“La buona scuola è legge” è un’affermazione ricorrente, un’asserzione superficiale, giuridicamente errata: la firma del Presidente della Repubblica alla delibera parlamentare è la condizione necessaria per la sua conversione.
Nessuno ha considerato che il presidente Mattarella non può apporre la sua firma alla riforma della scuola: un suo caposaldo è giuridicamente inconsistente, perché errato. La volontà trasgressiva è enunciata all’art. 1: “La presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59”. Il riferimento normativo riguarda una legge delega, di validità temporale definita, conferita al governo.
Incontrovertibile il significato dell’errore. L’elaborazione della delega è a firma D’Alema, Berlinguer, Ciampi che hanno stabilito: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche… si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”, un principio che l’attuale governo ha voluto cestinare. Il titolo del provvedimento è sufficiente per cogliere la sua carica conservatrice, la sua volontà di riportare la scuola a tempi molto lontani: non più “sistema educativo di istruzione e formazione” ma “sistema nazionale di istruzione e formazione”.

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