Messaggioda Malcolm » 21/04/2007, 13:24

Boh, mi sembrano sdoppiamenti inutili. Detto fuori dai denti credo che ognuno ha la sua materia: l'informatico ha l'informatica, il chimico la chimica, l'ingegnere elettronico l'elettronica e così via.
Ad ognuno il suo, no?
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Messaggioda tecnos » 22/04/2007, 10:49

Malcolm ha scritto:Boh, mi sembrano sdoppiamenti inutili. Detto fuori dai denti credo che ognuno ha la sua materia: l'informatico ha l'informatica, il chimico la chimica, l'ingegnere elettronico l'elettronica e così via.
Ad ognuno il suo, no?


Nno sono affatto daccordo, non sono sdoppiamenti inutili perchè ci sono differenze significative e il mercato del lavoro le premia!
Diverso è il discorso se consideriamo i corsi di ingegneria automatica, ingegneria dell'informazione ecc... che portano ad un'eccessiva specializzazione o sono semplicemente cloni di altre ingegnerie con nomi diversi ( e relativa confusione delle aziende...). A mio parere i corsi attivati all'estero sul modello EPFL - ETHZ ( ed altri ) sono l'ideale!
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Messaggioda GIOVANNI IL CHIMICO » 23/04/2007, 18:13

Vorrei sottolineare che l'ingegneria chimica è una disciplina autonoma dalla chimica pura, con alle spalle una storia oramai secolare, al contrario delle nuove ingegnerie fisiche e matematiche.
Inoltre essa ha senso di esistere dal momento che la produzione dei prodotti chimici e dei derivati del petrolio avviene su scala industriale, quindi in un ambito in cui contano gli ordini di grandezza tipici dell'ingegneria.
Se per un chimico la quantà di reagente si misura in moli, per un ingegnere chimico si parla di kilomoli.
Inoltre un ingegnere chimico sa dimensionare pompe, scambiatori di calore, reattori e serbatoi, anche dal punto di vista del calcolo strutturale.
All'ingegnere chimico è demandata anche la sicurezza e la gestione dell'impianto, nonchè lo studio delle tecniche di prevenzione, mitigazione e soppressione degli incidenti industriali, che spesso sono caratterizzati da una frequenza relativamente bassa, ma da una magnitudo estremamente elevata. (Vale la pena ricordare che i grandi incidenti nell'industria chimica hanno falciato molte più vite umane di tutti gli incidenti riguardanti il nucleare).
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Messaggioda tecnos » 23/04/2007, 20:29

GIOVANNI IL CHIMICO ha scritto:Vorrei sottolineare che l'ingegneria chimica è una disciplina autonoma dalla chimica pura, con alle spalle una storia oramai secolare, al contrario delle nuove ingegnerie fisiche e matematiche.
Inoltre essa ha senso di esistere dal momento che la produzione dei prodotti chimici e dei derivati del petrolio avviene su scala industriale, quindi in un ambito in cui contano gli ordini di grandezza tipici dell'ingegneria.
Se per un chimico la quantà di reagente si misura in moli, per un ingegnere chimico si parla di kilomoli.
Inoltre un ingegnere chimico sa dimensionare pompe, scambiatori di calore, reattori e serbatoi, anche dal punto di vista del calcolo strutturale.
All'ingegnere chimico è demandata anche la sicurezza e la gestione dell'impianto, nonchè lo studio delle tecniche di prevenzione, mitigazione e soppressione degli incidenti industriali, che spesso sono caratterizzati da una frequenza relativamente bassa, ma da una magnitudo estremamente elevata. (Vale la pena ricordare che i grandi incidenti nell'industria chimica hanno falciato molte più vite umane di tutti gli incidenti riguardanti il nucleare).


Sulla tecnica della sicurezza avete dei nuovi concorrenti :wink:

Sulla visione chimica/ingegneria chimica sono daccordo con te.
Comunque in Svizzera sono fortunati, in quanto possono togliersi il dubbio senza conseguire due lauree (3+2)distinte.
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Messaggioda jpe535887 » 24/04/2007, 13:47

daccordo sulla distinzione. esiste una 3a via: chimica industriale.

questi conoscono maggiormente la chimica degli ingegneri ma hanno un bagaglio + scarno di matematica e fisica
La ricerca critica di ciò che è vero ha come punto di partenza l'abbandono di ogni convinzione
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Messaggioda GIOVANNI IL CHIMICO » 24/04/2007, 14:39

La differenza tra un ingegnere chimico ed un chimico industriale più che nella quantità di fisica e matematica risiede nella conoscenza delle materie prettamente ingegneristiche, quali calcolo strutturale di serbatoi, reattori e scambiatori, la conoscenza delle maccchine operatrici e dei rudimenti dell'ingegneria elettrica, della teoria del controllo dei processi chimici, delle tecnologie di separazione e non ultimo degli aspetti economici dei processi.
D'altra parte un ingegenre chimico non riceve una forte preparazione nell'ambito della catalisi e della sintesi.
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Messaggioda tecnos » 24/04/2007, 22:30

Sono daccordo con entrambi.

Comunque, come al solito il panorama formativo italiano è tutto meno che uniforme. Se confrontate il corso di Milano con quello di Bologna, ad esempio ( parlo di ingegneria chimica ), noteremo delle differenze marcate sulla preparazione nella chimica....
Non arriva ai livelli dell'EPFL che di fatto forma un chimico puro con la facoltà di scegliere se diventare ingegnere con altri 2 anni, ma raggioungono un livello di approfondimento diverso. Ovviamente c'è il rovescio della medaglia...
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