marco2132k ha scritto:Piccola chiarificazione (poi rispondo dopo un po').
@gabriella127 Quello che volevo dire è che pensare a una
variazione istantanea è dannatamente paradossale (guarda anche
questo); e lo è sia per me che tanto più (immagino) per chi vede le derivate per la prima volta.
P.S. Sono sicuro di aver appena scritto un aborto incomprensibile ma ho una certa fretta
No no, si capisce benissimo.
Hai ragione a dire che l'idea di variazione istantanea
1 (variazione in un tempo infinitesimo) può portare a paradossi, si sa che è la nozione stessa di infinitesimo che è stata oggetto di infinite elucubrazioni, il paradosso di una quantità che è nello steso tempo nulla e non nulla ad esempio.
Ma qua siamo nell'ambito della questione, con secoli di storia alle spalle, del comprendere le nozioni di infinito e di infinitamente piccolo, che tanti paradossi e discussioni hanno portato, sia in filosofia sia in matematica.
In analisi matematica quale noi la studiamo, la soluzione è stata nel concetto di limite, è quello che ha spianato la strada all'uscita dai paradossi, ma che ha, per così dire, addomesticato l'infinito riportandolo al finito, il cosiddetto infinito potenziale. Poi, l'infinito attuale (nel senso di 'in atto', contapposto all'infinito potenziale, non nel senso di 'presente') è tornato con Cantor, ma non senza polemiche.
Ma ripeto, non è che la questione degli infinitesimi sia chiusa e consegnata ai nostri antenati, c'è tutt'ora una letteratura in merito, anche filosofica. E, ripeto, c'è la loro riabilitazione, anche nella didattica, con l'analisi non standard.
Mi viene in mente, tanto per un esempio, un articolo in cui mi sono imbattuta, dal titolo
Infinitesimal as an Issue of Neokantian Philosophy of Science, nel cui abstract si dice:
"[...] Our main thesis is that Marburg neo-Kantian philosophy formulated a sophisticated position towards the problems raised by the concepts of limits and infinitesimals. The Marburg school neither clung to the traditional approach of logically and metaphysically dubious infinitesimals, nor whiggishly subscribed to the new orthodoxy of the “great triumvirate” of Cantor, Dedekind, and Weierstrass that declared infinitesimals conceptus nongrati in mathematical discourse, etc. etc. etc.".
Mi fermo qui per non prendermi una secchiata di acqua in testa, ma comunque è solo per dire che non è che sono questioni che si possono liquidare come bruscolini.
E qui comunque siamo nell'ambito del capire matematicamente o filosoficamente questi concetti.
Ma qui stiamo parlando di didattica per persone alle prime armi, e secondo me e nella mia esperienza l'idea di istante e di infinitamente piccolo è abbastanza naturale, spontanea, dà quell'idea di "Ah ah, ho capito".
Poi che sia questa comprensione, non è dato saperlo bene, che sia questo 'capire intuitivamente'.
E prescinde da comunque si vogliano definire rigorosamente gli infinitesimi, perché qui casca l'asino.
Poi, sai, se ci sia una comprensione immediata intuitiva di questi concetti attiene più alle scienze cognitive e all'antropologia, che alla matematica e alla filosofia.
Ma il fatto che si parli di infinito e di infinitamente piccolo fin dall'antichità fa pensare che è qualcosa che si impone spontaneamente al pensiero umano.
Easy reading is damned hard writing. (Nathaniel Hawthorne, The Scarlet Letter)