Re: Chi conosce Elia Spallanzani?

Messaggioda megas_archon » 12/01/2022, 13:04

Sono stato educato diversamente, ma non l'ho trovato né triste né limitante, anzi, è stato uno dei pochi momenti veramente formativi che l'università mi ha dato, perché ha cesellato le mie opinioni in fatto di cose e persone. Non so che altro dirti se non questo, non ho niente da insegnare che non sia a chi già voglia ascoltarmi, e di tutti gli altri mi curo troppo poco.

Ma già che ci siamo, anche io voglio raccontarti un anedoto su come prendo le cose.

Uno dei miei postdoc è stata un'esperienza che definirei possibile solo unendo "Aspettando Godot" e "Il deserto dei Tartari". Ovviamente è meglio espungere nomi, cognomi e località, ma penso il succo dell'aneddoto non ne soffra.

Appena sono arrivato mi sono offerto di tenere un corso ai dottorandi (uno dei quali un mio conoscente da tempo, che si era più volte lamentato di quanto poco stimolante fosse l'ambiente (il suo relatore, capo del gruppo di ricerca, evitava attentamente di seguirlo nascondendosi dietro il paravento dell'avere troppo da insegnare e troppi incarichi burocratici). Il gruppo di ricerca in cui era inserito teneva un seminario periodico, ma uno al mese). C'era certamente spazio per ravvivare un po' le cose. Mi sono inventato un programma di "complementi di CT" seguendo il Borceux e altri libri, e stavo per iniziare a cercare un'aula in cui trovarci una volta la settimana, quand'ecco che...

Testo nascosto, fai click qui per vederlo
Mi chiama il capo del dipartimento (a me, insieme al mio collega), e quasi come fosse una chiamata nell'ufficio del preside ci fa entrare a turno, prima lui (che viene redarguito a non dare ascolto alle fole di un idealista sognatore quale io sono: "l'unica cosa di cui hai bisogno è metterti giù a studiare, se non stai facendo progressi non lo stai facendo abbastanza") e poi me (che vengo redarguito a capire che devo "imparare che esiste una gerarchia, a rispettare l'autorità" o qualcosa del genere, che ho prontamente dimenticato). Annuisco, dico che "certo, hai ragione, ci mancherebbe!".

Dopo un po' di tempo me ne vado, torno a casa in Italia; a che pro spendere del tempo a fissare il muro -mi è stato impedito con le cattive di fare didattica- quando avrei potuto spendere un po' di tempo con la mia famiglia e lavorare anche più serenamente invece di farmi il sangue amaro frustrandomi di fronte alla pochezza dell'offerta formativa/ricercativa (is that even a word?)

Dopo un mese (in effetti, un mese e mezzo...) ricevo un'email dal suddetto soggetto: "come mai non ti abbiamo visto al seminario mensile? Stai poco bene?"
Rispondo: "no, sono solo tornato a casa".
"Come sei tornato a casa? E non l'hai detto a nessuno?"
"Ah, avrei dovuto? Se ben ricordi, ho provato a interagire con voi e me lo avete impedito. Ora ho da fare comunque, buona giornata"

Segue un lungo messaggio in cui mi vengono poste una serie di minacce molto incazzate: guarda che ti togliamo la borsa, guarda che fai piangere Gesù.

"In che modo questa sarebbe una minaccia? Che la borsa finisca a dicembre o novembre non mi cambia certo la vita. Comunque davvero, ora ho da fare... ci sentiamo quando torno a riprendere le mie cose, e a spedire indietro i miei averi perché scade l'affitto di casa. E' andata così, che ci vogliamo fare?"

La parte saliente del messaggio che segue è questa:
How can you talk about the work of our
group if you didn't integrate it properly? I understand that you kept
doing research on your projects, which is fine, but your interaction
with us was reduced to ask for advice on your topics. Am I wrong?


