Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda Martino » 16/07/2023, 14:38

Ma no, sono in totale disaccordo, e credo di aver capito perché.

Spesso si trovano (in libri di testo, esercizi o esami) scritture come

(*) "Sia \( \displaystyle t = \sqrt[6]{-3} \) ".

Bisogna che chiariamo in modo definitivo che la scrittura (*) è un abuso di notazione. Quello che si intende dire con (*) è

(**) "Sia $t$ un qualsiasi numero complesso tale che $t^6=-3$".

Fine, con questa formulazione non c'è più nessuna ambiguità. Un'altra possibilità è

(***) "Sia $t= lambda delta$ dove $lambda=cos(pi/6)+i sin(pi/6)$ e \( \displaystyle \delta = \sqrt[6]{3} \in \mathbb{R}_{>0} \) ".

Anche qui non ci sono problemi.

L'insegnamento scolastico di cosa significa radice quadrata (o cubica, o quarta, eccetera) non c'entra niente, e dire agli studenti "$sqrt(2)$ indica un qualsiasi numero che elevato al quadrato dà $2$ ma in certi ambiti, a seconda del contesto, indica l'unica radice quadrata positiva" creerebbe una confusione enorme negli studenti. Non potete insegnare a un ragazzo di 15 anni la matematica dando tutte le definizioni fin nei minimi dettagli e spiegando che nei vari testi ci sono abusi di notazione, che quello che credono vero oggi domani potrebbe crollare. In questo caso, insegnando ai ragazzi che il simbolo di radice può significare più cose allo stesso tempo, li stiamo solamente allontanando dall'idea sacrosanta che la matematica in fondo è un bacino di certezze (forse l'unico).
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Re: E' una domanda seria.

Messaggioda 3m0o » 16/07/2023, 14:51

3m0o ha scritto:Poi su questo punto potrei sbagliarmi, perché non possiedo le giuste conoscenze per esprimermi davvero! Quello che voglio dire, è perché se si ritiene che un concetto è troppo complicato delle volte capita che si sceglie comunque di spiegarlo, ma siccome è considerato "troppo" difficile per essere spiegato per com'è davvero allora si opta per insegnarlo in modo impreciso o improprio? E io mi chiedevo perché di questa scelta! Se si ritiene che un concetto è troppo complicato piuttosto è meglio non spiegarlo per nulla, ma richiederei comunque la medesima e la massima precisione e profondità ma per le cose alla portata. La mia domanda voleva arrivare qui penso.

Okay forse ho preso l'esempio sbagliato, quello che volevo chiedere è questo.
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Re: E' una domanda seria.

Messaggioda Martino » 16/07/2023, 15:03

3m0o ha scritto:
3m0o ha scritto:Poi su questo punto potrei sbagliarmi, perché non possiedo le giuste conoscenze per esprimermi davvero! Quello che voglio dire, è perché se si ritiene che un concetto è troppo complicato delle volte capita che si sceglie comunque di spiegarlo, ma siccome è considerato "troppo" difficile per essere spiegato per com'è davvero allora si opta per insegnarlo in modo impreciso o improprio? E io mi chiedevo perché di questa scelta! Se si ritiene che un concetto è troppo complicato piuttosto è meglio non spiegarlo per nulla, ma richiederei comunque la medesima e la massima precisione e profondità ma per le cose alla portata. La mia domanda voleva arrivare qui penso.

Okay forse ho preso l'esempio sbagliato, quello che volevo chiedere è questo.
Sì certo su questo sono totalmente d'accordo, un esempio molto chiaro è dato dalla definizione di funzione suriettiva. Il concetto di suriettività non viene mai spiegato al liceo (nella pratica è così) e non ho mai ben capito perché.
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Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda 3m0o » 16/07/2023, 15:24

In che senso non viene spiegato?
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Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda Martino » 16/07/2023, 15:34

Vedi per esempio qui (è una discussione di molti anni fa ma rende bene l'idea). Se chiedi a uno studente delle superiori (italiano) qual è la differenza tra codominio e immagine, 99 volte su 100 non la sa.
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Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda megas_archon » 16/07/2023, 16:48

Non potete insegnare a un ragazzo di 15 anni la matematica dando tutte le definizioni fin nei minimi dettagli
[mettere qui il meme "ah no?"]

