Una delle novità del romanzo di Petronio è costituita dal linguaggio. Spiegate quali sono le più interessanti caratteristiche di stile e di lingua di quest’opera così singolare nella letteratura latina

Nel romanzo predomina il plurilinguismo, utilizzato dall’autore per caratterizzare in modo realistico i suoi personaggi. Se infatti il linguaggio è prevalentemente colloquiale, c’è mol ta differenza tra il parlare dei personaggi colti, il sermo vulgaris dei bassifondi e quello del liberto Trimalchione. Per aumentare l’effetto realistico inoltre l’autore inserisce nel testo grecismi diffusi all’epoca e dialettalismi. Possiamo quindi dire che Petronio fa un uso mimetico del linguaggio, con l’intento di far trasparire la mentalità e la cultura dei personaggi: così è per Trimalchione, che si esprime in modo tronfio e, cercando di essere raffinato, risulta invece volgare. Nel complesso però il romanzo mantiene uno stile elegante e al contempo semplice, secondo il canone petroniano della “puri sermonis gratia”. Anche quest’intento però, espresso in un passo comico del romanzo, ci lascia il dubbio che Petronio stia facendo dell’ironia, e lascia un margine di ambiguità circa la sua concezione dello stile.

 

Per quale motivo Tacito ha scelto di narrare del principato di Nerva e Traiano e Polibio dei “nemici e dei congiunti”

Tacito nell’Agricola ha scelto di descrivere i principati di Nerva e quello di Traiano in quanto questi avevano permesso la rinascita dell’attività letteraria e culturale, soffocata dall’oppressione del principato di Domiziano. Nerva e Traiano infatti erano riusciti a conciliare il principato con la libertas. Tanto forte è la condanna del regime di Domiziano quanto esplicita è la sottolineatura della nascita di una nuova era, in cui finalmente si tornava “a respirare” ed era stata ripristinata la libertà di espressione. Polibio invece presenta come cardine metodologico della sua opera storiografica l’imparzialità e, per meglio esprimere questo concetto, afferma che un buon storico deve, nelle sue opere, essere in grado di elogiare i nemici e criticare i congiunti, se le loro azioni lo richiedono.

 

Dalla lettura dei proemi di Tacito e Polibio, mettendoli a confronto, spiega che cosa significa fare professione di “fedeltà al vero”

Per Tacito essere fedeli alla verità storica comporta innanzitutto una scrupolosa raccolta di informazioni, a cui deve seguire un’esposizione dei fatti condotta “sine amore et sine odio” e “sine ira et studio”, vale a dire senza sentimenti partigiani e senza animosità o simpatia. Lo scrupolo documentario inoltre spinge Tacito a registrare nelle sue opere anche i “rumores”, ossia le voci, e a riportare tutte le versioni che di un fatto sono state fornite, senza prendere posizione. Anche Polibio sostiene che lo storico deve approfondire quanto più possibile la conoscenza degli eventi che si appresta a narrare, anche partecipandovi direttamente e approfondendo le questioni di natura tecnica; quest’ultimo punto è una conseguenza del pubblico di lettori a cui lo storico rivolge la sua attenzione, vale a dire quello degli uomini politici e militari, a cui intende fornire insegnamenti di tattica politica e militare.

 

Affinità e differenze tra il Satyricon e il romanzo greco

Petronio utilizza nella sua opera lo schema principale del romanzo greco, ossia la narrazione di una serie di avventure lungo la quale si snoda la storia di un amore ostacolato dal destino e da rivali. Nel romanzo petroniano assistiamo a persecuzioni di nemici, viaggi in mare e naufragi, travestimenti, fughe: si tratta di espedienti ricavati dal modello greco. A differenza dei romanzi greci, però, nel Satyricon non siamo di fronte alla storia d’amore tra un giovane e una fanciulla uniti da un amore reciproco e fedele ma abbiamo un rapporto pederastico, quello tra Encolpio e Gitone, costellato dai numerosi tradimenti di Gitone e dalla gelosia di Encolpio. A differenza dei romanzi, però, il Satyricon non è scritto interamente in prosa, ma ha al suo interno inserti poetici che lo avvicinano al genere della satira menippea.

 

Qual è l’atteggiamento di Tacito nei confronti del Principato?

Tacito considera il principato un momento di decadenza rispetto alla gloriosa storia della Roma repubblicana e nondimeno lo presenta come ineluttabile e irreversibile. Tale forma di governo è presentato sia come causa che come effetto della decadenza che sta attraversando la morale, la politica e la società romana. Dominano infatti in questo periodo i comportamenti vili della classe dirigente, improntati all’adulazione e al servilismo nei confronti del principe. Il principato ha inaugurato un periodo di pace e di tranquillità, al prezzo però della rinuncia a imprese gloriose. Tacito insomma oscilla tra la sottolineatura degli aspetti positivi che il principato ha portato con sé e il rimpianto per la definitiva chiusura di un’epoca caratterizzata da gesta gloriose e da una politica di potenza.

 

Quali sono gli elementi che fanno del Satyricon un’opera “unica” nel panorama della letteratura latina?

Con Petronio il genere del romanzo viene introdotto anche nella letteratura latina ma il merito dell’autore va al di là di quest’innovazione, essendo egli riuscito a fondere in un’unica opera elementi propri di generi letterari diversi, in un testo che risulta difficilmente classificabile ma che si trova alla confluenza di modelli letterari molto diversi. La presenza della satira menippea è ravvisabile, oltre che nel titolo, nella commistione di prosa e poesia e nell’elemento parodico; al romanzo greco si deve l’organizzazione della vicenda d’amore tra due giovani lungo l’asse narrativo del viaggio; dal mimo è ripresa la presenza dei temi della quotidianità degli strati più bassi della società; spunti narrativi derivano anche dalla novella Milesia, da cui si riprende la caratterizzazione erotica e licenziosa dei racconti che sono inseriti nel romanzo. Sebbene la varietà di suggestioni letterarie, Petronio è riuscito a rendere questo pastiche letterario un’opera assai raffinata, destinata al divertimento del pubblico colto.

 

Perché Tacito avverte la necessità di scrivere la biografia di Agricola?

L’Agricola è la prima opera storiografica di Tacito, dedicata al suocero, governatore della Britannia e console nel 77; si tratta di una biografia encomiastica nella quale Tacito esprime per la prima volta, nella prefazione, la sua concezione dell’attività storiografica e, nel corso dell’opera, il suo pensiero sul principato e sul ruolo che in esso possono avere gli oppositori. Il personaggio di Agricola permette a Tacito di sviluppare un’ampia critica a Domiziano, la cui ira e gelosia era stata stimolata dai successi militari di Agricola in Britannia; Tacito si spinge anche ad accreditare l’ipotesi di un coinvolgimento dell’imperatore nell’avvelenamento del suocero. Quest’ultimo però non era stato un oppositore del regime ma aveva accettato gli incarichi affidatigli dal principe: Tacito approva il comportamento del suocero affermando che, per meglio servire la patria, è più utile collaborare al governo della res publica che condurre un’opposizione ostinata.

 

Quali sono per Seneca le finalità principali delle Naturales quaestiones?

Questo trattato scientifico in sette libri fu composto da Seneca al fine di lasciare al suo discepolo Lucilio, cui è dedicata l’opera, una trattazione completa dei principali fenomeni naturali. Considerato che le scienze naturali erano fatte rientrare nel campo della filosofia, Seneca le utilizza per perfezionare l’educazione filosofica e morale del suo allievo.
La descrizione dei fenomeni meteorologici, marini, astrologici e terrestri è inframmezzata da numerose digressioni moralistiche, tutte incentrate sulla condanna dello scarso credito di cui godevano allora le scienze e del loro utilizzo per fini di arricchimento. Seneca intende promuovere una concezione della scienza come mezzo per progredire nel cammino di conoscenza, sino a giungere a comprendere verità sempre più elevate.