A questo punto, decido di smettere di rispondere; chiaramente il soggetto in questione non si fa più vivo. Il giorno della mia partenza, spedisco questa email citando quell'"Am I wrong?" (mi prenderebbe troppo tempo tradurla a mano, la butto dentro google translate e viene come viene):

Certo, ti sbagli.
Ma dopo un po', ho capito che cercare di spiegarti perché sarebbe stata una perdita di tempo, o meglio, avrebbe significato darti importanza. Tu invece sei del tutto irrilevante per me; ancor di più oggi, che ho avuto il piacere di essere circondato da persone che amano il mio atteggiamento invece di tentare di farmi vergognare con un misto di gaslighting e finte buone maniere. [me ne sono andato anche per progettare il "dopo" quel postdoc, e ho fatto visita a un'altra università per un paio di settimane.]

Ecco perché ti ho evitato fino ad ora, non certo per timore reverenziale: il semplice pensiero che io abbia avuto la minima paura della tua vocetta è ridicolo.

Dal mio primo giorno in [expunged] (e persino da prima), il tuo atteggiamento nei miei confronti è stato assai condiscendente. Ora è giunto il momento di farti sapere quanto sia stata ripugnante ogni interazione scritta o fisica con te, che nascondi un disgustoso senso di superiorità dietro una facciata di buone maniere. Hai estinto il mio desiderio di interagire con le persone di lì, di lasciare un segno del mio passaggio nonostante la breve durata del mio contratto ([link al sito che stavo preparando per pubblicizzare i seminari] <- ti suona un campanello? Ti ricordi come mi hai trattato da cretino quel giorno?) e ora ti lamenti che "non ho provato" a integrarmi: è ridicolo, puro e semplice. L'ho fatto, e tu mi hai messo a tacere.

E ora che cerchi di illuminarmi con *un altro* discorso condiscendente ne ho piene le palle. Per quanto riguarda la narrazione per la quale sarei stato poco professionale... sì, lo sono stato, ma in risposta a un atteggiamento altrettanto poco professionale e persino più stitico di cui sono stato vittima. Sono venuto qui con le migliori intenzioni, ma non sono il tipo di persona che spreca energie per dare amore a chi non lo merita. Soprattutto se fin dal primo momento della nostra interazione ho avuto il vago senso di confrontarmi con un personaggio spregevole.

Dopo quel giorno mi sono sentito disprezzato, e la sola idea di avere ancora a che fare con te mi ha profondamente nauseato. Non avrei mai pensato che la mia voglia di insegnare (tra l'altro... l'avrei fatto gratis) potesse essere definita "distraente" su qualcuno. Per evitare passi falsi -ho pensato- è meglio fare il mio lavoro in silenzio e prendere il poco che puoi darmi (soldi, aiuto con qualche piccolo tecnicismo), ma non ho niente da dare che voi sembriate disposti a ricevere. E da dare, tu hai solo la chiusura mentale, unita a un istinto terribilmente efficace per emarginare, deridere, ridicolizzare coloro che non si genuflettono a Vostra Maestà.

Che senso ha insistere per integrarsi in un ambiente che ha cercato di estrometterti? C'è una sola persona che ha provato a comunicare con me, dal mio arrivo? Bussare alla mia porta, prendere un caffè, scrivere cazzate su una lavagna? Allora perché dovrei sprecare la mia moderata quantità di energie nello sforzo, dispendioso, di parlare al muro del tuo elitarismo, invece di cercare semplicemente persone migliori con cui fiorire?

Sono arrivato da voi a [data]. Dopo la chiacchierata in cui hai mostrato il tuo atteggiamento in tutta la sua ripugnanza, ho deciso di farmi gli affari miei finché qualcuno non mi avesse cercato. Se non avessi sentito nessuno, a un certo punto sarei andato a casa a prendermi cura dei miei cari e finalmente a fare matematica in tranquillità, invece di fissare il vuoto perché mi hai assunto al solo fine di impedirmi di fare il mio lavoro.

Ora. La meschina mascherata con cui cerchi (senza successo) di farmi sentire in colpa non fa fare una figura migliore al tuo dipartimento; sono uomo di mondo e so come comportarmi: viaggiando in altre università avrei fatto del mio meglio per tenere alta la bandiera del tuo dipartimento nonostante il suo provincialismo, la tendenza a spegnere ogni iniziativa personale, la tua soffocante, kafkiana burocrazia da passacarte...

