Re: Discreto e continuo

Messaggioda gabriella127 » 18/01/2024, 08:52

Ma infatti, quello che sottolineavo nel post precedente è che è un discorso che non c'entra con la matematica, ma è un discorso filosofico (che non ho inventato io).

Per chiarire: in realtà la parola usata dai filosofi non è in genere superficie, anche se si ritrova spesso anche questa, ma boundary.
E, appunto, non ha a che vedere con superficie in matematica.
Qui sotto la voce boundary nella Stanford Enc. of Philosophy , di Achille Varzi, filosofo italiano che insegna logica e metafisica alla Columbia University (da un libro del quale ho preso la citazione di Leonardo sopra).
La voce illustra appunto il problema filosofico del confine, e anche le sue connessioni con il problema del continuo.
È collegato a una branca della filosofia che si chiama mereologia, cioè lo studio del rapporto tra tutto e parti, di cui Varzi è un noto studioso.

https://plato.stanford.edu/entries/boundary/

Chiedevo se la matematica potesse dare un contributo, uno sguardo diverso, ma appunto la riposta è 'no', da quello che dici.

Comunque io non parlavo di come è lo spazio fisico per la fisica, ma di come l'idea di continuo e discreto si impone istintivamente alla mente umana, al'uomo comune.
Di cui mi ero scordata una cosa molto importante: noi percepiamo anche il tempo come continuo.

Naturalmente, come sia lo spazio fisico per la fisica, è una questione, mi sembra, enorme, di cui non so dire veramente nulla.
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Re: Discreto e continuo

Messaggioda megas_archon » 18/01/2024, 08:56

Altre cose che mi vengono in mente:

- in questo paper http://www.tac.mta.ca/tac/volumes/20/10/20-10.pdf Freyd caratterizza una proprietà universale per l'intervallo unitario chiuso \([0,1]\), come coalgebra terminale; qui viene tutto spiegato bene https://ncatlab.org/nlab/show/coalgebra ... l+interval
- questa faccenda è in realtà generale: nella rappresentazione come frazioni continue, i numeri reali sono cartterizzabili come coalgebre terminali (click) e anche il loro tipo d'ordine (click). Altrettanto succede ai numeri $p$-adici: https://arxiv.org/abs/1504.01408
Potrei parlare a lungo del motivo secondo cui per me succede, ma ora non ho tempo e hanc marginis eccetera. Mi limito a screenshottare l'introduzione dell'articolo di Vaughan e Dusko (che, per inciso, è mooolto piu stronzo di me ;-) )
Immagine
Quindi, detta pane al pane: le strutture continue sono esattamente quelle definibili coinduttivamente. (Anche qui potrei parlare molto del motivo: ma bisogna masticare un po' di logica, oltreché di CT, oltreché di topologia generale, oltreché...; mi limito a notare che questa maniera di vedere la situazione è (a) dirompente -ha generato una letteratura sterminata che ora non ho tempo di rintracciare su connectedpapers.com- e affascinante e (b) possibile solo in seno alla matematica strutturale: cioè, questi teoremi, senza le categorie, non esistono, né questo punto di vista è esprimibile.)

Come è comprensibile, questa maniera di vedere i numeri reali, cioè strutture prettamente continue, come limiti di strutture discrete, ha catturato l'attenzione di un sacco di theoretical computer scientist. L'idea non è diversa da quella degli analisti numerici.

Secondo me questo tipo di applicazione della teoria delle categorie è la più "onesta", dato che ha delle ricadute immediate ed è matematica comunque estremamente raffinata. Tanto piu che quello che reputo uno dei migliori articoli mai scritti https://arxiv.org/abs/1010.4474 congettura che a essere coalgebre terminali siano una vasta classe di insiemi di Julia (!), tra cui praticamente tutti quelli noti al grande pubblico.

Ho altre cose da dire: per esempio la dualità discreto continuo si apprezza in un tema che mi è molto caro, la teoria delle specie combinatorie e funzioni generatrici (altro posto dove è di effetto dirompente usare idee categoriali). Per esempio, esiste una teoria immensa, quella degli operatori di Rota-Baxter https://en.wikipedia.org/wiki/Rota-Baxter_algebra che esprime algebricamente (in complemento alla teoria dell algebre differenziali) gli operatori integrali. Su questa cosa si fa ricerca oggi, nel senso che questo preprint https://arxiv.org/abs/2401.08223 è uscito quarantott'ore fa.

Nel contesto delle specie, quello che si fa è attaccare a un oggetto definito in maniera combinatoria (per esempio la successione dei numeri di Bernoulli, la successione doppia dei binomiali, dei multinomiali, la statistica di Schubert (il matematico Hermann, non il musicista Franz) una serie formale. Le proprietà analitiche (il raggio di convergenza, la particolare funzione analitica a cui la serie converge, se lo fa, la sua derivata formale,...) vengono tutte collegate a proprietà combinatorie della successione dei numeri di cui prima. Tecnica nota da secoli, che però ha trovato linfa enorme nell'essere vista come una procedura categoriale.

