Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda Martino » 05/02/2012, 16:04

In quanto segue darò per scontata la nozione di "schema", nel senso della geometria algebrica (in particolare, nel seguito tutti gli anelli considerati sono da intendersi commutativi e unitari). Ho messo dei richiami che potete divertirvi a dimostrare :D La referenza principale è questa (in francese). Per chi non fosse a suo agio con la nozione di "schema", può pensare a tutti gli schemi coinvolti come a schemi affini, cioè a spazi topologici del tipo \( \displaystyle \text{Spec}(A) \) (lo spettro, cioè l'insieme degli ideali primi, di un dato anello \( \displaystyle A \) ), dove la topologia è quella di Zariski. Nel caso affine, la "spiga" relativa a \( \displaystyle P \in \text{Spec}(A) \) è il localizzato \( \displaystyle A_P \) , per definizione \( \displaystyle S^{-1}A \) dove \( \displaystyle S=A-P \) (si tratta di un anello locale con ideale massimale \( \displaystyle PA_P \) ), e ricordo che la localizzazione è funtoriale. Inoltre ricordo che al variare di \( \displaystyle f \in A \) gli aperti \( \displaystyle D(f) := \{P \in \text{Spec}(A)\ |\ f \not \in P\} \) costituiscono una base di \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) (cf. l'intervento di maurer sotto), e l'anello delle funzioni regolari su \( \displaystyle D(f) \) (cioè il fascio strutturale applicato a \( \displaystyle D(f) \) ) è il localizzato \( \displaystyle A_f \) , cioè \( \displaystyle S^{-1}A \) dove \( \displaystyle S \) consiste delle potenze di \( \displaystyle f \) in \( \displaystyle A \) (nota bene: anche se si chiama "localizzato", \( \displaystyle A_f \) non è in generale un anello locale).

In quanto segue, se \( \displaystyle X \) è uno schema, indico con \( \displaystyle \mathscr{O}_X \) il suo fascio strutturale, e dato \( \displaystyle x \in X \) indico con \( \displaystyle \mathscr{O}_{X,x} \) la "spiga" di \( \displaystyle \mathscr{O}_X \) in \( \displaystyle x \) , cioè \( \displaystyle \mathscr{O}_{X,x} := \displaystyle \varinjlim_{ U \ni x}\mathscr{O}_X(U) \) . Nel caso affine, questo è compatibile col fatto che se \( \displaystyle P \in \text{Spec}(A) \) allora \( \displaystyle \displaystyle \varinjlim_{P \in D(f)} A_f = A_P \) .

Spazi topologici (quasi-)compatti. Uno spazio topologico \( \displaystyle X \) si dice "quasi-compatto" se ogni suo ricoprimento aperto ammette un sottoricoprimento finito. Si dice "compatto" se è quasi-compatto e di Hausdorff.

Spazi topologici noetheriani. Uno spazio topologico \( \displaystyle X \) si dice "noetheriano" se ogni successione decrescente di chiusi è stazionaria, cioè se ogni successione crescente di aperti è stazionaria. Equivalentemente, ogni famiglia non vuota di chiusi (risp. di aperti) di \( \displaystyle X \) ha un elemento minimale (risp. massimale).

Richiamo 1. Sia \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) uno schema affine, con \( \displaystyle A \) anello noetheriano. Allora \( \displaystyle X \) è noetheriano come spazio topologico.

Spazi topologici irriducibili. Uno spazio topologico \( \displaystyle X \) si dice "irriducibile" se non si può scrivere come unione di due chiusi propri non vuoti. Equivalentemente, l'intersezione di due aperti non vuoti è sempre non vuota.

Per esempio \( \displaystyle \text{Spec}(\mathbb{Z}) \) è irriducibile.

Richiamo 2. Sia \( \displaystyle X \) uno schema. Allora \( \displaystyle X \) è uno spazio T0, cioè ammette al più un punto denso. Se \( \displaystyle X \) è irriducibile (cioè irriducibile come spazio topologico), allora \( \displaystyle X \) ammette un unico punto denso, detto il punto generico di \( \displaystyle X \) .

Schemi (localmente) noetheriani. Uno schema \( \displaystyle X \) si dice "localmente noetheriano" se si può scrivere come unione di aperti affini \( \displaystyle \text{Spec}(A_i) \) dove ogni \( \displaystyle A_i \) è un anello noetheriano. \( \displaystyle X \) si dice "noetheriano" se è localmente noetheriano e quasi-compatto.

Richiamo 3. Sia \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) uno schema noetheriano. Allora l'anello \( \displaystyle A \) è noetheriano.

Schemi ridotti. Uno schema \( \displaystyle X \) si dice "ridotto" se per ogni \( \displaystyle x \in X \) l'anello locale \( \displaystyle \mathscr{O}_{X,x} \) è ridotto (cioè non ha elementi nilpotenti non nulli).

