Stephen Hawking: una vita per la scienza

L’8 gennaio scorso, Stephen Hawking ha festeggiato 72 anni: come egli stesso dichiara nel libro “Breve storia della mia vita”, è nato esattamente trecento anni dopo la morte di Galileo. Disarmante la descrizione che Hawking fa della propria infanzia: non si può dire si trattasse di un bambino prodigio, visto che ha imparato a leggere a 8 anni e, nel corso della sua carriera scolastica, con i suoi risultati non va “mai oltre la metà circa della classe”.

Persino a Oxford, cui accede grazie a un’ammissione precoce, a soli diciassette anni, dice di aver fatto proprio l’atteggiamento “antilavorativo” e di aver fatto il possibile per sottrarsi allo studio. Eppure, questa apparentemente debole propensione per lo studio non gli impedisce di ottenere una laurea di primo livello e di fare ricerca a Cambridge.

Dal momento in cui sceglie di dedicarsi alla fisica, la carriera di Hawking è costellata, come lui stesso dichiara, da piccoli colpi di fortuna: all’inizio del suo percorso, ad esempio, vorrebbe lavorare con Hoyle, il più famoso astronomo britannico degli anni Sessanta, ma il professore ha troppi studenti e Hawking deve rivolgersi altrove. In questo modo, quando la teoria dello stato stazionario, di cui Hoyle era il principale fautore, è stata scartata in favore di quella del big bang, Hawking non è stato costretto a difendere una teoria in crisi per dovere di lealtà.

Il secondo colpo di fortuna è del 1969: Weber dichiara di aver rilevato le onde gravitazionali e Hawking accarezza l’idea di dedicarsi all’esperimento in questione. Il fatto che altri abbiano avuto la stessa idea lo induce a rinunciare al progetto e, come dice lui stesso, si è trattato di una vera fortuna: come fisico sperimentale, sarebbe stato intralciato dalla malattia degenerativa che l’ha colpito in giovane età, inoltre “un teorico può avere un’idea in un solo pomeriggio, o magari […] mentre va a letto, e scrivere un articolo da solo o con uno o due colleghi, facendosi così un nome”.

Stephen Hawking è l’autore del libro “Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”, uno dei libri di divulgazione più venduti al mondo: lo studio di questo particolare aspetto della cosmologia, iniziato intorno al 1970, gli permette di elaborare tutta la teoria senza che vi sia alcuna prova osservativa della loro esistenza.

A partire dall’adesivo appeso alla porta del suo studio “i buchi neri non sono visibili”, che gli attira le ire del direttore del dipartimento, fino alla scommessa con Kip Thorne, del California Institute of Technology, con il quale sono in gioco un paio di abbonamenti a riviste per soli uomini, Hawking mostra tutta la sua passione per l’argomento.

Nel 1979 ottiene la cattedra lucasiana di matematica, ovvero la cattedra di matematica all’Università di Cambridge, che mantiene fino al 2009, nonostante i grossi limiti impostigli dalla sua malattia. Nel 1985, durante un viaggio al Cern, una polmonite lo vincola ad un respiratore e i medici che lo seguono in Svizzera non gli lasciano grandi speranze. La moglie, Jane Wilde, decide di farlo trasferire in Inghilterra e, grazie ad una tracheotomia, Hawking è libero dal respiratore, ma non è più in grado di parlare. Solo l’utilizzo di un sintetizzatore vocale gli consente di continuare a comunicare, a lavorare, a scrivere. Le restrizioni imposte dalla sua malattia aumentano con il passar del tempo, tanto che, da ormai due anni, è costretto a far uso fisso di un respiratore, ma Hawking ha scelto di non concentrarsi su quello che non può fare, consiglio che dà a tutte le persone affette da disabilità.

Il bilancio che Hawking ci presenta, al termine della breve autobiografia, è nettamente positivo: ritiene di aver ricevuto molto dalla vita, sia nell’ambito lavorativo che dal punto di vista delle relazioni. È stato sposato con Jane Wilde dal 1965 al 1990 e ha avuto tre figli: Robert (1967), Lucy (1970) e Tim (1979). Si è poi sposato con Elaine Mason, una sua infermiera, nel 1995, ma il matrimonio si è concluso nel 2007: la donna gli ha salvato la vita in più occasioni, grazie alla propria specializzazione, ma le frequenti crisi del marito hanno avuto un costo emotivo troppo alto per lei. “Sono felice se ho contribuito ad accrescere un poco la nostra comprensione dell’universo” è la frase con cui Hawking conclude la propria autobiografia.

Daniela Molinari

Scuola e Amministrazione diventa on line

Scuola e Amministrazione, storica rivista di didattica e amministrazione della scuola, cambia veste, cambia gruppo di direzione culturale, linea editoriale e diventa una rivista on line, si rinnova nella struttura, si arricchisce di un sito web.

http://www.scuolaeamministrazione.it/it

Gli ambiti tematici sostanzialmente non sono diversi rispetto a quelli delle precedenti annate, ma trovano, nella nuova struttura, una diversa articolazione ed una diversa distribuzione dei pesi. La nuova rivista esprime anime diverse: sul piano dei contenuti che affronta e degli interessi che asseconda (ambito culturale, giuridico, gestionale, organizzativo, didattico); sul piano dei bisogni cui prova a rispondere (di dirigenti, direttori, assistenti amministrativi e docenti); sul piano delle caratterizzazioni funzionali dei diversi contributi: una funzione pragmatica e operativa, una riflessiva e problematizzante, una politica e sociale.

L’idea dunque è quella di offrire alle scuole una risorsa agile ma articolata, che mira a fornire strumenti immediatamente fruibili nella gestione della quotidianità, che analizza e problematizza norme e prassi, che affronta criticamente questioni di rilevanza culturale, gestionale e giuridica, didattica e organizzativa, che valorizza lo scambio di esperienze e la condivisione di pratiche. L’idea è anche quella di costruire, in un futuro immediato, archivi di materiali – consultabili e stampabili (http://www.scuolaeamministrazione.it/it/archiviotimeline/?category_name=archivio ) – relativi ad ambiti non solo normativi (ne esistono già di eccellenti sul web), ma anche gestionali e didattici, ed ancora quella di organizzare un sistema di servizi di assistenza e di counseling (http://www.scuolaeamministrazione.it/it/filo-diretto/ ) ai diversi operatori della scuola e, chi sa, magari anche ai genitori.

L’idea, in sintesi, è quella di offrire alle scuole ed ai singoli operatori uno spazio d’incontro e di scambio, attraverso la socializzazione di pratiche sperimentate e validate, ritenute efficaci ed utilmente trasferibili.

Per garantire la tempestività e la completezza dei riferimenti normativi, ci avvaliamo del supporto di www.edscuola.it , uno dei siti più visitati e apprezzati dagli addetti ai lavori; inoltre, per favorire la socializzazione di esperienze e pratiche, nonché l’apporto della ricerca scientifica alla riflessione psicopedagogica, abbiamo avviato una stretta collaborazione con istituzioni scolastiche, università ed esperti di settore.

Infine, nella logica di una strutturale e dinamica interazione con i lettori, intendiamo anche accogliere proposte e contributi di istituti scolastici o di singoli professionisti (dirigenti, direttori, docenti) su temi, problemi, esperienze e pratiche che risultino coerenti con le linee culturali della rivista e di potenziale interesse per i suoi lettori.

Matematica e democrazia convegno a Orvieto

Numerosi matematici si sono impegnati nella vita civile del loro paese, anche in Italia, spesso promuovendo i valori della pace e l’affermazione di una società più solidale e tollerante in cui a tutti sia data la possibilità di mostrare i propri meriti, indipendentemente dalle condizioni sociali iniziali. Ricordando qualcuno di questi esempi, a partire dal periodo della Rivoluzione francese (quando nasce la figura professionale dello scienziato), il Convengo ricostruirà in modo originale alcune pagine della storia della Matematica e della scienza.

Si spingerà fino ai tempi più recenti e ai giorni nostri con l’analisi delle tendenze emergenti e il racconto di collaborazioni scientifiche che aprono un nuovo spiraglio di pace e di sviluppo in Medio Oriente.

Le relazioni tra matematica, scienza e democrazia non si fermano comunque all’impegno personale dei ricercatori. Coinvolgono anche l’insegnamento e lo stesso pensiero matematico. Gli insegnanti sono impegnati in un’educazione alla democrazia che trasmetta valori e comportamenti positivi e faccia della classe una microsocietà pronta all’ingresso in un contesto sociale più ampio e dove già si praticano strategie che permettano a tutti una uguale partecipazione e le stesse opportunità.

Gli insegnanti di Matematica, poi, sono consapevoli di essere attori di un processo educativo che ha delle specifiche potenzialità, non solo per assicurare adeguate opportunità nel mondo del lavoro: trasmettono un pensiero non dogmatico, abituato a valorizzare le ipotesi e a dedurne il massimo risultato possibile, ma anche a vederne con lucidità limiti e parzialità. È un pensiero critico alla base della formazione di un cittadino che capisce il valore della democrazia, raggiunta con lo sforzo e a volte il sacrificio delle passate generazioni, e che ugualmente non farà mancare il suo contributo per ridurre le ingiustizie, le distorsioni, le disparità ancora presenti e massimizzare l’effettiva partecipazione.

Con alcune relazioni più strettamente matematiche, il Convegno si inoltrerà infine lungo una terza direzione (dopo aver visto l’impegno diretto dei matematici in politica e le analogie tra pensiero scientifico e pensiero democratico). Il funzionamento e lo sviluppo di una società democratica pongono non pochi problemi, a partire dalla scelta di un convincente sistema elettorale. Anche qui la Matematica interviene, fornendo i suoi strumenti per la soluzione dei problemi o perlomeno per inquadrarli, capirli e vedere consapevolmente valori e limiti delle soluzioni prospettate.

Il prossimo Convegno di storia della Matematica, organizzato dal Centro PRISTEM in collaborazione e con il patrocinio del Comune di Orvieto, dal titolo “Matematica e democrazia” si terrà nella città umbra di Orvieto nei giorni 4-5-6 aprile 2014.

Vedi i dettagli del convegno>>>

Le materie della seconda prova scritta degli Esami di Maturità 2014

Venerdì scorso intorno alle 19, il Miur ha annunciato con un tweet le materie della seconda prova scritta degli Esami di Maturità 2014, con grande sorpresa degli studenti e dei media. Greco al Liceo classico, Matematica al Liceo scientifico, Lingua straniera al Liceo linguistico, Pedagogia al Liceo pedagogico, Economia aziendale ai Ragionieri, Estimo ai Geometri: sono queste alcune delle materie scelte per la seconda prova scritta degli Esami di Stato 2014, contenute nel decreto firmato dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università.

