gugo82 ha scritto:2) ogni spazio affine $mathcal(A)$ si può dotare di struttura vettoriale.
Alla luce di ciò, cosa vuol dire trovare uno spazio affine che non sia vettoriale?
francox: questo significa che fissato arbitrariamente un punto \(P\) di \(\mathbb A\), e chiamata \(+ : \mathbb A \times V \to \mathbb A\) l'azione di \(V\) su \(\mathbb A\), la funzione \(V\to \mathbb A : v\mapsto P+v\) (ossia la "traslazione del punto \(P\) mediante il vettore \(v\)) è una biiezione.
Questo implica che \(\mathbb A\) "è" uno spazio vettoriale: esattamente lo spazio vettoriale dove il punto \(P\) fa da origine.
Ciò detto, questa identificazione dipende da \(P\), e quindi non è canonica in nessun senso (com'è giusto che sia: la definizione di spazio affine serve per modellare uno spazio che somiglia a uno spazio vettoriale ma che sia
isòtropo) penso significhi trovare un esempio di spazio affine che non nasca mediante il punto 1 di gugo, ossia che non sia semplicemente l'insieme dei vettori di \(V\) "spogliato" della sua struttura di spazio vettoriale.
Mi vengono in mente due esempi in tal senso:
1.
L'insieme dei complementari di \(W\le V\). Dato uno spazio vettoriale \(V\) e un suo sottospazio \(W\le V\), entrambi di dimensione finita, diciamo rispettivamente \(n\) ed \(m\le n\), consideriamo l'insieme
\[
\mathscr{S}_W = \{U\le V\mid U\oplus W =V\}
\] cioè l'insieme dei sommandi diretti di \(W\) in \(V\) (\(U\oplus W\) significa, come sempre, che l'intersezione \(U\cap W\) è zero, e che la somma dei due è tutto \(V\)). Ora: tale insieme è uno spazio affine modellato sullo spazio vettoriale \(\hom_K(V/W,W)\), e quindi ha dimensione \(\dim \hom_K(V/W,W)=(n-m)m\).
Infatti l'applicazione \[\odot : \mathscr{S}_W \times \hom_K(V/W,W) \to \mathscr{S}_W\] che testimonia quanto detto è definita come segue: dato un sommando diretto \(U\in\mathscr{S}_W\) il primo teorema di isomorfismo implica che \(U\cong V/W\) (diciamo mediante un isomorfismo \(\sigma\)) e quindi ogni coppia \((U,\varphi : V/W\to W)\) determina una coppia \((U, \varphi\circ\sigma : U \to W)\). Definiamo allora \(U\odot \varphi\) come il sottospazio \(\{u+\varphi(\sigma(u)) \mid u\in U\}\). (da ora in poi scrivo \(\varphi'=\varphi\sigma\) per fare prima.)
Questo è un altro sommando diretto di \(W\) in \(V\): infatti se esiste un vettore nell'intersezione tra \(U\odot\varphi\) e \(W\), esso è della forma \(w=u+\varphi'(u)\); del resto allora deve essere zero, perché \(U,W\) sono sommandi diretti per ipotesi, e \(\varphi'(u)\in W\): più precisamente, \(u=w-\varphi'(u)\) implica che \(u=0\), perché \(u\in W\cap U=(0)\). In maniera simile, mostri che la somma di \(W\) e \(U\odot \varphi\) resta tutto \(V\). Gli assiomi di spazio affine (ossia il fatto che questa è un'azione del gruppo abeliano \(\hom_K(V/W,W)\) su \(\mathscr{S}_W\) che è strettamente transitiva) li lascio verificare a te.
2.
Un caso particolare di questa costruzione dà una scelta canonica per una struttura di spazio affine sull'insieme dei sommandi diretti di un iperpiano \(H\) di \(V\), ossia sull'insieme delle rette che sono in somma diretta con l'iperpiano \(H\): questo dà conto del fatto che il complementare di un iperpiano in uno spazio proiettivo \(\mathbb{P}(V)\) è uno spazio affine (cosa che si può vedere in molti modi, ma che solitamente viene mostrata in modo dipendente dalla scelta di un generatore per tale complementare).
Infine, osserva che c'è una seconda descrizione per l'azione \(\odot\), che da un lato generalizza la maniera in cui si definisce il sottogruppo delle traslazioni nel gruppo delle affinità di \(V\) e dall'altro dà una dimostrazione alternativa del fatto che \(\mathcal{S}_W\) è uno spazio affine: consideriamo l'insieme
\[
\mathbb{T} = \{\tau : V \to V\mid \tau|_W = 1_W, \quad \tau/W = 1_{V/W} \}
\] cioè l'insieme degli automorfismi di \(V\) che si restringono alla identità su $W$ e che inducono il morfismo identico sul quoziente \(V /W\). La struttura di spazio vettoriale di \(\mathbb T\) è data dalla composizione di applicazioni lineari (dimostra che, in questo caso molto particolare, la composizione di applicazioni è commutativa!) e la moltiplicazione
per gli scalari di \(K\) è definita ponendo \(\alpha\cdot\tau = 1_V + \alpha(\tau - 1_V)\)
Con una opportuna scelta dalla base di \(V\), gli elementi di \(\mathbb T\) sono rappresentati da
matrici a blocchi del tipo \(\left(\begin{smallmatrix}
1_m & A \\
0_{n-m,m} & 1_{n-m}
\end{smallmatrix}\right)\) con \(A \in M_{m,n-m}(K)\) (questa matrice è la matrice di un \(\varphi \in \hom_K(V/W,W)\) nelle notazioni precedenti); in questa rapprensetazione è più facile dimostrare che il prodotto tra matrici di questa forma è commutativo. Ora, l'azione di \(\tau \in\mathbb{T}\) su un sommando diretto \(U\) di \(W\) è data da \(U \odot \tau = \tau(U)\).
"In verità le cose che nella vita sono tenute in gran conto si riducono a vanità, o putredine di nessun valore; botoli che si addentano, bambocci litigiosi che ora ridono, poi tosto piangono." (Lotario conte di Segni)