Richiamo 4. Uno schema \( \displaystyle X \) è ridotto se e solo se \( \displaystyle \mathscr{O}_X(U) \) è ridotto per ogni aperto \( \displaystyle U \) di \( \displaystyle X \) .

Schemi integri. Uno schema \( \displaystyle X \) si dice "integro" se è irriducibile (come spazio topologico) e ridotto.

Richiamo 5. Sia \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) uno schema affine. Allora \( \displaystyle X \) è integro se e solo se \( \displaystyle A \) è integro (nel senso di dominio, "integral domain").

Morfismi piatti. Un omomorfismo di anelli \( \displaystyle A \to B \) si dice piatto se rende \( \displaystyle B \) un \( \displaystyle A \) -modulo piatto. Un morfismo di schemi \( \displaystyle X \to Y \) si dice piatto se è piatto al livello delle spighe, cioè se per ogni \( \displaystyle x \in X \) il morfismo di anelli \( \displaystyle \mathscr{O}_{Y,f(x)} \to \mathscr{O}_{X,x} \) è piatto.

Richiamo 6. Sia \( \displaystyle \varphi: A \to B \) un omomorfismo di anelli. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1. \( \displaystyle \varphi \) è piatto,
2. \( \displaystyle \varphi_P: A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P \) è piatto per ogni \( \displaystyle P \in \text{Spec}(B) \) ,
3. il morfismo di schemi associato \( \displaystyle \text{Spec}(B) \to \text{Spec}(A) \) è piatto.

Fibra. Sia \( \displaystyle f:X \to Y \) un morfismo di schemi. Dato \( \displaystyle y \in Y \) , il "corpo residuo" \( \displaystyle k(y) \) di \( \displaystyle y \) è il quoziente di \( \displaystyle \mathscr{O}_{Y,y} \) modulo il suo (unico) ideale massimale, e la "fibra" di \( \displaystyle f \) in \( \displaystyle y \) è il \( \displaystyle k(y) \) -schema \( \displaystyle X \times_Y \text{Spec}(k(y)) \) . Se \( \displaystyle y \) è il punto generico di \( \displaystyle Y \) si parla di "fibra generica".

Problema. Sia \( \displaystyle f:X \to Y \) un morfismo piatto di schemi noetheriani. Supponiamo che \( \displaystyle Y \) sia integro e che la fibra generica di \( \displaystyle f \) sia ridotta. Mostrare che \( \displaystyle X \) è uno schema ridotto.

Hint per smaliziarsi:
Testo nascosto, fai click qui per vederlo
Risolvere prima il caso affine.
PS. Se trovate qualche nozione (tipo quella di morfismo piatto) particolarmente oscura potete segnalarlo, provvederò a richiamare qualche proprietà.

PPS. Non vorrei che questo filone fosse inteso come al solito, insomma non pretendo che vengano risolti tutti i problemi. Semplicemente, trovo meraviglioso immergersi in questi concetti e mi trovo a condividere questa meraviglia con chi fosse interessato :D
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Prima di iniziare, due parole sugli schemi affini

Messaggioda maurer » 05/02/2012, 21:01

Martino ha scritto:Richiamo 1. Sia \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) uno schema affine, con \( \displaystyle A \) anello noetheriano. Dimostrare che \( \displaystyle X \) è noetheriano come spazio topologico.


Questo è facile. Rispondo comunque per prendermi la libertà di espandere un po' l'argomento. Ovviamente tutti gli anelli sono da intendersi commutativi unitari. Denoteremo con \( \displaystyle A \) un anello qualsiasi e con \( \displaystyle X \) il suo spettro.

Definizione. Per ogni \( \displaystyle f \in A \) e ogni \( \displaystyle x = \mathfrak p_x \in X \) definiamo \( \displaystyle f(x) := f \pmod{\mathfrak p_x} \) .

Definizione. Sia \( \displaystyle S \subset A \) ; poniamo \( \displaystyle \mathcal V(S) := \{x \in X \mid f(x) = 0 \: \forall f \in S\} \) . Si denoti con \( \displaystyle \mathcal D(S) \) il complemento di \( \displaystyle \mathcal V(S) \) in \( \displaystyle X \) .
Definizione. Sia \( \displaystyle Y \subset X \) ; poniamo \( \displaystyle \mathcal I(Y) := \{f \in A \mid f(x) = 0 \: \forall x \in Y\} \) .

Fatto 0. Sia \( \displaystyle I \) l'ideale generato da \( \displaystyle S \subset A \) . Allora \( \displaystyle \mathcal V(S) = \mathcal V(I) \) .

