Discussioni su programma di analisi 1 e 2: numeri complessi, calcolo di una o più variabili reali, equazioni differenziali ordinarie.
15/03/2024, 16:47
Non so se sono io che vado in confusione mentale, o no.
Mi viene comunicato (credo preso da qualche libro-dispensa di matematica per economisti, o forse con elaborazione personale, non so) che, dato il sistema
$$
\mathbf{z(t)} = \mathbf{A} \mathbf{x(t)}.
$$
poiché $\mathbf{A}$ è un un operatore lineare:
$$
\dot{\mathbf{z(t)}} = \mathbf{A} \dot{\mathbf{x(t)}}
.$$
Dove $\mathbf{z}, \mathbf{x}$ sono vettori, e $\mathbf{A}$ una matrice di numeri reali, il puntino è come al solito la derivata rispetto a $t$.
Non riesco a vedere dove c'entri che una matrice $\mathbf{A}$ è un operatore lineare, a me sembra che è la linearità della derivata.
Allo stesso modo mi viene riferito che:
Se $\mathbf{A}$ è un operatore lineare in uno spazio euclideo di dimensione finita, allora:
$$\lim_{t \rightarrow \infty} \mathbf{A}\mathbf{z(t)} =\mathbf{A} \lim_{t \rightarrow \infty}\mathbf{z}(t)$$
Idem, non vedo la ratio, e nemmeno di quell 'euclideo' (se non è euclideo non vale?), sono i teoremi sui limiti.
15/03/2024, 17:48
Per la prima domanda, penso sia semplicemente una regola di Leibniz: per ogni coppia di matrici $A,B$ vale \(\frac{d}{dt}(AB) = \frac d{dt}A.B + A.\frac d{dt}B\), che ora, se $A$ è costante, implica che \(\frac d{dt}A=0\) e quindi \(\frac{d}{dt}(AB) = A.\frac d{dt}B\); tu stai usando questo risultato quando $B$ è una matrice colonna.
Per la seconda domanda: una mappa lineare su uno spazio vettoriale di dimensione finita è continua. In effetti è sufficiente che la dimensione del dominio sia finita, e vale per ogni operatore lineare tra TVS. "Euclideo" non c'entra molto.
15/03/2024, 18:02
Grazie.
Per la prima, ok, anche se mi sembra sparare a una mosca con un cannone, è una cosa che è usata parlando di sistemi di equazioni differenziali a coeffiecienti costanti in modo basic.
Però, in verità non vedo dove si usa la linearità di $A$ nella regola di Leibnitz.
Per la seconda per la verità non riesco a vedere dove entri la linearità e la continuità del'operatore $A$.
Il problema è che non ho fiducia nella fonte (molto poca) , e non capisco se sono io che non vedo delle cose o è la fonte che va un po' a vento, e giustifica cose semplici con parole altisonanti che gli vengono in mente per fare bella figura.
Diciamo che la fonte alle volte usa concetti altisonanti a vanvera pour épater l'économiste.
16/03/2024, 09:42
La regola di Leibniz ti sembra
gabriella127 ha scritto:sparare a una mosca con un cannone
?!
in verità non vedo dove si usa la linearità di $A$ nella regola di Leibnitz.
Puoi vederla così: una matrice [derivabile] \(n\times n\) consiste di una applicazione \(\mathbb R \to M_n(\mathbb R)\) che sia differenziabile quando \(M_n(\mathbb R)\) abbia l'ovvia struttura di varietà che gli viene dall'essere una \(\mathbb R\)-algebra di dimensione \(n^2\) (in effetti ha proprio la struttura di \(\mathbb R^{n^2}\)...). La condizione di differenziabilità si traduce nel fatto che ciascuna delle componenti \(\mathbb R \to M_n(\mathbb R) \xrightarrow{p_{ij}} \mathbb R\) sia derivabile con derivata continua, se \(p_{ij} : (a_{kl}\mid 1\le k,l\le n)\mapsto a_{ij}\). Ciò significa che la derivata di \(A(t) : \mathbb R \to M_n(\mathbb R)\) si fa "componente per componente".