Data e orario insoliti per la prima comunicazione importante per i maturandi del 2014. L’annuncio è arrivato con lieve ritardo rispetto agli anni scorsi e per lo più di venerdì sera. Forse il Ministro Carrozza ha ritenuto opportuno placare il malcontento degli studenti che nel corso della settimana era emerso sui social nelle forme più svariate. Dai tweet “assillanti” al Ministro, che in breve tempo è salita sul podio dei politici più twettati d’Italia, alle foto-fake con l’elenco finto delle materie della maturità.

Placata l’ansia di conoscere le materie con cui si confronteranno alla maturità, adesso i maturandi possono dedicarsi alla preparazione della seconda prova scritta, che si terrà il 19 Giugno, il giorno seguente al tema d’italiano. Da sempre la seconda prova scritta è quella più temuta dagli studenti ecco perché l’annuncio delle materie da parte del Miur è atteso ogni anno con ansia.

Nessuna sorpresa per gli studenti del liceo scientifico, per i quali la prova d’indirizzo è ogni anno sempre la stessa: il compito di matematica. Il vero incubo di molti liceali, soprattutto per la “tradizionale” difficoltà della prova che testa le doti dei maturandi del liceo scientifico. Una curiosità: l’ultima volta che agli esami di maturità gli studenti dello scientifico si sono confrontati con una materia diversa dalla matematica è stato in occasione degli esami del 1963. Vecchissimo ordinamento, che ha messo gli studenti di fronte ad una versione di latino!

Per quanto riguarda il liceo classico è stata rispettata l’alternanza greco-latino tipica della maturità. Nel 2012 il testo da tradurre era di Aristotele e ha causato parecchi problemi agli umanisti per alcuni periodi decisamente troppo complicati. Quest’anno si spera nella clemenza del Miur. L’autore più richiesto? Platone, che gli studenti considerano “facile”.

Di seguito vi riportiamo l’elenco completo delle materie della seconda prova scritta degli esami di stato 2014.

Per la seconda prova scritta sono state selezionate per i Licei:
Liceo classico: Greco;
Liceo scientifico: Matematica;
Liceo linguistico: Lingua straniera;
Liceo pedagogico: Pedagogia

Per gli Istituti tecnici e professionali sono state scelte materie che, oltre a caratterizzare i diversi indirizzi di studio, hanno una dimensione tecnico-pratico-laboratoriale. Per questa ragione la seconda prova può essere svolta, come per il passato, in forma scritta o grafica o scritto-grafica o scritto-pratica, utilizzando, eventualmente, anche i laboratori dell’istituto. Le materie scelte per alcuni indirizzi sono:
Istituto tecnico commerciale (ragionieri): Economia aziendale;
Istituto tecnico per geometri: Estimo;
Istituto tecnico per il turismo: Tecnica turistica;
Istituto tecnico industriale (elettronica e telecomunicazioni): Elettronica;
Istituto tecnico industriale (elettrotecnica ed automazione): Elettrotecnica;
Istituto tecnico industriale (informatica): Informatica generale e applicazioni tecnico-scientifiche;
Istituto professionale per agrotecnico: Economia agraria;
Istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione: Alimenti e alimentazione;
Istituto professionale per i servizi sociali: Psicologia generale e applicata;
Istituto professionale per Tecnico delle industrie meccaniche: Tecnica della produzione e laboratorio.
Per il settore artistico (Licei e Istituti d’arte) la materia oggetto di seconda prova ha carattere progettuale e laboratoriale (ad esempio architettura, ceramica, mosaico, marmo, oreficeria). La prova si svolge in tre giorni.

Serena De Domenico

Come calcolare gli interessi di un conto bancario

Come calcolare gli interessi attivi di un conto corrente bancario o di un conto deposito? In che modo utilizzare le formule di calcolo più comuni? Nell’articolo che segue, una breve guida che spiega, formule alla mano, il modus operandi di banche e finanziarie.

Esistono numerosi tool che consentono di calcolare in modo rapido e semplice gli interessi maturati su un determinato capitale (lasciato su conto corrente e conto deposito), o su una somma presa in prestito. Tuttavia anche nel caso dei tool indipendenti (http://www.migliorcontocorrente.org ), cioè quelli che permettono di inserire il tasso di interesse personalizzato, i calcoli non sono del tutto precisi, dal momento che bisogna, in realtà, considerare tutte le voci di costo.

Vediamo le modalità di calcolo e le voci da considerare a seconda che si tratti di interessi maturati su un conto corrente, un conto deposito o un finanziamento. La formula per calcolare gli interessi in generale è data da (K*tasso di interesse*giorni)/periodo di riferimento*100 dove K indica la somma sulla quale calcolare gli interessi attivi o passivi a seconda del caso.

Come calcolare gli interessi sul conto corrente. Le banche sono solite liquidare le competenze e gli interessi maturati sul conto corrente con cadenze trimestrali, che sono fissate in base a delle date fisse, ovvero: 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 1 dicembre. Quindi bisogna conoscere il tasso di interesse applicato dalla banca, e contare i giorni relativi al trimestre. Se ad esempio si diventa correntisti, oppure il saldo del conto passa da pari a zero a una certa somma il 15 maggio, allora il calcolo degli interessi va fatto sui giorni che mancano al raggiungimento del trimestre (al 30 giugno), che sono pari a 45 giorni. Quindi si applica la formula precedente inserendo nella voce ‘giorni’ il numero 45. Il tasso così ottenuto è comunque lordo, per cui va decurtato del 20% che è l’aliquota fiscale, e delle eventuali spese di liquidazione previste, per ottenere il rendimento netto effettivo.

Come calcolare gli interessi sui conti deposito. Per considerare in anticipo la convenienza di un conto deposito può essere utile calcolare gli interessi previsti, sempre sfruttando la stessa formula, ma facendo attenzione all’ipotesi tra conto deposito vincolato e non. In particolare la liquidazione degli interessi su un conto libero avviene a fine anno, mentre per i depositi vincolati avviene alla scadenza del vincolo. In caso di questi ultimi il calcolo del tasso netto quindi è: giorni di vincolo * (((tasso di interesse lordo / 100) * 80) / 365) *(k/ 100).

Come calcolare gli interessi sui prestiti. Il modus è lo stesso dei precedenti, tuttavia bisogna variare il denominatore a seconda del periodo di riferimento per il calcolo che nella formula standard si riferisce al tasso annuo. Se ad esempio si vogliono calcolare gli interessi passivi su un fido bancario, per semplicità, bisogna dapprima calcolare i numeri ‘debitori’ calcolati secondo la formula: (Saldo negativo per valuta x giorni) : 100. Nel particolare allora la formula semplificata per il calcolo degli interessi passivi potrebbe essere: Interessi passivi = (numeri debitori x tasso) : 365 gg.

Problema 9.2: Prospect Theory

L’economia sperimentale ed in particolare la Prospect Theory di Kahneman e Tveresky ha trovato che la maggior parte degli esseri umani è avversa al rischio quando si parla di guadagni, ma è propensa al rischio nel caso di perdite. Kahnemann ha dedotto che la curva che mediamente rappresenta i decisori umani è convessa verso l’alto nel quadrante dei guadagni, ma è concava verso l’alto nel quadrante delle perdite. Ovviamente esiste un punto angoloso all’origine degli assi (ascisse: valori misurati; ordinate: utilità percepita).

Questi risultati non sono poi così strani infatti preferiamo un guadagno sicuro ad uno più elevato, ma incerto. D’altro canto preferiamo una perdita incerta ad una perdita sicura. L’esigenza di quantizzare questo stato di cose ha portato a stabilire, tramite interviste, che perdere una certa somma provoca più del doppio del dolore di quanto piacere ci può suscitare la vincita della stessa somma: ad esempio se vincere 200 Euro ci provoca un piacere pari a 25 unità, perdere 200 Euro ci provoca un dolore pari a circa 52 unità. Potete trovare una funzione matematica di utilità (ascisse: valori misurati; ordinate: utilità percepita) che rappresenti adeguatamente questo stato di cose?


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Scarica la soluzione del problema Prospect Theory a cura di Marco. M

Ministro Carrozza: l’educazione digitale non sarà una materia, ma un’attività trasversale

I media la chiamano “scuola digitale”, “scuola 2.0” o “scuola dei nativi digitali”: sono queste le etichette nate per definire i progetti per e della scuola italiana in materia di nuove tecnologie. Supporti digitali come computer, tablet e lavagne multimediali usati come strumenti didattici e di apprendimento per favorire lo studio degli studenti-nativi digitali.

Ma come dimostrano recenti statistiche, i fondi da stanziare, gli sforzi e il lavoro da fare, per equiparare il sistema scolastico italiano a quello europeo dal punto di vista tecnologico sono decisamente tanti.

Intanto grazie all’ultimo decreto legge firmato dal ministro Carrozza, lo scorso autunno sono stati resi disponibili 5 milioni di euro per la diffusione delle reti wireless nelle scuole italiane. Proprio il Ministro Carrozza, ospite negli scorsi giorni del convegno “Educare alla rete”, organizzato dal Garante per la protezione dei dati personali, in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali e in corso a Roma, è intervenuta sul tema della scuola digitale, parlando di educazione digitale.

L’inquilina di Viale Trastevere ha dichiarato di non essere favorevole all’introduzione di una nuova materia riguardante le nuove tecnologie, affermando: “No all’introduzione di nuove discipline. La tecnologia digitale è un mezzo e tutte le materie devono avvalersene, come fu per il libro stampato sul quale si basò il sistema scolastico dell’Ottocento”.

Al centro della Scuola Digitale, quindi, largo spazio alle nuove tecnologie, intese come strumenti, e non come contenuti, a cui dedicare ore di studio. ”Abbiamo numerosi progetti sul tema, ma deve trattarsi di attività trasversali, non di una vera e propria nuova disciplina”, ha detto il Ministro. Piuttosto l’educazione digitale, secondo la Carrozza, dovrebbe rientrare in un più ampio programma di educazione civica a cui dovrebbero prendere parte non solo gli studenti, ma anche i cittadini.

Un aspetto molto importante di questo fenomeno, ha sottolineato il Ministro, è quello della “preparazione a un’etica dell’utilizzo della tecnologia digitale, sia come utenti che come fornitori dei servizi”. Bella scommessa, per un Paese in cui la Pubblica amministrazione non solo non è in grado di fornire agli studenti mezzi adeguati per garantire il diritto allo studio e un sereno svolgimento delle lezioni, ma in cui l’Agenda digitale, non riesce ad aggiornare il nuovo software, da anni!

