gugo82 ha scritto:quali competenze hanno rimpiazzato il "far di conto" e lo "scrivere ordinatamente"?
Si potrebbe rispondere con due parole, ma risulterebbe volgare.
gugo82 ha scritto:Insomma, cosa viene insegnato agli studenti al posto di svolgere decentemente e con ordine un compito di Matematica?
A dissimulare il possesso di conoscenze che non hanno.
gugo82 ha scritto:Gli studenti "ragionano" su problemi?
No. Vengono insegnati i metodi di risoluzione meccanica di problemi sempre uguali in maniera del tutto indipendente da qualsiasi "conoscenza". Così come nelle materie umanistiche non viene inculcata una capacità critica ma vengono fatte imparare opinioni altrui a memoria. Se anche qualche mosca bianca di professore prova ad impostare il suo insegnamento in maniera diversa, uno studio passivo è comunque sufficiente per garantire dei risultati, anche buoni. Per questo, gli strumenti, sebbene acquisiti, vengono facilmente dimenticati una volta "passato il compito" e la media dei voti è, su un campione abbastanza ampio, completamente scorrelata sia dalla cultura in un senso ampio che da una qualche forma di abilità matematica, per andare nello specifico. Dirò un'ovvietà, ma ci tengo ad essere chiaro. È normale che si possa avere una cultura anche senza avere un'istruzione. Ma dall'altro lato l'istruzione dovrebbe garantire una certa cultura. Per come la vedo io in Italia cultura e istruzione sono due cose completamente indipendenti.
gugo82 ha scritto:Vengono acquisite competenze di tipo informatico? (Perciò il problema del calcolo puro e semplice passa in secondo piano?)
No, a meno che non mi sia sfuggito qualcosa ed il risolvere equazioni di secondo grado implementando le formule risolutive in Pascal possa mettere in secondo piano il calcolo.
So che è difficile da accettare, ma semplicemente il sistema di istruzione in Italia è allo sfascio. Ovviamente la situazione non è irrecuperabile, ma quelle che dal mio punto di vista sono le condizioni necessarie per invertire il fenomeno (condizioni sia di tipo culturale che di tipo sociale) sono, a meno di una ristrutturazione radicale del sistema, inapplicabili. Per fortuna sembra che l'università sia ancora salva, tutto sommato, ma direi che anche lì il trend è in declino.
Il che lascia chi prende coscienza del problema con l'amletico dubbio: tentare di cambiare le cose sentendosi dire continuamente che vanno bene così come sono ed essendo per giunta ostacolati o fuggire a gambe levate?
Prima che qualche osservatore dell'ovvio venga ad accusarmi di disfattismo, pongo la domanda: è meglio prendere coscienza dei problemi o continuare a mettersi il prosciutto sugli occhi? La situazione non può essere arrivata a questo stadio nel giro di pochi anni.
\( \displaystyle \mathbb{C}^{*} \! \cong \mathbb{R}^{+} \! \times \mathbb{R} / \mathbb{Z} \)
\( \displaystyle {\rm Hom}(A \otimes B, C) \cong {\rm Hom}(A, {\rm Hom}(B,C)) \)
«(...) per consegnare alla morte una goccia di splendore,
di umanità,
di verità...»