Forse ho trovato la risposta ma vorrei conferma, se possibile, del ragionamento.
Secondo me l'obiettivo della dimostrazione E.4 è far vedere che l'incertezza è sempre modellabile mediante insiemi chiusi e limitati, come appunto avviene nell'esempio per $U_i=[0,1]$.
Io so che nell'ipotesi in cui le possibili realizzazioni di $A$ risultino descritte dall’insieme di incertezza $U$, e posti certi (per le dimostrazioni E.1 ed E.2) sia $c \in \mathbb(R)^n$ che $b in \mathbb(R)^m$, la controparte robusta di un problema di PL nominale sotto incertezza del tipo $min_x {c^T x∶Ax≤b}_((c,A,b)∈U)$ ha forma
$min_x{c^Tx:A(\zeta)x<=b,\forall zeta \in U}$
dove $\zeta-= \zeta(\omega) \in U$ è la singola realizzazione mentre $A(\zeta)∈\mathbb(R)^(m xx n)$ è la matrice dei coefficienti incerti del sistema di vincoli, che gli autori in
assumono
affine in $\zeta$.
Bene: io so che una funzione $f:I->\mathbb(R)$ è affine, cioè di forma lineare più una costante, solo se $I$ è chiuso e limitato. Allora, se per la E.4 si può modellare $U_A$ come un insieme chiuso e limitato, si può estrarre dalla matrice $A:U_A->\mathbb(R)^(m xx n) $ un singolo vincolo con lato sinistro di forma affine, che gli autori lo indicano con
$(a+P\zeta)^Tx<=b, \forall \zeta \in U$
Che ne pensate?