Salve a tutti,
premetto che, ovviamente, la formazione di uno studente non dipende esclusivamente dal libro di testo adottato bensì anche dall'insegnante, tuttavia per ora tralasciamo questo fattore.
Ho notato che, tra i libri degli anni '70/80/90 e quelli attuali (nella fattispecie mi riferisco ai testi liceali dello scientifico, tuttavia vi chiedo se tale fenomeno sussiste anche per quelli universitari, non avendo avuto modo di consultare testi universitari di vecchia data) vi è una notevole differenza per quantità (e qualità, nel senso di rigorosità) di argomenti trattati, quindi mi chiedo: vi è una ragione ben specifica per ciò? Nel senso che la formazione dello studente viene in qualche modo compromessa? O coloro che additano gli attuali testi lo fanno senza fondarsi su alcuna prova oggettiva e quindi sia il metodo attuale che quello vecchio sono in grado di dare le giuste basi ai futuri matematici?
Inoltre, in un testo liceale degli anni '30 ho trovato argomenti di trigonometria sferica, i quali non sono trattati ulteriormente né nei licei attuali né in quelli degli anni '70, è possibile concludere che questa "sintesi" non ha causato eccessivi problemi perché i testi liceali di tale periodo sono reputati ugualmente buoni. In definitiva, le scelte che hanno portato a rendere i libri attuali più sintetici di quelli degli anni '70 sono positive e costruttive come quelle che hanno comportato la rimozione della trigonometria sferica tra gli anni '30 e '70?
Infinte, i libri del Sasso (che, da quanto ho appurato, sono i migliori, ma non ho capito se ciò è riferito a "Colori della matematica" o "La matematica a colori" e l'edizione di che anno? potreste gentilmente dirmelo?) possono preparare uno studente alla carriera matematica tanto bene quanto i libri degli anni '70?