Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda marco2132k » 24/10/2021, 16:32

Non mi piace il modo in cui è introdotta la derivata nei corsi di analisi in una variabile (sia alle superiori che all'università), per vari motivi.

Sia \( f\colon \mathbb R\to \mathbb R \) una funzione, e sia \( a\in \mathbb R \). Lasciato un attimo da parte il solito asservimento schiavistico alla storiella dell'interpretazione numerica1, di solito l'intenzione è di trovare una funzione, \( g \), che soddisfi alle seguenti proprietà:
  1. dev'essere
    \[
    g(a) = f(a)\text{;}
    \]
  2. per ogni \( h \) l'incremento di \( g \) a partire da \( a \) dev'essere lineare delle forma \( \alpha h \) per una qualche costante \( \alpha\in \mathbb R \), e cioè deve valere
    \[
    g(a + h) - g(a) = \alpha h
    \] per ogni \( h\in \mathbb R \);
  3. \( g \) ed \( f \) devono essere sufficientemente uguali in \( a \), nel senso che la differenza \( f - g \) dev'essere un \( o \)-piccolo di \( (x - a) \) in \( a \):
    \[
    \lim_{x\to a}{\frac{f(x) - g(x)}{(x - a)}} = 0\text{;}
    \]

Una tale funzione \( g \) deve necessariamente essere della forma
\[
g(x) = g(a + (x - a)) = f(a) + \alpha (x - a)
\] per ogni \( x\in \mathbb R \), quindi è ovvio che \( f \) è derivabile nel senso classico se e solo se esiste una funzione \( g \) che soddisfa alle tre richieste precedenti.

Nel caso di funzioni \( f\colon E\to F \) tra spazi di Banach generali, poi, l'approccio che si segue è esattamente questo: la "derivata" di \( f \) è una funzione lineare sufficientemente decente da potersi interpretare come l'incremento di \( f \) vicino al punto preso in considerazione.

Se a me le derivate fossero state spiegate così, le avrei comprese subito. Il bello di questo approccio (espando su questo punto dopo, quando riesco a prednere in mano una tastiera decente) è che non mischia considerazioni geometriche ("la derivata è il coefficiente angolare della retta tangente al grafico di \( f \) nel punto \( (a,f(a)) \)") con considerazioni analitiche, nel senso che mette bene in chiaro qual è lo scopo di calcolare le derivate: approssimare funzioni.

Arrivato qui, voglio chiedere due cose:

1) Esiste qualche libro (no note scritte ieri per oggi da chi ha scoperto all'ultimo minuto che deve tenere analisi 1, ma testi sufficientemente meditati come sono alcuni libri di calculus americani) dove si usi questo approccio? Va bene (qualsiasi cosa significhi "va bene") spiegare le derivate così a chi non le ha mai viste, o voi lo migliorereste/usereste l'approccio classico?

2) In che altro modo si può mettere [più] in chiaro il ruolo della linearità nella definizione precedente? Ho chiesto che l'incremento sia lineare, ma così non è ben chiaro perché lo voglio.

Note

  1. Cit.
marco2132k
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda megas_archon » 24/10/2021, 16:46

Questa è una visione ancora un po' troppo parziale del concetto di derivata; prova a leggere qui https://ncatlab.org/nlab/show/differentiation

Dico parziale soprattutto perché questo punto:
mette bene in chiaro qual è lo scopo di calcolare le derivate: approssimare funzioni.
è opinabile. Ci sono altri punti di vista, che in alcuni contesti sono più efficaci di altri.

Sai cos'è l'oggetto dei differenziali di Kähler?
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda gabriella127 » 24/10/2021, 19:29

Ciao marco, poni domande interessanti su cui si potrebbero dire tante cose.

Io distinguerei un piano didattico da un piano matematico/sostanziale.

Su un piano sostanziale:

marco2132k ha scritto: Esiste qualche libro (no note scritte ieri per oggi da chi ha scoperto all'ultimo minuto che deve tenere analisi 1, ma testi sufficientemente meditati come sono alcuni libri di calculus americani) dove si usi questo approccio?


-La tua definizione di derivata in una variabile c'è già in effetti nei libri di Analisi 2, se la vedi in più variabili.
La tua definizione in una variabile in effetti mi sembra analoga alla definizione che si dà di differenziale, come 1-forma, per funzioni di più variabili, applicata a una funzione in una sola variabile.
Poiché in funzioni di una variabile derivabilità e differenziabilità coincidono, è anche una definizione di derivata.

