Domanda V e V*

Messaggioda betacarotino » 14/02/2024, 22:01

Ciao a tutti,

sto seguendo le lezioni del mio professore e non credo di aver afferrato in modo utile la differenza tra isomorfismo canonico e non canonico che sussiste tra V, V* e tra V* e V**

In teoria mi si dice che si può costruire uno non canonico tra V e V*, non canonico perché dipende dalla base.
Però il concetto è che se ho un isomorfismo i due spazi non sono "identici" in qualche modo? E anche se dipende dalla base che problema mi dà: io trovo una applicazione biiettiva e che è lineare e quindi se non canonica cosa cambia? A me basta trovarla no?

Inoltre, se introduco un prodotto scalare diviene canonico (correlato al prodotto scalare scelto), ma anche qui non capisco perché sia canonico e come si mostri.

Sono un po' confuso su questo concetto. Qualche aiuto? Vi ringrazio.
betacarotino
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda megas_archon » 15/02/2024, 08:59

Quando due oggetti sono isomorfi in maniera non canonica, hai dovuto compiere una o più scelte per definire l'isomorfismo che li collega, scelte che dipendono da uno o più parametri.

Il motivo per cui è preferibile, invece, trovare un isomorfismo canonico, ossia indipendente da queste scelte, è che se un isomorfismo è canonico, è un oggetto molto più beneducato di una semplice famiglia di isomorfismi, e le sue proprietà sono esattamente quelle che servono per formare la nozione di isomorfismo tra funtori -una nozione più debole, darebbe una versione sbagliata e troppo debole di identificazione; una più restrittiva, non catturerebbe esempi importanti (e ce ne sono a migliaia nella pratica matematica elementare e non).

Associare a uno spazio vettoriale il suo duale \(V^\lor\) è una operazione definita sulla classe di tutti gli spazi vettoriali, che manda $V$ in \(V^\lor\) e che è "funtoriale": significa che ogni funzione lineare \(f : V \to W\) induce una funzione lineare \(f^\lor : W^\lor\to V^\lor\) in maniera tale che \((1_V)^\lor =1_{V^\lor}\) e che \((g\circ f)^\lor = f^\lor \circ g^\lor\). Ora, è possibile trovare una famiglia di biiezioni lineari \(\alpha_V : V\to V^\lor\) una volta che sia stata fissata una base \(\mathcal B_V\) di $V$. Quindi la famiglia \(\alpha_V\) dipende dal parametro $V$, e segretamente, dal parametro \(\mathcal B_V\).

Analogamente, mandare uno spazio vettoriale nel suo doppio duale \(V^{\lor\lor}\) è anch'essa una operazione \(V\mapsto V^{\lor\lor}\) definita sulla classe di tutti gli spazi vettoriali, che è funtoriale: ad ogni funzione lineare \(f : V \to W\) resta associata una funzione lineare \(f^{\lor\lor} : V^{\lor\lor} \to W^{\lor\lor}\) in maniera tale che \((1_V)^{\lor\lor} = 1_{V^{\lor\lor}}\) e \((g\circ f)^{\lor\lor} = g^{\lor\lor}\circ f^{\lor\lor} \). Anche qui, è possibile trovare una famiglia di biiezioni lineari \(\omega_V : V\to V^{\lor\lor}\) ma ora, senza fare nessuna scelta aggiuntiva.

La differenza tra la famiglia \(\alpha_{V,(\mathcal B_V)}\) e la famiglia \(\omega_V\) è la dipendenza dal parametro $V$, che nel secondo caso è "polimorfa", ossia le \(\omega_V\) sono definite in una certa maniera, per ogni $V$, che varia sempre allo stesso modo scrivendo la definizione della biiezione nella componente da $V$ a $W$: per ogni $V$, \(\omega_V\) manda un vettore $v\in V$ nella funzione lineare \(V^\lor \to K\) che "valuta" una forma lineare \(\xi\in V^\lor\) sul vettore $v$, cioè in simboli \(\omega_V(v)(\xi)=\xi(v)\in K\). Questa definizione è polimorfa in $V$, cioè se tu mi dai un altro spazio vettoriale $W$, io definirò \(\omega_W\) mandando un vettore $w$ di $W$ nella valutazione di una forma lineare \(\zeta\) definita su $W$, sul vettore $w$, e altrettanto farò per lo spazio vettoriale $Z$, per lo spazio vettoriale $U$,...