li stiamo solamente allontanando dall'idea sacrosanta che la matematica in fondo è un bacino di certezze (forse l'unico).
Non c'è niente di incerto nell'affermare che l'inversa della funzione \(x\mapsto x^2\) è una relazione che non è funzionale (perché non è single-valued -dato che \(4\mapsto \{2,-2\}\) né totale -dato che ha per dominio solo i reali non negativi)...
Ultima modifica di megas_archon il 16/07/2023, 16:50, modificato 1 volta in totale.
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Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda megas_archon » 16/07/2023, 16:49

li stiamo solamente allontanando dall'idea sacrosanta che la matematica in fondo è un bacino di certezze (forse l'unico).
Il prurito che mi viene quando leggo queste stronzate, non avete idea...

Ci sono due affermazioni in quel commento: entrambe sono delle posture ideologiche spacciate per oggettive. Che è la cosa che mi fa incazzare.

1. Non si può insegnare la matematica in maniera troppo formale a dei quindicenni
Segretamente la domanda di apertura di questo thread penso fosse proprio: perché non si può, esattamente? E soprattutto si sta dicendo che "non si può" perché è sbagliato, perché è inutile, perché è controproducente?

Ci sono due modi di approcciare il problema: o trovare dei dati quanto più oggettivi possibile, o affidarsi a una posizione ideologica che ha ben poco di oggettivo (che viene desunta, ad esempio, da certa cattiva divulgazione, o dall'immagine infedele dei presupposti metodologici ed ermeneutici del matematico -stortura che viene inculcata ai matematici stessi, che si dice non abbiano bisogno né di incontrare le sottigliezze delle questioni fondazionali, né di acquisire un po' di linguaggio per approcciare questo problema: l'ethos dell'insegnamento).

E il problema è sottile per molti motivi, il più pesante dei quali è: supponiamo che il calcolo delle relazioni venga insegnato come preliminare per definire la corrispondenza "radice quadrata" nel modo giusto. Questo scatto in avanti di astrazione creerebbe certamente confusione e sconcerto nei ragazzi, ma il problema sta nel loro apparato cognitivo che è ancora immaturo per l'astrazione, o nei cicli di istruzione precedente che a quell'astrazione li ha disabituati? Se avete una risposta semplice a questa domanda, vi invidio.

2. la matematica è un bacino di certezze
Qualsiasi cosa significhi questa sciocchezza, si tratta anche qui di una postura ideologica, tra l'altro obsoleta da più di un secolo. L'impressione della maggioranza dei filosofi della matematica (che siano anche individui la cui opinione merita qualche attenzione) è che la matematica sia un corpo di conoscenze che ha sia una dimensione oggettiva, cioè costruisce un sapere valido per tutti, sia una dimensione sociale, nel senso che (ad esempio) il processo che ingloba un nuovo risultato all'interno dei vecchi avviene in due modi: (a) certificazione di correttezza ("il teorema enuncia un fatto vero, e viene dimostrato senza errori") e (b) verifica della conformità d'approccio ("il teorema è scritto nell'idioletto dei matematici").
La certificazione della correttezza, da sola, non "fa" la matematica, e questo è il motivo per cui, nella versione semplificata della biografia di Ramanujan, quest'ultimo ebbe così tanta difficoltà a farsi capire dai suoi "pari" quando venne inserito nel milieu della matematica europea: i risultati che lui vedeva, sebbene "veri", erano impassibili di verifica.

Ora, le due posizioni sono certamente correlate: l'opinione rispetto allo statuto ontologico della matematica, cioè rispetto a dove essa si ponga rispetto agli altri saperi, influenza inevitabilmente la postura che si prende rispetto alla prima domanda, cioè se valga la pena e quanto sia efficace evitare di semplificarla ad uso dei cervelli dei ragazzini.

Da parte mia, credo che l'educazione debba instillare il dubbio rispetto allo status quo, e l'urgenza di risolvere quel dubbio, e che chi non dubita sia, semplicemente, inadatto a ricevere un'educazione superiore. A chi la cerca, la condizione necessaria per ottenere un'istruzione è venire stuprati dalla irrisolvibile, sfacciata complessità del reale; sopravvivere a questo trauma, e cercare di correggere la propria deficienza cognitiva quanto più è possibile.