-Non so bene perché pensi che lo scopo di definizione della derivata sia approssimare le funzioni. Non ne sarei sicura.
Quello secondo me è uno scopo successivo, sia logicamente, sia andando a guardare da un punto di vista storico.
L'esigenza di approssimare le funzioni con polinomi, cioè la formula di Taylor, viene dopo anche temporalmente, Taylor e Mac Laurin sono di una generazione successiva, quando Newton e Libnitz hanno già elaborato le derivate.1
L'idea della introduzione delle derivate mi sembra sia diversa, intuitivamente è di quantificare un incremento di una funzione, in seguito a un incremento della variabile indipendente, quando quest'ultimo sia infinitesimo.2
In Newton ad esempio è legato a una idea di movimento e di velocità, con le 'flussioni', in Leibnitz era legato più a problemi geometrici, come il problema di trovare la tangente, ma sempre legato a questioni infinitesimali, a incrementi infinitesimali.

marco2132k ha scritto:In che altro modo si può mettere [più] in chiaro il ruolo della linearità nella definizione precedente? Ho chiesto che l'incremento sia lineare, ma così non è ben chiaro perché lo voglio.


-Ma perché uno per approssimare una funzione deve decidere con cosa la vuole approssimare, qui scegli di approssimarla con una funzione lineare, se la volessi approssimare con un polinomio di secondo grado o cinquattontesimo grado faresti una scelta diversa.

Dal punto di vista didattico:

-Il tuo modo di introdurre la derivata ti sembra più chiaro perché hai in mente la derivata come approssimazione di funzione in un punto, e se per te è meglio va bene così,.
Ma secondo me una persona che non ha mai visto le derivate dà la testa nel muro, perché deve imbarcarsi in contemporanea in concetti non immediati, tipo l'$o$ piccolo e l'idea di approssimazione di una funzione.

Nella mia esperienza personale, anche didattica, a persone che non sono matematici, l'idea di derivata è intuitivamente molto facile da spiegare.
La difficoltà l'ho sempre vista nel concetto di limite e nella sua definizione $epsilon-delta$, quella è la cosa ostica.

- In seguito alla reintroduzione degli infinitesimi con l'analisi non standard, molti hanno sostenuto che certi concetti dell'analisi è più facile insegnarli e farli comprendere usando gli infinitesimi.
Per cui gli infinitesimi sono tornati nell'insegnamento, a opera di alcuni autori che hanno svincolato l'analisi non standard dall'apparato logico che la rende ostica, e introdotta in testi di Calculus.
Un riferimento standard è: Keisler, Elementary Calculus.
Non ne so granché, ma è probabile che così si introducano concetti dell'analisi in maniera più intuitiva, perché si torna all'idea intuitiva 'quanto aumenta una funzione se la variabile indipendente aumenta di una quantità piccola piccola piccola, ma mooolto piccola'.

Certo con la $epsilon-delta$ analisi di Weierstrass & c. si è raggiunto un rigore maggiore, e ci si è sbarazzati del tutto degli imbarazzanti infinitesimi, ma non ne ha guadagnato la perspicuità dal lato intuitivo per i neofiti.3


Bene, fine del papiello e cari saluti a tutti :D .

Note

  1. Caso mai, boh, ci sono dei precursori, ma i precursori di qualcosa ci sono sempre.
  2. Qualunque cosa voglia dire 'infinitesimo, non è che ci possiamo qui addentrare in una questione epocale.
  3. La derivata, in certi contesti, e per le esigenze di non matematici, si può spiegare anche senza la definizione di limite. Ho un articolo di parecchi anni fa sul Bollettino dell'unione matematica italiana, che 'autorizzava' proprio a spiegare la derivata senza limiti (a non matematici) e illustrava come farlo.
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda marco2132k » 24/10/2021, 19:31

megas_archon ha scritto:Sai cos'è l'oggetto dei differenziali di Kähler?
No no, arrivo ad analisi 2.
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda gugo82 » 25/10/2021, 10:51

Derivata alla Caratheodory, ad esempio.
È un approccio di cui parlammo tanto tempo fa qui.


P.S.: Che intendi con "interpretazione numerica"?

P.P.S.: "Ad occhio" stai confondendo derivata e differenziale.
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda marco2132k » 25/10/2021, 13:58

\( \newcommand{\abs}[1]{\lvert{#1}\rvert} \)\( \newcommand{\norm}[1]{\lVert{#1}\rVert} \)Questo è il modo migliore possibile nel quale sono riuscito a formulare il mio problema. Il punto è che non sono in grado di fare la giusta domanda, e aprire questo e forse qualche altro thread (forse in Analisi perché è più appropriato) è il modo con il quale spero di arrivarci.