 

Quale atteggiamento, secondo l’elaborazione di Tacito nell’Agricola, deve assumere il vir politicus nei confronti dello Stato?

Per Tacito il vir politicus, incarnato dal personaggio di Agricola, dev’essere un onesto collaboratore dello Stato; le sue principali doti devono essere l’obsequium e la modestia, intesa come senso della disciplina. Nella condotta dell’uomo politico deve sempre essere tenuto presente l’interesse superiore dello Stato e per questo sono criticate tutte le sterili forme di opposizione, che facevano riferimento a una rigida interpretazione della morale stoica. Un vero servitore della patria per Tacito non abbandona mai lo Stato ma, se è necessario, è disposto anche a collaborare con principi e sovrani dispotici pur di mettere la sua opera a servizi della res publica. L’intera vita del suocero, che era stato un collaboratore di Domiziano, viene narrata alla luce di questa impostazione.

 

Il modello retorico di Quintiliano

Nell’Institutio oratoria Quintiliano delinea la figura ideale dell’oratore, descritto come “vir bonus dicendi peritus”, vale a dire come un cittadino impegnato nella vita politica a difesa dell’interesse dello Stato, vale a dire della “communis utilitas”. La peritia nel parlare risponde a un rifiuto sia dell’atticismo, considerato troppo semplice, sia dell’arcaismo; a una maggior condanna è sottoposto lo stile modernizzante, caratterizzato da concettismo e abbondanza di sententiae. Tale stile infatti è accusato di essere privo di senso della misura e di perseguire come scopo principale la voluptas e non la persuasione dell’uditorio. L’oratore deve improntare la sua opera alla moderazione e collaborare con lo stato. In queste affermazioni notiamo la mancanza di una prospettiva storica: Quintiliano sembra dimenticare che, sotto il principato, non era più possibile per il popolo e per il senato influire sulle decisioni politiche.

 

Gli intenti poetici degli elegiaci di età imperiale e le loro sfere di interesse

La poesia latina che si sviluppa tra l’inizio del principato di Tiberio e la presa di potere di Nerone non vede letterati che riescono a imporsi come punto di riferimento. Nascono, perciò, poesie “minori”. Germanico e Manilio, ad esempio, si occupano di astrologia e astronomia, rifacendosi agli scritti di Arato. Si diffonde l’Appendix vergiliana, una serie di poemetti attribuiti a Virgilio perché stampati alla fine delle sue opere. I poemi più importanti sono il Catalepton e il Culex. In questo periodo vive anche Fedro, il primo autore latino che presenta al suo pubblico una serie di testi in favola destinati alla lettura.

 

Seneca e Claudio: dall’elogium della Consolatio ad Polybium all’Apokolokyntosis

Dei Dialogi fa parte la Consolatio ad Polybium. Essa, composta forse introno al 43 d.C., è rivolta a Polibio, un liberto di Claudio, per consolarlo della perdita del fratello. In realtà Seneca, con quest’opera, vuole tessere indirettamente le lodi dell’imperatore Claudio per far sì che questi gli permetta di ritornare a Roma (Seneca, infatti, era stato costretto ad andare in esilio in Corsica a causa di intrighi di corte proprio durante il governo di Claudio).
L’Apokolokyntosis, invece, costituisce una parodia della divinizzazione di Claudio sostenuta dal senato dopo la morte dell’imperatore. In essa, infatti, si immagina che dopo la morte Claudio, invece di essere trasformato in dio, venga tramutato in una zucca.

 

Quali elementi fondamentali caratterizzano il rapporto tra la poesia di Virgilio e la politica augustea?

L’opera che maggiormente avvicina Virgilio alla politica augustea è l’Eneide. Con essa Virgilio non vuole solamente imitare Omero, ma è intenzionato anche a lodare Augusto. L’Eneide è un poema epico in dodici libri. Il protagonista è Enea, eroe troiano che scappa da Troia distrutta con il padre Anchise e il figlio Ascanio per giungere alla fine in Italia per fondere in un unico popolo Troiani e Latini e porre le basi per la fondazione di Roma. Infatti, nel libro VI, il padre Anchise, ormai morto, preannuncia al figlio il destino glorioso di Roma. Quando Enea giunge alle foci del Tevere, capisce che quella è la terra dove sarebbe stata fondata questa potente città e, quindi, cerca un accordo con i Latini, chiedendo al loro re in sposa la figlia Lavinia. Tra i due popoli, però, scoppia un conflitto che vede la vittoria finale di Enea sui Latini guidati da Turno. Può fondarsi, così, un nuovo popolo.

 

Il Satyricon di Petronio prende a modello il romanzo greco-ellenistico deformandone caratteri e contenuti, quali?

Il termine “romanzo, nell’antichità, non esisteva. Gli scrittori, infatti, utilizzavano per questi componimenti termini più generici, come fabula o historia. I critici indicano con il termine “romanzo” il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi si Apuleio, in ambito latino, e una serie di componimenti greci del I-IV sec. d.C. Il romanzo di Petronio, però, si differenzia molto da quelli greci. Questi ultimi, infatti, hanno delle caratteristiche specifiche: la trama è quasi sempre la stessa (una coppia di innamorati che vengono separati dal destino e devono affrontare una serie di avversità prima di coronare il loro sogno d’amore), i personaggi sono presi sul serio e suscitano simpatia, non c’è un preciso inquadramento storico e l’amore è trattato con pudicizia. In Petronio, invece, non c’è un’unica trama, poiché essa risulta essere composta da una serie di scene. Inoltre l’amore non è visto in modo casto: nel Satyricon non ci sono valori morali, si parla molto di sesso e il protagonista ha diverse avventure sessuali. In più, si parla di amore omosessuale (quello tra Encolpio e Gitone) e i due amanti stanno sempre insieme e non vengono mai separati dal caso. Ecco perché il Satyricon viene visto come una parodia del romanzo greco. Petronio, inoltre, utilizza il “prosimetro”: accanto alla prosa, cioè, inserisce degli inserti in poesia fatti recitare principalmente dal protagonista Eumolpo. Infine, interviene nella narrazione con commenti. Sono, però, commenti fuori luogo, perché, pur ironici, non si addicono mai alla situazione a cui si riferiscono.

 

Il giudizio di Quintiliano sulla scuola pubblica e su quella privata

Quintiliano, nell’Insitutio oratoria, afferma la superiorità della scuola pubblica su quella privata. Per lui, infatti, si raggiungevano migliori risultati con la collettività, tipica delle scuole pubbliche, e non con l’individualità, tipica delle scuole private. Quintiliano affermava l’importanza del bambino di stare insieme ai suoi coetanei. Infatti, stando a contatto con gli altri, il bambino era più stimolato ad apprendere per conseguire risultati sempre più soddisfacenti. Stando insieme, si creava una sorta di competizione intellettuale in cui il più bravo veniva premiato. Era addirittura redatta ogni mese una graduatoria che poneva al primo posto chi aveva ottenuto i risultati migliori. Chi aveva il primato, dunque, cercava di non farselo togliere dagli altri e, di conseguenza, si applicava di più negli studi. La scuola pubblica era, quindi, anche un ambiente in cui il bambino imparava ad avere rapporti interumani, stando insieme agli altri. La scuola pubblica, dunque, costituiva la vera formazione del futuro oratore.