Credo che imparare le definizione giuste faccia male, che sia giusto che faccia male, e che chi invece auspica il contrario non abbia capito cosa sia ricevere un'istruzione, né quale sia il modo proficuo di ottenerla.

In quanto prodotto dell'intelletto umano, la matematica non è esente dalla necessità di presentarsi come un corpo di conoscenza in perenne costruzione, e andrebbe mostrata nella sua complessità (nella sua evoluzione storico-critica, similmente a quanto si fa con la filosofia, maledetto Gentile e i so' morti), anche a costo di confondere profondamente, perché costringe ad avere definizioni "malleabili".

La matematica non è un "bacino di certezze" tout court, ma lo è dati alcuni presupposti: è quest'ultimo a renderla diversa da una scienza sperimentale, ma è tanto irreale quanto la poesia -e ha, secondo me, dei punti di contatto metodologici con quest'ultima, ma questa è un'altra storia come si dice. Questi presupposti sono -sempre- radicati nell'urgenza di comprendere, in ciò di cui si vuole parlare a tutti i costi perché sta, disgraziatamete, lì davanti a noi; e perciò questi presupposti sono -sempre- variabili e passibili di modifica: credevamo che le radici quadrate di numeri negativi fossero un'abominio, così come infinite rette parallele a una data, o nessuna, poi qualcosa ci ha mostrato incontrovertibilmente che così non è, o peggio, che la nostra incapacità di accettare un fatto era dovuta al nostro pregiudizio, più che all'effettiva impossibilità o ripugnanza del fatto stesso.

Quando abbiamo capito che a essere "sbagliata" non è la credenza che a certi presupposti le parallele a una data retta siano tante, ma la superstizione per cui la matematica debba parlare del mondo unicamente per come esso ci appare, abbiamo cambiato alla radice i presupposti epistemologici con cui facevamo matematica. Senza fare tante storie, tra l'altro.

Ora, queste idee che ho messo goffamente per iscritto sono state date a me quando avevo 15-16 anni, non più tardi; linearizzate, pettinate, semplificate ad uso del delfino, quel che volete, ma mi sono state consegnate a forza; ne ho certamente tratto sgomento, e rabbia (perché qualsiasi ragazzino reagisce con rabbia quando si rende conto che fino al momento prima gli/le avevano mentito, e se non lo fa è un debosciato).

Ma, mi sembra, a parte essere diventato un individuo profondamente sgradevole e ingombrante, ho retto il colpo discretamente.
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Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda Martino » 16/07/2023, 18:21

Quello che voglio dire è che a uno che sa poco/niente di matematica non è ideale insegnare che un numero naturale è una classe di equipotenza, che un intero è una classe di equivalenza di una coppia di naturali, gli anelli, i campi, le sezioni di Dedekind, poi le operazioni e tutte le strutture algebriche, poi le categorie, eccetera. Se fai così quello che ottieni è virtualmente il nulla, e un allontanamento dalla matematica ancora più grave di quello che già esiste. Da come parli sembra che tu non abbia mai spiegato la matematica a studenti non da 30 e lode. Quando si spiega qualcosa bisogna cominciare con le cose facili e aumentare la difficoltà gradatamente, non scagliare tutto in faccia allo studente nella formulazione più generale e astratta possibile. Anche tu quando hai studiato sei partito da casi particolari e poi hai generalizzato. Ora sembra che vuoi spacciare l'astrazione più generale possibile come la cosa da insegnare da cui poi discendono tutte le altre particolarizzando. Non è così che funziona, le generalizzazioni arrivano (in modo naturale e fisiologico) dopo nel processo di apprendimento.
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Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda 3m0o » 16/07/2023, 19:25

megas_archon ha scritto:
1. Non si può insegnare la matematica in maniera troppo formale a dei quindicenni
Segretamente la domanda di apertura di questo thread penso fosse proprio: perché non si può, esattamente?

Esattamente, la mia domanda è proprio questa!