Non mi serve il prossimo teorema, ma è talmente immediato da queste definizioni che non posso non metterlo! :-D

Teorema (Nullstellensatz generalizzato). Per ogni ideale \( \displaystyle I \) di \( \displaystyle A \) si ha \( \displaystyle \mathcal I (\mathcal V(I)) = \sqrt{I} \) .
Dimostrazione. Per definizione abbiamo
\( \displaystyle \mathcal I(\mathcal V(I)) = \{f \in A \mid f(x) = 0 \: \forall x \in \mathcal V(I)\} = \{f \in A \mid f \in \mathfrak p_x \: \forall x \in \mathcal V(I)\} = \bigcap_{x \in \mathcal V(I)} \mathfrak p_x \)
D'altra parte \( \displaystyle \mathcal V(I) = \{x \in X \mid f(x) = 0 \forall f \in I \} = \{x \in X \mid f \in \mathfrak p_x \forall f \in I\} = \{x \in X \mid I \subset \mathfrak p_x\} \) e quindi \( \displaystyle \mathcal I(\mathcal V(I)) = \bigcap_{x \in X, I \subset \mathfrak p_x} \mathfrak p_x = \sqrt{I} \) . []

Nota. Come si vede ho chiamato questo lemma Nullstellensatz generalizzato. In realtà è sbagliato in quanto non è una generalizzazione del Nullstellensatz. Tuttavia, alla luce di questo risultato generale, si capisce perché certi testi, come ad esempio l'Eisenbud, Commutative Algebra (with a View Toward Algebraic Geometry) si riferisca al Nullstellensatz nella seguente inusuale forma: "se \( \displaystyle A \) è un anello di Jacobson, \( \displaystyle A[X] \) è un anello di Jacobson".

Torniamo in tema.

Fatto 1. \( \displaystyle X \) è quasi compatto.
Dimostrazione. Sia \( \displaystyle \{\mathcal D(I_i)\}_{i \in S} \) un ricoprimento aperto di \( \displaystyle X \) , con \( \displaystyle I_i \) ideali di \( \displaystyle A \) . Allora \( \displaystyle X = \bigcup_{i \in S} \mathcal D(I_i) = \bigcup_{i \in S} (X \setminus \mathcal V(I_i)) = X \setminus \bigcap_{i \in S} \mathcal V(I_i) = X \setminus \mathcal V \left(\sum_{i \in S} I_i \right) \) e quindi \( \displaystyle \mathcal V \left( \sum_{i \in S} I_i \right) = \emptyset \) , ossia \( \displaystyle \sum_{i \in S} I_i = (1) \) . Pertanto potremo scrivere \( \displaystyle 1 = \sum_{k = 1}^n a_{i_k} \) con \( \displaystyle a_{i_k} \in I_{i_k} \) . Segue che \( \displaystyle \mathcal V\left( \sum_{k = 1}^n I_{i_k} \right) = \emptyset \) e quindi \( \displaystyle X = \bigcup_{k = 1}^n \mathcal D(I_{i_k}) \) . []

Definizione. Sia \( \displaystyle f \in A \) . Denotiamo con \( \displaystyle V_f \) l'insieme algebrico \( \displaystyle \mathcal D(f) \) .

Fatto 2. \( \displaystyle \mathcal B = \{V_f\}_{f \in A} \) è una base di aperti per \( \displaystyle X \) .
Dimostrazione. Ovvio! []

Fatto 3. Sia \( \displaystyle S \subset A \) un sistema moltiplicativo. Allora la mappa canonica \( \displaystyle j \colon A \to S^{-1} A \) induce un omeomorfismo sull'immagine \( \displaystyle j^* \colon \text{Spec}(S^{-1}A) \to \text{Spec}(A) \) .
Dimostrazione. Omessa, o, lasciata per qualcuno che ha iniziato da poco con l'algebra commutativa. []

Lemma 1. Un aperto \( \displaystyle \mathcal D(I) \) in \( \displaystyle X \) è quasi-compatto se e solo se è unione finita di aperti della base \( \displaystyle \mathcal B \) . In particolare, se \( \displaystyle I \) è finitamente generato, allora \( \displaystyle \mathcal D(I) \) è quasi compatto.
Dimostrazione. Supponiamo innanzi tutto \( \displaystyle \mathcal D(I) = V_f \) . Allora \( \displaystyle V_f \cong \text{Spec}(A[f^{-1}]) \) per il Fatto 3, sicché il Fatto 1 implica che \( \displaystyle \mathcal D(I) \) è quasi-compatto. Ora, l'unione finita di spazi quasi compatti è ancora ovviamente quasi compatta quindi abbiamo finito la prima implicazione.
Viceversa, supponiamo che \( \displaystyle \mathcal D(I) \) sia quasi compatto. Possiamo scrivere \( \displaystyle \mathcal D(I) = \bigcup_{f \in I} V_f \) , da cui \( \displaystyle \mathcal D(I) = V_{f_1} \cup \ldots \cup V_{f_n} \) per la quasi-compattezza.
Infine, se \( \displaystyle I \) è finitamente generato, possiamo scrivere \( \displaystyle I = (f_1,\ldots,f_n) \) e quindi \( \displaystyle \mathcal V(I) = \mathcal V(f_1) \cap \ldots \cap \mathcal V(f_n) \) , da cui \( \displaystyle \mathcal D(I) = V_{f_1} \cup \ldots \cup V_{f_n} \) . []