 

Il pensiero filosofico di Seneca

Il pensiero filosofico di Seneca è influenzato dallo stoicismo, dall’epicureismo e dal platonismo. Dallo stoicismo si riprende l’idea che l’uomo sia in grado di raggiungere la felicità e la libertà interiore se riesce a dominare le proprie passioni e la propria ira (come dice nel De ira). La vera felicità non è data dagli agi o dalla ricchezza, ma dalla virtù. L’uomo, quindi, per raggiungere quanto prima la propria felicità, deve praticare in ogni modo la virtù (questi concetti sono ben espressi nel De vita beata). Il vero saggio, dunque, è colui che pratica l’autarkeia, cioè colui che è indipendente e autosufficiente, poiché allontana da sé ciò che è inutile ed è volto solo alla ricerca del bene che può essere meglio attuata durante i periodi di otium (questi concetti sono ben indicati nelle Epistole a Lucilio). Tipico dell’influenza epicurea è, invece, il pensiero secondo il quale non bisogna temere la morte e si deve vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Dal platonismo, invece, Seneca riprende il concetto in base al quale l’uomo può raggiungere la conoscenza tramite la filosofia. È proprio la conoscenza, infatti, che permette all’uomo di distinguersi dagli altri animali. La filosofia, dunque, si avvicina al potere: Seneca ritiene che solo un sovrano guidato dalla filosofia possa essere un buon capo per lo stato (come viene affermato nel De clementia).

 

La donna nell’elegia augustea

L’elegia è innanzitutto poesia d’amore. Infatti, per il poeta elegiaco, l’amore rappresenta l’essenza della vita ed è l’elemento che le dà senso. Il poeta ha nei confronti della donna un rapporto di servitium amoris: egli, cioè, diventa schiavo nei confronti della donna che ama che è capricciosa e infedele. Il poeta canta soprattutto i dolori dell’amore che prova. Il rapporto d’amore, infatti, è fatto da sofferenze e le gioie sono davvero poche. Sono proprio le sofferenze che portano il poeta a proiettare la sua esperienza in un mondo ideale. Questo perché è solo qui che egli si sente realizzato nell’amare la propria donna. La poesia, dunque, diventa il mezzo per corteggiare l’amata. I più importanti poeti elegiaci furono Cornelio Gallo, Tibullo e Properzio. Il primo cantava l’amore per Licòride (pseudonimo per Volumnia), il secondo per Delia, il terzo per Cinzia.

 

Illustrare i caratteri salienti delle Metamorfosi di Apuleio e collegarle con il contesto storico e culturale dell’autore

Il romanzo di Apuleio, le Metamorfosi, giunto fino a noi per intero, è diviso in undici libri. Sant’Agostino, nel De civitate Dei, lo intitolò Asinus aureus (= Asino d’oro), ma non si è capito se l’aggettivo aureus si riferisse alla grandiosità dell’opera o al colore fulvo dell’animale. La storia ha come protagonista Lucio, un giovane curioso che vive in una città della Tessaglia nota per essere terra dei maghi. Assiste di nascosto alle trasformazioni di Panfila, che, grazie a un unguento, diventa un gufo. Desideroso di fare altrettanto, Lucio prega la serva Fotide di portargli la pozione, ma ella sbaglia filtro e si trasforma in asino, pur mantenendo l’intelligenza umana, e può tornare di nuovo uomo solo dopo aver mangiato delle rose. La soluzione sembra semplice, ma Lucio si ritrasforma solo alla fine del romanzo. Infatti, è vittima di numerose peripezie. Rapito da un gruppo di briganti, giunge in una grotta dove una vecchia signora sta raccontando a una fanciulla rapita la favola di Amore e Psiche. Lucio, alla fine, riesce a liberarsi e ritorna uomo dopo aver mangiato delle rose portate come offerta alla dea Iside durante una processione in suo onore. Perciò il ragazzo decide di iniziarsi ai culti misterici. L’opera rispecchia il contesto storico e culturale dell’autore. Apuleio, infatti, è cresciuto in Egitto ed era venuto a contatto con la magia (egli stesso, infatti, nell’Apologia, venne accusato di essere un mago). Inoltre questo è il periodo in cui nell’impero romano, e soprattutto in Egitto, si stanno diffondendo i culti misterici.

 

Il romanzo di Apuleio e i suoi contatti con i modelli greci

Le Metamorfosi di Apuleio costituiscono, insieme al Satyricon di Petronio, gli unici esempi di romanzi a noi pervenuti della cultura latina. Il romanzo nel mondo latino, a differenza di quello greco, non ha una tradizione vera e propria. Il romanzo greco parla d’amore pudico, racconta sempre le avventure di due innamorati costretti alla separazione dal destino e che arrivano a coronare il loro sogno d’amore dopo aver superato varie peripezie. Il romanzo latino, invece, racconta l’amore in ogni sua forma: si parla molto di sesso e di amore omosessuale e gli amanti non sono mai separati. Le Metamorfosi si rifanno alle fabulae milesiae (forse è da queste fabulae che Apuleio attinge la storia dell’uomo trasformato in asino). Quindi, rispetto al Satyricon, presentano l’introduzione dell’elemento magico. Inoltre, l’unica storia d’amore narrata è quella, nota nella tradizione, di Amore e Psiche.

 

Nel Dialogus de oratoribus Tacito propone la quaestio della decadenza dell’oratoria nell’ultimo secolo attraverso le posizioni contrapposte degli interlocutori. Illustra le cause del declino dell’oratoria romana

Il Dialogus de oratoribus contiene un dialogo che si immagina avvenuto in casa del retore e tragediografo Curiazio Materno al quale Tacito dice di aver preso parte. Gli interlocutori sono Curiazio Materno, Marco Apro, Vipstano Messalla e Giulio Secondo. Si discute soprattutto di eloquenza. La discussione inizia con Apro e Materno che difendono la poesia e l’eloquenza. Con l’arrivo di Messalla si inizia a parlare della decadenza dell’oratoria. L’interlocutore afferma che l’oratoria è entrata in crisi perché non c’è più una buona educazione né privata né pubblica. La formazione dell’oratore, infatti, non è più accurata come un tempo e i maestri sono impreparati. A concludere il dialogo è Materno, portavoce del pensiero dello stesso Tacito. Egli sostiene che l’oratoria si può sviluppare solo nei paesi dove c’è la libertà o l’anarchia e che, quindi, essa nono può più essere praticata in una società tranquilla e ordinata come quella in cui si stava vivendo.

 

La Pharsalia si può definire un anti-poema eroico: indica gli elementi che ribaltano la visione tradizionale del poema epico

La Pharsalia è l’unica opera di Lucano che è giunta fino a noi. Essa tratta della guerra civile scoppiata tra Cesare e Pompeo. L’opera fu molto criticata dagli antichi, soprattutto perché messa a confronto con l’Eneide di Virgilio. Entrambi sono poemi epici, ma ci sono delle notevoli differenze, tanto che la Pharsalia è stata considerata da molti un’anti-Eneide e Lucano un anti-Virgilio. Nella tradizione romana, infatti, il poema epico serviva a celebrare lo stato. Virgilio, con l’Eneide, aveva celebrato la grandezza del principato di Augusto. Lucano, invece, critica aspramente le guerre civili, perché esse sconvolgono i valori tradizionali e aprono un’epoca di ingiustizia. Lucano, inoltre, a differenza di Virgilio, non rielabora il mito, ma espone la realtà storica quanto più fedelmente possibile. Di conseguenza, abbandona l’intervento degli dei nella storia. Esponendo la realtà, Lucano mette in evidenza anche le conseguenze che le azioni degli uomini avranno sulle epoche future. Inoltre, mentre Virgilio narra della nascita e della potenza di Roma, Lucano parla della decadenza della città. Come in Virgilio, anche Lucano affida l’annuncio della decadenza di Roma alle profezie. La più importante è quella posta nel libro VI. A parlare è un soldato risuscitato da una maga. Egli, rivolgendosi a Sesto Pompeo, dice di aver visto negli Inferi gli eroi romani che piangevano per la fine imminente che attendeva Roma. Anche nell’Eneide la più importante profezia è posta nel libro VI: gli spiriti dell’oltretomba, però, annunciano ad Enea la nascita di una grande città e la pace che ne sarebbe derivata. Infine, Lucano collega alla stirpe di Pompeo la fine della grandezza di Roma, mentre Virgilio attribuisce alla Gens Iulia il periodo di massimo splendore dell’Urbe. La Pharsalia, quindi, presenta elementi che ribaltano il poema epico tradizionale.

