Io trovo che anticipare quanto più possibile i fatti strutturali sia la cosa giusta da fare anche (ma non solo) per le lamentele che stai avanzando tu. Se il tuo corso di analisi 1 è fatto "in \( \mathbb R \)", è chiaro che quando fai topologia l'anno dopo, a meno che non ti si faccia notare ogni tre per due che i teoremi che stai studiando sono generalizzazioni di cose che già sai, trovi la materia arida.
Il punto è: che cosa intendi con "esporre la materia con il [proprio] punto di vista"?
Testo nascosto, fai click qui per vederlo
Ad esempio: se mi fosse chiesto di motivare la definizione di compattezza, io presenterei un argomento simile a questo (è un copypasta dai miei appunti):
\( \newcommand{norm}[1]{\lVert{#1}\rVert} \)\( \newcommand{\RR}{\mathbb R} \)\(\newcommand{\NN}{\mathbb N} \)Diamo un po' di motivazione. Siano \( n,m\in \NN \). Sia \( A\subset \RR^n \), e sia \( f\colon A\to \mathbb R^m \) una funzione continua. Sia \( \epsilon\in \RR \), \( \epsilon > 0 \). Per definizione di continuità, per ogni punto \( a\in A \) esiste un \( \delta_a\in \RR \), \( \delta_a > 0 \), tale che se \( x\in B^{(n)}(a,\delta_a) \) allora \( f(x)\in B^{(m)}(f(a),\epsilon) \). In altre parole, per ogni punto \( a \) di \( A \) esiste un intorno \( U_a \) sul quale \( f \) è limitata. Gli intorni \( U_a \), al variare di \( a\in A \), ricoprono \( A \), e a questo punto è naturale chiedersi se sia possibile utilizzare questa osservazione per concludere che \( f \) è limitata su tutto \( A \). Naturalmente la risposta è in generale negativa (esistono funzioni continue non limitate). Supponiamo però che esistano punti di \( A \) in numero finito \( a_1,\dots,a_n \) tali che \( A\subset \bigcup_{i = 1}^nU_{a_i} \). Allora, sia \( r\in \RR \), \( r > 0 \), un raggio tale (ad esempio) che \( B^{(m)}(f(a_i),\epsilon)\subset B^{(m)}(f(a_0),r) \) per ogni \( i = 1,\dots,n \). Possiamo scegliere suddetto raggio come la quantità
\[
r = 2\epsilon + \sum_{j = 1}^n\norm{f(a_j) - f(a_0)}
\] e questo in modo che, dato un qualsiasi indice \( i \) compreso tra \( 1 \) ed \( n \), per ogni punto \( y\in B^{(m)}(f(a_i),\epsilon) \) valga
\[
\norm{y - f(a_0)}\leqq \norm{y - f(a_i)} + \norm{f(a_i) - f(a_0)}\leqq \epsilon + \sum_{i = 1}^n\norm{f(a_i) - f(a_0)}
\] e in definitiva \( y\in B^{(m)}(f(a_0),r) \). Per ogni \( x\in A \) sarà dunque \( x\in B^{(n)}(a_i,\delta_i) \) per qualche \( i \) compreso tra \( 1 \) ed \( n \), e quindi \( f(x)\in B(f(a_0),r) \). Pertanto, in questo caso la funzione \( f \) è limitata. Si osservi questo argomento ``funziona'' perché abbiamo assunto l'esistenza di un numero finito di punti di \( A \) con le proprietà desiderate.
Se avessi mai preso in mano un libro di logica, probabilmente parlerei anche di logica (in logica ci sono dei "teoremi di compattezza"). Ecco, il motivo per cui la "motivazione intuitiva che sottostà a una definizione" è qualcosa di mal definito è anche questo: una definizione parla attraverso le sue conseguenze, e chi ti impedisce che suddette conseguenze siano più pazzerelle di quello che ti aspetti?
Ora, un conto è motivare la definizione di compattezza con un argomento come quello sopra, e un conto è partire in tromba con metafore/nonsense da peggio Festa dell'Un
Comunque, un approccio top-down è più efficiente (è il solito "ti permette di dividere i fatti-che-sono-veri-perché-sono-veri dall'idea particolare che ti serve per risolvere l'esercizio"; quindi in definitiva ti permette di poter organizzare meglio un repertorio di trick/buone idee con le quali farti figg all'orale di analisi). Però non nego che a me
piace studiare in quel modo. Se mi piaceva smanettare con le serie binomiali mi dedicavo a quello fregandomene abbastanza di cosa fosse utile e cosa no. Il punto è che l'avrei fatto sempre "per bene", come dev'essere, altrimenti diventa una presa in giro nei miei confronti.