Corollario. Se \( \displaystyle A \) è noetheriano, allora per ogni ideale \( \displaystyle I \subset A \) l'aperto \( \displaystyle \mathcal D(I) \) è quasi compatto.
Dimostrazione Ovvia conseguenza del Lemma 1. []

Lemma 2. Uno spazio topologico \( \displaystyle Y \) è noetheriano se e solo se ogni aperto di \( \displaystyle Y \) è quasi compatto.
Dimostrazione. Supponiamo che \( \displaystyle Y \) sia noetheriano. Siccome se \( \displaystyle U \subset Y \) è un aperto allora \( \displaystyle U \) è ovviamente uno spazio noetheriano, basterà dimostrare che se uno spazio è noetheriano allora è quasi compatto. Dimostreremo che vale la PIF (proprietà dell'intersezione finita); sia \( \displaystyle \{C_i\}_{i \in I} \) una famiglia (non vuota) di chiusi in \( \displaystyle Y \) tali che l'intersezione di una qualsiasi sottofamiglia finita sia non vuota. Sia \( \displaystyle \mathcal S = \{C_{i_1} \cap \ldots \cap C_{i_k} \mid k \in \mathbb N, i_k \in I\} \) ; allora per noetherianità di \( \displaystyle Y \) la famiglia \( \displaystyle \mathcal S \) ha un elemento minimale, \( \displaystyle C:= C_{i_1} \cap \ldots \cap C_{i_n} \) . Segue che \( \displaystyle \bigcap_{i \in I} C_i = C \ne \emptyset \) , da cui la tesi.
Viceversa, supponiamo che ogni aperto di \( \displaystyle Y \) sia quasi compatto. Sia \( \displaystyle \{U_i\}_{i \in I} \) una catena ascendente di aperti di \( \displaystyle Y \) . Allora \( \displaystyle U := \bigcup_{i \in I} U_i \) è un aperto di \( \displaystyle Y \) e pertanto è quasi compatto. Ma \( \displaystyle \{U_i\}_{i \in I} \) è un ricoprimento aperto di \( \displaystyle U \) , quindi esisteranno indici \( \displaystyle i_1,\ldots,i_n \) tali che \( \displaystyle U = U_{i_1} \cup \ldots \cup U_{i_n} \) ; siccome siamo partiti con una catena, non è restrittivo supporre che \( \displaystyle U_{i_k} \subset U_{i_n} \) per ogni \( \displaystyle k \) e quindi \( \displaystyle U = U_{i_n} \) , il che naturalmente implica che la catena sia stazionaria. []

Corollario. Se \( \displaystyle A \) è noetheriano allora \( \displaystyle X \) è noetheriano.
Dimostrazione. Ovvia conseguenza dei Lemmi 1 e 2.

Per concludere, metto un'osservazione (ossia lascio un esercizio agli interessati). Come giustamente Martino ci ricorda uno spazio è compatto se è quasi-compatto e di Hausdorff.

Esercizio. \( \displaystyle X = \text{Spec}(A) \) è di Hausdorff se e solo se la dimensione di Krull di \( \displaystyle A \) è 0, se e solo se \( \displaystyle X \) è totalmente disconnesso.
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Re: Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda maurer » 05/04/2012, 01:41

Martino ha scritto:Richiamo 2. Sia \( \displaystyle X \) uno schema. Allora \( \displaystyle X \) è uno spazio T0, cioè ammette al più un punto denso. Se \( \displaystyle X \) è irriducibile (cioè irriducibile come spazio topologico), allora \( \displaystyle X \) ammette un unico punto denso, detto il punto generico di \( \displaystyle X \) .


La prima parte è sostanzialmente ovvia (siano \( \displaystyle p, q \in X \) ; se esiste un aperto affine di \( \displaystyle p \) non contenente \( \displaystyle q \) o viceversa abbiamo finito; altrimenti siamo nello spettro di un anello, e questo è risaputo essere T0). Tuttavia mi diverto a risolverla dimostrando qualcosa di un po' più forte.