Serena De Domenico

Beghe nei meandri dell’universo

L’ardente desiderio di uno scienziato di scoprire verità sulla natura prima sconosciute è sicuramente pari al desiderio di farsi riconoscere il merito di tali scoperte. Tale riconoscimento ha importanti ricadute sulla carriera e a volte ritorni economici considerevoli.

E’, dunque, naturale che sorgano tensioni riguardo a chi ha maggiormente contribuito alla realizzazione di una particolare scoperta. Non è affatto semplice individuare i contributi di centinaia di scienziati che a vario titolo potrebbero aver determinato l’esito delle ricerche. Un lavoro giudicato poco importante per un lungo periodo, potrebbe diventare da un giorno all’altro un elemento risolutivo. Difficilmente, in ambito scientifico, le scoperte sono risultato di un singolo sforzo, molto più spesso sono il risultato di uno sforzo congiunto nel quale è molto difficile demarcare in maniera netta i singoli valori.

Le tensioni che sorgono in merito all’attribuzione di una scoperta diventano particolarmente aspre quando il lavoro in questione è degno del premio Nobel.

Una di queste beghe è associata alla particella che sta alla base della teoria della massa e universalmente conosciuta come il bosone di Higgs. Le scaramucce sorte intorno a tale scoperta sono raccontate da Ian Sample nel libro Higgs e il suo bosone. Altri cinque fisici erano arrivati indipendentemente alla stessa teoria due dei quali, addirittura, avevano anche anticipato Higgs nella pubblicazione dei risultati. Appena il bosone di Higgs cominciò a diventare molto più che una astrusa idea, sono parallelamente emersi gli attriti sulla vera paternità della teoria.

Sample racconta che durante una conferenza sulla teoria della massa a Bruxelles, il relatore Lalit Sehgal, dell’Istituto di Fisica teorica di Aachen in Germania, cominciò a parlare del meccanismo di Higgs. Poco dopo, nel corso della sua relazione, il fisico Robert Brout, seduto in prima fila, manifestò in modo molto evidente il suo disappunto. Sehgal, cercò di porre rimedio dicendo: “Comprendo che questa teoria sia stata descritta da un certo numero di ricercatori ma, come ormai consuetudine, mi riferisco a essa con il nome più breve possibile”. La risposta non soddisfò per niente Brout che anzi, alzando ancor di più la voce, ribadì indignato: “Anche il mio nome ha cinque lettere!”.

Un altro gruppo invece, formato da Gerry Guralnik, Dick Hagen e Tom Kibble, ha sempre ricevuto scarso riconoscimento per il suo contributo alla teoria della massa. Guralnik e Hagen ritengono addirittura che alcuni fisici europei cospirassero affinché i loro nomi venissero esclusi da ogni merito e non ottenessero un posto nella storia.

Guralnik rese pubblici i propri sospetti in un articolo del 2009 nel quale denunciò il fatto che inizialmente sembrava non esserci alcun problema di riconoscimento per il proprio lavoro, ma che a partire dal 1999, quello stesso lavoro cominciò a essere sistematicamente omesso dalle fonti e dalle bibliografie contenute in estratti di importanti conferenze e articoli, anche da parte di autori che lo avevano precedentemente citato.

Robert Brout e François Englert della Libera Università di Bruxelles furono di fatto i primi a pubblicare ciò che oggi viene definito meccanismo di Higgs. Essi furono però isolati dalla comunità internazionale dei fisici delle particelle e dai nuovi ricercatori che cominciarono a occuparsi della teoria. Higgs pubblicò subito dopo, ma fu il primo a portare l’attenzione sull’esistenza di una nuova particella.

Sample sottolinea come da parte di Higgs ci sia sempre stato un certo disagio per il fatto che il suo sia l’unico nome associato alla teoria. A una conferenza, Higgs riconobbe l’imbarazzo della situazione iniziando la sua lezione in questo modo: “Contrariamente alle consuetudini di questa conferenza, voglio dapprima smentire la mia priorità per alcuni dei concetti ai quali il mio nome è comunemente associato in letteratura” e proseguì suggerendo che il meccanismo di Higgs venisse rinominato come il “meccanismo ABEGHHK’tH” dalle iniziali dei nomi di tutti coloro che avevano contribuito, cioè Anderson, Brout, Englert, Guralnik, Hagen, Higgs, Kibble, e ’t Hooft.

In un piano è dato un segmento AB di misura 4 rispetto ad una fissata unità di misura u; trovare, rispetto ad un sistema di assi cartesiani ortogonali opportunamente scelto, l’equazione del luogo dei punti P di tale piano per cui il perimetro del triangol

In un piano è dato un segmento AB di misura 4 rispetto ad una fissata unità di misura u; trovare, rispetto ad un sistema di assi cartesiani ortogonali opportunamente scelto, l’equazione del luogo dei punti P di tale piano per cui il perimetro del triangolo ABP è 14u (si consiglia di riconoscere di che luogo si tratta prima di fissare il sistema di riferimento cartesiano ortogonale).

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194. Una semplice relazione tra i coefficienti di un’equazione

Un problema che ricorre nell’esercizio della professione docente è senza dubbio quello delle verifiche in itinere. La divisione trimestrale dell’anno scolastico spesso mette in ansia discenti e docenti nel disperato tentativo di giungere a una valutazione oggettiva. In queste fasi concitate si avvicendano alla lavagna gli studenti dell’ultima ora, che raramente si ha il piacere di coinvolgere nel corso del trimestre.

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Gödel, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante di D. R. Hofstadter

«Non si penetra mai abbastanza a fondo nell’Offerta musicale. Quando si crede di conoscere tutto, vi si trova sempre qualcosa di nuovo»: le parole dell’autore verso la fine del libro descrivono il mio stato d’animo al termine della lettura, perché pur avendo colto molto di quello che l’autore ha esposto nella sua opera, mi è rimasta l’impressione di non aver compreso tutto. Per questo mi sono riproposta di rileggere questo libro tra qualche anno.

Perché Gödel, Escher e Bach? Cos’hanno in comune un logico, un artista e un musicista? Pur nella diversità dei settori, le loro idee sono collegate e l’autore, a tale proposito, fa un’analogia con gli accordi musicali: «le note armonicamente vicine sono materialmente distanti», ad esempio le note sol, mi e si che in inglese ci danno le tre lettere G, E, B, iniziali proprio dei tre protagonisti.

L’armonia creata dai tre protagonisti è data dal fatto che Gödel ha dimostrato il Teorema di Incompletezza, Escher ne ha fornito una metafora pittorica e Bach ne ha dato la chiave musicale. «Ho cercato di intrecciare in una Eterna Ghirlanda Brillante i tre fili del discorso sviluppato da Gödel, Escher, Bach».

L’idea iniziale dell’autore era di scrivere un saggio sul Teorema di Incompletezza, ma procedendo con la stesura, le idee cominciarono a spaziare fino a toccare Escher e Bach. Se in un primo tempo aveva deciso di tenere i collegamenti come una «motivazione privata», solo successivamente l’autore ha deciso di renderlo esplicito: «Gödel, Escher e Bach erano solo ombre proiettate in diverse direzioni da una qualche solida essenza centrale».

L’autore fornisce un’interpretazione convincente del Teorema di Incompletezza di Gödel: attraverso alcune metafore, aiuta il lettore a cogliere l’importanza del teorema, fino a giungere alla sua dimostrazione. Ma il Teorema è una vera miniera di conoscenza: a partire da esso, l’autore analizza l’intelligenza umana per arrivare all’Intelligenza Artificiale.

Offerta musicale di Bach: in occasione di una visita del musicista a Federico il Grande di Prussia, nel 1747, a Bach fu chiesto di improvvisare dei brani musicali, su un tema propostogli dal Re. .

La strategia di lettura ci viene suggerita dall’autore stesso, il quale, nell’introduzione, ci parla della struttura insolita del testo: Dialoghi e Capitoli si alternano, presentando lo stesso concetto due volte in due modi diversi. Il dialogo ci presenta il concetto metaforicamente «con una serie di immagini concrete, visive», in modo da colpire la nostra intuizione. Solo in un secondo tempo, nel corso del capitolo successivo, il concetto viene presentato in modo più serio e astratto, sistematico. I Dialoghi sono collegati in qualche modo a forme musicali, modellati su diversi pezzi di Bach: «lo stesso Bach da vecchio era solito ricordare ai suoi allievi che le diverse voci nelle composizioni si dovevano comportare al pari di “persone che conversino insieme come se si trovassero in eletta compagnia”».

Scuola italiana vs Scuola finlandese: partita persa dalle elementari

L’ultima indagine Ocse sulla preparazione dei quindicenni degli Stati membri aveva visto trionfare, e aggiudicarsi il primo posto nella classifica globale gli studenti finlandesi. Gli italiani, invece, avevano ottenuto solo il 36esimo posto su 57 Paesi, restando nella zona medio-bassa della classifica, come avviene da qualche decennio.

Che il sistema scolastico finlandese avesse una marcia in più rispetto al nostro ce lo aspettavamo. A darci la conferma arriva il racconto di Tim Walker, insegnante di scuola primaria americano, trasferitosi alcuni mesi fa con la famiglia nel paese nordeuropeo per insegnare in una scuola elementare, come riportato dall’Associazione docenti italiani. Quella raccontata da Walker è una scuola in cui gli studenti già dalle classi delle elementari agiscono con autonomia e nel pieno rispetto delle regole, in cui la pausa non è il momento del caos a cui gli insegnanti devono porre fine con urla e rimproveri, ma un momento di relax comune.

“Le scuole finlandesi – riferisce Walker – organizzano l’insegnamento in blocchi orari di 45 minuti di lezione, ciascuna seguita da 15 minuti di intervallo. Gli studenti non hanno quasi mai due lezioni consecutive senza intervallo e, nella scuola primaria, gli intervalli si svolgono all’esterno, all’aperto, sia che ci sia il sole sia che piova”.

Una vera e propria utopia per le scuole italiane, dove la pausa non è prevista né per la scuola dell’infanzia, né per gli studenti della scuola primaria, e dove gli spazi esterni per i momenti didattici o ricreativi all’interno degli edifici scolastici, spesso, vertono in condizioni fatiscenti.

Del resto l’importanza delle pause è spesso sottovalutata. Poiché i 15 minuti di break tra una lezione e l’altra non dovrebbero solo essere concepiti come momenti ludici per gli studenti, ma delle occasioni fondamentali per ricaricare le pila sie per gli insegnanti che per gli studenti.