Senza avere la presunzione di avere ragione, mi chiedevo cosa ci fosse di sbagliato nel "migliorare la qualità" (matematica) delle cose dette a discapito della quantità!
Provo a spiegarmi meglio facendo un esempio, piuttosto che voler vedere ad esempio i logaritmi o gli esponenziali, che oggi spesso vengono definiti formalmente tramite le serie di potenze, un concetto forse un po' complicato per un ragazzino, allora perché voler insegnare i logaritmi e gli esponenziali (non dico che non si possa definirli in altro modo, era per portare un esempio del concetto che voglio capire) ?
Piuttosto costruiamo \( \mathbb{Z} \) intuitivamente e poi mostriamo come tradurlo formalmente, cioè mostrare come un intuizione si formalizza in linguaggio matematico e allenare questa cosa, e poi si passa il tempo necessario sui gruppi abeliani senza voler strafare (ho detto a caso ehh, magari non è questo l'argomento adatto), non so se riesco a spiegarmi. Spero di sì

Cioè quello che voglio dire è, non è possibile trovare degli argomenti, dei problemi, dei teoremi, che visti nel loro formalismo matematico risultino intuitivi per dei ragazzini? Nel senso che si insegna il formalismo matematico, perché uno arriva all'università e nessuno ti insegna il formalismo matematico, o sei in grado di comprenderlo da te oppure ciao, e ci sta che all'università sia così, dico che forse bisognerebbe partire dal intuizione per arrivare al formalismo, allenare questa traduzione, questa scrittura, questa lettura al liceo! Insegnare il formalismo! Insomma trovare argomenti che partono da un intuizione e l'obbiettivo è formalizzarlo assieme agli studenti, trattare gli argomenti come si affronti, quindi con la stessa metodologia formale, che richiede la matematica, dimostrare le cose, e richiedere di dimostrare le cose! Insomma insegnare a leggere e a scrivere, a pensare!

Naturalmente non sto dicendo: "oggi insegniamo il teorema fondamentale del calcolo integrale e quindi glielo facciamo dimostrare" dico "se la dimostrazione del teorema fondamentale del calcolo integrale è troppo non la insegniamo e troviamo qualcosa la cui dimostrazione è comprensibile e ragionevole richiedere che una persona sia in grado di farla"!

Io penso che costruire un programma fatto anche formalmente risulti una cosa apprezzata e capita dalla maggior parte dei ragazzi, infondo gli mostri cos'è la matematica, e ritengo possibile perché ritengo che la maggior parte dei ragazzini non trova un utilità nel calcolare delle "cose" che non capisce cosa sono senza sapere a cosa servono, e gli richiede un atto di fiducia enorme nel insegnante, in più è difficile e quindi non appena smette di riuscire ci rinuncia, però non sta rinunciando alla matematica perché non sta facendo matematica!

Personalmente in definitiva ritengo possibile trovare degli argomenti, dei problemi, dei teoremi, che visti nel loro formalismo matematico, e accompagnandoli nel formalismo insegnandoglielo, risultino intuitivi per dei ragazzini, e quindi mi chiedo perché non concentrarsi maggiormente su quegli aspetti piuttosto che su aspetti che sfuggono un po' al intuizione e alle capacità d'astrazione se visti formalmente?
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Re: E' una domanda seria. (Radice quadrata)

Messaggioda megas_archon » 16/07/2023, 19:39

Se fai così quello che ottieni è virtualmente il nulla, e un allontanamento dalla matematica ancora più grave di quello che già esiste.
Mostrami che è vero, al di là della vulgata che viene inculcata rispetto a questa domanda, che non credo si possa esaurire così in fretta. Altrimenti, l'unica differenza tra la mia opinione e la tua è che la tua è quella statisticamente dominante. E in effetti, io sono sicuro che tu abbia torto in questa affermazione apodittica, perché io costituisco un controesempio: infatti,
Anche tu quando hai studiato sei partito da casi particolari e poi hai generalizzato. Ora sembra che vuoi spacciare l'astrazione più generale possibile come la cosa da insegnare da cui poi discendono tutte le altre particolarizzando. Non è così che funziona, le generalizzazioni arrivano (in modo naturale e fisiologico) dopo nel processo di apprendimento.
che ne sai tu di come ho imparato io e cosa pretendi di saper dire, su di me? Perché invece non pensare che la mia opinione sulla faccenda sia invece il risultato di aver pensato, a posteriori e a distanza di anni, a come avrei voluto mi spiegassero le cose e a come, invece, me le hanno spiegate facendomi perdere un sacco di tempo? Perché pensi sia così arrabbiato con tutti?
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