 

Il realismo di Marziale e i suoi limiti

Marziale utilizza l’epigramma perché esso ben si addice a rendere la realtà della vita quotidiana. Caratteristica degli epigrammi di Marziale, infatti, è il realismo. È lo stesso autore che in un suo verso scrive Hominem pagina nostra sapit (= nella nostra pagina si sente l’uomo).

Gli epigrammi di Marziale sono raccolti in dodici libri. In essi, l’autore fa attenzione alla vita reale: racconta fatti concreti, come nascite, matrimoni, feste… Inoltre pone in evidenza i vizi dei personaggi che mette di mira, riducendoli a categorie ben precise, come avari, parassiti, imbroglioni… L’autore, però, pur ponendo attenzione ai singoli personaggi, li allontana dal contesto in cui vivono proprio per prenderli meglio di mira. Ma Marziale assume nei loro confronti un atteggiamento distaccato: non ne dà un giudizio, limitandosi a descriverne i vizi. Anche il linguaggio utilizzato si avvicina al reale: ci sono forme vicini alla quotidianità e al lessico del parlato.

 

Le biografie dei Cesari di Svetonio

Svetonio è autore di due biografie: il De viris illustribus e il De vita Caesarum. La prima è una raccolta di biografie di poeti, oratori, storici, filosofi, grammatici e retori, mentre la seconda prende in considerazione le vite degli imperatori da Giulio Cesare a Domiziano. Il De vita Caesarum è diviso in otto libri. Svetonio dà dei suoi personaggi informazioni sul luogo di nascita, sugli interessi dell’imperatore, sulla sua personalità. Svetonio, quindi, segue la vita dell’imperatore dall’adolescenza fino alla sua ascesa al potere. Quando parla del carattere dell’imperatore, però, l’autore non segue l’ordine cronologico, ma procede per sincronia, cioè li osserva indipendentemente dalla loro evoluzione storica. L’ordine cronologico riprende con la descrizione della morte e dei funerali dell’imperatore. Il non procedere cronologicamente nell’esposizione del carattere dell’imperatore permette a Svetonio di dare più facilmente un giudizio moralistico sul personaggio che sta prendendo in considerazione. Infine, la biografia dei singoli imperatori appare come il criterio più logico per periodizzare la storia dell’impero.

 

Seneca e i temi del tempo e della morte

Nel De brevitate vitae Seneca affronta il problema del tempo. Nell’incipit dell’opera, infatti, il filosofo afferma che l’uomo si lamenta perché la vita è naturalmente breve e non c’è il tempo necessario per godersela fino in fondo. In realtà non è così: di tempo a disposizione ce n’è, e fin troppo; siamo noi che ne perdiamo molto perché immersi in occupazioni inutili. La vita, dunque, è lunga abbastanza per farci compiere le cose più importanti e dobbiamo essere noi a cercare di sfruttarla al meglio possibile senza perderci in inutili distrazioni.
Seneca parla della morte in numerose sue opere, ma il suo pensiero viene ben espresso soprattutto nella Consolatio ad Marciam. Riprendendo la concezione epicurea della morte, il filosofo afferma che essa libera l’uomo da tutti i dolori e sofferenze. Inoltre non può essere né un bene né un male perché è un nulla e, in quanto tale, riduce al nulla ogni cosa. Seneca, inoltre, si dice convinto che ci sia una vita migliore che attende l’anima dopo la morte. La vita sulla terra, dunque, è solo un’anticipazione di ciò che avverrà dopo la morte. Non bisogna, quindi, aver paura della morte, in quanto essa viene vista come un’altra nascita che porta ad una vita migliore di quella già vissuta.

 

I caratteri di novità del’epica di Lucano, rispetto ai modelli romani e in particolare all’Eneide

Lucano è autore della Pharsalia o Bellum civile, poema epico diverso dalla tradizione romana e, in particolare, dall’Eneide virgiliana. Infatti, molteplici sono i caratteri di novità dell’epica lucanea. Innanzitutto diversa è la materia da cantare: il poema si configura come trattazione di eventi reali privi di racconti mitici e non come celebrazione della gloria di Roma resa attraverso un progetto voluto dalla provvidenza romana, il Fato. Inoltre, diverso è lo stato d’animo di Lucano. Infatti, Lucano, nella stesura dell’opera è mosso dalla delusione storica provocata da un clima politico nettamente diverso da quello augusteo di Virgilio, in quanto caratterizzato da un potere monocratico – dispotico, violento e sanguinoso quale quello neroniano.

 

Secondo Quintiliano, quali sono le cause della decadenza dell’oratoria a lui contemporanea?

L’opera di Quintiliano che affronta il problema della decadenza dell’oratoria a lui contemporanea è il trattato in due libri intitolato De causis corruptae eloquentiae. In essa Quintiliano afferma che la crisi dell’oratoria è dovuta non tanto a fattori politici quanto all’abbandono dei grandi temi della vita pubblica a favore di processi civili quali, cause di eredità, dissensi familiari, lasciti testamentari, e al carattere fittizio, irreale e fantastico dei contenuti che più che persuadere sono rivolti a stupire.

 

Le Confessiones di Agostino inaugurano il genere della scrittura autobiografica

Le Confessiones costituiscono il primo dei due capolavori di Agostino. Il titolo, formulato significativamente al plurale, indica che l’opera non è soltanto un’autobiografia, ma anche una confessione interiore a carattere psicologico – spirituale. L’opera, scritta tra il 397 e il 400, consta di tredici libri e può essere divisa in due sezioni: prima sezione, libri 1 – 9, a carattere narrativo in cui Agostino racconta autobiograficamente la sua adolescenza vissuta all’ insegna dei vizi e dei piaceri, fino alla conoscenza e al possesso di Dio, seconda sezione, libri 10 – 13, a carattere esegetico, in cui Agostino commenta alcuni passi della Bibbia e compie due excursus sul concetto di memoria e tempo. Diverse sono le ipotesi formulate dagli studiosi riguardo la genesi di quest’opera. Secondo alcuni Agostino l’ha composta con intento apologetico, secondo altri per volere dei suoi amici, spinti dal desiderio di conoscere il suo graduale e fortemente individuale viaggio verso Dio, essere al quale egli stesso chiede spiritualmente perdono per il suo passato sregolato e per i peccati commessi.

 

Verso quali tipi umani e quali costumi della società si esercita la satira di Giovenale?

Giovenale è autore di sedici Satire, divise in cinque libri. Scrive satire perché esse sono il genere letterario migliore per rendere l’ira che lo rode. La composizione delle sue opere è, quindi, mossa dall’idignatio, cioè dall’indignazione provocatogli dalla vista di molteplici casi di sperequazione sociale. In particolare, egli si scaglia contro la società romana corrotta e corruttrice rappresentata da particolari “tipi umani”. Infatti, nella seconda satira, attacca il falso moralismo, rappresentato da una donna corrotta, nella sesta, presenta una vasta tipologia di donne negative, nella dodicesima si scaglia contro i cacciatori di eredità ed infine, nella tredicesima, contro gli spergiuri.