“I colleghi finlandesi – puntualizza Walzer – mi hanno insegnato che le pause consentono agli insegnanti di essere più efficaci. Mi hanno spiegato che l’insegnamento è una maratona, non è uno sprint di 100 metri”.

Prendiamo appunti e riflettiamo: sarà il caso di ripartire da una pausa?

 Serena De Domenico

Esplode una stella

Il 21 gennaio 2014 è stata scoperta casualmente, presso l’osservatorio astronomico dell’Università londinese, una supernova. A scoprirla un docente che stava tenendo una lezione sull’utilizzo della strumentazione astronomica. La supernova così individuata (denominata SN 2014J) è una delle più vicine alla Terra mai osservate, si trova infatti all’interno della Galassia Sigaro (M 82), a 12 milioni di anni luce da noi, nella costellazione dell’Orsa Maggiore.

Per individuare la sua posizione ci può aiutare il Grande Carro, le cui stelle Phad e Dubhe ci indicano la direzione verso cui cercare la galassia, la sua luminosità però (magnitudine 8,4) la colloca fuori dalla portata dei nostri occhi, quindi per poterla osservare avremo bisogno almeno di un binocolo, meglio un piccolo telescopio.

La supernova invece, all’interno della galassia, al momento ha una magnitudine pari a 12, quindi ancora più tenue, ma la sua luminosità sta continuando a crescere ed alcuni astronomi stimano che possa raggiungere presto magnitudine 8. Al fine di individuarla più agevolmente ho preparato questa mappa.

http://parcoastronomico.it/sidereus/esplode-una-stella-ecco-dove-cercarla/

I 10 che fanno la differenza

Il settimanale britannico Nature ha selezionato, a dicembre, dieci scienziati che, con il proprio lavoro, hanno fatto la differenza nel 2013. Ecco i loro nomi e i loro meriti.

Feng Zhang, biologo trentaduenne del MIT, ha sviluppato un metodo facile, preciso ed economico per modificare il genoma. I batteri usano i CRISPRs (clustered regularly interspaced palindromic repeats), una sequenza di Dna, per codificare il genoma dei virus, individuarne un punto debole e tagliarlo con la proteina Cas. Nel 2012, Jennifer Doudna dell’Università della California e Emmanuelle Charpentier, ora all’Helmholtz Centre in Germania, hanno dimostrato di poter riprogrammare i Crisprs per tagliare una porzione di Dna e modificare un gene, scambiando o togliendo pezzi della proteina codificata. Il gruppo guidato da Zhang è andato oltre, applicando il metodo alle cellule eucariote. Le potenzialità di questa scoperta si sono rivelate così grandi da spingere Zhang e altri colleghi a fondare la Editas Medicine, un’azienda che ha già raccolto 43 milioni di dollari di finanziamenti, stanziati con l’intento di curare malattie neurologiche dell’uomo come la schizofrenia e il morbo di Huntingrton, riparando i geni responsabili.

Tania Simoncelli: una donna così caparbia che è impossibile dirle di no, questo è quanto dicono di lei i colleghi. E non è difficile crederlo visto che ha concluso quest’anno la battaglia, avviata nel 2005, a fianco dell’ACLU (American Civil Liberties Union) per impedire a società private, come la Myriad Genetics, di brevettare geni umani, cosa che accade da circa trent’anni negli Stati Uniti. Scienziati, pazienti e medici hanno sostenuto insieme a lei che “depositare brevetti sui geni umani è una minaccia al diritto delle persone di accedere alle proprie informazioni mediche e un ostacolo per gli scienziati che fanno ricerca” e la Corte Suprema a giugno si è espressa a favore dell’Aclu. Le sue parole non lasciano dubbi: “I wanted to be the person who could help bridge the cultures of science and justice”.

Deborah Persaud è indicata dal Time tra le cento persone più influenti al mondo. Il suo merito? È responsabile di aver orchestrato un incredibile passo avanti nella cura dei neonati affetti da AIDS: somministrando a un bambino nato da madre sieropositiva, affetto da HIV, un alto dosaggio di un mix di tre farmaci antiretrovirali, a poche ore dalla nascita, durante un check-up pediatrico ha potuto rilevare l’assenza del virus. Secondo la Persaud questo potrebbe essere il primo passo per debellare l’Hiv già nell’infanzia o forse anche per gli adulti, se si può trattare il virus subito dopo l’infezione.

Michel Mayor, settantunenne professore al Dipartimento di Astronomia dell’Università di Ginevra, ha scoperto un pianeta simile alla Terra, al di fuori del nostro sistema solare: è Kepler-78b, distante circa 400 anni luce, per dimensioni e densità simile alla Terra, ma ricoperto di lava, a causa della sua eccessiva vicinanza alla stella orbitante.

Naderev Sano, delegato delle Filippine alla 19^ Conferenza sul Clima, svoltasi a Varsavia a novembre, ha proclamato lo sciopero della fame affinché i paesi convocati prendessero decisioni concrete sul clima. Il giorno di apertura della conferenza, il paese di Sano è stato colpito dal tifone Haiyan: mentre parlava, l’uomo non conosceva la sorte di molti dei suoi parenti e ha chiesto al mondo di “fermare la follia” e ridurre le emissioni di gas serra per contrastare il riscaldamento del globo.

Viktor Grokhovsky, che insegna metallurgia all’Università Federale degli Urali, nonostante stia studiando il fenomeno da più di trent’anni, non ha assistito alla caduta del meteorite che ha colpito la città di Chelyabinsk il 15 febbraio scorso. Grazie ai filmati su youtube ne ha ricostruito la traiettoria ed è riuscito a individuare molti dei suoi frammenti, raccogliendo oltre settecento campioni, per una massa di quasi sei chili. Ha inoltre individuato e recuperato il frammento più grande, di circa 570 kg. I suoi studi dettagliati hanno permesso di valutare meglio la pericolosità degli impatti di questo tipo, per prevenirli in futuro.

Hualan Chen, virologa cinese, direttore del laboratorio di riferimento per l’influenza aviaria in Cina, è stata in prima linea per combattereinfluenza H7N9: con il suo team è stata così impegnata che, come ha dichiarato lei stessa, qualcuno ha perso anche 4 o 5 kg durante le prime settimane di lavoro. Dopo meno di 48 ore dalla conferma dei primi casi, il team di Chen era già operativo.

Shoukhrat Mitalipov, biologo all’Università di Portland, ha annunciato, dopo anni di tentativi andati a vuoto, di aver prodotto cellule staminali embrionali geneticamente identiche a quelle di un individuo adulto, in quanto prodotte per clonazione. È ancora presto per dire come verranno usate nei malati, ma in futuro la disponibilità di questo tipo di cellule potrebbe portare a rigenerare organi danneggiati. Mitalipov è in attesa dell’approvazione per cominciare i trial clinici.

Kathryn Clancy, antropologa all’Università dell’Illinois, dopo aver raccolto le confidenze di una collega, ha deciso di aprire un blog su Scientific American per raccogliere le eventuali denunce di molestie sessuali da parte di studentesse americane. L’indagine ha fatto emergere un elevato numero di violenze, con vittime giovani donne in genere studentesse e persecutori uomini più maturi, in genere docenti e assistenti, che approfittano della propria posizione di potere.

Henry Snaith, trentacinquenne fisico inglese di Oxford, ha aperto la strada per ottenere celle solari molto economiche, ma dall’efficienza così elevata da superare di dieci volte l’energia che ottengono le piante mediante la fotosintesi clorofilliana. Pare che l’ambizione di Snaith,“I always wanted to be an inventor”, si sia finalmente realizzata. Non manca, nella conclusione dell’articolo, l’elenco dei cinque scienziati da tenere d’occhio nel 2014, come Masayo Takahashi, che sta sviluppando un sistema di autotrapianto cellulare in grado di curare la degenerazione maculare.

Daniela Molinari

Le affascinanti riflessioni di Hawking

Il fine ultimo della scienza è quello di fornire una singola teoria in grado di descrivere l’intero universo, sostiene l’illustre scienziato inglese. L’universo avrebbe potuto avere qualsiasi tipo di inizio e di successivo sviluppo, ma sembra invece che esso abbia un modo di evolvere molto regolare e subordinato a determinate leggi. E’ molto difficile ideare una teoria in grado di descrivere il funzionamento dell’universo nella sua interezza.

In genere, l’approccio usato dagli scienziati è quello di scomporre il problema in varie parti e trovare varie teorie parziali, ognuna delle quali descrive e predice una certa classe limitata di osservazioni, trascurando le interazioni di altre quantità.

Può darsi che questa impostazione sia completamente sbagliata, ammonisce senza giri di parole Hawking. Se tutti gli oggetti nell’universo sono strettamente legati gli uni agli altri in una sorta di inestricabile interdipendenza, potrebbe risultare vano accostarsi a una soluzione completa esaminando isolatamente le diverse parti del problema.

Tuttavia, questo è stato il modo in cui si è proceduto in passato. Oggi, le due teorie fondamentali parziali che descrivono il nostro universo sono la teoria generale della relatività e la meccanica quantistica. L’obiettivo successivo della fisica è la ricerca di una nuova teoria che le includa entrambe. Essa si potrebbe chiamare, mutuando la stessa espressione usata da Hawking, la teoria quantistica della gravità.

Una tale teoria ancora non esiste e non è prevedibile quanto tempo ci vorrà per arrivarci, ma Hawking ci trascina in una considerazione che stupisce e disorienta, facendo notare infatti che nella ricerca di una tale teoria unificata c’è un paradosso fondamentale. Qualunque idea su qualsivoglia teoria scientifica prende l’avvio dall’assunto che l’uomo è razionale e libero di osservare l’universo traendo le conclusioni basandosi sulla logica di cui dispone. Se esistesse in realtà una teoria unificata completa, essa dovrebbe verosimilmente determinare anche le azioni degli uomini. In questo modo sarebbe la teoria stessa a determinare l’esito della nostra ricerca di una tale teoria!!

E per quale motivo essa dovrebbe stabilire che, a partire dai materiali di osservazione, noi dobbiamo pervenire alle conclusioni giuste? Non potrebbe essa predire altrettanto bene che noi dovremmo trarre le conclusione sbagliata? O nessuna conclusione? si domanda ancora Hawking. Per quanto in passato è stato certamente vero che intelligenza e scoperta scientifica hanno fornito un vantaggio competitivo ai fini della sopravvivenza, non si può essere sicuri che oggi sia ancora così. Le scoperte scientifiche potrebbero benissimo distruggere l’intero genere umano e, in ogni caso, una teoria unificata completa potrebbe non avere alcun valore in termini di possibilità di sopravvivenza o, addirittura, potrebbe non avere alcuna ricaduta sul nostro stile di vita.

