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La formula di Eulero
a cura di Flavio Cimolin (ultimo aggiornamento: 09/09/2006)
Pubblicato su Matematicamente.it Magazine n.1, Gennaio 2007
L a prima volta che ci si imbatte nella formula di Eulero non si può fare a meno di rimanere
scioccati, oltre che un po’ increduli, di fronte al mistero che la sua semplicità racchiude in così
pochi simboli. Numeri che provengono da contesti della matematica completamente diversi
incrociano i loro destini in un’uguaglianza che più semplice non si poteva:
π
⋅
i + =
e 1 0
Di fronte a quella che dalla maggior parte dei matematici è considerata “La” formula più bella
della matematica, l’eminente professore, proprio come il suo allievo, trova una difficoltà
insormontabile nel tentare di percepirne fino a fondo il significato, e non può che arrendersi nel
constatare una profondità più grande di lui. Come mai le due costanti e e π, provenienti da differenti
ambiti della matematica, sono legate tramite il numero immaginario i in un modo così bizzarro?
Talvolta capita che gli studenti siano addirittura tentati di “rifiutare” l'esistenza dei numeri
immaginari, in quanto lontani dalla realtà e apparentemente artificiosi, eppure mai come in questo
caso entità così astratte si rivelano intimamente legate ai più elementari dei numeri naturali: l’uno e
lo zero.
S
i dice che Gauss, forse il più grande e prolifico matematico di tutti i tempi, un giorno abbia
ironicamente commentato che, se ad una persona la formula non appare immediatamente ovvia,
questi non potrà mai essere un grande matematico! In effetti la dimostrazione è relativamente
semplice per chi abbia un minimo di dimestichezza con i numeri complessi e il calcolo integrale...
Anche dopo averla accettata, però, la dimostrazione non darà mai la soddisfazione di svelare
completamente il profondo segreto che la formula sembra nascondere in sé.
Richard P. Feynman, fisico americano premio Nobel nel 1965 per i suoi studi
sull’elettrodinamica quantistica, fu uno dei primi ad eleggerla “formula più bella di tutti i tempi”,
quando all’età di 13 anni la inserì con tale appellativo nel suo quaderno di liceale. E come dargli
torto? La prima cosa che si nota è che compaiono, una dopo l'altra, come in rassegna, tutte le entità
fondamentali della matematica: la costante di Nepero (e = 2,7182818...), il valore di pi greco (π =
3,14159265...), l’unità immaginaria i (radice quadrata di –1), il numero 1 (elemento neutro per la
moltiplicazione) e il numero 0 (elemento neutro per la somma). Anche dal punto di vista storico, i
concetti che vengono evocati spaziano attraverso le epoche e i luoghi che hanno fatto la storia della
al periodo aureo della geometria greca (costante π), agli influssi della
matematica: si pensi
matematica indiana, che introdusse il concetto di zero, al dibattito rinascimentale italiano fra
Tartaglia e Cardano relativamente alla risoluzione delle equazioni di terzo grado (unità immaginaria
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Flavio Cimolin – La formula di Eulero
i), per poi passare alla nascita dei logaritmi ai tempi di Nepero (costante e), e infine al numero 1,
onnipresente in tutte le culture e in tutti i tempi. Com’è possibile che queste entità fondamentali e
apparentemente lontane tra loro possano intrecciarsi elegantemente a formare un tutt’uno di così
pregevole armonia? Che cosa ci può essere di più mistico di un numero immaginario che interagisce
con costanti reali per produrre il niente?
