Propongo un esempio in cui i conti possono essere fatti tutti in modo esplicito, in modo da far apprezzare ai curiosi come possono interagire i metodi moderni e classici del CdV.
***
Problema:
Posto:
\[
I[u] := \int_0^1 \mathbf{e}^x\ \left( u^2(x) + \frac{1}{2}\ (u^\prime)^2 (x)\right)\ \text{d} x\; ,
\]
risolvere il problema:
\[
\min \left\{ I[u],\ u\in C^1([0,1]) \text{ tale che } u(0)=0 \text{ ed } u(1)=\mathbf{e}\right\}\; .
\]
In altre parole, stabilire se il funzionale $I$ è limitato inferiormente nella classe:
\[
X:=\{u \in C^1([0,1]):\ u(0)=0,\ u(1)=\mathbf{e}\}
\]
e, se possibile, calcolarne il minimo e le funzioni estremanti.
***
Soluzione:
Per risolvere il problema lo segmentiamo e, in ordine, discutiamo:
- Esistenza: la soluzione esiste usando il Metodo Diretto,
- Unicità: la soluzione è unica usando la convessità dell'integrando,
- Regolarità: la soluzione del problema è tanto regolare quanto serve per riuscire a scrivere l'equazione di Eulero-Lagrange associata al funzionale,
- Calcolo Esplicito: la soluzione si può determinare esplicitamente usando l'equazione di Eulero-Lagrange associata al funzionale.
Cominciamo considerando il punto 1.
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Come detto da Luca, il Metodo Diretto si fonda sulla possibilità di stabilire un teorema
à la Weierstrass per il funzionale $I$. Questo è impossibile da fare nell'insieme $X\subset C^1$ in esame: infatti, $C^1$ è dotabile di topologie "decenti" (indotte da norme, come \(\| u\| := \| u\|_p + \| u^\prime \|_p\)
1) ma non "sufficientemente buone" da servire allo scopo.
2Per applicare il Metodo Diretto, allora, serve "completare" $C^1$ rispetto ad una topologia "decente" della quale esso si può dotare. Ciò si può fare con metodi di Topologia Generale e si può dimostrare che con tali metodi si ottengono i cosiddetti
spazi di Sobolev $W^{1,p}(0,1)$ (qui $p>= 1$), cioè quegli spazi che contengono le funzioni $u\in L^p(0,1)$ tali che:
\[
\exists v\in L^p(0,1):\quad \forall \phi \in C_0^\infty ([0,1]),\ \int_0^1 u(x)\ \phi^\prime (x)\ \text{d} x = - \int_0^1 v(x)\ \phi(x)\ \text{d} x
\]
(qui $p>= 1$ o $p=oo$ e \(C_0^\oo([0,1])\) denota lo spazio delle funzioni continue in $[0,1]$, indefinitamente derivabili in $]0,1[$ e nulle negli estremi dell'intervallo).
La funzione $v$ è detta, usualmente,
derivata debole di $u$ e si denota col simbolo \(\operatorname{D} u\); inoltre si prova che \(\operatorname{D} u=u^\prime\) non appena \(u\in C^1([0,1])\). Quindi \(X\subset C^1([0,1])\subseteq W^{1,p}(0,1)\).
Inoltre, ogni funzione di $X$ si può scrivere come somma di \(u_0(x):=\mathbf{e} x \in C^1([0,1])\) (che soddisfa le condizioni al contorno assegnate per determinare la classe $X$) e di un'appropriata funzione \(y \in C_0^1([0,1])\), i.e. $u=u_0+y$; si può poi dimostrare che anche \(C_0^1([0,1])\) è uno spazio topologicamente "decente" ma non "sufficientemente buono" e che completandolo si ottiene un altro tipo di spazio di Sobolev, usualmente denotato con $W_0^{1,p}(0,1)$, più "piccolo" di $W^{1,p}(0,1)$, le cui funzioni sono "nulle" in $0$ ed in $1$ e tale che \( C_0^1([0,1])\subset W_0^{1,p}(0,1)\). In tal modo si vede che $X\subset \tilde{X} := u_0 + W_0^{1,p}(0,1) \subset W^{1,p}(0,1)$.