Definizione. Sia \( \displaystyle \{X_i\}_{i \in I} \) una famiglia di spazi topologici (risp. spazi anellati); siano \( \displaystyle U_{ij} \subset X_i \) dei sottospazi (topologici o anellati) aperti, con \( \displaystyle U_{ii} = X_i \) . Siano assegnati degli isomorfismi \( \displaystyle \varphi_{ij} \colon U_{ij} \to U_{ji} \) soddisfacenti alle seguenti condizioni:
    1. \( \displaystyle \varphi_{ii} = \text{id}_{X_i} \) ;
    2. \( \displaystyle \varphi_{ij}(U_{ij} \cap U_{ik}) = U_{ji} \cap U_{jk} \) per ogni terna \( \displaystyle (i,j,k) \in I^3 \) ;
    3. in \( \displaystyle U_{ij} \cap U_{ik} \) valga la condizione di cociclo \( \displaystyle \varphi_{jk} \circ \varphi_{ij} = \varphi_{ik} \) .
Definiamo l'incollamento di questi spazi lungo gli aperti \( \displaystyle U_{ij} \) attraverso gli isomorfismi \( \displaystyle \varphi_{ij} \) come il colimite dell'ovvio diagramma individuato da questi spazi, dai morfismi \( \displaystyle \varphi_{ij} \) e dalle inclusioni \( \displaystyle U_{ij} \subset X_i \) .

Lemma. Sia \( \displaystyle X \) l'incollamento di una famiglia di spazi topologici \( \displaystyle \{X_i\}_{i \in I} \) degli aperti \( \displaystyle U_{ij} \) attraverso degli isomorfismi \( \displaystyle \varphi_{ij} \) , allora le mappe canoniche \( \displaystyle \psi_i \colon X_i \to X \) sono degli omeomorfismi sull'immagine.
Dimostrazione. Sostanzialmente è dovuto alla costruzione esplicita: lo spazio topologico \( \displaystyle X \) si costruisce come lo spazio quoziente di \( \displaystyle \coprod_{i \in I} X_i \) rispetto alla relazione \( \displaystyle x \in X_i, y \in X_j \Rightarrow x \sim y \iff x = \varphi_{ji}(y) \) . Le verifiche sono praticamente ovvie. []

Proposizione. Sia \( \displaystyle \{X_i\}_{i \in I} \) una famiglia di spazi topologici T0. Se \( \displaystyle X \) è l'incollamento di questi spazi lungo degli aperti \( \displaystyle U_{ij} \) attraverso degli isomorfismi \( \displaystyle \varphi_{ij} \) , allora \( \displaystyle X \) è T0.
Dimostrazione. Siano \( \displaystyle \psi_i \colon X_i \to X \) le mappe canoniche. Si fissino due punti \( \displaystyle p, q \in X \) . Se \( \displaystyle p \in \psi_i(X_i) \) e \( \displaystyle q \not \in \psi_i(X_i) \) abbiamo finito. Altrimenti, la tesi segue dal lemma precedente per l'ipotesi che ogni \( \displaystyle X_i \) è T0. []

Esercizio. Si provi che la precedente proposizione rimane vera se al posto di T0 si sostituisce T1. Cosa succede per T2?
Si dimostri che l'incollamento di spazi primo numerabile è ancora primo numerabile; l'incollamento al più numerabile di spazi secondo numerabile è secondo numerabile.

Per quanto riguarda il secondo punto dell'esercizio, basta dimostrare l'esistenza di un punto denso. Prima di tutto, trattiamo il caso affine: se \( \displaystyle X = \text{Spec}(A) \) , allora \( \displaystyle X \) è irriducibile se e solo se \( \displaystyle \mathfrak N_A = \sqrt{(0)} \) (il nilradicale) è primo. Infatti, sappiamo che le componenti irriducibili di \( \displaystyle \text{Spec}(A) \) sono esattamente \( \displaystyle V(\mathfrak p) \) dove \( \displaystyle \mathfrak p \) è un primo minimale; quindi se \( \displaystyle \mathfrak N_A \) è primo, automaticamente \( \displaystyle X \) ha una sola componente irriducibile, ossia è lui stesso irriducibile. In questo caso \( \displaystyle V(\mathfrak N_A) = X \) , e quindi abbiamo il punto denso. Viceversa, supponiamo che \( \displaystyle \mathfrak N_A \) non sia primo; allora esistono \( \displaystyle f, g \in A \) tali che \( \displaystyle f,g \not \in \mathfrak N_A \) e \( \displaystyle fg \in \mathfrak N_A \) . Se \( \displaystyle \mathfrak p \in \mathcal D(f) \cap \mathcal D(g) \) allora \( \displaystyle fg \not \in \mathfrak p \) , il che però è assurdo perché \( \displaystyle \mathfrak N_A \subset \mathfrak p \) . Quindi \( \displaystyle \mathcal D(f) \cap \mathcal D(g) = \emptyset \) , quindi lo spazio è riducibile (se fosse irriducibile, l'intersezione di due qualunque suoi aperti non vuoti sarebbe non vuota).
Ora il caso generale: supponiamo che \( \displaystyle X \) sia uno schema irriducibile. Siano \( \displaystyle U_1 = \text{Spec}(A) \) e \( \displaystyle U_2 = \text{Spec}(B) \) due aperti affini di \( \displaystyle X \) ; siccome \( \displaystyle X \) è irriducibile, \( \displaystyle U_1,U_2 \) sono entrambi irriducibili ed inoltre \( \displaystyle U_1 \cap U_2 \ne \emptyset \) . Dichiaro che se \( \displaystyle p = \mathfrak N_A \in U_1 \subset X \) , allora \( \displaystyle p \in U_1 \cap U_2 \) e \( \displaystyle p = \mathfrak N_B \) . Infatti, \( \displaystyle U_1 \cap U_2 \) è irriducibile, T0 ed inoltre \( \displaystyle \overline{\{p\}} \cap U_1 = U_1 \) , da cui \( \displaystyle \overline{\{p\}} \cap (U_1 \cap U_2) = U_1 \cap U_2 \) ; d'altra parte se \( \displaystyle q = \mathfrak N_B \) allora \( \displaystyle \overline{\{q\}} \cap (U_1 \cap U_2) = U_1 \cap U_2 \) . Quindi \( \displaystyle p,q \) sono due punti densi di \( \displaystyle U_1 \cap U_2 \) , che è T0: necessariamente \( \displaystyle p = q \) .
A questo punto è chiaro che \( \displaystyle p \) è contenuto nell'intersezione di tutti gli aperti affini contenuti in \( \displaystyle X \) (perché \( \displaystyle X \) è irriducibile e quindi ogni aperto affine interseca \( \displaystyle U_1 \) ). Inoltre, \( \displaystyle \overline{\{p\}} = \bigcup_{i \in I} (\overline{\{p\}} \cap U_i) = \bigcup_{i \in I} U_i = X \) , ossia \( \displaystyle p \) è denso in \( \displaystyle X \) .