A questo punto, lo jacobiano di una mappa da una varietà di dimensione 1 consiste semplicemente della matrice che ha per componenti le derivate di ciascuna componente, cioè se \(A=(a_{ij})\) allora \(\frac d{dt}A = (\dot a_{ij})\). Con ciò, si ha la regola di Leibniz che ho scritto, essenzialmente perché la tua $A$ è costante (e le funzioni costanti hanno derivata nulla).
Per la seconda per la verità non riesco a vedere dove entri la linearità e la continuità del'operatore $A$.
In nessun altro posto che in quel che ho detto: semplicemente, una mappa lineare di dominio uno spazio vettoriale di dimensione finita è continua.
Ultima modifica di
megas_archon il 16/03/2024, 13:25, modificato 1 volta in totale.
16/03/2024, 13:09
Capisco che vuoi dire, e grazie per la nozione di matrice derivabile, ma mi confermi che quanto avevo scritto nel primo mio post è basato su qualche errore.
Quello che scrivi è completamente al di fuori dell'orizzonte del discorso di cui ho riferito, dove le nozioni non vanno al di là dell'algebra lineare normale, e non molto più di qualche nozione di analisi funzionale tipo cos'è un operatore e la sua norma. Certo non riferito al tuo discorso sulla regola di Leibnitz.
E dove la derivata di una matrice è
tout court definita come derivata componente per componente.
Per
linearità si intende la linearità della matrice come operatore $z=T(x)$, con $z$ e $x$ vettori.
Di questo di sicuro si sta parlando.
Non, come nel tuo caso della regola di Leibnitz con le matrici, come applicazione $\mathbb {R} \rightarrow M_n(\mathbb R)$.
Poi spiego meglio (e rileggo il tuo post con calma), che ora non posso scrivere più di tanto.
Per 'mosca con il cannone' intendevo il fatto che in caso del sistema in questione per derivare basta applicare le regole di derivazione, la regola di Leibnitz mi sembra un
detour che può confondere le idee a non esperti.
p.s. o meglio: la regola di Leibnitz con le matrici come la hai scritta è diseducativa per gli economisti. Agli economisti bisognererbbe vietare l'uso delle matrici, sono abituati (dall'econometria) a gestire matrici grosse e se vedono una paccata di moltiplicazioni tra matrici e simili sono contenti, pensano di aver fatto matematica alta e non capiscono niente dei concetti sottostanti,
16/03/2024, 13:41
Mi spiego meglio.
La derivata (idem il limite) di un vettore è la derivata componente per componente.
Le componenti del vettore $z=Ax$ di cui sopra sono combinazioni lineari delle $x_i$, le componenti del vettore $x$.
Per la linearità della derivata (se vogliamo essere più
chic possiamo parlare della linearità dell
'operatore derivata, che facciamo più bella figura) abbiamo il risultato di cui sopra ne mio primo post:
$$z(t)=Ax(t) \Rightarrow \dot z(t)= A \dot x(t) \tag {1}$$
Invece, che un operatore $T$ è lineare significa ciò:
$$T(\alpha x +\beta y) = \alpha T(x)+ \beta T(y),$$
cioè stiamo applicando l'operatore a una combinazione lineare dei vettori $x$ e $y$.
Nel caso nostro della $(1)$ non stiamo applicando l'operatore lineare $A$ a nessuna combinazione lineare di vettori, stiamo facendo la derivata di $z(t)$, e quella, che possiamo pure vedere come operatore, è lineare.
Conclusione: nel caso nostro della $(1)$ la linearità dell'operatore $A$ non ci azzecca niente, stiamo parlando della linearità della derivata.
Ipotesi psico-dinamica: c'è stata confusione tra derivata dell'operatore $A$ e la linearità dell'operatore derivata. (La fonte ha letto 'operatore' da qualche parte e non è andata tanto per il sottile, pur di sparacchiare la frase 'linearità dell'operatore', che fa la sua bella figura detta al popolo degli economisti. 'Euclideo' ce lo ha messo
ad abundantiam).