Ma ora, ragazzi, ora! Ora ho una storia molto migliore da raccontare. Sarà un piacere per me raccontare a chiunque incontrerò della tua minuscola empatia e della taglia enorme del tuo ego. Mi hai dato una preziosa opportunità per capire come le persone possono essere grette e pateticamente attaccate al loro piccolo potere terreno, nonostante siano dei matematici.

Sono felice di non aver sprecato il mio tempo esponendo il mio vero io a quello che è solo un piccolo burattino velenoso. A questo punto sarà evidente che non siamo d'accordo su come fare matematica, ma anche su come essere esseri umani decenti. Sarà evidente che siamo di due razze diverse. Buona fortuna a difendere il minuscolo, meschino interesse della magnifica cattedrale vuota (o meglio, il cortile) di cui ti senti imperatore.

PS: tutte le altre mie posizioni post-dottorato erano basate su un compito e sono stato incoraggiato a partecipare e condividere le mie idee e la mia esperienza; Non sono mai stato messo a tacere sulla base del fatto che la mia volontà di insegnare possa essere essere una sorta di minaccia (un altro dettaglio che rivela quanto sia patetica la tua visione delle cose: come può un tuo subordinato essere una minaccia per te, o per uno dei tuoi studenti?). Tutti gli altri miei posti di lavoro mi hanno dato almeno la parvenza di uno scopo. Con il senno di poi, questo ha avuto l'unico scopo di succhiare denaro da un sistema corrotto. Prima di venire qui, non avrei mai immaginato che tu avessi creato un ambiente così mediocre, provinciale, più attaccato al tuo miserabile potere che alla volontà di testimoniare una tradizione, di tramandare una visione. Ai miei occhi, non sei che un ingranaggio in un meccanismo spregevole.

PPS: riguardo questo tuo passaggio

"Ho una lunga esperienza nell'integrazione di borsisti post-dottorato nel nostro
centro di ricerca e non abbiamo mai avuto un post-dottorato che pensava di poter
decidere dei suoi spostameni senza chiedere il permesso all'istituzione".

Lascia che corregga questo paragrafo; tu hai una lunga esperienza nell'integrare persone addestrate a saltare più in alto se batti le mani più forte. Chi non si genuflette a Vostra Maestà è un fannullone o un pericolo. Coloro che non partecipano a questo circo delle pulci, vengono bollati come dei perdenti (e come potrebbe qualcuno che non studia a [posto] non essere un perdente?).

Avrò un bel ricordo del vostro Paese, che sa essere aspro e gentile allo stesso tempo. Molto peggio ricorderò di (uno dei) suoi matematici.
Addio per sempre!


Io le cose le prendo così: questa persona è (era?) molto potente, perché è tra le poche nel campo a dirigere un centro di ricerca. Questo ovviamente le da un potere minuscolo nel grande schema delle cose, ma i matematici puri (e tra essi i categoristi) sono, con poche eccezioni, poveri in canna, e non appena qualcuno ha un minimo di riconoscimento economico o di status diventa "importante". Rivolgersi così a qualcuno quindi è, per usare un blando eufemismo, "controproducente" in termini della tua carriera, perché le parole fanno presto il giro del mondo lungo il telefono senza fili, e certamente questa persona ha raccontato di tutto e di peggio su di me a chiunque abbia incontrato. A parte il fatto che anche io ho fatto altrettanto... ma di tutte queste cose a me non importa nulla. Quello che ho visto è che a uno studente volenteroso, una persona che reputo mio amico tra l'altro, è stato impedito di imparare qualcosa quando mi ero offerto di regalarlo a lui e ad altri. E gli è stato impedito non da motivi contingenti e ineliminabili, tipo una pandemia, ma dalla mania di protagonismo (o di persecuzione, perché la mia decisione di insegnare un corso aggratis probabilmente minava la centralità della sua posizione) di una "persona" che fatico a ritenere tale, sulla base di questo comportamento. Una "persona" che si è sentita minacciata da un mio gesto di generosità.

