Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Psicoanalisi: reinterpretazione del pensiero di Freud, riformulando il suo sistema in virtù delle posizioni più mature del filosofo attraverso l'analisi di "La vita contro la morte" di Norman O. Brown. Da questa partenza, confronti con altri movimenti f.
Materie trattate: Letteratura italiana, letteratura inglese, letteratura francese, filosofia, arte, latino.
coazione a ripetere
La è definita da Freud come quel fattore comune a tutte le forme di
vita organica che si manifesta prevalentemente nella tendenza degli istinti biologici alla
conservazione. Esempi possibili ne sono la migrazione degli uccelli e dei pesci, le leggi
dell’ereditarietà, ecc. A riprova di come negli animali Vita e Morte convivano attraverso
un rapporto di fusione dialettica sta la convinzione browniana che in essi la coazione a
ripetere (fenomeno dell’istinto di morte) e principio dell’istinto di conservazione (e,
dunque, della vita) siano un tutt’uno. Ancora una volta, l’uomo costituisce un’infelice
eccezione nel panorama biologico; infatti in lui i modi di agire della coazione a ripetere
sono diametralmente opposti: “sotto il dominio della rimozione la coazione a ripetere
stabilisce una fissazione sul passato che aliena il nevrotico dal presente e lo affida
all’inconscia ricerca del futuro. Così la nevrosi manifesta la ricerca di novità, ma sotto di
La riprova più lampante di ciò sta
essa, al livello degli istinti, c’è la coazione a ripetere.”
20
nell’osservazione freudiana: “nel caso delle esperienze piacevoli il bambino non si sazia di
ripeterle”, mentre per gli adulti “la novità è sempre condizione del godimento.” La
rimozione, dunque, trasforma la coazione a ripetere (che è fuori dal tempo) in nevrosi, e
per questo “fonda” il tempo stesso, ponendo inizio al processo storico. D’altra parte lo
stesso Freud riconosce come il tempo non esista nei processi psichici inconsci.
Come già aveva sostenuto Kant, pertanto, il tempo è semplicemente frutto della nostra
soggettiva (in quanto uomini) visione della realtà; e quale riprova più attendibile della
soggettività del tempo se non la teoria della relatività di Einstein? Ma se Kant sostiene
l’impossibilità di cogliere il noumeno (la realtà in sé), in quanto le possibilità umane di
conoscenza della realtà dipendono dalle innate ed eterne forme a priori di spazio e tempo,
la psicoanalisi si caratterizza, invece, come la scienza che ci dà la possibilità di sondare il
noumeno di noi stessi: l’inconscio. Il carattere tipicamente faustiano dell’uomo ci rende
difficile una concezione di eternità e riposo che si discosti dall’idea di cessazione di ogni
attività, e, dunque, di morte. Ma ciò a cui mira l‘abolizione della rimozione, non è la
sostituzione della vita con la morte, bensì “la possibilità di un’attività (vita) che sia anche
Ancora una volta le conclusioni di Brown ci appariranno come paradossi, ma
riposo.” 21
non dobbiamo dimenticare che le innovazioni più folgoranti della psicoanalisi si basano
proprio su questi oscuri ossimori, come quello appena citato della nevrotica ricerca del
passato nel futuro, o sulle contraddizioni da cui origina (come vedremo) il complesso
edipico. Questo sistema dialettico, tendente a conciliare gli opposti, apparirà più plausibile
quando avremo scorto che la concezione di un’attività che sia al contempo riposo, affonda
le sue origini in pensatori come Aristotele, Boheme e Schiller. Aristotele, infatti, definisce
motore immobile,
Dio l’atto perfetto senza movimento e, dunque, senza tempo; Boheme
, e definendo la vita
arriva oltre parlando dell’attività di Dio in “assenza di movimento”
22
di Dio stesso come un gioco, vale a dire un atto fuori dal tempo e non generato dalla
mancanza; Schiller, infine, ci avverte che “la realizzazione del nostro essere non deve
assumere la forma di una nevrotica irrequietezza […], ma di un’attività che, trascendendo
i cambiamenti e il tempo, si mantenga in armonioso equilibrio.” 23
A questo punto ci apparirà chiaro che la distinzione freudiana fra le varie forme di
morte non è altro che l’espressione di una comune ricerca di completa soddisfazione degli
15
istinti ed abolizione della rimozione: l’abolizione della storia, fine ultimo della coazione a
ripetere, coincide con il raggiungimento del nirvana, fine ultimo del principio di piacere.