Bello, come esercizio! :-D
Ultima modifica di maurer il 05/04/2012, 02:08, modificato 1 volta in totale.
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Re: Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda maurer » 05/04/2012, 01:52

Martino ha scritto:Richiamo 3. Sia \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) uno schema noetheriano. Allora l'anello \( \displaystyle A \) è noetheriano.

Perdonerete, ma a quest'ora della notte sono piuttosto pigro oltre che discretamente poco lucido. Quindi richiamo il teorema di Cohen (1950):

Teorema. Un anello \( \displaystyle A \) è noetheriano se e solo se soddisfa la ACC sugli ideali primi.

Una dimostrazione (fatta da me) è reperibile qui.

Corollario. La noetherianità è una proprietà locale.
Dimostrazione. Se \( \displaystyle A \) è noetheriano e \( \displaystyle \mathfrak p \in \text{Spec}(A) \) , allora ovviamente \( \displaystyle A_\mathfrak{p} \) è noetheriano. Invece, se \( \displaystyle A_\mathfrak{p} \) è noetheriano per ogni \( \displaystyle \mathfrak p \in \text{Spec}(A) \) , allora si fissi una catena ascendente di ideali primi \( \displaystyle \mathfrak p_1 \subset \mathfrak p_2 \subset \ldots \) . Usiamo l'assioma della scelta per trovare un ideale massimale \( \displaystyle \mathfrak m \) contenente questa catena. Allora, ricordando che gli ideali (primari e in particolare quelli) primi sono saturi rispetto a qualunque sistema moltiplicativo, concludiamo che la noetherianità di \( \displaystyle A_\mathfrak{m} \) implica che questa catena debba fermarsi (in \( \displaystyle A \) ). Il teorema di Cohen conclude. []

Abbiamo pertanto:

Proposizione. Sia \( \displaystyle X \) uno schema localmente noetheriano e sia \( \displaystyle U = \text{Spec}(A) \) un aperto affine. Allora \( \displaystyle A \) è noetheriano.
Dimostrazione. Il corollario precedente ci dice che basta controllare che per ogni \( \displaystyle x = \mathfrak p \in \text{Spec}(A) \subset X \) si abbia che \( \displaystyle A_{\mathfrak p} = \mathscr O_{A, \mathfrak p} \cong \mathscr O_{X, x} \) è noetheriano. Tuttavia questo è ovvio perché \( \displaystyle x \in \text{Spec}(A_i) \) per qualche elemento del ricoprimento affine dato per ipotesi con \( \displaystyle A_i \) noetheriano. []
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Re: Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda Martino » 22/05/2012, 14:32

Ottimo, Mauro :D perché ti sei fermato?
Martino ha scritto:Richiamo 4. Uno schema \( \displaystyle X \) è ridotto se e solo se \( \displaystyle \mathscr{O}_X(U) \) è ridotto per ogni aperto \( \displaystyle U \) di \( \displaystyle X \) .
Questo è un esercizio facile, basta usare le proprietà dei fasci.

Il richiamo 5 è uno dei più divertenti (e non è difficile!):
Richiamo 5. Sia \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) uno schema affine. Allora \( \displaystyle X \) è integro se e solo se \( \displaystyle A \) è integro (nel senso di dominio, "integral domain").
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Re: Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda maurer » 22/05/2012, 18:35

Martino ha scritto:Ottimo, Mauro :D perché ti sei fermato?