Poi: Bill Lawvere, nell'ultima parte della sua carriera, ha cercato per molto tempo una assiomatizzazione degli spazi "coesivi", cioè quelli che, oltre a essere degli spazi, sono degli spazi "le cui parti cooperano a una struttura globale coerente" simile alla definizione di varietà data da Riemann (il tedesco di Riemann mi pare di ricordare si traduca come "molteplicità", il russo è многообразие, una cosa tipo "multiforme"). Ci sono diversi fatti sorprendenti, ossia che certe strutture "discrete" (per esempio classi di grafi) andrebbero considerate come capaci di formare "agglomerati coesivi", ma solo se sono grafi riflessivi (!?).
Lawvere voleva usare questo linguaggio come fondamento per la geometria differenziale, ma non è stato ascoltato e il progetto era troppo ambizioso. Ho studiato con una certa attenzione -per il poco che ne ho tratto- quelle idee, perché recentemente Urs Schreiber, un fisico (che detto per inciso, è altrettanto stronzo che me ;-) ) ha scritto un gigantesco libro cercando di usare la teoria della coesione assiomatica per fare teoria delle stringhe https://arxiv.org/abs/1310.7930 (come vedete, è poco meno di 800 pagine. Un agile libello!).

Lawvere, comunque, iniziò la sua carriera proprio cercando una assiomatizzazione della meccanica dei continui: ora devo andare, ma alcuni riferimenti bibliografici sono

- Lawvere, F. William, and Stephen H. Schanuel, eds. Categories in continuum physics: Lectures given at a workshop held at SUNY, Buffalo 1982. Vol. 1174. Springer, 2006.
- Lawvere, F. William. "Categorical algebra for continuum micro physics." Journal of Pure and Applied Algebra 175.1-3 (2002): 267-287.
- Lawvere, F. William, Stephen H. Schanuel, and Walter Noll. "Continuum mechanics and geometric integration theory." Categories in Continuum Physics: Lectures given at a Workshop held at SUNY, Buffalo 1982. Springer Berlin Heidelberg, 1986.
- Lawvere, F. William, Stephen H. Schanuel, and William O. Williams. "Structure of continuum physics." Categories in Continuum Physics: Lectures given at a Workshop held at SUNY, Buffalo 1982. Springer Berlin Heidelberg, 1986.
- Lawvere, F. William, Stephen H. Schanuel, and Alfred Frölicher. "Cartesian closed categories and analysis of smooth maps." Categories in Continuum Physics: Lectures given at a Workshop held at SUNY, Buffalo 1982. Springer Berlin Heidelberg, 1986.
- Lawvere, F. William. "Toposes of laws of motion." (non riesco a trovarne una versione online, ma esiste)
- Lawvere, F. William, Stephen H. Schanuel, and Anders Kock. "Introduction to synthetic differential geometry, and a synthetic theory of dislocations." Categories in Continuum Physics: Lectures given at a Workshop held at SUNY, Buffalo 1982. Springer Berlin Heidelberg, 1986.

Anche senza entrare nello specifico, è evidente il tema comune che anima tutti questi lavori, così come il fatto che è squisitamente difficile fare un'affermazione non banale sul tema.
La rivoluzione concettuale piu profonda del ventesimo secolo è stata proprio quella che ha portato alla ri-definizione del concetto di spazio. Un concetto troppo generale quando lasciato in mano ai matematici puri, che allo stesso tempo però hanno portato diverse idee le quali sono state ogni tanto prese sul serio dagli altri (matemaici meno puri, e fisici).
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Re: Discreto e continuo

Messaggioda gabriella127 » 19/01/2024, 15:37

megas_archon ha scritto:Sì, hai ragione, è stata una uscita un po' troppo cattiva. Scusa.

Ti ho anche scritto in privato.

Grazie mille, megas_archon, ho apprezzato molto e sei stato molto gentile, non è da tutti, davvero.
L'episodio è chiuso :D
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Re: Discreto e continuo

Messaggioda Silent » 20/01/2024, 14:15

dissonance ha scritto:Tutte le definizioni dell'analisi vengono date partendo da un oggetto discreto da mandare poi al limite

E' vero, ma l'operazione discreta (la somma, il rapporto incrementale, ...) sta già operando sui numeri reali (limiti di oggetti discreti) in maniera diretta. Il mio stupido azzardo era 'potrebbe venire tutto più semplice se operassi solo con oggetti discreti anziché i reali'?
Quello che voglio dire è che nell'analisi classica mandiamo al limite valori di funzioni che manipolano in maniera diretta delle quantità che sono già il limite di qualcos'altro, mentre mi chiedevo se si potessero semplificare le cose facendo il limite una volta sola.

@gabriella127, mi è piaciuto molto ciò che hai scritto nel tuo primo intervento, ti ringrazio. Il libro di Paolo Zellini l'ho comprato e letto un mesetto fa, proprio perché stavo cercando qualcuno che avesse già trattato la questione. Non ho trovato ciò che cercavo, ma è stata comunque una bella lettura.

Purtroppo la mia ignoranza mi impedisce di capire l'ultimo intervento di @megas_archon.
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Re: Discreto e continuo

Messaggioda megas_archon » 20/01/2024, 14:46

Sopperisco alla mia immensa cultura essendo una persona sgradevole.
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