Questo è un fattore molto importante che ho notato, sembra che da noi la scienza sia "roba da poco" rispetto alla cultura umanistica, mentre non ci rendiamo conto che è grazie a essa che sappiamo come funzionano molte cose.
Luogo comune piuttosto ricorrente: non vedo le masse sgomitare davanti alle librerie per accaparrarsi l'ultima traduzione di Ovidio o i caffè colmi di intellettuali pronti a duellare in difesa del romanzo russo contro il romanzo francese.
Credo che sia un'idea dovuto ad un certo primato sulle lettere, arti ed architettura che però era già in declino sul finire dell'800.
Se pensiamo che l'ultimo filosofo influente italiano fu Vico e l'ultima corrente artistica il futurismo. Nemmeno in architettura l'Italia ha prodotto idee nuove d'esportazione nell'ultimo secolo, a parte singoli architetti di grido, le ultime idee originali (peraltro discutibili) le troviamo ad inizio '900 col razionalismo ed il neo-medievale che ebbero scarso successo sia in patria che all'estero. L'ultimo grande scrittore è stato Eco, grazie principalmente ad un romanzo uscito ormai quasi 40 anni fa, alla sua morte in Italia molti lo hanno etichettato come un fastidioso radical chic perdigiorno, all'estero era considerato uno dei più grandi intellettuali viventi. Arriviamo anche al paradosso che spende più il Regno Unito per gli scavi archeologici che l'Italia. Quindi questo grande rispetto per l'umanesimo in danno alla cultura tecnico-scientifica non lo vedo.
Credo che invece la scarsa diffusione della cultura scientifica ed umanistica viaggino congiuntamente. D'altronde in Italia la spesa per istruzione e consumi culturali (libri, riviste, cinema, mostre e teatri) è fra le più basse d'Europa.