hidgi ha scritto:Le mie sono solo ipotesi e la scelta è influenzata da vari fattori: per me fare il dottorato vuol dire produrre, fare lavori, pubblicare. Se vedrò per esempio che la produzione è scarsa (ovviamente non dopo pochi mesi ma dopo un tempo considerevole) credo sia più utile spendere meglio il proprio tempo. Il titolo in sè non mi interessa poi tanto particolarmente anche considerando che nel mondo privato non è minimamente considerato.
Il numero di pubblicazioni che riuscirai a fare dipende molto anche dal settore nel quale stai facendo ricerca. Ci sono persone che terminano un PhD con un articolo solo. Tra l'altro nel primo anno è logico che tu non abbia pubblicazioni su riviste, magari qualche atto di conferenza sì (ma neppure questo è scontato). Quindi dovresti comunque iniziare il secondo anno (o pensi già di ritirarti al primo?) per poi trarre le conclusioni alla fine. Una volta finito il secondo anno (a meno di non essersi accorto di non aver fatto assolutamente nulla e quindi di non poter continuare) ha senso completare comunque il ciclo, non fosse altro per giustificare i due anni (altrimenti) buttati. Detto questo il PhD fuori dall'università è visto (spesso) come superfluo però di certo sempre meglio poter dire "negli ultimi tre anni ho conseguito un PhD" piuttosto che dire "negli ultimi due ho iniziato un dottorato ma poi ho deciso di smettere perché sono incapace a fare ricerca".
hidgi ha scritto:Per quanto riguarda l'impegno morale e tutto quello che dici è vero, tuttavia non vedo perchè debba essere colpa mia o un problema mio se il dipartimento perdesse dei fondi: io devo pensare al mio futuro scusami, come chi ho di fronte non esiterebbe a fare se trovasse di meglio. Sono legalmente uno studente e questa storia del vincolo morale è una cosa abbastanza triste scusami. Poi sembra che il mio dipartimento stia pagando la mia borsa...è il Miur che lo fa ! E' perfettamente lecito che una persona nel corso del tempo possa cambiare idea per milioni di motivi e nel regolamento del dottorato non si pone nessun vincolo legale, basta comunicarlo al cordinatore e la cosa è fatta. Pure un azienda potrebbe avere dei danni se un un dipendente molto bravo e capace se ne va perchè deve subito attrezzarsi per formare (e costa) un altro dipendente sperando che diventi affidabile quanto il primo.
E' vero quello che dici ma, dato che la situazione dell'università italiana è ben nota, sono d'accordo con il professore che ti chiedeva se eri veramente certo di voler fare il dottorato. Ognuno di noi, legittimamente, ha il diritto di pensare al proprio futuro ma, dato che viviamo in società, dovremmo anche cercare di non arrecare danni evitabili agli altri. Secondo me, nella selezione dei nuovi dottorandi, andrebbe valutata, prima ancora della bravura dello studente, la determinazione e la responsabilità.
Il confronto con le aziende, lo ripeto, non ha senso. Le aziende fanno (o meglio, dovrebbero fare) profitti e si possono permettere di "perdere" parte dei propri investimenti. L'università non ha questa funzione, investe non per fare profitti ma per produrre ricerca. Che senso avrebbe investire in una persona scarsamente motivata?
Tra l'altro molte aziende quando investono (ad esempio pagando PhD, Master o corsi vari) ti fanno firmare delle clausole che dicono che dovrai lavorare lì per almeno tot anni pena il rimborso (almeno parziale) dei costi sostenuti per la tua formazione. Questo l'università non lo fa.
hidgi ha scritto: Poi da cosa è evidente che non è la mia strada? Io ho cominciato da pochissimi mesi e credo che il 99% delle persone abbiano i miei dubbi, nessuno può sapere se è portato per la ricerca se non spende del tempo considerevole per poterlo capire. Detto questo spero di rimanere e produrre tanto.
Le motivazioni te le ho dette prima (il discorso del posto fisso, che poi hai spiegato). Detto ciò ti auguro di avere successo nel tuo dottorato. Ovvio, nessuno di noi può sapere se è veramente portato per la ricerca. Detto ciò, secondo me, ha senso portare a termine il percorso iniziato (a meno di casi particolari), non fosse altro per avere la certezza di essere/non-essere in grado di fare ricerca.
hidgi ha scritto:A questo punto se esistono tutte queste cose al di fuori di quello che cita il bando facciamo una cosa. Eliminiano i concorsi e guardiamoci in faccia come fanno in molti paesi esteri.
Su questo sono d'accordo. I bandi per i PhD sono anacronistici, esistono praticamente solo in Italia. La spartizione dei posti, mediamente, è fatta in base ai gruppi di ricerca a rotazione quindi tanto vale dare dei budget ai singoli gruppi mirati all'assunzione (o meglio alla copertura di un assegno di ricerca) di un dottorando. Non ci sarebbe nulla di male, tanto anche oggi se hai un professore "forte" alle spalle entri con la borsa. Quindi tanto vale rendere limpido il tutto. In questo modo, come diceva in parte Raptorista, diventerebbe anche sensato il discorso "il gruppo di ricerca X si fa sfuggire sempre i dottorandi, smettiamo di dargli fondi". Avrebbe molto più senso rispetto al penalizzare l'intero dipartimento (in verità, corso di dottorato).