Ho bisogno di voi per capire il comportamento dei quantificatori logici nella definizione di funzione iniettiva
Sappiamo essere
$AA (x,y),f(x)=f(y) → x=y$
e la sua negazione è:
$∀ ( x , y ) , f ( x ) = f ( y ) → x = y$ (non per tutti vale l'implicazione)
$∃ ( x , y ) : f ( x ) = f ( y ) ↛ x = y $ (ovvero esiste almeno un caso in cui l'implicazione è falsa)
$∃ ( x , y ) : f ( x ) = f ( y ) ∧ x ≠ y$ (ovvero esiste almeno un caso in cui l'antecedente è vero ma il conseguente è falso: la funzione assume lo stesso valore in corrispondenza di elementi distinti del dominio)
Sto quindi sfruttando $¬(P→Q)$ equivale logicamente a $P and ¬Q$, però generalmente quando scrivo:
$P→Q$ intendo in modo compatto la solita $AAx,(P(x)→Q(x))$.
Non mi è chiaro quindi perché $¬(P→Q)$ sia da intendersi come $∃x,(P(x) and ¬Q(x)))$ infatti il "per ogni" sta sempre a inizio "frase", se scrivo $P and ¬Q$ non vuol dire $AAx,(P(x) and ¬Q(x)))$?
Voglio quindi capire come comprendo che se mi trovo di fronte a $P and ¬Q$ ci metto un "esiste" e non un usuale "per ogni", da cosa lo capisco?
Per far capire meglio il quesito posto: voglio quindi capire come è la regola per cui se ho $P→Q$ allora lo leggo $AAx,(P(x)→Q(x))$; mentre se ho $P and ¬Q$ non lo leggo $AAx,(P(x) and ¬Q(x))$ ma allora come capisco quando metterci il per ogni e quando un esiste?
Infatti se così fosse quando ho $A and B$, che ho sempre inteso come $AAx, (A and B)$, potrebbe benissimo essere letto $∃x, (A and B)$, proprio come per $P and ¬Q$ non anticipandolo con $AA$.