 

Tradizione e innovazione delle Odi di Orazio

L’attività poetica di Orazio è costituita da Epodi, Satire e Odi. Queste ultime sono centotre carmi, divisi in quattro libri, pubblicati in momenti diversi, nel 23 i primi tre e nel 13 il quarto.
Per la composizione dei carmi Orazio si ispira ai grandi modelli della letteratura greca, in particolare ad Alceo, Saffo, Anacreonte e Pindaro. Ma da questi autori deriva soprattutto la forma, in quanto lo spirito poetico è tutto latino.
Le novità della lirica oraziana riguardano principalmente:
– il tono, in quanto non è più aggressivo o familiare, ma sostenuto, sia quando esprime i suoi sentimenti, sia quando esalta la figura di Augusto, sia quando, infine, incarnando la funzione di vate, insegna al popolo le virtù civili e militari;
– lo sperimentalismo metrico. Orazio usa metri diversi e la struttura metrica di ogni componimento non corrisponde tanto all’argomento quanto al suo stato d’animo e, quindi, non è casuale..
Infine, significative sono le differenze tra il poeta latino e il suo modello greco Alceo. Infatti, i versi di Alceo sono espressione degli amori e di un aristocratico impegnato personalmente nelle lotte politiche interne alla sua città. In Orazio, l’interesse per la politica è, comunque, vivace, ma è quello di un intellettuale che, dopo una breve partecipazione alle tempeste civili, vive sotto la protezione dei grandi signori di Roma. Pertanto, la poesia è, per Orazio, otium, cioè pausa in mezzo alle battaglie.

 

L’ideologia di Lucano e la sua posizione politica rispetto all’età in cui visse attraverso l’analisi dei personaggi citati nella Farsalia

Il Bellum civile o Pharsalia è un lungo poema epico, scritto da lucano ed incentrato sulla guerra civile tra Cesare e Pompeo. Il titolo, Pharsalia, è significativo, in quanto indica la località, Farsalo, in cui, nel 48 a. C., Cesare sconfisse Pompeo. Il poema costituisce il manifesto dell’ideologia di Lucano e della sua posizione politica. Infatti, fin dall’inizio del poema, già dal proemio, contenente l’elogio dell’imperatore Nerone, considerato dagli studiosi ironico e beffardo, egli manifesta il suo atteggiamento antineroniano e, quindi, filo repubblicano e libertario. Ciò è dovuto alla politica dell’imperatore Nerone che, dopo i primi anni di gestione della res publica, assume un carattere dispotico.
Espressione di questo atteggiamento antineroniano e libertario del poeta Lucano, nel poema, sono i personaggi Cesare e Catone. Cesare, infatti, si può definire metafora di Nerone, genio del male, cioè colui che, mosso da ira, furore,avidità di potere, ha scatenato una sanguinosa guerra civile. Guerra intesa da Lucano come la grande tragedia della storia e come risultato della stoltezza di un popolo che disfa e istituzioni romane e si avvia alla rovina. Molteplici sono gli aggettivi con valenza negativa, impiegati da Lucano, per designare Cesare. Essi sono: crudele, superbo, tiranno, etc.
Catone, invece, si può definire il sapiente stoico, in quanto incarnando l’ideologia lucanea della libertà e della salvaguardia delle istituzioni repubblicane, realizza l’ideale dello stoico, dell’uomo che lotta per la libertà, fino al massimo grado, espressione della antica virtus romana.

 

Spiega il significato autentico dell’espressione “senza oneri per lo Stato” contenuta nell’art. 33, comma terzo, della Costituzione

La Costituzione italiana, all’art. 33, comma 3, afferma che chiunque può istituire scuole di qualsiasi tipo per impartire qualunque tipo di istruzione, purchè ciò avvenga “senza oneri per lo Stato”. Questa espressione non significa che lo Stato non potrà mai intervenire in aiuto economico degli istituti privati, ma che ha la facoltà di dare o non dare contributi economici; quindi, la norma in oggetto impedisce che una scuola privata nasca con il diritto di avere sussidi statali, ma non ostacola in alcun modo la possibilità che lo Stato li riconosca. E’ però da precisare che, sempre secondo la nostra Costituzione, l’accesso a contributi statali è possibile solo per le scuole cosiddette “paritarie”, cioè quelle che svolgono un servizio pubblico come quello delle scuole statali, avendone i requisiti. Inoltre, svolgendo queste scuole un servizio pubblico, la legge deve garantire agli studenti che le frequentano un trattamento equipollente a quello degli alunni delle scuole statali (si pensi, ad esempio, alla gratutià dell’istruzione obbligatoria e alla libera scelta, da parte delle famiglie, del percorso educativo dei propri figli).

 

Descrivi l’istituto del referendum popolare abrogativo

Il referendum abrogativo (art. 75 Cost.) è uno degli istituti di democrazia diretta nel diritto italiano. Con questo strumento il popolo può decidere di abrogare una norma contenuta in una legge ordinaria o in un atto con forza di legge (ad eccezione di alcune materie specificate dalla Costituzione, come, ad esempio, in tema tributario o di amnistia e indulto). La richiesta di referendum abrogativo può essere proposta da 500.000 elettori o da 5 Consigli regionali. Successivamente, occorre superare due controlli: quello di legittimità delle firme, ad opera della Corte di Cassazione, e quello di ammissibilità, ad opera della Corte Costituzionale. A seguire, il Presidente della Repubblica indice il referendum. Per la validità, occorrono due quorum: quello di partecipazione (si deve recare alle urne almeno la metà più uno degli aventi diritto, cioè degli elettori per la Camera dei deputati) e quello di voto (prevale la scelta che raggiunge la maggioranza dei voti validamente espressi).

 

Quali sono le caratteristiche essenziali dei diritti della personalità?

I diritti della personalità umana sono riconosciuti dallo Stato, anche contro lo Stato, a tutte le persone fisiche e comprendono una serie di libertà fondamentali. La prima e la più importante, nel senso che è il presupposto per tutte le altre, è l’inviolabilità e la libertà fisica della persona (art. 13 Cost.); vi sono poi, nella Costituzione e nel Codice civile, ulteriori previsioni: libertà di movimento, di fare o non fare, libertà di manifestazione del pensiero e di culto, diritto al nome, diritto all’onore, diritto alla riservatezza della vita privata, libertà e segretezza della corrispondenza e inviolabilità del domicilio. Queste libertà testimoniano la posizione attiva del soggetto (cittadino) di fronte allo Stato, e sono il frutto di secoli di battaglie politiche per l’affrancazione dalla condizione di suddito che hanno portato a numerose dichiarazioni scritte con l’elencazione dei diritti fondamentali. Sono da ricordare, in particolare, la Magna Carta Libertatum (1215) e il Bill of Rights (1689) in Inghilterra, la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino e la Costituzione statunitense, frutto delle rispettive rivoluzioni di fine Settecento e, dopo la seconda guerra mondiale, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’ONU nel 1948 e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950. Ultima in ordine di tempo è la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea approvata a Nizza nel 2000.

