Analizziamo il processo di conduzione di elettricità nei metalli dal punto di vista microscopico.

Un solido metallico è formato da un reticolo molto ordinato e regolare, costituito da ioni positivi, cioè atomi che sono stati privati di uno o più elettroni esterni. All’interno di questo reticolo sono liberi di muoversi gli elettroni che sono sfuggiti agli atomi, e che vengono definiti elettroni di conduzione.

A causa del loro moto caotico, essi vengono spesso paragonati alle molecole di un gas, e per questo si parla spesso di “gas di elettroni”, o “mare di elettroni”.

 

conduzione-elettrica-metalli

 

In generale, quando un conduttore è neutro, gli elettroni sono liberi di muoversi nel reticolo, e con il loro moto caotico urtano gli ioni positivi; tuttavia, poiché essi si muovono disordinatamente in tutte le direzioni, il loro spostamento medio può essere considerato nullo.

Quando, invece, il conduttore viene collegato ad un generatore di corrente, il moto degli elettroni al suo interno non è più completamente caotico; al moto disordinato che avviene naturalmente, infatti, si aggiunge il moto generato dal campo elettrico; questo spinge gli elettroni verso il polo positivo, nella direzione opposta a quella in cui agisce il campo elettrico.

La sovrapposizione di questi due moti fa si che anche il numero degli urti che avvengono tra elettroni e ioni positivi aumenti; questi urti possono rallentare il moto degli elettroni, che quindi perdono parte della loro energia cinetica.

L’energia, però, viene trasmessa agli ioni positivi, che la immagazzinano sotto forma di energia termica, ossia calore.

Questo ragionamento fornisce una spiegazione dal punto di vista microscopica dell’effetto Joule; l’energia termica che si immagazzina negli ioni positivi, infatti, è responsabile dell’aumento di temperatura del conduttore.

In ogni punto del reticolo ciascun elettrone possiede una determinata velocità istantanea, che varia da punto a punto, ed è diversa dalle velocità di tutte le particelle; il moto degli elettroni è molto complicato, e sarebbe praticamente impossibile determinare la velocità istantanea in ogni punto del percorso di tutte le particelle.

Per questo, per studiare il moto degli elettroni, si introduce la velocità di deriva, una misura della velocità media degli elettroni nel conduttore.

Si può dimostrare che, se nel conduttore circola corrente elettrica, l’intensità della corrente è direttamente proporzionale alla velocità di deriva, e data dalla seguente formula:

$ i = e * n * A * v_d $

dove con e si indica la carica elementare, cioè quella dell’elettrone; con n si indica il numero degli elettroni presenti per unita di volume (valore noto, che varia in base al tipo di conduttore); A indica l’area di una sezione circolare del filo conduttore; $v_d$  è la velocità di deriva.

 

Esercizio

Consideriamo un filo conduttore di argento, diametro di 0,40 mm,  in cui circola una corrente elettrica di intensità 0,50 A. L’argento contiene in media $5,8 * 10^28$  elettroni di conduzione per metro cubo. Determinare la velocità di deriva degli elettroni.

La velocità di deriva richiesta dal problema è ottenibile dalla formula vista precedentemente, dalla quale si ricava che:

$ i = e * n * A * v_d       to      v_d = frac(i)(e * n * A)$

I dati che ci occorrono, quindi, per la risoluzione del problema sono l’intensità di corrente elettrica, il numero di elettroni di conduzione, forniti nei dati, la carica dell’elettrone, che ricordiamo essere:

$ e = 1,6022 * 10^(-19) C$

e l’area della sezione trasversale; quest’ultimo dato può essere ricava a partire dal diametro del filo conduttore:

$ A = πr^2 = π * (frac(0,40)(2) mm )^2 = π * (0,20 * 10^(-3) m)^2 = 0,126 * 10^(-6) m^2 $

Possiamo, quindi, applicare la formula, e determinare così la velocità di deriva richiesta:

$v_d = frac(i)(e * n * A) = frac(0,5)( 1,6022 * 10^(-19) * 5,8 * 10^28 * 0,126 * 10^(-6)) = 0,43* 10^(-3) m/s$

 

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