matemix ha scritto:nella maggior parte degli istituti.. di ogni ordine e grado la matematica è vista come la bestia nera che è inutile studiare "tanto non la capirò mai" negli istituti di istruzione superiore si pongono i maggiori problemi specie quando arrivati al quinto anno col principio "faccio ciò che mi serve per l'interrogazione o il compito poi mi scordo tutto" si arriva a casi in cui ci sono seri problemi nella soluzione di esercizi anche puramente meccanici... ora se non si capisce quello che stai facendo , non lo studi, e non fai esercizi... nonostante in classe si facciano mille esercitazioni (di cui peraltro non ci si interessa affatto) se durante le interrogazioni degli altri io mi faccio i fatti miei... tanto io per oggi sono "salvo"... se me ne infischio di procurarmi il materiale che l'insegnate distribuisce.. tanto il compito me lo passerà qualcuono (chi non lo so visto che tutti la pensano così) che cosa può fare l'insegnante?
quando l'80% se non di più della classe fa così... come faccio a spiegare qualcosa di nuovo... come faccio a portare avanti un discorso ... a carcare di motivarli quando io stessa alla 30esima volta che chiedo "come si calcola il campo di esistenza di una funzione fratta" mi sento farfugliare frasi sconnesse.. senza nemmeno un barlume di lingua italiana... si dice che se tutta la classe va male la colpa è dell'insegnante... ma se non vogliono studiare cosa posso fare io dopo avere perfino proposto di lavorare in classe pur di recuperarli?senza ottenere riscontri dai più?
Qualche anno fa il Dirigente Scolastico della scuola dove insegnavo organizzò un incontro/seminario con un Dirigente Tecnico del Ministero della Pubblica Istruzione inerente il rapporto fra gli scarsi risultati ottenuti dagli studenti italiani (non solo in matematica) e le metodologie didattiche adottate dai loro insegnanti. La tesi del relatore era più o meno la seguente: "se i risultati dei nostri studenti sono scarsi la colpa è dei docenti che utilizzano metodologie didattiche inefficaci". Per spiegare la sua tesi fece proprio l'esempio della matematica asserendo che non esiste la matematica, ma esistono solo le applicazioni della matematica e che sono queste a giustificare l'interesse per la disciplina. Questo diverso approccio favorirebbe l'interesse dei ragazzi per la matematica.
Io, che prima di essere un insegnante di matematica, sono un laureato in matematica, rimasi allibito davanti a questa sparata. Mi astenni però da ogni commento, perchè non mi pareva proprio il caso di polemizzare con chi porta avanti tesi precostituite con secondi fini che non sono quelli di risolvere i problemi. Voglio dire che era palese dal modo in cui veniva impostato il discorso che l'intento era quello di colpevolizzare i docenti per coprire un disastro causato in primo luogo dalla pigrizia degli studenti. E francamente spiegare a una persona avente una formazione culturale di tipo umanistico che la matematica esiste in quanto tale, ed ha un suo valore formativo a prescindere dalle sue innumerevoli applicazione, mi pareva proprio fuori luogo, visto il modo in cui la discussione era stata impostata.
Sia chiaro, esistono strategie didattiche migliori di altre, sebbene si tratti di valutazioni relative, legate al contesto classe nel quale si opera e non assolute.
Tuttavia gli studenti dovrebbero tenere a mente l'adeddoto su Euclide, il quale, rispondendo al re Tolomeo I che gli chiedeva una scorciatoia per imparare la geometria, disse: "Maestà, non esistono scorciatoie regali".
Una docente ha scritto nella presentazione del suo corso universitario: "Insegnare qualcosa a qualcuno è come convincere un accanito fumatore a smettere di fumare. Non bastano tutte le parole del vocabolario o gli esempi più disparati, occorre che lo studente (o il fumatore) si munisca di una forte volontà, si convinca che ne valga la pena e ritenga di possedere le capacità per ottenere lo scopo. L'insegnante non può far altro che mettere a disposizione dello studente le proprie capacità, le proprie conoscenze, la propria esperienza e dagli fiducia".
Credo che ci sia molto di vero in questa frase.
Per rispondere alla tua domanda ("come ci si comporta con chi non vuole imparare"), la risposta da parte mia è semplice: "si dà il voto che merita".
Il vero problema è che nella scuola italiana è possibile andare avanti lo stesso, o perchè ci sono docenti buonisti che regalano comunque il 6 oppure perchè i colleghi del consiglio di classe approvano, a maggioranza, un voto differente da quello proposto (nel nostro ordinamento scolastico il docente propone il voto e il Consiglio di Classe approva la proposta ovvero approva una valutazione differente).
Molte volte però il problema va formulato in maniera diversa. Non si tratta di avere a che fare con studenti che "non vogliono imparare", ma di studenti che "non possono imparare" perchè hanno rinunciato a farlo negli anni precedenti.
Lo studio della matematica non inizia alle superiori. In una IV liceo arrivano ragazzi con alle spalle 11 anni di studio della matematica. Insegnare a risolvere le equazioni goniometriche lineari (giusto per citare un argomento nemmeno tanto difficile) a studenti che ignorano i contenuti di algebra del biennio è praticamente impossibile.
Ci sono materie in cui si può ottenere la sufficienza anche con uno studio discontinuo e frammentario (es. storia, letteratura italiana, biologia), ci sono altre materie che, pur complesse, vengono studiate solo per un numero ridotto di anni, ragion per cui il problema delle lacune pregresse è meno evidente (es. chimica).
Ci sono materie come la matematica e il latino invece in cui si arriva a un punto in cui, o si recupera il programma degli anni precedenti, oppure non si va avanti. Con una differenza sostanziale: i docenti di latino nel triennio adottano spesso la strategia di far studiare la letteratura in lingua italiana. In questo modo un voto discreto ottenuto in letteratura permette di recuperare i risultati disastrosi conseguiti nello scritto (ci sono studenti del triennio dello scientifico che non sanno tradurre una versione sulla prima declinazione). Con la matematica non è possibile ricorrere a simili escamotage.