complesso sado-masochistico
Ma solo il introduce nell’istinto di morte la morte vera e
propria. Tale complesso deriva dalla “intercambiabilità dell’aggressività diretta all’esterno
; come già detto, l’aggressività
(sadismo) e di quella diretta all’interno (masochismo)” 24
diretta all’esterno si caratterizza come una deviazione dell’aggressività masochistica, in
modo che, da negativa (poiché porta all’autodistruzione), divenga positiva. Ma, d’altra
parte, Freud ritiene di non essere contraddetto dalla scienza biologica quando afferma che
gli organismi muoiono per ragioni interne e che, pertanto, la morte è parte intrinseca della
Dunque, l’umano dirottare l’aggressività
vita: “la meta di tutto ciò che è vivo è la morte.” 25
verso l’esterno, il rifuggire l’istinto di morte, non riconosce equivalenti in natura. Infatti, la
massima freudiana sembra suggerire che a livello biologico la vita e la morte non siano in
unicum,
lotta, ma che costituiscano un l’unità dialettica a cui si accennava in precedenza.
Ancora una volta emerge che la vita e la morte, unite a livello organico, nell’uomo sono
separate e poste in lotta. L’unicità del rapporto che l’uomo instaura con la morte non nasce
dal fatto che all’animale manchi la consapevolezza di dover morire, bensì dal fatto che
all’uomo manca la capacità di accettare questo dato di natura; per esserne convinti, ci
basterà pensare alla millenaria storia della religione o agli infiniti tentativi dell’uomo di
dare un senso determinato alla propria esistenza. D’altro canto il creare la storia, come già
ripetuto, è prerogativa dell’uomo: contrariamente agli altri animali, non solo non è in
grado di accettare che la morte sia parte della propria vita, ma non si serve nemmeno
dell’istinto di morte nel momento in cui deve morire. Al contrario egli costruisce
“aggressivamente” culture immortali e crea la storia per combattere la morte, trasferendo
nella società il proprio desiderio di sconfiggerla. Ci basterà pensare all’ottica hegeliana,
ripresa da Marx, secondo cui il lavoro, in quanto l’estensione del proprio essere nella
natura, rappresenta la negazione della morte. Questo ci permette altresì di comprendere
l’origine dell’aggressività umana dirottata verso l’esterno.
In conclusione: l’uomo rimuove l’istinto di morte esattamente come rimuove la libido
e l’istinto di vita. In lui si verifica “la distruzione dell’unità biologica di vita e morte [che]
trasforma il principio del nirvana in principio di piacere, la coazione a ripetere in una
Una
fissazione sull’infanzia e l’istinto di morte in un principio aggressivo di negatività.”
26
vita pienamente soddisfatta è tale nel momento in cui si affermano in essa e la vita e la
individualità
morte, poiché insieme costituiscono la vera del singolo: solo così, infatti,
l’uomo potrà cessare di dipendere dal tempo e dalla cultura, in cui ricerca la propria
soddisfazione e su cui riflette la propria frustrazione. Ecco come interpretare, secondo
Brown, la saggezza di Montagne, per il quale apprendere la filosofia significa imparare a
morire, oppure la massima di Rilke “chi capisce veramente la morte e la onora, al tempo
Infine Brown, dopo aver puntualizzato come l’attitudine
stesso esalta la vita.” 27
tipicamente umana all’angoscia rifletta una rivolta contro la morte, sostiene che
“Kierkegaard si esprime come uno psicoanalista quando scrive: “Il tempo in realtà non
esiste separato dall’irrequietezza; non esiste per gli ottusi animali che non conoscono
affatto l’angoscia.”” 28 16
Precedentemente abbiamo affermato che la “sessualità polimorficamente
3)
pervertita” del bambino subisce una limitazione nell’adulto, il quale concentra la propria
libido nella sola zona genitale. Questo è il risultato dei processi di sviluppo determinati
prevalentemente dal complesso di Edipo e dal complesso di castrazione; lo sviluppo
succitato avviene nel susseguirsi di tre momenti: la fase orale, quella anale, e quella
genitale (fallica o edipica). Queste organizzazioni sessuali sembrano costruite
desiderio di morire, fuga dalla morte;
contemporaneamente dal dall’angoscia e dalla prima di
analizzare ciascuna delle tre fasi, vediamo come ciò sia possibile.
