Nei primi anni del ‘900 le teorie sulla luce portavano degli scontri di opinione; era chiaro ormai che la luce avesse la stessa velocità in tutti i sistemi di riferimento inerziali, in disaccordo con la legge di composizione delle velocità di Galileo, e ancora non si poteva estendere il concetto di luce alla teoria di Maxwell; infatti questo avrebbe significato mettere in discussione le trasformazioni di Galileo e le nozioni di spazio e tempo assoluti.

Per risolvere il problema, quindi, nel 1905 Einstein formulò due leggi, che furono definiti principi della relatività ristretta; con essi si propose una nuova visione dell’Universo.

  •  Primo principio della relatività ristretta: le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti  sistemi di riferimento inerziali;
  • Secondo principio della relatività ristretta: la velocità della luce nel vuoto è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali, e non dipende dalla direzione di propagazione, e quindi dal moto della sorgente da cui è emessa.

Il secondo principio, noto anche come principio di invariata di c, spiega come mai l’esperimento di Michelson-Morley abbia dato risultati negativi: infatti, poiché la velocità della luce è indipendente dal sistema di riferimento, il tempo di percorrenza dei due tratti (quello verticale e quello orizzontale) deve essere lo stesso, e per questo non si registrarono variazioni nelle figure di interferenza.

 

La simultaneità

Nella fisica classica, enunciata da Newton, era stata presentata l’idea del tempo e dello spazio visti come entità assolute.

Einstein, invece, smentì l’ipotesi che esistesse una grandezza tempo assoluta, cioè che il tempo fosse identico in tutti i sistemi di riferimento e scorresse immutabile.

I ragionamenti di Einstein cominciarono dall’esaminare il concetto di simultaneità di due eventi, cioè il significato dell’affermazione che due eventi avvengano nello stesso istante.

Consideriamo, ad esempio, il procedimento che si può utilizzare per sincronizzare due orologi che si trovano il luoghi diversi e in quiete rispetto allo stesso sistema di riferimento; si inviano contemporaneamente due raggi di luce da ciascuno di essi, nella direzione del loro punto di mezzo.

Per definite la simultaneità possiamo utilizzare lo stesso procedimento della sincronizzazione degli orologi, considerando al loro posto il verificarsi di determinati eventi; nel momento esatto in cui accade l’evento, da esso viene odiato un raggio di luce nella direzione del punto di mezzo tra essi; se i raggi di luce inviati dalle posizioni dei due eventi raggiungono il punto centrale nello stesso momento, i due eventi si dicono simultanei.

Il concetto di simultaneità non ha validità assoluta; ciò significa che se due eventi sono simultanei in un determinato sistema di riferimento, non è detto che lo siano anche in un altro.

Per dimostrare questo concetto, Einstein elaborò un semplice esperimento.

 

L’esperimento di Einstein

Egli prese in considerazione due sistemi di riferimento inerziali diversi; uno quello di un osservatore fermo sulla Terra ( $O_1$ ), e l’altro quello di un osservatore posto in un treno in movimento a velocità costante ( $O_2$ ).

Ipotizziamo che nei punti A e B, equidistanti dal primo osservatore, nel momento esatto in cui l’osservatore  $O_2$  si trovi a metà strada da essi, vengano emessi due raggi di luce.

 

esperimento-di-Einstein

 

Il punto di emissione dei raggi luminosi, fa si che essi raggiungano l’osservatore  $O_1$  nello stesso istante; di conseguenza, per il primo osservatore gli eventi che si verificano nei punti A e B sono simultanei.

 

esperimento-di-Einstein

 

Per l’osservatore che si trova sul treno, invece, gli eventi non avvengono nello stesso momento; infatti, poiché il treno è in movimento, supponiamo verso sinistra, l’osservatore  $O_2$  vede prima il raggio di luce emesso dal punto A, e successivamente quello emesso dal punto B; egli conclude, quindi, che i due eventi non sono simultanei.

 

esperimento-di-Einstein

 

 

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