Mi aiuto con un esempio che mette in luce benissimo una delle questioni che ho intenzione di approfondire.

Sia \( f\colon \mathbb R^2\to \mathbb R \) una funzione, e sia \( a\in \mathbb R^2 \) un punto. Sia \( g \) una funzione \( g\colon \mathbb R^2\to \mathbb R \) tale che \( g(a) = f(a) \); 2) tale che la funzione \( T\colon \mathbb R^2\to \mathbb R \) definita ponendo \( T(\xi) = g(a - \xi) - g(a) \) per ogni \( \xi\in \mathbb R \) sia lineare; e 3) tale che la funzione \( \abs{f - g} \) sia un \( o \)-piccolo della funzione \( \norm{x - a} \) in \( a \).

Se disegniamo il grafico di \( f \) e di \( g \), viene fuori che \( g \) "è" (attenzione a questa affermazione) il piano tangente a \( g \) nel punto \( a \).

Ora. La richiesta dell'esistenza di una trasformazione lineare \( T\colon \mathbb R^2\to \mathbb R \) tale che
\[
\lim_{x\to a}{\frac{\abs{f(x) - f(a) - T(x - a)}}{\norm{x - a}}} = 0
\] (è equivalente alla richiesta che esista una \( g \) come l'ho definita io prima ed) è equivalente all'esistenza di un piano -il quale vive in \( \operatorname{dom}(f)\times \operatorname{cod}(f) = \mathbb R^2\oplus \mathbb R \)- tangente al grafico di \( f \); questo piano è identificato dalla funzione lineare \( T \), e ne è di fatto il grafico
\[
\operatorname{graph}(T) = \{x + T(x) : x\in \mathbb R^2\}\leqq \mathbb R^2\oplus \mathbb R\text{.}
\](i vettori \( T(x) \) che compaiono nella formula sopra sono "frecce verticali" che "alzano" le frecce 2d "del pavimento" date dagli \( x\in \mathbb R \)).

Ebbene, vorrei comprendere meglio la relazione che c'è tra gli oggetti geometrici -i piani o le rette-, e le funzioni lineari che (danno luogo a funzioni affini che) approssimano la funzione \( f \) vicino al punto considerato.

Il perché e il come delle seconde mi è più o meno chiaro, ed è per questo che preferisco quando la derivata è introdotta "alla Taylor"; per quanto riguarda i primi mi sa invece che non ho capito nulla :o

Più in generale, vorrei comprendere meglio la relazione tra "cose fatte in un certo modo che vivono in \( \mathbb R^3 \)" e "funzioni \( \mathbb R^2\to \mathbb R \) che soddisfanno a certe proprietà strutturali". Da quello che ho capito, forse è meglio se pospongo la domanda fino a che non mi mostrano un po' di geometria differenziale, perché il contesto più naturale dove approfondire questa questione è la materia che parla di (sotto)varietà di varietà di differenziabili e di funzioni implicite. Ah, neanche a dirlo: se non riesco a vedere la cosa prima ad un livello di generalità appropriato (che, ad esempio, nel contesto di un corso di analisi 2 significa che perlomeno specifica a quale spazio appartiene cosa, e quindi necessariamente parla di spazi normati generali e non di "\( \mathbb R^n \)"), è probabile che la mia testa si rifiuti di capirla.

Per funzioni di una sola variabile reale la situazione mi sembra ancora più incasinata di così (chi ha intenzione di dirmi che la derivata -intendo qui proprio il numero reale \( f^\prime(a) \)- è la "variazione istantanea" della grandezza \( f \), dica tra se e se molto lentamente "variazione istantanea" davanti allo specchio).

P.P.S.: "Ad occhio" stai confondendo derivata e differenziale.
Sì hai ragione ma è fatto deliberatamente, non è questo che mi interessa ora.

P.S.: Che intendi con "interpretazione numerica"?
Lascia perdere, era una citazione da un libro di analisi che avevo citato in un altro post.

Devo aggiungere una cosa in merito: secondo me (e stando comunque alla mia stra-limitata esperienza), il limite del rapporto incrementale standard è solo un "pezzo" dell'oggetto che si ha intenzione di definire quando si cerca di formalizzare l'idea di derivata - un pezzo col quale è semplice fare i conti. Credo che sia diventato la definizione di derivata comunemente accettata per l'abitudine degli analisti ad assumere come definizioni, appunto, gli accrocchi con i quali è semplice fare i conti.