 

Definisci il concetto di impresa con particolare riferimento all’impresa agricola e commerciale

L’impresa è attività economica organizzata ed esercitata professionalmente al fine della produzione o scambio di beni o servizi (la definizione si desume dall’art. 2082 c.c.).
L’impresa agricola (art. 2135 c.c.) riguarda una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse (queste ultime devono essere esercitate dallo stesso imprenditore agricolo con propri capitali di organizzazione, e sono dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli stessi).
L’impresa commerciale (art. 2195 c.c.) comprende le seguenti attività: imprese industriale dirette alla produzione di beni o servizi; imprese intermediarie nella circolazione dei beni; imprese di trasporto per terra, acqua e aria; imprese bancarie e assicurative; imprese ausiliarie delle precedenti (attività di mediazione, spedizione, agenzia…).

 

Le creazioni dell’ingegno: diritto morale e materiale d’autore

Il diritto d’autore ha per oggetto le opere dell’ingegno di carattere creativo, siano esse di genere scientifico, letterario, cinematografico, musicale…Il diritto d’autore sorge con la creazione dell’opera, senza necessità di registrazione o brevetto, e riguarda soltanto opere con carattere di novità. Due sono gli aspetti del diritto d’autore: morale e materiale (patrimoniale).
Il diritto morale d’autore è il diritto ad essere riconosciuto autore dell’opera, e comprende i diritti di inedito (solo l’autore può decidere se pubblicare l’opera o no), di anonimo (pubblicare l’opera senza nome o con psudonimo), di opporsi a qualsiasi modificazione pregiudizievole dell’opera, di ritirare l’opera dal commercio per gravi ragioni morali. Il diritto morale è intrasmissibile e imprescrittibile.
Il diritto patrimoniale d’autore consiste nel diritto esclusivo di pubblicare ed utilizzare economicamente l’opera; questo diritto ha durata limitata nel tempo: sino a settant’anni dopo la morte dell’autore, a favore degli eredi; è un diritto trasmissibile, a partire dal sedicesimo anno di età. Per esigere i diritti spettanti agli autori di opere riprodotte (canzoni, spettacoli teatrali…) è stata costitutita la Siae (società italiana autori ed editori).

 

La S.p.A. costituzione, organi ed estinzione

La S.p.A. si deve costituire per atto pubblico, a pena di nullità. L’atto costitutivo deve contenere alcuni elementi essenziali: generalità dei soci e numero delle azioni, denominazione sociale, sede, oggetto sociale, capitale sottoecritto e versato… Sono necessarie inoltre alcune condizioni preliminari: sottoscrizione per intero del capitale sociale, versamento di almeno il 25% dei conferimenti in denaro presso un istituto di credito, autorizzazioni governative eventualmente richieste. Gli organi della S.p.A. nel sistema tradizionale sono: l’assemblea dei soci, che è organo deliberativo composto dagli azionisti e che può riunirsi in seduta ordinaria o straordinaria; gli amministratori (amministratore unico o consiglio di amministrazione), che compiono gli atti di gestione sociale; il collegio sindacale, che è organo di controllo interno. L’estinzione della società per azioni si produce di diritto per il verificarsi di una causa di scioglimento: gli amministratori convocano l’assemblea straordinaria per la nomina dei liquidatori, che guideranno la procedura di liquidazione (pagamento dei debiti sociali e ripartizione dell’eventuale attivo residuo tra i soci). Successivamente la società è cancellata dal Registro delle imprese.

 

I caratteri salienti del contratto di lavoro subordinato

Il contratto di lavoro subordinato prevede che una parte, detta prestatore di lavoro, si obblighi verso una retribuzione a collaborare nell’impresa, fornendo la propria capacità lavorativa manuale e/o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’altra parte, detta datore di lavoro. Si tratta di un contratto: a titolo oneroso, perchè entrambe le parti sopportano un sacrificio per ottenere un vantaggio; consensuale, perchè si conclude nel momento dell’accordo; di durata, perchè è destinato a continuare nel tempo; a prestazioni corrispettive, in quanto entrambe le parti hanno obblighi; non formale, perchè di regola non richiede una forma specifica per la validità (ad eccezione, per esempio, del contratto di lavoro a tempo parziale o del patto di prova, che richiedono la forma scritta).

 

I principi costituzionali in materia di lavoro

I principi costituzionali in tema di lavoro, a parte i fondamentali artt. 1 e 4, i quali pongono alla base della Repubblica proprio il lavoro, inteso come diritto e dovere sociale della persona, e per i quali lo Stato si deve impegnare ad estendere la possibilità occupazionale per tutti i cittadini, sono contenuti nel titolo III della parte prima, titolato “rapporti economici”. I più importanti sono:

  • art. 35: tutela del lavoro in tutte le sue forme, cura della formazione professionale, libertà di emigrazione
  • art. 36: diritto alla retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato e sufficiente a garantire un’esistenza dignitosa, riposo settimanale e ferie retribuite irrinunciabili, riserva di legge in tema di durata massima della giornata lavorativa
  • art. 37: tutela della donna lavoratrice e del lavoro minorile
  • art. 38: finanza della sicurezza sociale: assistenza e previdenza
  • art. 39: libertà sindacale ed efficacia obbligatoria dei contratti collettivi di lavoro
  • art. 40: diritto di sciopero, regolato dalla legge.

 

Obblighi e diritti che derivano dal contratto di lavoro subordinato per il lavoratore.
I principali diritti che derivano al lavoratore subordinato dal contratto di lavoro sono: diritto alla retribuzione (a tempo, a cottimo, a provvigione, con partecipazione agli utili); diritto ad essere assegnato agli stessi compiti previsti nel contratto e non a compiti inferiori; diritto ad un giorno di riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e irrinunciabili; diritto alla riservatezza (tutela dei dati personali); diritto alla sicurezza sul posto di lavoro; diritto all’assistenza e alla previdenza.
I principali obblighi sono: prestare personalmente il proprio lavoro, usando la diligenza professionale richiesta; fedeltà all’azienda (cioè divieto di trattare affari in concorrenza con il proprio datore di lavoro, o di divulgazione di notizie riservate: cd. obbligo di riservatezza); obbligo di obbedienza alle direttive del datore di lavoro.

 

Le “azioni”

Le azioni sono titoli di credito di partecipazione, che attribuiscono lo status di socio al possessore e che rappresentano una frazione del capitale sociale di una S.p.A. o di una S.a.p.A. Esse debbono essere sempre di uguale valore e sono indivisibili. Vengono assegnate al soggetto che effettua in conferimento alla società. Riguardo al modo di circolazione, possono essere nominative o al portatore. Attribuiscono al socio possessore diritti patrimoniali proporzionali alla quota di capitale da esse rappresentata (diritto agli utili, diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione, diritto alla quota di liquidazione), ma anche diritti amministrativi (diritto di intervento e voto pro quota in assemblea, diritto di impugnazione delle delibere assembleari, diritto di chiedere la convocazione dell’assemblea) e diritti di controllo (diritto di ispezionare i libri sociali, di esaminare il bilancio, di denunciare al collegio sindacale o al tribunale irregolarità gestionali degli amministratori e dei sindaci). Oltre alle azioni ordinarie di cui sopra, la società può emettere particolari categorie di azioni, dette speciali (di risparmio, privilegiate, di godimento…): esse prevedono diritti diversi rispetto a quelle ordinarie, prevedendo, ad esempio, la possibilità di privilegi nella ripartizione degli utili a fronte di diritto di voto limitato o escluso.

 

Descrivi l’attività economica e le sue fasi con particolare riferimento alla fase della produzione

L’attività economica riguarda la produzione e la distribuzione della ricchezza all’interno della comunità sociale.
Per produzione si intende la trasformazione dei fattori produttivi (input) per ottenere prodotti finiti (output) con utilità e valore maggiori. L’organizzatore di questa attività si chiama imprenditore. I fattori produttivi sono le materie prime, il lavoro e il capitale.
La produzione, però, non è solo attività materiale (trasformazione fisica), ma può anche riguardare spostamento di beni da un luogo all’altro (trasformazione spaziale) o conservazione di prodotti per un uso differito nel tempo (trasformazione termporale). L’insieme delle operazioni necessarie per produrre un bene si chiama ciclo produttivo.

