jack ha scritto:Mi spiegare cosa vuoi dimostrare?
Facciamo ordine, eravamo partiti che l'autore di questa discussione è convinto che una delle cause principali dell'arretratezza italiana nei confronti dei paesi più sviluppati del mondo sia il fatto che non ci siano atenei italiani nelle prime posizioni delle classifiche internazionali (quanto queste classifiche siano valide ne è stato discusso già qui ed a livello accademico e quanto questo dato sia rilevante è discutibile alla luce del fatto che anche paesi avanzati come Germania e Giappone non vantano numerose presenze in queste classifiche).
Secondo lui una delle possibili soluzioni è che gli studenti dovrebbero pagare tasse universitarie più elevate (tranne lui però, che ha diritto a pagare poco perché non ha molta disponibilità...eh vabbhe!). L'assunto risulta comunque non vero, visto che fra i paesi OCSE solo pochi hanno tasse superiori a parità di potere d'acquisto a quelle italiane. [Fonte:
https://www.oecd.org/edu/skills-beyond- ... 631028.pdf, primo grafico].
Dato che successivamente la discussione ha preso la piega università pubblica vs università privata mi sono concesso di postare un link che dimostra che nemmeno i super atenei americani campano di sole rette e che gli atenei privati italiani comunque qualcosina dallo Stato prendono spingendo anche per avere privilegi fiscali (insomma: 'ccà nisciuno è fesso!).
[
http://www.lavoce.info/archives/47093/u ... nti-aiuti/ ]
Preme osservare che Roars non è proprio un blog di bontemponi: sono tutti ricercatori italiani ad alti livelli che negli anni passati sono entrati nella discussione pubblica con una certa influenza. Anche LaVoce.info era un blog, poi è stato talmente influente che da lì ne è uscito l'attuale presidente dell'INPS.
Mentre non trovo i dati disaggregati che il blog usa, che quindi non so da dove spuntino.
Se leggi bene le fonti sono sia lì che qui:
http://www.cogr.edu/sites/default/files ... _FINAL.pdfE nella fonte primaria (con dati statistici del 2011, poi mi accusi di postare video del 1980 che contengono la teoria ^.^)
Quello è relativamente recente almeno, in un post precedente hai postato l'abstract di un paper che risale al '96.
Quindi spendiamo di meno e continueremo a spendere di meno.
Dal 2011 ci sono state "spuntatine" al bilancio un po' in tutte le voci (tranne le pensioni), però la spesa non è calata così tanto come afferma quel testo, siamo sul -7% circa e non è che prima la spesa universitaria fosse particolarmente rilevante (conta meno dell'1% dell'intero bilancio pubblico, quindi un taglio più sostanzioso porterebbe ad un eventuale risparmio fiscale risibile, sottolineo eventuale perché in genere quello che si risparmia lì va dritto dritto per le pensioni e la spesa per interessi). [Fonte:
http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VE ... ttobre.pdf]
@axpng: i tre grafici di sopra ti fanno vedere il crowding out: quelli che spendono più soldi pubblici (Finlandia, Danimarca, Norvegia) hanno meno spesa totale rispetto a chi spende perlopiù soldi privati.
Il numero di persone con educazione terziaria in questi paesi è uguale o inferiore a quelli che spendono perlopiù soldi privati.
I tre grafici non fanno vedere nulla, se non una fotografia statica, se vuoi dimostrare questo effetto non te la cavi di certo con tre grafici, bisognerebbe fare un'analisi dinamica e più profonda circa le differenze dei sistemi di istruzione e le condizioni del mercato del lavoro locale. La Germania, ad esempio, ha una quota di laureati incredibilmente bassa rispetto al reddito ed al livello tecnologico del paese. In realtà i tedeschi sono poco incentivati ad inserirsi nel sistema universitario, il quale richiede tempi di impegno molto lunghi ed una certa predisposizione, nonostante le rette siano fra le più basse del mondo. Questo per due motivi: 1) Ha creato un sistema parallelo di scuole vocazionali (
Ausbildung) post secondarie dalla durata variabile finanziate congiuntamente da enti pubblici ed imprese. Non solo, ma ha un sistema di sussidi, a cui si può accedere sotto determinate condizioni, che permette allo studente di mantenersi durante la formazione. [
http://serbien.ahk.de/fileadmin/ahk_ser ... n_D_EN.pdf ]
2) Il mercato del lavoro è talmente fiorente che ci si può inserire anche con un titolo di studio secondario ed avere un reddito soddisfacente.
le scuole private hanno un processo di self-selection che le pubbliche non hanno: solo i più motivati investono nella propria istruzione
Direi che è vera solo l'ultima parte della sentenza (quella dopo i due punti).
Dati MIUR
Laurea specialistica | % laureati specialistici il cui voto di diploma superiore è > o = a 90 |
---|
modellistica matematico-fisica per l'ingegneria | 76 |
filologia e letterature dell'antichita | 74 |
ingegneria aerospaziale e astronautica | 72 |
ingegneria chimica | 71 |
fisica | 70 |
matematica | 70 |
storia antica | 68 |
ingegneria biomedica | 65 |
Diciamo che i "bravi e motivati" tendono a proseguire negli studi che li appassionano e li stimolano intellettualmente, non in quelli che gli ripuliscono il conto in banca. Nessuno di questi corsi di laurea è infatti tipicamente erogato da atenei privati. Tanto per dirne una la Bocconi non arriva nemmeno al 50% (ed ha pure il test di ingresso...non mi spiego perché lo facciano visto che c'è già l'autoselezione dei più bravi). La Cattolica di Milano è al 23%.