Le teorie parziali in nostro possesso consentono di fare predizioni precise risultando lacunose soltanto in casi estremi, perciò viene da chiedersi da cosa nasce questo bisogno di pervenire ad una ulteriore teoria. La risposta di Hawking è che argomentazioni simili avrebbero potuto essere usate tanto contro la teoria della relatività, quanto contro la meccanica quantistica eppure queste teorie ci hanno dato sia l’energia nucleare sia la rivoluzione della microelettronica. Quindi, procedere nella ricerca di una teoria unificata completa è non soltanto un bisogno conoscitivo dell’uomo, ma anche un dovere. Anche se si arrivasse a scoprire che la teoria ultima non aggiunge e non toglie nulla a quanto già noto.

 Domenico Signorelli

Sophie Germain di Laura Toti Rigatelli

originalità, anche se forse non si coglie del tutto il forte impatto che il suo lavoro ha avuto sui suoi contemporanei. Étienne Montucla.

Nell’opera, è raccontata la vita di Archimede e, in particolare, le circostanze della sua morte: Sophie resta colpita dal fatto che un problema geometrico abbia assorbito così tanto il matematico, da fargli perdere di vista la propria sopravvivenza, perciò quello della matematica doveva essere veramente un mondo affascinante.

La famiglia non appoggia questa sua passione e le vieta lo studio della matematica. Si prepara da autodidatta e solo dal 1794 può frequentare l’École Polytechnique, assumendo l’identità di un ex studente, Antoine-Auguste Le Blanc. Colpito dall’ingegnosità di questo alunno, Lagrange chiede un incontro e la Germain è così costretta a rivelare la propria identità: fortunatamente, nel famoso matematico Sophie trovò un amico e finalmente un insegnante.

È proprio Lagrange a metterla a conoscenza dell’Ultimo Teorema di Fermat: arrivata a un risultato importante, la Germain ha l’audacia di scrivere a Gauss, il principe dei matematici, firmandosi però con il suo pseudonimo. Gauss resta molto colpito dalla profondità dei risultati ottenuti da questa giovane promessa della matematica. Viene a conoscenza della sua vera identità solo nel 1806, a seguito dell’invasione della Prussia da parte di Napoleone, quando Sophie interviene presso un generale, amico del padre, perché faccia in modo che Gauss non corra pericoli.

La Germain è stata la prima donna ammessa alle lezioni dell’Accademia delle Scienze, grazie ai suoi lavori per i quali ha ricevuto una medaglia dall’Institut de France e un premio di tremila franchi da Napoleone (che però non ritirò mai a causa della sua timidezza).

Il suo lavoro fu molto importante e riuscì ad influenzare la comunità scientifica contemporanea in misura tale da far eleggere Fourier come segretario perpetuo all’Accademia delle Scienze.

Come riconoscimento delle sue abilità, Gauss ottenne dall’Università di Gottinga che le fosse conferita una laurea honoris causa, ma Sophie morì, il 26 giugno del 1831, prima che le venisse assegnata.

Il testo contiene ventiquattro lettere, presentate in ordine cronologico, dal 1802 al 1831: tra di esse quelle di Cauchy, Delambre, Fourier, Gauss, Lagrange, Legendre, Navier, Poisson, i più grandi matematici del suo tempo. Seguono alcune citazioni della Germain e alcune indicazioni biografiche degli autori delle lettere.

Problema 9.1 Paradossi di Allais

Considerate di trovarvi in una 1a Situazione che denominiamo “positiva” in cui dovete sceglire tra una Opzione A “sicura” ed una Opzione B “incerta”. Considerate poi di trovarvi in una 2a situazione denominata “negativa” in cui dovete sceglire tra una opzione C “incerta” ed una opzione D “leggermente più incerta” ma più conveniente.

I dati numerici delle probabilità (P) e delle vincite (Eur.) corrispondenti alle varie opzioni sono riportati sotto. Sapendo che le scelte sono uniche e non iterabili più volte: Cosa sceglete nella 1a situazione e cosa scegliete nella 2a situazione?


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Il principio del cavatappi di Leila Haddad

Questo libro contiene una dettagliata storia della fisica insieme alla vicenda del protagonista, Bernard, fisico originale, che si era isolato dai colleghi dopo la derisione che aveva seguito la pubblicazione della sua teoria fondamentale, intitolata Ipotesi del vivente, con la quale paragonava il Big Bang alla fecondazione, l’espansione dell’universo alla crescita del corpo umano e la presenza di uomini ed extraterrestri alla presenza di virus e batteri.

Irène, la moglie, tornando a casa una sera dopo una cena, trova uno sconosciuto in salotto, un giornalista, Léo, davanti al quale Bernard la mortifica. Irène se ne va quindi bruscamente e si fa ospitare per la notte dall’amica Marie e dal suo compagno, l’Orso, un matematico. Una volta rientrata a casa al mattino dopo, Irène non trova più Bernard ma un biglietto, nel quale lui le dice di essere vicino a un Esperimento Cruciale, ma che non saprà né se né quando tornerà: “Se vuoi comprendere, parti alla ricerca del vecchio Einstein e della teoria della relatività”.

Alla ricerca di informazioni su Einstein, Irène si sforza di decifrare l’opera sulla relatività, ma dopo nemmeno un quarto d’ora deve rinunciare, sconfitta. È nel pieno di questa disperazione che si fa avanti Léo, il giornalista amico del marito: le suggerisce di rifare il cammino intellettuale, scientifico, filosofico e storico che ha portato Einstein allo sviluppo della teoria della relatività.

Sentendo grande fiducia per il giornalista, Irène gli chiede di spiegarle la fisica e lui accetta. Alla storia della fisica, si mescola la storia di Bernard, che non può che essere raccontata dall’Orso: il fisico e il matematico, infatti, sono amici fin dall’infanzia, da quando Bernard era stato esiliato in campagna per il suo cattivo comportamento e l’Orso si trovava invece isolato e deriso dai suoi compagni di classe e dai suoi familiari per la sua originalità. Insieme, formarono un ottimo sodalizio e qualche anno più tardi i frutti si sarebbero mostrati con la medaglia Fields, vinta dall’Orso.

Dai racconti dell’Orso, Irène può anche rendersi conto di quanto le reazioni negative della comunità scientifica in risposta alla sua Ipotesi abbiano minato la fiducia di Bernard. Per ricostruire la propria credibilità scientifica, Bernard aveva chiesto aiuto all’Orso: non avendo presentato alcuna prova, aveva chiesto all’Orso di preparargli un modello della formazione e dell’evoluzione di un embrione. Il lavoro, purtroppo, è troppo grande per una persona soltanto, perciò l’Orso si è rifiutato di aiutare Bernard. Quando sia Léo che l’Orso svaniscono nel nulla, Irène capisce che trovando i due amici forse avrà anche la spiegazione di ciò che sta succedendo a Bernard: come lasciava intuire il biglietto trovato alla sua scomparsa, l’uomo ha tentato il tutto per tutto per riconquistarsi la stima dei colleghi e per dimostrare le proprie ipotesi.

Daniela Molinari

Il numero 20 completo di Matematicamente.it Magazine

186. Un gioco d’incertezza: “Forse che sì, forse che no” di Rosa Marincola- 187. Casualità Matematica e Metodo Monte Carlo di Nicola De Nitti – 188. Successioni e famiglie di numeri interi di Stefano Borgogni – 189. Esponenziali di matrici di Emilio Novati – 190. Coordinate geografiche e gaussiane di M.T. Mazzucato – 191. Proposta per un diverso sviluppo della geometria con l’uso strutturale delle isometrie di A. Grasso – 192. De minimis magnitudinibus, analisi infinitesimale in epoca ellenistica e cenni sull’opera di Newton di M. Veglianti. – 193. Lo scaffale dei libri.


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193. Lo scaffale dei libri

“La misura del mondo” di Daniel Kehlmann “Serendipity, incontri e avventure di un matematico” di Cotti, Ferrero, Morin “Sul limitare della fisica” di Fieschi Roberto “Abbi il coraggio di conoscere” di Rita Levi-Montalcini “Le domandone di Zio Pippuzzo” di Leonardo Tortorelli “Il matematico continua a curiosare” di Giovanni Filocamo “Matematica, una storia illustrata dei numeri” di Tom Jakson “Mathematics: A Very Short Introduction” di Timothy Gowers

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Code, traffico e matematica

Periodicamente, i giornali parlano di come risolvere il problema del traffico usando la matematica. Eppure, per quanto possa sembrarci strano, quello di cui stiamo parlando non è un problema così recente: tra i grandi matematici che hanno contribuito a risolvere il problema troviamo Siméon-Denis Poisson (1781-1840), che ha svolto studi fondamentali nel calcolo delle probabilità e che ha ideato una formula davvero preziosa, considerata all’origine della teoria delle code, stando a quanto ci dice Peiretti in un articolo del 2006.

Dalle code al supermercato alla teoria delle code >>>

Un ingegnere danese, tale Agner Krarup Erlang (1878-1929), alla fine dell’Ottocento – partendo dagli studi di Poisson – elaborò un modello matematico delle telecomunicazioni, perché per le reti telefoniche è importante non solo che possano sostenere il traffico dei dati, ma che siano anche sviluppate con i costi più contenuti possibile.

Che il traffico sia un problema matematico l’ha dichiarato, all’inizio del 2005, il professor Giovanni Storchi, docente di Algoritmi a La Sapienza, durante un’intervista a “Repubblica”: il professore ha fatto parte di un’équipe di scienziati che ha studiato il problema della circolazione a Città del Messico. Secondo il professore, il problema è risolvibile con la teoria dei grafi, studiando i problemi dei flussi e dei cammini minimi.

Secondo uno studio più recente, svolto dai matematici dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo Mario Picone del Cnr di Roma, il modello per rappresentare il traffico della nostra capitale è di tipo fluidodinamico, ovvero il traffico è considerato come un “enorme serpentone liquido lungo le strade”. Grazie a questo modello, si possono progettare in maniera più adeguata i sensi unici ed organizzare la tempistica dei semafori, inoltre una app per smartphone potrebbe darci indicazioni in tempo reale su quale sia il percorso meno trafficato. Una app di questo tipo potrebbe vanificare l’utilità del modello, perché se tutti decidessimo di seguire un percorso alternativo, il problema del traffico sarebbe semplicemente spostato, per questo Alberto Bressan della Penn State University sta lavorando a questo aspetto, utilizzando la teoria dei giochi di Nash.