Avrei potuto stare zitto, collaborare, fare quello che mi chiedevano, annuire, leccare la busta e inviare la lettera con la mia raccomandazione scritta dal categorista piu influente sulla piazza, o leccare meno nobili aree anatomiche. Il fatto è che io non sono una marionetta: sono un ricercatore, non un impiegato. Faccio quello che faccio in forza di una chiamata, non per tornaconto, riconoscimento o velleità materiali. Questa integrità, che arriva fino al punto di prendere posture talmente intransigenti da essere aggressive e nocive nei miei confronti, cioè fino al punto di nuocere a me pur di tenere la posizione, è quello che nella mia complicata morale, mi autorizza a ritenere certe persone inferiori, o come ho scritto "gli ingranaggi di un meccanismo miserabile".

Se predicassi dal caldo del mio privilegio che dobbiamo sovvertire lo stato e tornare a vivere di bacche e radici, probabilmente sarei poco sotto l'ennesimo altro intellettualoide da salotto. Non nego di avere i miei punti, qua e là, dove mi attacco a un privilegio o taccio per convenienza: sono un essere umano; ma se si parla di matematica, di come farla, e di cosa sacrificare pur di fare quella giusta nel modo giusto, ossia in breve in questioni di principio come questa... non mi interessa quanto mi costa, mi è impossibile star zitto. Potrei vivere molto più tranquillo senza "litigare con le persone" come auspica Martino; non ci riesco, perché è connaturato nel mio sistema di valori vomitare un odio corrosivo e nerastro nella gola di chi sospetto si comporti come si è comportato questo figuro. Il compito di essere delle belle persone per bilanciare la presenza di questi schifi è di altri, come ad esempio il suddetto Martino, che fa bene a continuare a fare matematica perché è una persona buona. La matematica è una gabbia di matti fatta da materialisti attaccati al loro potere: in questo rispecchia il mondo esterno; gente di animo candido è persino più rara che fuori, purtroppo, e ognuno di loro conta. Io, come ho detto, sono uno stolto in Cristo, e non gioco a mettermi vestiti che non sono i miei. Il mio ruolo è usare la matematica per cercare la Matematica, e capire quanto è veramente ambizioso mettere questa maiuscola.

Da ultimo: la cosa che a distanza di molti anni oggi mi fa ancora incazzare è che dopo quell'evento il mio amico ha iniziato a pensare seriamente di lasciare la ricerca, perché questo dottorato gli ha insegnato che "non ci è tagliato".
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Re: Chi conosce Elia Spallanzani?

Messaggioda Martino » 12/01/2022, 14:28

Però la sete di potere non è prerogativa dei matematici, è proprio parte integrante degli esseri umani. Inoltre se un posto non ti piace lo lasci, non c'è (secondo me) bisogno di fare tante cerimonie. Trovare il proprio posto nel mondo è un processo difficile e purtroppo passa attraverso l'ottenimento della fiducia di altre persone, senza la quale non si sarebbe (almeno all'inizio) autorizzati a fare niente di quanto si vuole fare. Se adesso ti trovi in una situazione tollerabile (quanto a logiche di potere), ti raccomando fortemente di non buttarla via per sacrificarla a inutili litigi (che naturalmente sono soddisfacenti solo finché durano, poi quando sono finiti ti si rivoltano contro).

Le logiche di potere nauseano anche me, sono quello che distingue chi ama veramente la materia da chi ha finalmente trovato un giocattolino per fare avanzamenti di carriera e ritrovarsi sperabilmente a dare ordini a persone da cui prima li si riceveva. E arriva un giorno in cui ti accorgi che Tizio non ha scritto quel paper perché gli piaceva quel teorema o quella teoria, ma perché il suo coautore era un matematico di serie A+ e Tizio si è così garantito due cose: l'esattezza dei risultati (perché un A+ non sbaglia) e l'impact factor alto della rivista (perché un A+ è famoso). E quel giorno ti accorgi che quando con Tizio dicevi "sia F un funtore covariante, sia V un G-modulo irriducibile" in realtà gli stavi dicendo "sia P il tuo coautore B-, allora B- è minore di A+, contraddizione". Ma la conseguenza di questo è che mi allontenerò da Tizio (matematicamente parlando), non che butterò (potenzialmente) la mia vita ai quattro venti. E continuerò a cercare chi quando parla di qualcosa sta veramente parlando di quello e non di altro. Questo comunque era un mio personale esempio di logiche di potere.
Le persone che le persone che le persone amano amano amano.
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