 

Esprimi le caratteristiche salienti e il valore dell’opera “Ritratto di Wagner” di P.A. Renoir

Il “Ritratto di Wagner” venne eseguito da Renoir nei primi mesi del 1882 in occasione di un viaggio dell’artista nel sud Italia; giunto a Palermo, infatti, ebbe modo di incontrare e conoscere Wagner che in quello stesso periodo soggiornava nella città siciliana. Molte notizie sono a nostra disposizione in merito a questo loro incontro grazie alla corrispondenza epistolare di Renoir con uno dei suoi amici francesi e lo stesso ritratto converte in forme e colori le parole dell’artista.
Il dipinto, realizzato in soli trentacinque minuti di posa, riesce a cogliere anche con l’utilizzo di una tavolozza cromatica piuttosto ridotta, la psicologia di Wagner di cui l’artista è oltretutto un grandissimo ammiratore. Il soggetto riprodotto sulla tela risulta elegante, monumentale e stabile nella sua posa, ma al contempo bonario e quasi amichevole e soprattutto sprigiona l’energia emozionale tipica dei ritratti di Renoir.
Il penetrante linguaggio espressivo del maestro fa sì che l’opera diventi una composizione perfettamente orchestrata la cui concordanza delle parti riesce a sfiorare non solo l’occhio dell’osservatore, ma anche il suo più intimo sentimento.

 

Descrivi le ragioni della svolta cubista di P. Picasso e l’opera che l’avrebbe determinata

Le motivazioni della svolta cubista di Picasso sono da ricercare in svariate direzioni, tuttavia, possiamo individuarne alcune fondamentali: la lezione dell’ultimo Cézanne e la scoperta dell’arte africana.
Nel 1907 si tenne al Salon d’automne di Parigi una retrospettiva di grande interesse sulla pittura di Cézanne (da poco scomparso), che grande influenza ebbe su Picasso soprattutto per quel che riguarda la volontà di mostrare la realtà non per come ci appare, ma nel modo in cui la nostra mente ne capta l’apparenza: così la realtà-pensata e creata prendono il posto della realtà-vista.
L’incontro di Picasso con la scultura africana, suscitò in lui un grande interesse per la razionalità di quest’arte capace di utilizzare convenzioni Le motivazioni della svolta cubista di Picasso sono da ricercare in svariate direzioni, tuttavia, possiamo individuarne alcune fondamentali: la lezione dell’ultimo Cézanne e la scoperta dell’arte africana.
Nel 1907 si tenne al Salon d’automne di Parigi una retrospettiva di grande interesse sulla pittura di Cézanne (da poco scomparso), che grande influenza ebbe su Picasso soprattutto per quel che riguarda la volontà di mostrare la realtà non per come ci appare, ma nel modo in cui la nostra mente ne capta l’apparenza: così la realtà-pensata e creata prendono il posto della realtà-vista.
L’incontro di Picasso con la scultura africana, suscitò in lui un grande interesse per la razionalità di quest’arte capace di utilizzare convenzioni ma anche un tipo di procedimento che implica e rinnova l’esperienza della realtà; operando la trasformazione del sistema dell’arte da rappresentativa a funzionale.

 

Individua e analizza gli elementi che mettono in rapporto la “Casa sulla cascata” di Frank Lloyd Wright con la natura circostante

La Casa sulla cascata o Casa Kaufmann (dal nome dei committenti) o Fallingwater è uno dei capolavori dell’architettura organica e punto di riferimento per lo sviluppo della disciplina. Costruita tra il 1936 e il 1939, la casa è immersa nel verde di una foresta e sovrasta una cascata, la forza estetica dell’edificio sta nell’armonizzazione con l’ambiente circostante, che deriva sia dall’uso di materiali del luogo ma soprattutto dall’eleganza delle proporzioni e dall’equilibrata integrazione tra linee orizzontali dell’edificio e verticali della natura intorno.
Inoltre tutti gli elementi verticali della casa sono realizzati in pietra locale e leggermente in rilievo per dare alla superficie muraria un aspetto scultoreo, mentre tutti gli elementi orizzontali sono in calcestruzzo; le lunghe vetrate racchiudono lo spazio interno liberando la visuale verso la natura circostante; la continuità tra interno ed esterno è accentuata,ancora una volta, dall’impiego dei materiali: i pavimenti ed i muri sono rivestiti in pietra, mentre il camino del grande soggiorno è incastonato nella roccia.
L’inserimento nell’ambiente, risulta straordinariamente proporzionato, in quanto la struttura nel suo complesso, non si presenta come un corpo estraneo ma gli elementi che si protendono nel vuoto, sopra la cascata, fanno sì che appaia come uno splendido organismo vivente.
Venezia città-museo e patrimonio dell’umanità
Capitale della Repubblica di Venezia per più di un millennio, nota come la “Serenissima”, la “Dominante” e la “Regina dell’Adriatico” e risplendente di un glorioso passato, i suoi fasti e la sua regalità è ancora oggi riconosciuta tanto che per le peculiarità urbanistiche e per il suo patrimonio artistico, Venezia e la sua laguna viene considerata non solo considerata una tra le più belle città del mondo, ma è inclusa tra i patrimoni dell’umanità tutelati dall’UNESCO.
La città è attraversata da canali affollati da gondole, che si intrecciano con stretti vicoli e calli, dove dietro ogni angolo compaiono ai nostri occhi preziosi palazzi o ardite architetture, magnifici ed antichi simboli religiosi o musei di fama internazionale, tutto sempre intriso della tipica delicatezza e fastosità veneziana, che continuano a comunicarci, oggi come millenni addietro, meraviglia ed ammirazione. Piazza San Marco e il Canal Grande, solo per fare i due nomi universalmente riconosciuti, si configurano come magniloquenti custodi di questo inestimabile tesoro.

 

In un’opera di Caravaggio a tua scelta metti in evidenza il realismo e l’uso della luce

Nel David con la testa di Golia, della Galleria Borghese di Roma, realismo e contrasto tra luci ed ombre giungono ad una sublime sintesi. La storia che si cela dietro la realizzazione del dipinto è ormai nota: Caravaggio, accusato di omicidio, invia il quadro insieme alla domanda di grazia al Cardinal Scipione Borghese, ritraendo il suo stesso volto nella fisionomia del gigante sconfitto, come segno di umiltà e pentimento.
La luce proveniente dall’alto è dura, improvvisa, violenta, sempre in contrasto con l’ombra per rivelare i corpi e costruirli plasticamente, per simboleggiare la continua lotta tra il bene e il male.
Lo sfondo scompare, sostituito da una massa scura che ha la profondità delle tenebre dell’inferno, dalla quale emergono le figure rischiarate dalla luce rivelatrice che colpisce violentemente i tratti stravolti di Golia. Il corpo di David si illumina sulla tela uscendo dall’impenetrabile fondo, il giovane ha una espressione di umana compassione e contempla la testa urlante di Golia senza arroganza.
I protagonisti non sono rappresentazione fantastica dell’evento mitologico, ma ritratti reali, persone comuni e contemporanei a Caravaggio; possiamo facilmente immaginare che il maestro abbia ritratto un ragazzo di strada e per di più esemplificativo in tal senso è il suo stesso autoritratto in veste di Golia; il suo realismo era talmente accentuato che il ritratto del modello veniva costruito, non mediante calcoli geometrici, ma attraverso un’accurata osservazione.