Il risultato più recente in questo ambito è dovuto a Berthold Horn, docente del Mit, che alla sedicesima edizione dell’IEEE Conference on Intelligent Transport Systems ha presentato un algoritmo per alleviare l’instabilità del flusso del traffico. L’algoritmo andrebbe implementato nei sistemi di cruise-control, ovvero il sistema che permette di impostare la velocità di crociera desiderata e la distanza che si vuole mantenere dai veicoli che ci precedono. Il sistema, monitorando lo spazio antistante la vettura tramite un sistema radar, accelera o decelera la vettura, mantenendo costante la distanza impostata. Secondo l’algoritmo di Horn, il sistema deve monitorare sia la distanza dalle auto che ci precedono, sia dalle auto che ci seguono: in questo modo, le instabilità nel flusso del traffico vengono contenute, le stesse instabilità che, propagandosi lungo la fila di auto, contrastano la fluidità del traffico. Horn ha rappresentato il fenomeno con una particolare equazione sinusoidale, che descrive lo smorzamento delle oscillazioni. L’algoritmo sviluppato può stabilizzare il fenomeno, ma funziona solo se implementato su un elevato numero di macchine e per ora i sistemi cruise-control sono ancora costosi e poco diffusi.

Calcolo delle probabilità, teoria dei grafi, fluidodinamica, teoria dei giochi… i matematici hanno tentato in più modi di risolvere il problema del traffico, consapevoli che ne va del nostro benessere psichico (il traffico ci crea ansia e stress) e della nostra salute, visto che il traffico influisce anche sull’inquinamento. Concludendo, però, con le parole del professor Storchi: “Formule magiche non ne esistono. L’unica vera soluzione sarebbe quella di lasciare l’auto a casa.”, altrimenti la matematica può solo dare “una grossa mano a ridurre i danni”.

La fisica di Superman

Si è sempre alla ricerca di nuove idee che consentano una maggiore diffusione di contenuti scientifici. Quelle materie che sui banchi di scuola risultavano complicate e pesanti, vengono trattate con altro piglio e calate in un contesto informale che libera il lettore da ogni traccia di pedanteria. Tra i vari tentativi, uno dei più riusciti è senza dubbio La fisica dei Supereroi di James Kakalios.

I personaggi dei fumetti offrono numerose occasioni per parlare di fisica, il ricco campionario di Supereroi consente a Kakalios di spaziare dalla meccanica alla fisica moderna e l’autore non si lascia sfuggire questa opportunità.

Uno degli episodi più interessanti è quello in cui si parla delle origini di Superman, cioè di quando questo personaggio non era ancora in grado di volare ma soltanto di superare grattacieli alti 200 metri con un solo salto. Determinare quale velocità deve raggiungere Superman per poter salire fino all’altezza di 200 metri è solo una questione di conservazione di energia: l’energia cinetica iniziale si trasforma in energia potenziale. La conclusione è che la velocità con cui il supereroe deve staccarsi da terra è di 62 metri al secondo, circa 225 chilometri orari.

Come fa Superman a raggiungere questa notevole velocità iniziale? Ci riesce accovacciandosi e applicando una grande forza al suolo. L’intensità di tale forza è calcolabile tramite la seconda legge della dinamica di Newton. L’accelerazione in gioco si può calcolare dividendo la variazione di velocità (62 metri al secondo) per il tempo impiegato a saltare (l’autore suppone un quarto di secondo). Il risultato porta ad avere un’accelerazione di circa 250 metri al secondo quadrato.

Se si presume che la massa di Superman sia pari a 100 chilogrammi, per la legge F=ma avremmo una forza di 25000 chilogrammi per metri al secondo quadrato. A questo punto, l’autore cerca di spiegare come sia possibile che le gambe del supereroe riescano a sviluppare una forza così intensa e la risposta risulta essere molto convincente: Superman proviene da un pianeta, Krypton, la cui gravità è certamente molto più grande di quella terrestre e quindi i suoi muscoli sono sovradimensionati per il pianeta Terra e gli consentono di superare agevolmente l’attrazione gravitazionale terrestre.

Le interessanti considerazioni di Kakalios non sono ancora finite. Tutti i dati precedentemente raccolti consentono di scoprire quale fosse la gravità del pianeta di origine di Superman e, con opportuni raffronti si riesce a concludere che la gravità di krypton è quindici volte superiore a quella della Terra.

Quali caratteristiche deve avere un pianeta per possedere una gravità di questo tipo? Le possibilità sono due: se Krypton è grande quanto la Terra allora avrà una densità quindici volte maggiore, se invece ha la stessa densità della Terra allora sarà quindici volte più grande.Per avere una densità quindici volte più grande, il pianeta Krypton dovrebbe essere costituito da materia enormemente densa (fino a 75 grammi per centimetro cubo) e nessuna materia a noi nota è così densa. Non resta altro da fare che accettare l’idea che la maggiore gravità sia dovuta al fatto che le sue dimensioni siano quindici volte quelle della Terra, ma anche qui sorge un problema. Un pianeta di tali dimensioni diventerebbe un gigante gassoso privo di mantello solido su cui poter costruire edifici o città e su cui auspicare vita umanoide. Anzi, oltre certe dimensioni la pressione gravitazionale darebbe il via ai processi di fusione nucleare, trasformando il pianeta in una piccola stella.

E dunque? Come si spiega la forza dei muscoli di Superman se non si può giustificare l’esistenza di un pianeta come Krypton? In realtà, secondo Kakalios, rimane un’ultima possibilità e cioè che all’interno del nucleo di Krypton ci sia stata una quantità, anche piccola, di materia altamente densa e tale materia può essere solo frutto dei resti delle esplosioni di supernovae. I residui di queste stelle sono detti stelle di neutroni e la loro densità è inferiore solo a quella dei buchi neri. Perciò, Krypton deve aver avuto al suo interno il nucleo di una stella di neutroni e questo spiega perché è esploso visto che un nucleo così denso provocherebbe enormi tensioni che impedirebbero una distribuzione stabile della materia.

Iscrizioni a scuola: al via dal 3 Febbraio in forma telematica

Con la circolare dello scorso 10 Gennaio il Miur ha annunciato la data d’inizio delle procedure d’iscrizione a scuola per l’anno scolastico 2014-2015. A partire dal prossimo 3 febbraio, con un lieve ritardo rispetto agli anni precedenti, le famiglie italiane potranno iscrivere negli istituti scelti i figli studenti che a settembre frequenteranno il primo anno delle scuole elementari, medie e superiori. Il termine ultimo per le iscrizioni sarà invece il 28 febbraio.

Anche quest’anno viene confermata la procedura di iscrizione alle classi prime nelle scuole statali come l’unica modalità a disposizione dei genitori per iscrivere i propri figli a scuola. Dall’obbligo di adesione continueranno a essere dispensati gli istituti paritari, gli asili e le scuole d’infanzia, dove i moduli cartacei risultano ancora validi.

Nonostante i primi intoppi che si sono verificati nel Gennaio 2013, l’iscrizione online può essere considerata un successo. Oltre 1,5 milioni di iscrizioni effettuate on line, 32.000 moduli personalizzati da parte delle scuole, 5 milioni di fogli di carta risparmiati, 1.000 scuole paritarie che hanno aderito nonostante non fosse obbligatorio, annullamento del fenomeno delle doppie iscrizioni statale/paritaria, monitoraggio in tempo reale sulle scelte dei percorsi scolastici.

Risultati lodevoli per il Miur, con il notevole vantaggio da parte dei genitori di non dover affrontare le lunghe file in segreteria tipiche del periodo post-natalizio nelle scuole italiane di qualche anno fa.

Da quest’anno inoltre, per evitare i disagi trascorsi dovuti al mancato rodaggio della procedura, le famiglie potranno registrarsi sul sito dedicato http://www.iscrizioni.istruzione.it già a partire dal 27 gennaio prossimo. Sullo stesso sito, sempre in anticipo rispetto all’apertura delle iscrizioni, i genitori degli studenti potranno ricevere le informazioni relative alla ricerca della scuola, alle modalità di registrazione e di compilazione della domanda.

Dal 3 al 28 Febbraio, quindi, le famiglie potranno svolgere in modo consapevole e informato le procedere di iscrizione degli studenti alle prime classi. Una volta effettuata l’iscrizione, inoltre, il sistema ‘Iscrizioni on line’ avviserà in tempo reale, via posta elettronica, dell’avvenuta registrazione o delle variazioni di stato della domanda. Sarà possibile sguire in ogni momento l’iter della domanda.

L’Ufficio Relazioni con il Pubblico – informa una nota ministeriale – resterà a disposizione dei genitori anche attraverso il suo canale web http://www.istruzione.it/urp.

Un fascicolo di approfondimento sulle iscrizioni on line >>>

Serena De Domenico

La scienza ci aiuta a mantenere i buoni propositi

“Nel 2014 studierò di più”, “Quest’anno cercherò di impegnarmi in matematica”, “Farò di tutto per essere promosso senza debiti”: questi buoni propositi vi suonano familiari? Di sicuro, ma i propositi di ogni inizio anno, spesso si infrangono con il passare delle settimane, per essere poi del tutto dimenticati con l’arrivo delle vacanze estive e dei quadri di Giugno.

Ma esiste un modo per portare a compimento i nostri buoni propositi? Pare proprio di sì, e più che una formula magica, sembrano regole scientifiche! Già, perché proprio la scienza può aiutarci a trasformare le nostre intenzioni di inizio anno in azioni reali per migliorare i nostri voti e in generale il nostro stile di vita.

Proprio in questi giorni, infatti, sul New York Times due esperti hanno inaugurato il 2014 facendo una sintesi di tutte le ricerche empiriche svolte da medici, psicologi e perfino economisti “comportamentali”, dedicate al rendimento degli individui di fronte ai buoni propositi e alle promesse che si auto propongono per migliorare le proprie performance nella vita. Da queste ricerche sono state dedotte le regole che possono aiutarci a mantenere i nostri buoni propositi nel 2014 e migliorare le nostre perfomance scolastiche. Vediamole insieme.

Prima regola: ogni proposito deve corrispondere ad un preciso piano d’azione, in modo da avere sempre presente il nostro obbiettivo e considerare la mancata azione come un errore. Ciò significa che piuttosto che promettere a mamma e papà di studiare di più, puoi stendere un vero e proprio programma di recupero delle materie di cui sei indietro, chiedere di prendere ripetizioni o organizzare gruppi di studi con cadenza regolare.

Il secondo consiglio nasce dalla teoria economica secondo la quale l’essere umano è razionale e può essere indirizzato verso il miglioramento, usando i giusti incentivi. Ciò significa che puoi concederti un premio ogni volta che riesci a portare a termine uno dei tuoi obbiettivi, ad esempio prendere un buon voto, o recuperare un insufficienza.

