Poteva mancare il dilemma del prigioniero? Certo che no! La proposta è di giocarlo “al plurale”. Ovvero, si gioca a squadre: qui parleremo di squadra I contro la squadra II, ma nulla vieta di scegliere nomi più “immaginifici” o più appropriati a secondo del contesto, incluso il fantozziano “scapoli-ammogliati”. Alla fine del gioco, c’è spazio per litigate, come a tressette o a scopa. Oltre che giocarlo a gruppi, si suggerisce anche di giocare una sorta di dilemma del prigioniero ripetuto, cioè di giocare più di un turno. Tutti i dettagli necessari sono forniti sotto.
Se hai sperimentato questi gioco con gli amici raccontaci come è andata, scrivi un commento qui o sul forum di teoria dei giochi.
Riguardo al commento di “alessandro falconi”, la idea di un beneficiario (può anche essere “Emergency”…) o di un mecenate è proprio importante per evitare il rischio di essere a somma zero. Ci vuole una “source” (sorgente) o un “sink” (pozzo), o entrambi, per evitare che i soldi in circolazione siano sempre gli stessi, portando di fatto a una loro redistribuzione fra i giocatote, da cui il rischio di “somma zero”.
molto interessanti le indicazioni per trasformarlo in “gioco di società” ,però ho l’impressione che introdurre una reale possibilità di perdita per i giocatori aumenti la possibiità che venga percepito come gioco a somma zero , piuttosto che , come dovrebbe realmente essere ,a somma non zero .
http://www.calcata.info/ISDT/ale.html
Grazie per l’interesse: parto dal fondo. Non c’erano premi concreti, solo la soddisfazione di alti punteggi che alla fine venivano riportati sulla lavagna (individuali e dei tavoli).
L’ambiguità del titolo non veniva risolta (non c’erano sorteggi) e aiutava gli studenti a dibattere il tema del lavoro di squadra.
L’esperienza e i conti fatti sono brevemente descritti in:
R.Chiappi, Il foglio eletronico come strumento di pb. solving, Angeli 2008, pag. 162-163.
Ho letto la prima volta di “Vincete più che potete!” su:
R.Graham, Project Management, Guerini 1990, pag. 233-235.
Interessante esperienza e varianti da prendere in considerazione!
Mi interessano i conti fatti per stabilire il vincitore/i. Mi pare di capire che in quel caso il risultato era ottenuto come somma delle mani vinte meno mani perse.
E, alla fine, a chi era rivolto il titolo? O sorteggiavate ;-)
E il premio c’era proprio, bello concreto, o era solo la “soddisfazione” di aver vinto?
Ho molto apprezzato l’articolo e racconto brevemente l’uso che ho fatto per alcuni anni del dilemma del prigioniero iterato nel corso di project management al master MEDEA della Scuola Mattei (circa 30 studenti).
I partecipanti erano raggruppati in tavoli di 4 studenti (o 4 coppie di due) e giocavano ad una specie di morra cinese: indice puntato (defezione) o mano tesa (cooperazione). Il numero di partite era fisso e conosciuto, ma esisteva un’altra incertezza: il nome del gioco (Vincete più che potete!) era rivolto ai giocatori o ai tavoli intesi come squadre?
Gli studenti si sono mostrati divertiti e interessati ed il tema dell’insorgere della cooperazione e delle realtà molteplici (siamo o no una squadra?) è stato dibattuto efficacemente.