Testo nascosto, fai click qui per vederlo
Ad esempio: a me a lezione è stato detto che una successione di funzioni \( (f_n)_{n\in \mathbb N} \) converge uniformemente a una funzione \( f \) se \( \lim_{n\to 0}\norm{f_n - f} = 0 \), dove \( \norm{-} \) è la norma del \( \sup{} \). Questo è vero, ma una definizione più elegante è che \( (f_n)_n \) c.u. a \( f \) se... se converge secondo la definizione di successione convergente in uno spazio metrico! Ora, è chiaro che la differenza tra le due definizioni semplicemente non c'è ed è solo stilistica, ma questa tendenza a definire le cose in modo che sia semplice farci i conti secondo me oscura quella che è l'essenza degli oggetti che si intendono definire.

Torno a studiare (algebra! :snakeman: )
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda gugo82 » 25/10/2021, 14:57

Il punto, almeno per quel che riguarda lo spoiler ed almeno per come la vedo io, è che usualmente l'esposizione dell'Analisi procede per generalizzazioni presentandole quando queste servono.

Testo nascosto, fai click qui per vederlo
Visto che le strutture con cui ha a che fare l'Analisi sono leggermente più complesse e ricche di quanto non succeda altrove, all'inizio la necessità di generalizzare non si sente; anzi, serve tempo per comprendere bene quali siano le interazioni tra i vari tipi di struttura presenti su uno spazio con le operazioni tipiche dell'Analisi (i.e., il limite) prima di dedicarsi a "spolpare" il prosciutto ed arrivare all'osso... Insomma, se mi passate la metafora, gli Analisti si godono la ciccia lentamente, senza voler necessariamente arrivare a "vedere il culo del cofanaturo"1 in maniera bulimica.


Per il resto devo leggere bene (cosa che non ho fatto in tempo a fare) per capire cosa vuoi davvero.

Note

  1. Vernacolare per "arrivare al fondo del recipiente".
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda gabriella127 » 25/10/2021, 15:03

marco2132k ha scritto:
Per funzioni di una sola variabile reale la situazione mi sembra ancora più incasinata di così (chi ha intenzione di dirmi che la derivata -intendo qui proprio il numero reale \( f^\prime(a) \)- è la "variazione istantanea" della grandezza \( f \), dica tra se e se molto lentamente "variazione istantanea" davanti allo specchio).


Guarda Marco, qui nessuno ha mai detto che la derivata è la 'variazione istantanea' della grandezza, basta avere fatto il liceo scientifico, ma nemmeno Analisi I, e non essere completamente cretini, per sapere cosa è una derivata secondo la definizione rigorosa attuale in un primo corso di Analisi.
Leggi quello che uno scrive con un minimo di attenzione, anche perché io ho risposto specificamente a una tua domanda, non è che ho fatto un trattato astratto.
Stai sorvolando, tra l'altro, su qualche secolo di dibattito sugli infinitesimi.

Tu nel primo post hai posto una domanda molto chiara e specifica (ora nel tuo post ultimo ne stai ponendo altre, che non c'entrano con la prima), a cui ho risposto.
Hai detto che introdurre la derivata come hai fatto tu nel post era più chiaro concettualemente e intuitivamente, perché hai detto che secondo te l'idea della derivata era quella di approssimare una funzione. E hai chiesto se il tuo modo di introdurre la derivata fosse un modo più comprensibile e migliore per chi vede le derivate la prima volta.

Io ti ho risposto che secondo me no, che penso che l'idea intuitiva di derivata, per i neofiti, è più quella di un incremento della variabile indipendente per un incremento 'infinitesimo' (lasciando a 'infinitesimo' un significato intuitivo) della variabile indipendente.
Mentre introdurre in una definizione per principianti l'$o$ piccolo o l'idea di approssimazione di funzioni è confondente.
E questo è anche più in linea con le origini storiche della derivata, legata ad esempio in Newton a idee di movimento e velocità (c'è bisogno di ricordare la fisica, forse, nello sviluppo dell'analisi moderna?)