Altro consiglio: alternate, o addirittura aggregate, piaceri a doveri. Concedetevi ad esempio una puntata della vostra serie preferita come pausa studio. L’esempio che usano i due esperti americani è questo: prendete un passatempo che giudicate ozioso e poco produttivo, per esempio la lettura di romanzi-trash. Lasciate quel libro in palestra, in modo da leggerlo soltanto quando state correndo e ansimando sul tapis roulant. Ottimo incentivo per chi non ama fare sport.

Ultima regola: i gruppi di studio-supporto. Cercate di circondarvi di persone positive che magari sono riuscite a portar a termine gli obbiettivi che voi vi siete posti adesso sulla vostra strada. Essere appoggiati, spronati, consigliati da chi ci ha preceduto nella stessa battaglia, aiuta a migliorare le nostre chance.

E allora buon 2014! Provate a fare vostri questi consigli e trasformare i vostri propositi in traguardi.

Emozioni d’Arte, storia dell’arte dal Realismo ai giorni nostri

Copertina del libro “Emozioni d'arte” di Raffaele RennaManuale gratuito di storia dell’arte per il V anno della secondaria di secondo grado: Impressionismo, Postimpressionismo, le Avanguardie, l’architettura del XX secolo. Manuale ad uso degli studenti del V anno con licenza Creative Commons BY.

Emozioni d’Arte, Storia dell’Arte dal realismo ai giorni nostri, è un pratico ebook dedicato agli studenti dei licei, impegnati nel ripasso di Storia dell’Arte, materia d’esame della terza prova scritta degli esami di maturità e del colloquio orale. Una sintesi completa del programma di Storia dell’arte svolto nell’ultimo anno dei licei, concepito per un veloce ripasso e un’esauriente preparazione nelle settimane precedenti alla maturità. L’autore, mettendo a disposizione del lettore la sua espe-rienza decennale di docente, analizza e spiega, in modo chiaro e conciso, i concetti fondamentali dell’arte degli ultimi 150 anni, dal Realismo ottocentesco di denuncia, all’arte Moderna annunciata da Manet, fino all’arte contemporanea. Una risorsa ideale per snellire il carico di studio dei maturandi alle prese con il ripasso di tutte le materie dell’ultimo anno delle scuole superiori.

Raffaele Renna è docente di Disegno e Storia dell’Arte al liceo scientifico “Banzi” di Lecce, laureato in Psicopedagogia, diplomato in pittura alla Statale d’Arte di Lecce, autore del libro “Perché ci innamoriamo” edito da Il Punto d’Incontro di Vicenza, 2004, per il quale ha avuto tre recensioni su RAI 2 ed è stato ospite sul palco del “Maurizio Costanzo Show”. Nel 2011 ha pubblicato anche “Dio crea e uccide” edito da Boopen. Altri articoli sono stati pubblicati sulla rivista “La Macchina del Tempo” e sul mensile di psicologia “Psychologies Magazine”. Numerosi sono i suoi interventi in trasmissioni TV e radiofoniche. È astrofilo e divulgatore scientifico di astronomia nei licei, è musicista e compositore, vincitore del “Premio Rino Gaetano” per autori di RAI UNO (1998)


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La matematica è noiosa?

Il 7 dicembre scorso, un editoriale del Times poneva ancora una volta l’accento sulla matematica: “Chi dice che la matematica debba essere noiosa?”. All’indomani di un esito non proprio felice nei test PISA, il giornalista si interroga sulle possibili cause del disastro nel campo dell’apprendimento scientifico e propone delle soluzioni.

Pare che gli studenti americani siano annoiati dalla matematica e dalla scienza in generale e che gli ingegneri e i fisici siano dipinti come fanatici incapaci. Nonostante i lavori in ambito scientifico dovrebbero essere i più ambiti, visto che sono quelli più richiesti e che danno maggiori possibilità di carriera e di guadagno, gli studenti non sono interessati a seguire questa strada. Forse perché gli insegnanti non sono sufficientemente preparati e seguono programmi di studio e libri di testo obsoleti.

In tal senso, l’autore dell’articolo propone una soluzione: il curriculum di studio dovrebbe essere più flessibile, visto che non tutti devono diventare matematici o scienziati, perciò non è necessario che tutti studino matematica in modo così approfondito. Sarebbe più importante che tutti avessero la possibilità di sviluppare un pensiero critico e che ci fossero maggiori possibilità di conoscere le applicazioni della matematica nel mondo reale, magari avviando programmi di collaborazione tra le scuole superiori e importanti aziende attive in ambito scientifico.

La risposta di qualcuno che di matematica si intende non si fa certo attendere: il 10 dicembre Konstantin Kakaes risponde con un articolo dal titolo “La matematica deve essere almeno un po’ noiosa”. Ironicamente l’autore riconosce la presenza della crisi nell’educazione matematica, evidenziando che persino gli autori dell’editoriale del Times non sembrano capire cosa sia la matematica, come sia usata dalla scienza o perché sia importante.

In effetti, non si può che riconoscere che l’editoriale in questione è vago e si esprime per luoghi comuni. L’articolo del Times contesta il modo tradizionale di insegnare la matematica, che dovrebbe essere sostituito da una valorizzazione del pensiero critico, ma che cosa sia il pensiero critico non viene ben specificato e, in ogni caso, la matematica, con le sue dimostrazioni, non fa altro che alimentare questo pensiero critico. E non è necessario ricorrere a dimostrazioni complesse: basta la dimostrazione dell’infinità dei numeri primi o dell’irrazionalità della radice di 2, comprensibili anche ai ragazzi dei primi anni delle scuole superiori. Sembra che nell’articolo del Times si confonda la matematica con la programmazione informatica: ma l’informatica non è matematica, anche se trova le sue basi in essa.

Per quanto il Times sottolinei l’importanza di un insegnamento matematico che faccia riferimento alla realtà, bisogna rassegnarsi al fatto che la matematica è una disciplina astratta, il cui contenuto può comunque essere reso accessibile ed accattivante, anche senza fare riferimenti al mondo reale. In altre parole, per Kakaes, la dicotomia del Times tra problemi del mondo reale e esercitazioni tradizionali non esiste: gli esercizi ripetitivi consentono agli studenti di padroneggiare le tecniche che vengono poi usate per risolvere problemi più complessi nel mondo reale. Come quando si impara una lingua straniera non ci si può esimere dall’esercizio ripetitivo per acquisire le competenze necessarie per poi esprimersi nel mondo reale, così in ambito matematico non si può rinunciare alla necessaria fatica per imparare.

In ogni caso, il vero errore è nel punto di partenza del Times: il motivo per cui è necessaria una migliore educazione matematica non dovrebbe essere nella necessità di formare una nuova forza di lavoro STEM (termine coniato per indicare gli studi e i lavori che si inseriscono nell’ambito della Scienza, della Tecnologia, dell’Ingegneria e della Matematica).

La ragione per cui necessitiamo di una migliore educazione matematica è perché è importante essere bene equipaggiati per affrontare il mondo in cui viviamo. Forse è tipico di un’insegnante di matematica credere (o illudersi?) che la matematica possa essere resa piacevole di per sé, senza considerare necessariamente i suoi riferimenti all’informatica, ai robot, alla realtà, ma credo che la conclusione di Kakaes sia l’irrinunciabile punto di partenza per imparare ad amare la matematica e per raggiungere importanti obiettivi: qualche volta, solo il duro lavoro e la disciplina sono necessari per padroneggiare la materia.

Se questo significa noia, allora sì: la matematica è noiosa!

http://www.slate.com/blogs/future_tense/2013/12/10/american_student_pisa_scores_math_has_to_be_at_least_a_little_boring.html

192. De minimis magnitudinibus, analisi infinitesimale in epoca ellenistica

Per capire il pensiero che si aveva in età ellenistica riguardo al concetto di infinitesimo bisogna innanzitutto capire quale era la concezione di numero reale. I greci non avevano una parola per indicare i numeri reali per il semplice fatto che il concetto fondamentale della matematica per loro non era il numero, concetto piuttosto astratto, ma era la grandezza!

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La massa mancante

La conclusione alla quale pervenne Newton relativamente alla massa fu che essa rappresenta semplicemente una misura della quantità di materia. In base a ciò, è sufficiente sommare le masse dei costituenti elementari della materia per ottenere il valore esatto di massa. Ma le cose non stanno esattamente così e il perché si sarebbe scoperto soltanto due secoli più tardi.

In base al Modello Standard, ci sono ventiquattro particelle identificabili come i veri mattoncini di base della materia. Tra di esse, troviamo sei tipi di quark chiamati up, down, top, bottom, charm e strange che, a loro volta, si raggruppano in tre varietà, a seconda del valore di una loro proprietà chiamata carica di colore, e sei particelle chiamate leptoni, famiglia alla quale appartengono gli elettroni e i neutrini. Questi ultimi sono quasi interamente privi di massa e scarsamente interagenti a tal punto da essere in grado di attraversare senza difficoltà qualunque cosa si trovi sul loro cammino. Un protone è costituito da due quark up e un quark down.

Se sommiamo le masse dei tre quark, il totale risulta essere solo l’1% della massa del protone: il 99% della massa del protone sembra non esserci nonostante le misurazioni dicano il contrario. La stessa cosa accade con i neutroni, costituiti da un quark up e due quark down. Insomma, esiste molta più massa di quella che è possibile misurare. 

Di questo si rese conto Albert Einstein, allorché pubblicò un articolo dal titolo: Può l’inerzia di un corpo dipendere dal suo contenuto di energia?. Come sappiamo, i fatti dimostrarono che questa domanda aveva una risposta affermativa e che massa ed energia sono due aspetti indissolubilmente legati e commutabili. Le scoperte di Einstein permisero di comprendere il motivo per cui la massa del protone risulta maggiore della somma delle sue componenti. I tre quark all’interno del protone giustificano solo l’1% della sua massa, ma sono legati uno all’altro da forze eccezionalmente intense. Perciò, la maggior parte della massa del protone scaturisce dall’energia in gioco nel movimento dei quark al suo interno e dall’energia di legame che li tiene uniti. Quanto detto porta a concludere che qualunque struttura, vivente o inerte, deve gran parte della sua massa all’intensa energia che occorre per tenere insieme le particelle elementari da cui essa stessa è costituita.