Il polimorfismo di \(\omega\) si esprime mediante la seguente proprietà di "naturalità":
Per ogni funzione lineare \(f : V\to W\), succede che la composizione \(\omega_W\circ f\) e la composizione \(f^{\lor\lor}\circ \omega_V\) sono uguali, ossia il diagramma quadrato \[\begin{CD} V @>\omega_V>> V^{\lor\lor} \\ @VfVV @VVf^{\lor\lor}V \\ W @>>\omega_W> W^{\lor\lor}\end{CD}\] commuta.
(Significa appunto che \(\omega\) "commuta" con ogni $f$, nel senso originale di "passa dall'altra parte quando lo moltiplichi".) Potrai ora divertirti a dimostrare che questo è vero (si tratta semplicemente di espandere la definizione delle due composizioni in questione).

Per quanto riguarda il peggior comportamento della famiglia \(\alpha=\{\alpha_{V,(\mathcal B_V)}\}\): come ti ho detto, \(\alpha_{V,(\mathcal B_V)}\) dipende dalla base di $V$ che hai scelto, quindi ci saranno delle componenti \(\alpha_{V,(\mathcal B_V)},\alpha_{W,(\mathcal B_W)}, \alpha_{Z,(\mathcal B_Z)}\dots\). Supponiamo di voler provare a controllare che un quadrato analogo a quello sopra,\[\begin{CD} V @>\alpha_V>> V^{\lor} \\ @VfVV @AAf^{\lor}A \\ W @>>\alpha_W> W^{\lor}\end{CD}\] è commutativo, una volta che sia stata data \(f : V\to W\). Ti accorgerai immediatamente che questa commutatività è impossibile da imporre in generale (con un po' di lavorìo, è possibile dimostrare una cosa molto forte: che se questo quadrato "sghembo" (perché la direzione di $f$ è opposta alla direzione di \(f^\lor\)) commuta, allora le componenti di \(\alpha_V\) sono obbligate a essere la mappa costante in zero. Ma avevamo supposto che fossero biiettive -e in effetti le abbiamo costruite in quel modo- la qual cosa è assurda).
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda megas_archon » 15/02/2024, 09:10

Questo "polimorfismo" e la nozione di naturalità sono concetti ubiquitari nella matematica moderna; Eilenberg e Mac Lane, che definirono categorie e funtori, lo fecero all'unico scopo di catturare proprio il concetto che ti confonde, e che nella prima metà del '900 confondeva anche i matematici adulti.

Vedi ad esempio varie discussioni e articoli:
https://math.stackexchange.com/question ... omorphisms
https://www.physicsforums.com/threads/w ... er.572513/
https://math.stackexchange.com/question ... ar-algebra
https://mathoverflow.net/questions/3349 ... s-preserve
https://math.stackexchange.com/question ... somorphism
https://en.wikipedia.org/wiki/Natural_t ... Definition
https://ncatlab.org/nlab/show/natural+isomorphism
https://www.reddit.com/r/math/comments/ ... important/

Ci sono diversi esempi di altre trasformazioni naturali in algebra lineare e algebra elementare: ad esempio, l'operazione di prendere il determinante di una matrice, \(\det : GL(n,K)\to K^\times\) è anch'essa polimorfa in $K$ (ma non in $n$!), cioè è definita allo stesso modo per tutti gli anelli $K$: e infatti, dato un omomorfismo di anelli, il quadrato opportuno è commutativo.