Gli spazi di Sobolev $W^{1,p}(0,1)$ e $W_0^{1,p}(0,1)$, per costruzione, sono completi rispetto alla topologia costruita come quella di $C^1$ e $C_0^1$; quindi abbiamo spazi con proprietà topologiche "migliori" di quelle di $C^1$ e $C_0^1$ (e di $X$) e perciò (in linea di principio) è più facile ottenere teoremi di esistenza.
Tuttavia, in $W^{1,p}(0,1)$ ed in $W_0^{1,p}(0,1)$ non abbiamo più la nozione classica di derivata, che è rimpiazzata dalla derivata debole, né tantomeno di derivata continua; ciò spiega il punto 3 (
Regolarità) della scaletta: se si vuole scrivere l'equazione di Eulero-Lagrange sugli estremali "deboli" si deve innanzitutto essere sicuri di poterli derivare in senso "classico".
Se l'integrando $f(x,u,\xi)$ che definisce il funzionale (ossia la cosiddetta Lagrangiana) è "sufficientemente buono", il funzionale $I[\cdot ]$ può essere prolungato per continuità da $C^1$ a tutto $W^{1,p}$; in tal modo ci si trova sotto mano una versione "indebolita" del problema di minimo originario, i.e. la seguente:
\[
\inf \Big\{ I[u],\ u \in u_0+W_0^{1,p}(0,1)\Big\}\; .
\]
A questo punto si pongono tre problemi:
- scegliere lo spazio $W^{1,p}(0,1)$ giusto per ambientare il problema,
- scegliere una sottoclasse di $W^{1,p}(0,1)$ che contenga $X$ e che non sia "troppo grande",
- fornire il teorema à la Weierstrass per il funzionale.
Non scendo nei dettagli (cfr. Dacorogna,
Introduction to the Calculus of Variations), ma i punti a,b,c si possono affrontare insieme usando il seguente risultato:
Siano $\Omega \subseteq \RR^n$ un insieme limitato con frontiera Lipschtziana, \(f=f(x,u,\xi)\in C (\overline{\Omega}\times \mathbb{R}\times \mathbb{R}^n)\) ed:
\[
I[u] := \int_\Omega f(x,u(x), \nabla u(x))\ \text{d} x\; .
\]
Se:
- \(\xi \mapsto f(x,u,\xi)\) è convessa per ogni \((x,u)\in \overline{\Omega}\times \mathbb{R}\),
- esistono $p>q>=1$, $\alpha>0$ e $\beta,\gamma \in \RR$ tali che:
\[
\tag{C}
f(x,u,\xi) \geq \alpha\ |\xi|^p + \beta\ |u|^q + \gamma
\]
per ogni \((x,u,\xi)\in \overline{\Omega}\times \mathbb{R}\times \mathbb{R}^n\),
allora il problema di minimo:
\[
\inf \Big\{ I[u],\ u\in u_0+W_0^{1,p}(\Omega) \Big\}
\]
(con $u_0\in W^{1,p}(\Omega)$ tale che $I[u_0]<+\infty$) ha almeno una soluzione in $\bar{u} \in u_0 + W_0^{1,p}(\Omega)$.
Infatti, questo teorema dice che il $p$ "giusto" è quello per il quale vale una minorazione del tipo (C) e che la classe $\tilde{X}=u_0+W_0^{1,p}(0,1)$ è buona per risolvere il problema di minimo.
Nel nostro caso, si ha $n=1$, $\Omega=[0,1]$ e \(f(x,u,\xi) = \mathbf{e}^x u^2 + 1/2 \mathbf{e}^x \xi^2 \in C^\infty ([0,1])\) ; perciò $\xi \mapsto f(x,u,\xi)$ è convessa per ogni $(x,u)\in \Omega \times \RR$ e d'altro canto (essendo $\mathbf{e}^x\geq 1$ per $x\in \Omega$) risulta:
\[
f(x,u,\xi ) \geq \mathbf{e}^0 u^2 + \frac{1}{2} \mathbf{e}^0 \xi^2 = u^2 + \frac{1}{2} \xi^2
\]
cosicché vale la (C) con $p=q=2$, $\alpha =1/2$, $\beta =1$ e $\gamma =0$.
Ciò implica che lo spazio di Sobolev "giusto" per ambientare il problema è $W^{1,2}(0,1)$ e che il minimo del funzionale esiste in $\tilde{X} := u_0+W_0^{1,2}(0,1)$ con $u_0(x)=\mathbf{e} x$.