Per un motivo semplicissimo: devo consegnare entro questo venerdì gli esercizi di schemi (per l'appunto) e ce ne sono alcuni su cui mi sto spaccando notevolmente la testa. Dopo riprenderò, e magari proporrò anche quelli su cui mi sono fatto una cultura in questi due mesi. Magari qualche esercizio "towards the Galois theory for schemes"!
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Re: Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda maurer » 22/05/2012, 20:15

Vabbeh, comunque mi costa poco allo stato attuale.
Martino ha scritto:Richiamo 4. Uno schema \( \displaystyle X \) è ridotto se e solo se \( \displaystyle \mathscr{O}_X(U) \) è ridotto per ogni aperto \( \displaystyle U \) di \( \displaystyle X \) .

Supponiamo che per ogni aperto \( \displaystyle U \subset X \) , \( \displaystyle \mathscr O_X(U) \) sia ridotto e fissiamo \( \displaystyle x \in X \) . Allora, se per assurdo esistesse un nilpotente \( \displaystyle [a] \in \mathscr O_{X,x} \) ( \( \displaystyle a \in \mathscr O_X(U) \) ) avremmo che \( \displaystyle [a]^n = 0 \) e \( \displaystyle [a] \ne 0 \) . Esisterà dunque un intorno \( \displaystyle V \) di \( \displaystyle x \) tale che \( \displaystyle (a |_V)^n = 0 \) in \( \displaystyle \mathscr O_X(V) \) . D'altra parte non può essere \( \displaystyle a |_V = 0 \) perché altrimenti avremmo \( \displaystyle [a] = 0 \) . Quindi \( \displaystyle \mathscr O_X(V) \) non è ridotto, assurdo.

Viceversa, supponiamo che \( \displaystyle X \) sia ridotto e scegliamo un aperto \( \displaystyle U \) di \( \displaystyle X \) . Sia \( \displaystyle a \in \mathscr O_X(U) \) un elemento tale che \( \displaystyle a^n = 0 \) per qualche \( \displaystyle n \in \mathbb N \) . Allora, per ogni \( \displaystyle x \in U \) segue che \( \displaystyle a_x^n = 0 \) (dove \( \displaystyle a_x \) denota il germe di \( \displaystyle a \) in \( \displaystyle x \) ), e quindi \( \displaystyle a_x = 0 \) . Ma allora è possibile trovare un ricoprimento aperto \( \displaystyle \{V_i\}_{i \in I} \) di \( \displaystyle U \) con la proprietà che \( \displaystyle a|_{V_i} = 0 \) . Per le proprietà dei fasci, segue che \( \displaystyle a = 0 \) e quindi \( \displaystyle \mathscr O_X(U) \) è ridotto.

Martino ha scritto:Richiamo 5. Sia \( \displaystyle X=\text{Spec}(A) \) uno schema affine. Allora \( \displaystyle X \) è integro se e solo se \( \displaystyle A \) è integro (nel senso di dominio, "integral domain").


Sorvolo i dettagli più contosi, per le ragioni del post precedente.

Ricordiamo che dato un anello \( \displaystyle A \) le componenti irriducibili di \( \displaystyle \text{Spec}(A) \) sono esattamente i \( \displaystyle V(\mathfrak p) \) dove \( \displaystyle \mathfrak p \) è un primo minimale. Se \( \displaystyle A \) è integro, \( \displaystyle (0) \) è primo e quindi è l'unico ideale primo minimale. Segue che \( \displaystyle \text{Spec}(A) \) è irriducibile. Che sia ridotto, poi, è ovvio, visto che \( \displaystyle \mathscr O_{A, x} \cong A_x \) (localizzazione all'ideale primo \( \displaystyle x = \mathfrak p_x \) ) e la localizzazione di un dominio di integrità è ancora un dominio di integrità (in particolare è ridotto).

Viceversa, supponiamo che \( \displaystyle X \) sia irriducibile e ridotto. Siano \( \displaystyle f,g \in A \) tali che \( \displaystyle fg = 0 \) ed assumiamo \( \displaystyle f \ne 0 \) . Consideriamo \( \displaystyle D(f) = \{x = \mathfrak p_x \in X \mid f \not \in \mathfrak p_x\} \) . Allora, \( \displaystyle \mathscr O_X(D(f)) = A[f^{-1}] \) e quindi abbiamo ovviamente che \( \displaystyle g|_{D(f)} = 0 \) . Ora, visto che \( \displaystyle X \) è irriducibile, \( \displaystyle D(f) \) è denso. Consideriamo il chiuso \( \displaystyle V(g) = \{x = \mathfrak p_x \in X \mid g \in \mathfrak p_x \} \) ; chiaramente \( \displaystyle D(f) \subset S \) , quindi \( \displaystyle V(g) \) è denso e chiuso, ossia \( \displaystyle V(g) = X \) . Ma allora \( \displaystyle g \) è nilpotente (sta in tutti gli ideali primi, quindi sta nel nilradicale); questo significa che per ogni \( \displaystyle x \in X \) , \( \displaystyle g_x^n = 0 \) in \( \displaystyle A_x \) , ossia \( \displaystyle g_x = 0 \) (perché \( \displaystyle X \) è ridotto). Segue dalle proprietà dei fasci che \( \displaystyle g = 0 \) e quindi \( \displaystyle A \) è un dominio di integrità.
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Re: Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda maurer » 31/05/2012, 08:49