Da ultimo, una fonte accessibile ed elementare [che menziona, ovviamente, i doppi duali come esempio] è il nostro corso di teoria delle categorie, in particolare la lezione 3 (che ovviamente poggia sulle altre due).
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda betacarotino » 15/02/2024, 17:53

Ti ringrazio molto per la risposta. L'ho letta più volte e credo finalmente di averla capita a fondo, era proprio quello che cercavo di comprendere.

Peraltro sono molto incuriosito dal progetto itaca che mi hai linkato, penso proprio li guarderò tutti, mi sembra una introduzione molto base e alla mia portata... per ora ho visto i primi 3.
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda megas_archon » 15/02/2024, 18:14

L'ho letta più volte e credo finalmente di averla capita a fondo, era proprio quello che cercavo di comprendere.
Me ne rallegro.

Continuando a studiare, ti accorgerai che vedere le cose in questo modo è molto proficuo. Fino a quando si fa matematica elementare, è un punto di vista che richiede molta potenza computazionale nel discente, ma quando si sale di complessità diventa indispensabile. E tornando indietro, le nozioni elementari apprese all'inizio diventano, finalmente, coerenti ed eleganti. Purtroppo c'è chi non fa mai questo processo di re-apprendimento...

Per quanto riguarda ItaCa, sei il benvenuto a partecipare ai seminari online che di solito facciamo ad aprile a dicembre, così come a tutti gli altri progetti https://progetto-itaca.github.io
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda betacarotino » 15/02/2024, 18:40

Una cosa che mi spiace, come diceva il docente nell'intro ItaCa, è che ancora troppo spesso non si fa nei corsi di laurea triennali (almeno in Italia). Attualmente conosco gli argomenti in modo solo "divulgativo" (quindi equivale a non conoscerli) ma so che è una brulicante branca della matematica e soprattutto mi pare molto interessante per quel poco che ho visto.

Purtroppo se voglio laurearmi in tempo devo dedicare molto tempo anche ai corsi, però prevedo in un futuro non troppo lontano di dedicarci molto più tempo. Siccome mi pare di capire fai parte del progetto... nel tuo percorso di studente quando hai approcciato seriamente l'argomento? E' più furbo farlo già da ora o dedicarsi agli esami di base prima e poi buttarcisi?
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda megas_archon » 15/02/2024, 19:48

Non è mai troppo presto, né troppo tardi.

Io ho iniziato col pretesto di dover scegliere su cosa fare una tesi triennale, quindici anni fa. Inizialmente mi fu suggerito di fare qualcosa di completamente impossibile, pena anche la poca comprensione del docente cui mi rivolsi, che tuttora penso non abbia la minima idea né di quello che mi propose, né di dove potesse essere un argomento elementare, istruttivo ma alla portata di un novizio. Ce ne sono molti, invece.

Uno dei problemi del linguaggio di categorie e funtori è la sua giovane età. Per tanto tempo è stato affrontato solo da matematici maturi, che non hanno bisogno di introduzioni elementari, ma esso è tutt'altro che impenetrabile. Gli esempi più motivanti vengono dall'algebra astratta, dalla geometria, dalla teoria dei gruppi, topologia generale.. Fino a toccare anche la teoria dei sistemi dinamici, la teoria delle equazioni differenziali, la combinatoria enumerativa e molte altre cose.

Solo che per molti anni la teoria delle categorie è stata definita da membri del gruppo bourbaki, o da persone che ne hanno intravisto l'enorme potenziale in matematica pura, ma consideravano controintuitivo, o semplicemente una bestemmia, usare lo stesso linguaggio che ha rifondato la topologia algebrica per parlare anche di teoria della probabilità, combinatoria, calcolo delle variazioni. Questo è sia un falso matematico (è possibile studiare queste cose con le categorie), sia storico (lo si è fatto sin dagli albori).

