La mia polemica è soprattutto sulle notazioni: "integrale di prima specie" o "di seconda specie", ma cosa significa? Come, ad esempio, "metodo K", "M-test", "complesso CW", ma che razza di nomi sono, come si fa a ricordarsi cosa significano? Non sarebbe meglio dire "integrale orientato" o "integrale non orientato"?
---
In fondo, la matematica dietro tutta questa roba è semplice e si riduce a una osservazione basilare sugli integrali di funzioni reali di una variabile reale. Possiamo scrivere
\[
\int_a^b f(x)\, dx,\qquad \text{oppure}\qquad \int_{[a, b]}f(x)\, dx,\]
e fin qui le due scritture denotano esattamente la stessa cosa. Solo che la prima scrittura allude alla regola
\[
\int_b^a f(x)\, dx =-\int_a^b f(x)\, dx, \]
mentre la seconda non ammette niente del genere: scrivere \([b, a]\), se \(b\) è più grande di \(a\), non significa nulla. La conseguenza più importante è la formula del cambio di variabile: se \(x=\phi(y)\), allora
\[
\int_a^b f(x)\, dx= \int_{\phi^{-1}(a)}^{\phi^{-1}(b)} f(\phi(y))\, \phi'(y)\, dy, \]
mentre
\[
\int_{[a, b]} f(x)\, dx= \int_{\phi^{-1}([a, b])} f(\phi(y))\lvert\phi'(y)\rvert\,dy.\]
È spuntato fuori un valore assoluto, il famoso "valore assoluto dello Jacobiano" che spesso ci fa confondere negli esami di analisi, specialmente per integrali di funzioni di più variabili.
In conclusione, abbiamo scritto lo stesso numero in quattro modi diversi:
\[
\int_a^b f(x)\, dx=\int_{\phi^{-1}(a)}^{\phi^{-1}(b)} f(\phi(y))\, \phi'(y)\, dy=\int_{[a, b]}f(x)\, dx= \int_{\phi^{-1}([a, b])} f(\phi(y))\lvert\phi'(y)\rvert\,dy.\]
Con un linguaggio più avanzato, l'integranda in
\[
\int_a^b f(x)\, dx\]
è una
forma differenziale, ovvero un oggetto che si trasforma per cambi di coordinate secondo la regola
\[\tag{1}
f(x)\, dx = f(\phi(y))\, \phi'(y)\, dy.\]
Mentre l'altra integranda, che in effetti potremmo scrivere
\[
\int_{[a, b]} f(x)\, |dx|,\]
come fanno alcuni, è una
pseudoforma (un analista la penserebbe come una misura), ovvero un oggetto che si trasforma per cambi di coordinate secondo la regola
\[\tag{2}(x)\, |dx| = f(\phi(y))\, |\phi'(y)|\, |dy|.\]
Le due regole (1) e (2) sono molto simili, la differenza sta nel valore assoluto. La regola (1), delle forme differenziali, tiene conto dell'orientazione. La regola (2), delle pseudoforme (della misura di Lebesgue, secondo un analista), non tiene conto dell'orientazione e la fa sparire sotto un valore assoluto.
-----
Questo è tutto. É obbligatorio qui il riferimento
alla favola di John Baez, che amo citare.