E non schiferei tanto il concetto di 'variazione istantanea', cioè di infinitesimi, perché il dibattito sugli infinitesimi ha percorso tutta la storia dell'analisi, creando non pochi problemi, e c'era gente come Berkeley che li schifava (come te :D ), ma gente che li sosteneva e li usava.
E non è nemmeno un caso che, nonostante le rogne che causavano, siano stati comunque utilizzati per tanto tempo: quando Cauchy scrisse il suo Course d'Analyse per l'Ecole Polytechnique, 1821, da parte dell'Ecole ci fu la richiesta esplicita di non espungere gli infinitesimi, perché preferibili dal punto di vista dell'insegnamento. Quindi, niente di nuovo sotto il sole.
Non devo inoltre ricordare di nuovo che gli infinitesimi sono stati ripresi con l'analisi non standard, e che comunque c'è tuttora una notevole letteratura che si occupa di infinitesimi, o ritiene ad esempio che non è vero che gli infinitesimi siano spariti dall'analisi una volta che c'è stata la formulazione $epsilon-delta$ di Weierstrass. E che molti analisti dell'800 lavoravano in un insieme numerico che, con terminologia attuale, non è il continuum archimedeo dei reali, ma qualcosa di analogo all'insieme numerico dell'attuale analisi non standard.

Tu sei molto bravo, le tue riflessioni sono giustissime, e le tue esigenze di comprensioni ottime, anche nell'idea di capire le cose nel contesto della geometria differenziale, ma bisogna anche ricordare che le derivate non sono arrivate con un pacchettino sotto l'albero di Natale, con le derivate di Gateaux, di Fréchet, le distribuzioni, la geometria differenziale, e ogni ben di Dio, ma hanno tanto alle spalle di non meno nobile.
Altri tempi, in cui caso mai l'idea di rigore e di astrazione era diversa dalla nostra, ma non da buttare come roba 'superata'.

E anche se ci fosse quel pacchettino, non è quello da mettere in mano come prima cosa a uno studente che vede le derivate per la prima volta, credo.
Tutto qui.
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda gugo82 » 25/10/2021, 15:08

gabriella127 ha scritto:
marco2132k ha scritto:
Per funzioni di una sola variabile reale la situazione mi sembra ancora più incasinata di così (chi ha intenzione di dirmi che la derivata -intendo qui proprio il numero reale \( f^\prime(a) \)- è la "variazione istantanea" della grandezza \( f \), dica tra se e se molto lentamente "variazione istantanea" davanti allo specchio).


Guarda Marco, qui nessuno ha mai detto che la derivata è la 'variazione istantanea' della grandezza, basta avere fatto il liceo scientifico, ma nemmeno Analisi I, e non essere completamente cretini, per sapere cosa è una derivata secondo la definizione rigorosa attuale in un primo corso di Analisi.
Leggi quello che uno scrive con un minimo di attenzione, anche perché io ho risposto specificamente a una tua domanda, non è che ho fatto un trattato astratto.
Stai sorvolando, tra l'altro, su qualche secolo di dibattito sugli infinitesimi.

Pose snob di una certa scuola... Volevo scrivere qualcosa in merito, ma ho lasciato correre: da uno studentello del secondo anno è ancora accettabile; è quando queste pose vengono adottate dai "grandi" che diventano preoccupanti.
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Re: Tanti modi di introdurre le derivate

Messaggioda marco2132k » 25/10/2021, 15:29

Piccola chiarificazione (poi rispondo dopo un po').

@gabriella127 Quello che volevo dire è che pensare a una variazione istantanea è dannatamente paradossale (guarda anche questo); e lo è sia per me che tanto più (immagino) per chi vede le derivate per la prima volta. Col passaggio che hai quotato volevo rispondere a te che hai hai parlato di come storicamente le derivate siano state prima rapporto di infinitesimi o giù di lì, e poi strumenti di approssimazione: secondo me (e come ho già detto), l'interpretazione giusta della derivata dell'analisi 1 non è quella quella di una misura di una variazione istantanea, perché "variazione istantanea" è appunto un ossimoro. Nota anche che la domanda iniziare riguardava in un certo senso quale dovesse essere l'interpretazione giusta della derivata, non di come definirla. E la risposta a questo non può che essere data dal senno di poi. Morale: quello che ho scritto non era una presa per il culo, come invece l'hai interpretato.

Riguardo invece il fatto che con l'ultimo post ho divagato: sì, è vero. Però non saprei come separare le due domande: insomma, il piano didattico è vicino a quello sostanziale (una cosa la definisci in un certo modo perché vuoi formalizzare un'idea che hai in testa; ma qual è questa idea: una variazione istantanea o altro?)

P.S. Sono sicuro di aver appena scritto un aborto incomprensibile ma ho una certa fretta; se ho tempo correggo qualcosa dopo.
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