Un altro problema è lo stato moribondo della attività di ricerca della maggior parte delle università italiane. Per molti che hanno in odio il linguaggio è una questione di gusti. Per altri è una questione di ignoranza, e ci sono insospettabili che deprecano il linguaggio su cui il loro ambito di ricerca si fonda maggiormente. I restanti che hanno in odio le categorie hanno semplicemente conosciuto me e questo ha lasciato un brutto ricordo.

Quale che sia la ragione, c'è penuria di introduzioni elementari alla materia (fino alla situazione, risibile, di persone con una qualche formazione matematica che si riducono a studiare i rudimenti delle definizioni sul libro di Eugenia Cheng, invece che su un testo vero, e da quella ciofeca -scritta a mo di manifesto woke, più che di libro di matematica- pretendono di dedurre un'opinione informata sul potenziale della teoria, o di capire cosa ne sia il merito tecnico), e il corso che abbiamo organizzato fu proprio un modo di tamponare il problema. Almeno in parte, con la miriade di mancanze che quel corso ha, è però un prodotto che io reputo fondamentale e in cui ho creduto fermamente.

Inizia seguendo quelle lezioni, alla fine saprai orientarti relativamente bene nella letteratura (i libri di Leinster e di riehl sono secondo me delle ottime introduzioni, così come "Seven sketches of compositionality" è un buon testo dove vedere della matematica applicata/discreta fatta con le categorie)
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda megas_archon » 15/02/2024, 20:00

Un libro che secondo me è perfetto, ed è scritto in modo cristallino, è anche quello di Bart Jacobs, "Introduction to coalgebras". Non sono certo dell'esattezza del titolo, che è cambiato dalla bozza alla versione finale, ma se non è quello poco ci manca.
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda betacarotino » 15/02/2024, 20:05

Ti ringrazio per lo sguardo che mi hai dato dal punto di vista di da chi ci è all'interno su qualcosa che era per me "impenetrabile". Come dicevo il tempo è sempre poco in triennale, e nei pochi momenti in cui riuscivo a leggere qualcosa (come da te detto) mi ha sempre "demotivato" il fatto che non trovassi un approccio "ben fatto"1 e che gettasse le basi per uno che non sa nulla. Non avendo una guida di un corso universitario, che solitamente vedo come l'opportunità per avere una infarinatura delle nozioni per poi iniziare a destreggiarsi da soli negli argomenti, non sapevo proprio dove mettere mano. Inoltre partire subito a mille ti fa capire che la tua mente non è rodata per quello e non capisci granché: cose ovvie per altri "maturi" per te non lo sono.

Seguirò allora con fiducia quel link, per ora mi è parso molto comprensibile e mi ha affascinato.
grazie di nuovo!

Note

  1. per ben fatto intendo che mi si confacesse, quindi soggettivo
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Re: Domanda V e V*

Messaggioda megas_archon » 16/02/2024, 09:42

Se ti è chiara la definizione di categoria, e ti è chiaro che

- ogni insieme parzialmente ordinato definisce una categoria
- ogni monoide (e a fortiori ogni gruppo) definisce una categoria
- un funtore è essenzialmente un omomorfismo

sei praticamente a metà strada dei preliminari. Queste tre idee sono già sufficienti a notare costrutti categoriali un po' ovunque, e l'unico collante da aggiungere è la definizione di proprietà universale, ma essa fa capo alla semplicissima definizione di

- un oggetto iniziale $I$ e terminale $T$ di una categoria: $I$ è iniziale, se per ogni altro oggetto esiste uno e un solo morfismo fuori di lui, e $T$ terminale, se ne esiste uno e un solo entrante in lui.

Se queste cose ti sono chiare, l'algebra e l'algebra lineare, così come la topologia generale, ti saranno estremamente più chiare perché: la topologia prodotto ha una proprietà universale. La somma diretta di spazi vettoriali anche. La rappresentazione di una applicazione lineare (tra spazi di dimensione finita) mediante matrici è un fatto categoriale. Etc, etc, etc.
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