otta96 ha scritto:Secondo voi se ci sono degli errori molto comuni e molto diffusi è meglio dire quali sono con l'avvertenza di non farli o non dirli per non farli venire in mente?
Io penso che la professoressa si riferisse a errori piuttosto marchiani, a livello di liceo.
Secondo me, se si tratta di errori ricorrenti e diffusi, è bene dirlo, ma dirlo con forza, in modo che si ricordi e lo sentano anche i più duri di orecchie, caso mai urlando, in modo che l'urlo e l'eventuale lesione del timpano lo facciano ricordare
.
Ricordo un professore di analisi della Sapienza che raccontava che lui per un anno, durante il corso, ogni volta, prima di cominciare la lezione, scriveva alla lavagna $ sqrt(x^2)=|x|$. L'errore ricorrente era ovviamente $ sqrt(x^2)=x $.
Io in genere ho fatto così, per economia, ma è lo stesso, e mi sembrava che funzionasse. Certo per poche cose, non è che si può urlare spesso
.
Per errori più sofisticati e 'avanzati' penso sia diverso, lì effettivamente l'errore può avere un senso didattico.
Detto questo, la professoressa non ha affatto torto a porsi il problema, si può istintivamente ricordare la cosa errata che prima non veniva in mente.
Un esempio tipico, che capitava a me, sono i
false friends in inglese. Li ho sempre trovati pessimi, perché ti inducono a fare associazioni erronee che prima manco ti venivano in mente.
Ad esempio, a me non mi era mai venuto in mente che 'to demand' in inglese potesse significare 'domandare', ma una volta letto il
false friend mi ritrovavo a fare una associazione che prima nel cervello non avevo.
Perciò dicevo che bisogna dirlo con forza, in modo che si ricordi e non ci si confonda.
Easy reading is damned hard writing. (Nathaniel Hawthorne, The Scarlet Letter)