Discorso analogo vale per il limite.
16/03/2024, 14:16
Non capisco perché sia la linearità della derivata a spiegare il motivo per cui è vero che \(\frac d{dt}(Ax)=A\dot x\): infatti, a rigor di termini, quello che stai cercando di capire è se sia vero che \(0=\frac d{dt}Ax-A\frac d{dt}x=\left[\frac d{dt}A-A\frac d{dt}\right]x=[\frac{d}{dt},A]x\), cioè se il commutatore dell'operatore di derivazione, e dell'operatore A (che agisce su una funzione "matriciandola" con $A$) sia zero.
Mi aspetto ovviamente che sia vero, ma solo perché $A$ è in realtà costante. La linearità della derivata, da sola, non è sufficiente senza assumere qualcosa sulla forma di A.
16/03/2024, 14:42
Ma infatti l'ipotesi di tutto il discorso è che $A$ sia una matrice costante, solo di quello stiamo parlando, una matrice di numeri reali.
Se vuoi la derivata di $z(t) =a x_1 (t)+b x_2(t)$, hai
$$\frac {dz(t)}{dt}= \frac {d(a x_1 (t)+b x_2(t))}{dt}= a \frac {dx_1}{dt} + b\frac {dx_2}{dt} $$
cioè la derivata di una combinazione lineare di funzioni è la combinazione lineare delle derivate.
Parlo dell'operatore derivata, o operatore differenziale, o come lo si vuole chiamare, indichiamolo con $Ly(t)$, con $y(t)$ funzione derivabile, tra spazi di funzioni, che trasforma una funzione derivabile in un'altra funzione ed è lineare nel senso degli operatori:
$$L[c_1y_1(t)+c_2y_2(t)]=c_1Ly_1(t)]+c_2Ly_2(t)$$.
p.s. ho specificato nel mio post iniziale che $A$ è una marice di numeri reali, in effetti lo avevo dato per scontato che era costante.
16/03/2024, 15:14
Comunque ti ringrazio perché mi hai aiutato a chiarirmi le idee. Spesso con gli economisti non capisco, e non capisco se sono io o sono loro che sbagliano, è confusivo (la seconda che ho detto, spesso, ma non è scontato).
Qui sembra che parlo male degli economisti, ma non è vero, solo che non sono medaglie Fields in matematica, manco io, ma spesso sono peggio di me, perché la cosa grave è che non sanno di non sapere.
Comunque ho l'impressione che in Italia l'insegnamento della matematica a economia ora sia meglio, rispetto ai miei tempi e rispetto ad altri paesi, d'altra parte si è sempre saputo che, almeno per economia, gli studenti italiani sono più preparati, le cose cambiano a livello postgraduate e per le eccellenze, tutto più a macchia di leopardo.
Mi sento in dovere di scriverlo, perché qui sul Forum abbiamo qualche studente di economia, bravo, queste critiche alla matematica degli economisti non riguardano persone qui, che hanno tutt'altra impostazione, non superficiale.
16/03/2024, 23:42
Il richiamo alla linearità dell'operatore $A$ non è -in linea di massima- sbagliato; ma, per capire se è consistente, bisogna vedere dove si vuole andare a parare con la teoria.
Insomma, se si vuole andare a guardare anche un po' di teoria dei sistemi non lineari (la parte di stabilità, ad esempio), è chiaro che in generale la scrittura $Ax(t)$ può stare a significare l'immagine di $x(t)$ attraverso l'operatore (non necessariamente lineare) $A$... E se l'operatore $A$ non è lineare, col cavolo che la derivata di $Ax(t)$ è uguale a $A dot(x)(t)$!
P.S.: La regola di Leibniz qui non c'entra. Piuttosto, serve la regola di derivazione delle funzioni composte,
chain rule, o come cavolo volete chiamarla.
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