 

Goya viene considerato uno dei più autorevoli anticipatori del romanticismo; “Il sonno della ragione genera i mostri” è significativa delle tensioni che animano la fine del ‘700, nella doppia interpretazione del termine sueno che caratterizza l’opera

Il sonno della ragione genera mostri è un’acquaforte, appartenente alla serie dei Caprichos realizzate dal pittore ed incisore spagnolo intorno agli anni ’90 del XVIII secolo. In spagnolo il titolo è “El sueno della razon produce monstruos”, il termine sueno può indicare sia il sonno del dormiente sia il sogno, pertanto per l’interpretazione di quest’opera può venirci in aiuto il quadro storico in cui il pittore viveva, per poter capire in maniera esatta la frase spesso utilizzata come motto per promuovere l’uso incondizionato della ragione come strumento principe per giungere alla verità.
Il tempo di Goya è quello del feticismo della razionalità, è l’epoca dei Lumi. Goya esprime una ferma condanna all’oppressione del potere, all’ottusità della superstizione e a ogni forma di sopraffazione, più che scagliarsi contro le inconsce passioni umane egli aborre l’ignoranza, l’incapacità dei membri della classe dominante e soprattutto il declino della ragione.
L’illuminismo grida ai grandi spazi dell’uomo e del suo buon senso,ma attenzione ad applicare la ragione anche dove non si dovrebbe: il male, infatti è anche la veglia esasperata della ragione, che finisce per essere sterile e fine a sé stessa. Il maestro vuole allertarci, renderci consapevoli che la ragione non si configura come unico strumento di conoscenza, ma anche i sensi, le emozioni e i moti del cuore, ciascuno nelle proprie sfere possono risultare più validi, efficaci e legittimi.

 

Le rivoluzionarie innovazioni tecniche e tematiche che hanno fatto di Picasso uno dei più importanti pittori del secolo

Picasso è stato senza alcun dubbio uno degli artisti più innovatori e sperimentatori, le varie tecniche utilizzate, le ricerche affrontate, gli ambienti frequentati e gli stimoli a cui costantemente è stato sottoposto hanno contribuito a creare l’eclettica personalità artistica che tutti oggi conoscono.
Ripercorrendo i momenti salienti della sua attività possiamo provare a capire la sua arte e la sua grandezza: sin dalla sua prima formazione si avvicina agli ambienti artistici d’avanguardia, più tardi il continuo viaggiare e sperimentare nuove tecniche incisorie e plastiche, l’accostamento alla scultura iberica e pre-romana, ma soprattutto l’incontro con Matisse provocarono in lui il cambiamento che lo trasformerà nel padre fondatore del cubismo, dandogli nuova concezione dello spazio pittorico e della forma che favorirà la monocromia e lo studio della luce; un ulteriore passo sarà l’introduzione di lettere stampate, di listelli di legno e di altri oggetti attraverso collage, che si presentano come autentici brani di realtà integrati al quadro.

Dopo la prima guerra mondiale Picasso produsse lavori di stile neoclassico che si richiamano volontariamente all’opera dei grandi maestri del Rinascimento italiano, durante gli anni trenta il minotauro sarà un motivo ricorrente che comparirà anche in Guernica, questo momento è da ascriversi all’influenza del surrealismo.
Dopo gli anni ’50 il suo stile cambia nuovamente e comincerà una forsennata ricerca di forme sempre più nuove dedicandosi alla ceramica, considerato un altro fecondo campo di attività del maestro, di questo periodo sono le meravigliose illustrazioni delle Metamorfosi di Ovidio; non meno importante fu in questi anni l’attività scultorea, che rivelò anche nell’arte tridimensionale una grande capacità inventiva.

 

Quali sono i principi estetici dell’espressionismo?

L’espressionismo più che un movimento artistico è un clima di tendenza che si diffuse all’inizio del secolo soprattutto in Germania e parallelamente in Francia, Austria e Belgio, ma che ritroviamo seppur in modo meno incisivo in tutta Europa. Tipicamente espressionista è il movimento dei Favues in Francia e i De Brucke in Germania. Successivamente altri gruppi di artisti furono influenzati dall’espressionismo come i Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro), che si sviluppò a Monaco sotto l’impulso di Kandinskij. Tutti accomunati dalla tendenza a esasperare i contenuti espressivi, accentuando il ruolo del soggetto, le sue emozioni la sua interiorità. Contrariamente all’impressionismo che proponeva di elaborare i dati della natura studiando la luce e le sfumature cromatiche, gli espressionisti prediligono i colori accesi, il rifiuto delle leggi prospettiche, del volume e del chiaroscuro. L’artista espressionista sostituisce alla natura i soggetti ispirati all’uomo, alla civiltà europea (invocando come per Matisse un ritorno a un’ umanità libera), alla società borghese e all’ alienazione del mondo del progresso (simbolo di tale angoscia e smarrimento è per esempio l’Urlo di Munch e la rappresentazione della sofferenza di Emile Nolde).

 

Illustra con opportuni esempi il significato ideale, politico e sociale delle opere di Gericault

Con Gericault (1791-1824) l’arte diventa racconto sociale e politico. In sintonia con i pittori ispirati dall’epopea napoleonica, la pittura di Gericault è infatti cronaca del suo tempo. Da un lato si ispira all’attualità ma la componente passionale del suo carattere irrequieto supera il racconto storico e l’esaltazione dell’eroe. Espone infatti nel 1812 al Salon “l’Ufficiale dei Cavalleggeri della Guardia Imperiale alla carica”: la rappresentazione trasmette una energia incotrollata e a impressionare lo spettatore sono gli improvvisi bagliori, le campiture imprecise e il contrasto del colore. Nella “Zattera della Medusa” del 1818, Gericault dipinge la tragica vicenda del naufragio della nave Medusa che trasportava una delegazione francese nella colonia senegalese di St. Louis. E’ la dura lotta alla sopravvivenza di 400 persone naufraghi rimasti senza mezzi di salvataggio, metafora della crisi francese dopo il crollo napoleonico che Gericault descrive attraverso la rappresentazione della disperazione umana. Intensifica pertanto la sua produzione artistica sulla condizione sociale in genere: il tema dell’infelicità e della sofferenza umana, danno vita a un ciclo di ritratti di alienati. La loro datazione non è certa forse del 1822-23 e cinque dei dieci ritratti sono tuttora dispersi.

 

Descrivi l’opera architettonica di Gian Lorenzo Bernini “Il Baldacchino di San Pietro”

Il Baldacchino di San Pietro”, straordinario esempio del barocco italiano, fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1624 a seguito dell’elezione di papa Urbano VIII del 1623. I lavori terminarono nel 1633 con la collaborazioni di diversi artisti tra i quali il giovane Francesco Borromini. L’opera compiuta si presentò come il superamento di tutte le soluzioni fino ad allora realizzate. La struttura architettonica a forma di templio fu abbandonata per una più dinamica e articolata struttura: per la prima volta insieme architettura scultura e decorazione. Il baldacchino in bronzo è infatti a pianta quadrata alto all’incirca trenta metri ed è costituito da quattro colonne tortili interamente decorate con motivi naturalistici sempre in bronzo, sormontate da quattro angeli e putti che reggono vestoni, dai quali si sviluppano volute a dorso di delfino (ideate quest’ultime dal Borromini).Un impulso dinamico, vivo che mette tutto in movimento: le api dello stemma dei Barberini brulicanti sulle colonne, il sole splendente simbolo della famiglia Barberini sui capitelli, le figure riccamente scolpite tipiche dello stile barocco, come i drappi svolazzanti sotto la trabeazione.