Ormai sappiamo che la forma di amore che si sviluppa nella famiglia umana è più
intensa del normale per il forte legame che nasce tra figlio e madre; questa stessa ragione
sta a capo di una più intensa forma di morte. Infatti una delle conseguenze della
morbosità del suddetto rapporto risiede nell’incapacità del bambino di accettare la
separazione dalla madre (che corrisponde all’incapacità di accettare la propria
individualità); quando questo momento necessario sopraggiunge, provoca l’attivazione di
desiderio di morire,
un morboso cioè di regredire allo stadio prenatale anteriore all’inizio
della vita (e della separazione). Il trauma psichico più intenso nell’uomo risulta, infatti,
l’angoscia di castrazione, vale a dire la “paura di essere divisi dalla madre, o meglio la
paura di perdere lo strumento per riunirsi, mediante l’accoppiamento, con un surrogato
angoscia
Così il bambino sperimenta per la prima volta il senso di e morte;
della madre.” 29
d’altra parte, come abbiamo visto, essendo “l’angoscia […] l’incapacità dell’Io di accettare
fuga dalla
la morte”, “le organizzazioni sessuali sono forse state costruite dall’Io nella sua
morte, . Si tratterà ora di
e potrebbero essere abolite da un Io abbastanza forte per morire.” 30
comprendere nel particolare ciascuna di queste organizzazioni, attraverso le tre fasi a cui
abbiamo accennato prima.
fase orale
La è il momento in cui l’attività più importante è quella erotica della bocca al
seno della madre, ma, altresì, quello della prima scoperta dell’angoscia di desiderare il
seno materno senza poterlo trovare. In questo modo il bambino scopre il dualismo fra
soggetto e oggetto. L’incapacità tutta umana di non riuscire a sopportare la separazione,
su cui ci siamo soffermati in precedenza, trasforma l’istinto, che porterebbe a creare una
propria individualità, in un rifiuto della realtà, a cui consegue la rimozione. Si sviluppa
così un’aspirazione irreale a diventare ognuno il proprio mondo interno, che contrasta la
tendenza narcisistica a divenire tutt’uno col mondo (l’attività orale, infatti, simboleggia
l’incorporamento ed inghiottimento del mondo).
fase anale,
La vedendo la chiusura del bambino nel proprio mondo interno ha, come
, vale a dire il gioco di imparare a trattenerle; infatti il
conseguenza, il “gioco con le feci” 31
trattenimento simboleggia la padronanza, il possesso del mondo. Questo atteggiamento è
espressione, inoltre, della volontà del bimbo, una volta realizzata la propria dipendenza
dalla madre, di negare tale subordinazione attraverso il tentativo di trasformare la propria
passività in attività (l’esempio più lampante è il gioco infantile del “facciamo che io sono
17
la mamma e tu il bambino”). Questa aperta ribellione contro la propria passività sta a capo
dell’estroversione, sotto forma di aggressione, dell’istinto di morte verso la realtà esterna
(se ne è parlato precedentemente). Brown sembra dare particolare importanza a questa
La vita contro la morte:
fase dello sviluppo sessuale, tanto che vi dedica un’intera sezione de
in essa esamina le conseguenze, “rivoluzionarie per la scienza della cultura umana”, di
Al contrario,
quello che egli stesso definisce “uno dei più grotteschi paradossi freudiani.” 32
a noi questo approfondimento non appare indispensabile per l’economia della nostra
narrazione, e, pertanto, tralasceremo di trattarlo.
fase fallica edipica
La o vede la continuazione della ribellione contro la passività. Questa
volta, però, essa si manifesta come desiderio di attività a livello di riproduzione biologica:
il bambino non rifiuta più il fatto di dipendere dalla madre, ma quello di essere nato da