P
rima di vedere una pseudodimostrazione della formula di Eulero, è interessante farsi un’idea del
settore della matematica da cui è scaturito lo stupefacente risultato: la rappresentazione sul piano
cartesiano dei numeri complessi e la loro interazione con l’analisi matematica. Sul piano che viene
comunemente detto di Argand-Gauss è possibile rappresentare un qualsiasi numero complesso a + i
b proprio come se fosse un vettore che, a partire dall'origine degli assi, raggiunge il punto (a, b) del
piano. Le proprietà di questa rappresentazione sono notevoli, e vengono comunemente utilizzate in
svariate applicazioni della matematica che spaziano dalla fisica all’elettronica. La proprietà
fondamentale che si dimostra essere valida qualora la lunghezza del vettore sia unitaria è la
seguente: ix = + ⋅
e cos( x ) i sin( x )
Quest'ultima eguaglianza, ben più generale e interessante dal punto di vista teorico, è la vera e
propria formula di Leonhard Euler, uno dei più importanti matematici del XVIII secolo, le cui
ricerche, proprio come quelle del suo successore Karl Friedrich Gauss, ebbero influenze in svariate
discipline della matematica pura e applicata. La formula apparve per la prima volta nella sua
Introductio in analysin infinitorum, pubblicata a
Losanna nel 1748. Il valore x costituisce l’angolo
fra il vettore e l’asse delle ascisse (ovvero delle
“parti reali”). Una rappresentazione schematica
(si veda la figura qui accanto) chiarirà il concetto
molto meglio delle parole, e questo ci aiuta
appunto ad intuire la potenza del metodo di
rappresentazione. Al variare dell'angolo x si
individuano tutti i punti della circonferenza
unitaria. Dalle leggi della trigonometria sappiamo
che le loro proiezioni sugli assi coincidono
rispettivamente con i valori del seno e del coseno
dell’angolo. Cosa accade se usiamo come valore
dell’angolo proprio π, ovvero se scegliamo un
angolo piatto di 180°?
Sostituendo nella formula e svolgendo i
calcoli si ottiene proprio l'identità di Eulero:
π
i = − + ⋅
e 1 i 0
C erchiamo ora di fornire una vaga idea, nei limiti del possibile, di come abbia fatto il geniale
Eulero a scoprire quest’interessante relazione. Il passaggio è in un certo senso l'inverso di quello
appena descritto: si sfruttano certe proprietà di sviluppi in serie delle funzioni trigonometriche per
mostrare che l’uguaglianza è valida. Ovviamente non possiamo che tralasciare una fetta
fondamentale del discorso, ovvero l'estensione dell’operazione di elevamento a potenza al campo
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Flavio Cimolin – La formula di Eulero
dei numeri complessi... Quanto siamo lontani dalla definizione di potenza che ci era stata data ai
tempi delle scuole medie!
Una delle possibilità di definizione del numero di Nepero e, base dei logaritmi naturali, è data
dalla seguente serie infinita (già di per sé notevole in eleganza):
1 1 1 1
= + + + + +
e 1 ...
1! 2! 3! 4!
Analogamente è possibile dimostrare che: 2 3 4
x x x x
x = + + + + +
e 1 ...
1! 2! 3! 4!
Una serie di funzioni di questo tipo viene comunemente indicata con il nome di sviluppo in serie
di Taylor, e può essere ricavata senza troppa difficoltà facendo uso di ben noti teoremi dell'analisi
x riveste un ruolo di primo piano nel contesto
matematica. È interessante notare che la funzione e x è ancora
dell'analisi, in quanto è invariante rispetto all’operazione di derivazione (la derivata di e
x
e ). Da un punto di vista algebrico ciò significa che essa è un "elemento neutro" rispetto alle
operazioni di integrazione e derivazione. Una proprietà decisamente di rilievo!
Altri due sviluppi fondamentali sono quelli delle funzioni seno e coseno, che si possono
esprimere nella forma seguente: 3 5 7
x x x x
= − + − +
x
sin( ) ...
1! 3! 5! 7!
2 4 6
x x x
= − + − +
cos( x ) 1 ...
2! 4! 6!
È curioso notare il gioco di alternanza fra i segni “più” e “meno” e fra le potenze pari e dispari
presenti negli sviluppi delle funzioni trigonometriche, in contrapposizione all’estrema regolarità
della funzione esponenziale. Tenendo conto della proprietà fondamentale dell'unità immaginaria (i·i
ix
= –1), cosa succede se si calcola lo sviluppo di e ? E se si calcola quello di cos(x) + i·sin(x)? Come
per magia ecco che i segni, le unità immaginarie, le potenze e i fattoriali si intrecciano alla
perfezione e diviene limpida l’uguaglianza! Provare per credere...
U
na delle più importanti applicazioni che l’identità di Eulero ebbe nella storia della matematica è
stata quella di dimostrare la trascendenza di π. Sono detti algebrici quei particolari numeri
irrazionali che possono essere ottenuti come soluzioni di equazioni algebriche, e si distinguono
dagli altri irrazionali, che invece sono detti trascendenti: in un certo senso questi ultimi
“trascendono” la potenza dell’algebra. Il primo a dimostrare l'esistenza dei numeri trascendenti fu il
matematico francese Liouville verso la metà del XIX secolo, ma per decine di anni gli unici numeri
trascendenti noti rimasero poche costanti costruite ad hoc, come ad esempio la costante di Liouville:
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