, i malati di Alzheimer siano circa 600.000.

Cura

Ciò che è importante ricordare è che tutt’oggi la medicina e la scienza non hanno i mezzi per

garantire la guarigione ai pazienti malati di Alzheimer, nonostante la ricerca prosegua.

L'obiettivo del trattamento è quindi quello di controllare i sintomi e tentare di mantenere la

qualità di vita dei malati il più possibile dignitosa. Dunque si tratta di offrire al malato la

possibilità di seguire, nonostante le difficoltà, una dieta sana e di fare, sempre per quanto

possibile, dell’attività fisica.

Secondo alcuni medici vi sono dei medicinali che possono avere effetti positivi nel corso di

alcune fasi della patologia: Donepezil, Galantamina e Rivastigmina (inibitori di acetilcolina-

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esterasi ovvero molecole che inibiscono la distruzione dell’acetilcolina, aumentando la

concentrazione cerebrale del neurotrasmettitore) possono essere utilizzati nelle fasi lieve o

moderata della malattia di Alzheimer per ritardare la perdita di memoria. Altre medicine,

quale il Memantina, possono invece rallentare la perdita di memoria negli stadi più avanzati

della malattia. Questi farmaci, oltre che essere molto costosi (anche se dal 2000 il Ministero

della Salute li ha resi fornibili gratuitamente dal SSN dietro prescrizione medica) hanno

numerosi effetti collaterali.

Ritengo importante anche citare la proteina NGF (o Nerve Growth Factor, scoperta da Rita

Levi Montalcini; Premio Nobel per la medicina e la fisiologia, 1986).

Si ritiene l’NGF (che ha la funzione di far crescere e sopravvivere i neuroni) in grado di

contrastare e arrestare l'atrofizzazione dei neuroni che producono l'acetilcolina, sostanza la

cui diminuzione è coinvolta nei sintomi del morbo di Alzheimer.

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PSICOLOGIA

Il cognitivismo

Il movimento cognitivista ha le sue radici fra gli anni ’50 e ’60.

Dettagli
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