Ma perché incasinare una cosa semplice?
Chiama $I(R,V;varepsilon)$ l'integrale assegnato.
Per definizione hai:
$vartheta (varepsilon - V(1 - (r/R)^3)) = 1 \quad <=> \quad varepsilon - V(1 - (r/R)^3) >= 0 \quad <=> \quad r >= R root(3)(1- varepsilon/V)$
quindi il $I(R,V;varepsilon) = 0$ se e solo se
1:
$R root(3)(1- varepsilon/V) >= root(3)(2) R \quad <=> \quad V - varepsilon >= 2V \quad <=> \quad varepsilon <= - V$
mentre $I(R,V;varepsilon) = int_0^(root(3)(2) R) r^2 "d" r = 2/3 R^3$ solo se:
$R root(3)(1- varepsilon/V) <= 0 \quad <=> \quad V - varepsilon <= 0 \quad <=> \quad varepsilon >= V$.
Nei rimanenti casi, cioè se $-V < varepsilon < V$, hai:
$I(R,V;varepsilon) = int_(root(3)(1- varepsilon/V) R)^(root(3)(2) R) r^2 "d" r =R^3/3 (1 + varepsilon/V) = (V + varepsilon)/(3 V)\ R^3$.
L'unica cosa che (da fisico/ingegnere) avresti potuto voler eliminare dai conti è quella scomoda costante $R$, via una normalizzazione con sostituzione del tipo $t=r/R$.
Sono sempre stato, e mi ritengo ancora un dilettante. Cioè una persona che si diletta, che cerca sempre di provare piacere e di regalare il piacere agli altri, che scopre ogni volta quello che fa come se fosse la prima volta. (Freak Antoni)