Andiamo al punto 2.
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Rimandando sempre al testo di Dacorogna, si vede che nelle stesse ipotesi del teorema precedente si ha:
Se almeno una tra le funzioni parziali $u\mapsto f(x,u,\xi)$ o $\xi \mapsto f(x,u,\xi)$ è strettamente convessa (per ogni $(u,\xi)\in \Omega \times \RR^n$ la prima o per ogni $(x,u)\in \Omega \times \RR$ la seconda), allora il problema di minimo:
\[
\inf \Big\{ I[u],\ u\in u_0+W_0^{1,p}(\Omega) \Big\}
\]
ha unica soluzione in $u_0+W_0^{1,p}(0,1)$.
Nel caso in esame, la funzione parziale $\xi \mapsto \mathbf{e}^x u^2 + 1/2 \mathbf{e}^x \xi^2$ è strettamente convessa per ogni $(x,u)\in \Omega \times \RR$ (infatti la derivata seconda rispetto a $\xi$ è strettamente positiva in $\RR$); ergo il problema di minimo ha unica soluzione in $u_0+W_0^{1,2}(0,1)$.
Il punto 3 è quello, in generale, davvero spinoso...
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Esso è il famoso XIX problema posto da Hilbert al Congresso Internazionale di Matematica di Parigi del 1900 ed è stato risolto da Ennio de Giorgi e John Forbes Nash nel 1957.
Dato che la funzione $f$ è analitica, si può affermare che gli estremanti del funzionale $I$ sono anch'essi analitici, in particolare sono di classe $C^\infty$.
Infine, punto 4, calcoliamo gli estremanti ed il valore del minimo.
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Dato che la soluzione $\bar{u}\in u_0+W_0^{1,2} (0,1)$ è di classe $C^\infty$ essa soddisfa in senso classico l'equazione di Eulero-Lagrange associata al funzionale, i.e.:
\[
\frac{\text{d}}{\text{d} x} \Big[ f_\xi \big( x,\bar{u}, \bar{u}^\prime (x) \big)\Big] = f_u\big( x, \bar{u}(x), \bar{u}^\prime (x)\big)\; ,
\]
e verifica le condizioni al bordo:
\[
\bar{u}(0)=u_0(0)=0\; ,\quad \bar{u}(1)=u_0(1)=\mathbf{e}\; ;
\]
dato che $\bar{u}$ è l'unico estremante per $I$, possiamo concludere che $\bar{u}$ è l'unica soluzione del problema con condizioni al bordo:
\[
\begin{cases}
\frac{\text{d}}{\text{d} x} \Big[ f_\xi \big( x,u(x), u^\prime (x) \big)\Big] = f_u\big( x, u(x), u^\prime (x)\big) &\text{, in } ]0,1[ \\
u(0)=0\\
u(1) = \mathbf{e}
\end{cases}\; .
\]
Scrivendo esplicitamente l'equazione si trova:
\[
\begin{split}
&\begin{cases}
\frac{\text{d}}{\text{d} x} \Big[ \mathbf{e}^x u^\prime (x) \Big] = 2\mathbf{e}^x\ u(x) &\text{, in } ]0,1[\\
u(0)=0\\
u(1) = \mathbf{e}
\end{cases}\\
\Leftrightarrow\quad &\begin{cases}
u^{\prime \prime} (x) + u^\prime (x) - 2 u(x)=0 &\text{, in } ]0,1[\\
u(0)=0\\
u(1) = \mathbf{e}
\end{cases}
\end{split}
\]
e, facendo i conti, si vede che l'unica soluzione del problema è:
\[
\bar{u}(x) = \frac{\mathbf{e}^3}{\mathbf{e}^3 - 1}\ \left( \mathbf{e}^x - \mathbf{e}^{-2x}\right)\; .
\]
Infine, per sostituzione diretta, si trova:
\[
\min_{u\in X} I[u] = I[\bar{u}] = \frac{\mathbf{e}^3(\mathbf{e}^3 + 2)}{2(\mathbf{e}^3 -1)}\approx 11.62\; .
\]
Sono sempre stato, e mi ritengo ancora un dilettante. Cioè una persona che si diletta, che cerca sempre di provare piacere e di regalare il piacere agli altri, che scopre ogni volta quello che fa come se fosse la prima volta. (Freak Antoni)