Lo scorso 12 Dicembre, Valeria Fedeli è stata nominata Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del neonato governo Gentiloni. Prenderà il posto di Stefania Giannini, l’unica tra i precedenti ministri a non essere riconfermata – insieme alla Boschi, ora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – a causa della problematica gestione della Buona Scuola.
Numerose le polemiche seguite alla nomina della Fedeli, di cui sono state chieste le dimissioni da più fronti. A scatenare le ire di alcune politici e numerosi cittadini è il titolo di studio della neo ministra. Valeria Fedeli non è laureata, ma negli anni Settanta ha conseguito un diploma presso la scuola per assistenti sociali UNSAS di Milano, che all’epoca veniva definito “diploma di laurea”. Nonostante appaia una questione discutibile, è importante sottolineare che la laurea non è un requisito obbligatorio per diventare ministro dell’Istruzione. La nomina risulta quindi essere legittima, almeno sul piano “burocratico”.
Titoli di studio a parte, Valeria Fedeli può essere la persona giusta per riportare la scuola italiana sulla retta via? Il primo grave problema di cui dovrà occuparsi riguarda i rapporti incrinati tra insegnanti e Miur. Un tema che è sicuramente nelle corde di un ministro che è stata una sindacalista appassionata per oltre 30 anni. E questo suo spirito emerge già dalle prime dichiarazioni. “La scuola è il luogo dove si costruisce il futuro dell’Italia, è una responsabilità che cercherò di assolvere con impegno e dedizione ascoltando e coinvolgendo le migliori forze di quel mondo: gli studenti, i genitori, i lavoratori ed i loro rappresentanti”.
Valeria Fedeli è Nata a Treviglio (Bg) nel 1949, si è presto trasferita a Milano dove ha incontrato il movimento studentesco, il femminismo e poi la Cgil: “La passione politica, la voglia di battersi per le donne e per il cambiamento democratico erano già parte di me” ha detto. Già VicePresidente del Senato, siede in Parlamento per la prima volta dopo essere stata candidata come capolista in Toscana ed eletta senatrice alle elezioni del 2013.
Tra i progetti di legge più importanti legati al suo nome ricordiamo quello per l’istituzione di una Commissione parlamentare che studi il drammatico fenomeno del femminicidio e delle misure per conttrastarlo e ancora l’attività a favore delle unioni civili e l’educazione al gender nelle scuole. Una carriera, quindi, in cui i diritti umani hanno svolto un ruolo centrale.
Chissà se questo nuovo ministro meno prof e più “militante” non possa davvero rappresentare la svolta verso la Buona Scuola? Buon lavoro!

Commenti

commenti