Martino ha scritto:Richiamo 6. Sia \( \displaystyle \varphi: A \to B \) un omomorfismo di anelli. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1. \( \displaystyle \varphi \) è piatto,
2. \( \displaystyle \varphi_P: A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P \) è piatto per ogni \( \displaystyle P \in \text{Spec}(B) \) ,
3. il morfismo di schemi associato \( \displaystyle \text{Spec}(B) \to \text{Spec}(A) \) è piatto.


L'equivalenza \( \displaystyle 2. \iff 3. \) dovrebbe essere chiara, visto che la mappa indotta sulle spighe da \( \displaystyle \text{Spec}(B) \to \text{Spec}(A) \) è proprio la localizzazione di \( \displaystyle \varphi \) .

Supponiamo che \( \displaystyle \varphi \) sia piatto. Ora, \( \displaystyle \text{Tor}^1_A(B,M) = 0 \) per ogni \( \displaystyle A \) -modulo \( \displaystyle M \) . D'altronde, \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \) è una \( \displaystyle A \) -algebra piatta, quindi per il flat base change otteniamo che per ogni \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \) -modulo \( \displaystyle N \) si ha:
\( \displaystyle \text{Tor}^{A_{\varphi^{-1}(P)}}_1(A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B, N) = \text{Tor}^A_1(B,N) = 0 \)
sicché \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B \) è piatto come \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \) -modulo. Adesso però, posto \( \displaystyle S = A \setminus \varphi^{-1}(P) \) e \( \displaystyle T = \varphi(S) \) , si ha \( \displaystyle T \subset B \setminus P \) ed inoltre \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B \simeq T^{-1} B \) , sicché \( \displaystyle B_P \) può essere visto come una localizzazione di \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B \) , il che prova che la mappa canonica \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P \) è piatta.

Viceversa, supponiamo che \( \displaystyle \varphi_P \colon A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P \) sia piatta per ogni \( \displaystyle P \in \text{Spec}(B) \) . Basterà mostrare che se \( \displaystyle M \to N \) è una mappa iniettiva di \( \displaystyle A \) -moduli allora \( \displaystyle M \otimes_A B \to N \otimes_A B \) è una mappa iniettiva. Siccome non è certo restrittivo mostrare che la precedente mappa è iniettiva se pensata come mappa di \( \displaystyle B \) -moduli, ricordiamo che l'iniettività è una proprietà locale e quindi la mappa considerata è iniettiva se e solo se la mappa indotta \( \displaystyle (M \otimes_A B) \otimes_B B_P \to (N \otimes_A B) \otimes_B B_p \) è iniettiva per ogni primo \( \displaystyle P \in \text{Spec}(B) \) . Ora abbiamo
\( \displaystyle (M \otimes_A B) \otimes_B B_P \simeq M \otimes_A B_P \simeq (M \otimes_A A_{\varphi^{-1}(P)}) \otimes_{A_{\varphi^{-1}(P)}} B_P \)
e l'equivalente per \( \displaystyle N \) . Per ipotesi, basterà allora mostrare che la mappa indotta \( \displaystyle M \otimes_A A_{\varphi^{-1}(P)} \to N \otimes_A A_{\varphi^{-1}(P)} \) è iniettiva, ma questo è certamente vero siccome \( \displaystyle A_{\varphi^{-1}(P)} \) è piatto su \( \displaystyle A \) (come tutte le brave localizzazioni).
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Re: Un tuffo negli schemi integri

Messaggioda maurer » 08/06/2012, 15:01

Intanto che penso all'ultimo problema, ho un simpatico esercizio da proporre.

Esercizio. Sia \( \displaystyle (X,\mathscr O_X) \) uno schema. Mostrare che esiste un (unico) schema ridotto \( \displaystyle X_{\text{red}} \) con una mappa \( \displaystyle f \colon X_{\text{red}} \to X \) soddisfacente alla seguente proprietà universale: per ogni altro schema ridotto \( \displaystyle (Y,\mathscr O_Y) \) ed ogni morfismo \( \displaystyle g \colon Y \to X \) esiste un unico morfismo \( \displaystyle h \colon Y \to X_{\text{red}} \) tale che \( \displaystyle f \circ h = g \) .
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