Da Newton ad Einstein la scienza fece passi da gigante verso la comprensione della natura della massa. Gli anni sessanta del secolo scorso videro confluire gli sforzi degli scienziati verso l’ultimo obiettivo necessario: capire da che cosa traessero la propria massa le particelle elementari. Il campo di Higgs rappresentava un’affascinante e coerente teoria, in grado di risolvere proprio questo mistero e oggi sappiamo com’è andata. Leggi Il bosone di Higgs

Domenico Signorelli

Nonna AdA di Frascati

La European Physical Society è un’organizzazione senza fini di lucro, il cui scopo è quello di promuovere la fisica e i fisici in Europa: è stata istituita formalmente nel 1968 e ne fanno parte circa 40 paesi, oltre a 3000 membri individuali. Proprio questa Associazione ha designato AdA, il sincrotrone di Frascati, come luogo storico, in quanto “parte del patrimonio scientifico dell’Italia e dell’Europa”.

Secondo le parole di Luisa Cifarelli (prima presidente donna della European Physical Society), “con questa iniziativa l’EPS mira a identificare un nuovo tipo di patrimonio dell’umanità: quello scientifico-culturale”.

Vediamo in cosa consiste AdA e qual è la sua importanza per la fisica.

La nascita di AdA può essere considerata una delle conseguenze del nuovo indirizzo sancito dal Congresso di Fisica Nucleare organizzato da Corbino e Fermi nel 1931 a Roma, un evento che “segna l’entrata ufficiale del nostro Paese nel campo delle nazioni capaci di dare contributi originali allo sviluppo delle scienze fisiche”. E non è quindi un caso che nel gruppo di Frascati troviamo anche Edoardo Amaldi, l’unico dei ragazzi di via Panisperna rimasto in Italia.

Già dal 1936 Fermi aveva cercato di dotare la fisica italiana di una macchina acceleratrice competitiva sul piano internazionale e di un laboratorio adeguato, realizzando, con Rasetti e Amaldi, un piccolo prototipo.

Negli anni Cinquanta, le migliorate condizioni economiche consentono di progettare un nuovo acceleratore e nel 1956 si avvia la costruzione in aperta campagna, vicino a Frascati, del laboratorio che ospiterà l’elettrosincrotrone. Nel 1958, cominciano le prove di accelerazione e il 7 marzo del 1960, durante un seminario, Bruno Touschek descrive un anello di accumulazione per elettroni e positroni: l’idea pareva impossibile da realizzare.

Nelle parole di Carlo Bernardini, che prese parte al progetto, si coglie tutto l’entusiasmo dell’epoca: “Eravamo incredibilmente entusiasti perché si trattava di un esperimento in terra incognita: sapevamo che se fossimo riusciti a far funzionare il prototipo sarebbe cambiato per sempre il panorama di questo tipo di attività, così come poi è stato”.

Meno di un anno dopo, il 27 febbraio del 1961, vennero registrati i primi elettroni accumulati. Bruno Touschek mostrò tutte le sue abilità in questo progetto: nato come fisico teorico, e tra i più astratti in circolazione, divenne un fisico applicato e Giorgio Salvini, Edoardo Amaldi e Felice Ippolito reperirono i fondi per realizzare l’impresa in fretta. Tra le grandi risorse intellettuali che permisero la realizzazione del progetto c’erano Giorgio Ghigo e Grianfranco Corazza.

Nel 1963 i fisici si accorsero che la vita media di un fascio diminuiva all’aumentare del numero di particelle accumulate: “Fu un’osservazione drammatica: sembrava la condanna a morte degli anelli. Bruno si allontanò alle 5 del mattino e andò al Café de la Gare a bere il suo prediletto Rosé Sec con gli operai che arrivavano da Parigi. Tornò eccitatissimo alle 6 e mezza.” Aveva capito che il problema comprometteva il funzionamento di AdA, ma non avrebbe impedito il funzionamento di una macchina più grande.

Per questo motivo, la vita scientifica di AdA fu molto breve, ma costituì una pietra miliare della storia della scienza: è stata il capostipite di generazioni di acceleratori. Nei suoi tre anni di vita, i fisici poterono osservare il comportamento della materia in condizioni altrimenti impensabili.

Ghigo, Salvini, Touschek, Corazza e Bernardini decisero di chiamare il collisore AdA (acronimo di Anello di Accumulazione), convinti che l’accumulazione dei fasci rappresentasse il problema maggiore. Inoltre Bruno aveva una zia di nome Ada e il 27 febbraio del 1961, il giorno in cui i fisici ottennero la prima accumulazione di elettroni e positroni, era l’anniversario della sua morte, una coincidenza che colpì molto Touschek, che continuava a raccontarla a tutti.

AdA era composta da un anello magnetico di sole 8 tonnellate con 4 metri di circonferenza: è come il Large Hadron Collider di Ginevra, ma, come sottolinea Bernardini, “la prima è un microbo, il secondo è come un essere umano”.

Nel 1962 si realizzò il gemellaggio con la Francia, con Orsay, dove c’era un acceleratore lineare. Il gemellaggio costò ai fisici un impegno non da poco: partivano il venerdì mattina e tornavano il lunedì o il martedì successivo. Sempre stando alle parole di Carlo Bernardini: “In quel periodo ho dormito molto poco. Eravamo tutti con famiglia, i bambini crescevano e noi ce ne stavamo lì, ad accumulare particelle. C’era anche molta cocciutaggine, una delle doti più importanti per un ricercatore. Da tutte le parti era pieno di uccelli del malaugurio: ci dicevano che era impossibile, che non ce l’avremmo mai fatta. La nostra ostinazione aumentava proprio grazie a questi gufi”.

Daniela Molinari

Problema 8.1: Goal Programming. Allocazione di investimenti.

La signora Delia, un insegnante recentemente andata in pensione, riceve da un lontano parente una donazione di 50.000 Eur. La signora ritiene che la sua pensione sia sufficiente per tutte le sue esigenze salvo il fatto di non riuscire a fare, come amerebbe, ogni anno un viaggio che mediamente ha il costo di 3.000 – 4.000 Eur. Lei decide quindi di investire la somma ricevuta (e non più) in modo tale da poter finanziare il suo viaggio annuale. Delia ha dunque l’obiettivo di massimizzare l’interesse attivo sul suo investimento tenendo presente alcuni vincoli e priorità che ritiene importanti

X1) investire in buoni del tesoro, che dovrebbero rendere il 6% all’anno, almeno 20.000 Eur.

X2) investire in corporate bond, che dovrebbero rendere il 5% all’anno, tra i 5.000 e i 15.000 Eur.

X3) investire in azioni, che dovrebbero rendere l’8% all’anno, non più di 10.000 Eur.

X4) investire almeno 30.000 Eur nella nuova impresa del nipote, che gli ha promesso un interesse del 7%.

Volendo risolvere il problema ricorrendo alla programmazione lineare si trova il seguente modello:

X1 + X2 + X3 + X4 <= 50.000
X1 >= 20.000 (buoni tesoro, 6%)
X2 >= 5.000 (corporate bond, 5%)
X2 <= 15.000 (corporate bond)
X3 <= 10.000 (azioni, 8%)
X4 >= 30.000 (impresa nipote, 7%)

Max! Z = 0.06X1 + 0.05X2 + 0.08X3 + 0.07X4
con Xi >= 0

Chi volesse provare a risolvere questo problema con un algoritmo di programmazione lineare (simplesso, ellissoide, punto interno, ecc.) troverebbe il risultato: “not feasible problem”. Questo esito è anche ovvio se si considera che a fronte di una disponibilità di 50.000 Eur, Delia desidera investire al minimo 20.000 + 5.000 + 30.000 = 55.000 Eur.

Naturalmente la signora non sarebbe affatto soddisfatta dal risultato ottenuto con il modello di programmazione lineare poiché i suoi obiettivi ed i suoi desideri non sono assoluti, ma volti a raggiungere i molteplici obiettivi “al meglio realisticamente possibile”.

Ecco dunque le priorità (P) che, in ordine decrescente ma con modalità flessibile, Delia vorrebbe perseguire:

P1, Priorità assoluta: non superare i 50.000 Eur della donazione.
P2, Secondo obiettivo: corporate bond tra 5.000 e 15.000 Eur.
P2, Secondo obiettivo, ma con incidenza dimezzata rispetto al precedente: almeno 20.000 Eur in titoli di stato.
P3, Terzo obiettivo: cercare di assegnare almeno 30.000 Eur a suo nipote.
P4, Quarto obiettivo: non investire più di 10.000 Eur in azioni.
P4, Ottenere un rendimento che si avvicini, per quanto possibile, ai 4.000 Eur all’anno.

Delia, che ha sempre insegnato economia ai ragionieri programmatori, vorrebbe impostare il suo problema con la Goal programming (vedi J.P. Ignizio, Goal Programming and extension, Lexington Books, Toronto – Londra 1976, pag.62-64, da cui questo caso è tratto ed adattato), ma non dispone di un software specifico per la Goal Programming. E’ possibile emulare questo problema di Goal Programming su un foglio elettronico in modo da poterlo facilmente risolvere con il metodo del simplesso, compreso nei migliori risolutori presenti nel menu Strumenti degli spreadsheet?


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Le promesse del qubit

Con l’espressione Quantum Computing si fa riferimento alle prospettive di applicazione della fisica quantistica nel campo delle macchine per il calcolo automatico. Sono molte le aspettative riposte in questo ambito e altrettante sono le problematiche che ancora attendono una soluzione definitiva.

I paradossi della fisica quantistica sembrano riservare grandi opportunità alle macchine informatiche. Consideriamo ad esempio il principio di sovrapposizione in base al quale oggetti di dimensioni microscopiche possono permanere in uno stato bivalente non definito; cerchiamo di capire come passare dal gatto di Schrödinger ad applicazioni concrete nel campo digitale.

Quando ci si sforza di trovare esempi nella quotidianità che aiutino a capire e spiegare le peculiarità della fisica atomica, si corre sempre il rischio di incappare in grossolani errori che riducono e banalizzano la realtà dei fatti. Nel caso del principio di sovrapposizione sono state ideate diverse similitudini allo scopo di rendere il concetto più comprensibile e uno degli esempi più riusciti è, senza dubbio, quello della moneta che si usa nel gioco Testa o Croce. Prima di posarsi sul piano verso il quale è destinata a precipitare, proprio mentre essa ruota in aria, il suo stato è indefinito, continua cioè ad oscillare in un stato di sovrapposizione Testa/Croce.

Come già detto, ogni esempio che miri a spiegare i paradossi quantistici con oggetti quotidiani, risulterà sempre una forzatura: la fase di rotazione della moneta, infatti, non è un’efficace analogia del principio di sovrapposizione, in quanto mentre la moneta ruota, le sue due facce rimangono distinte e separate. Nel caso di una particella, invece, lo stato di sovrapposizione è a tutti gli effetti una condizione di completa coesistenza di stati diversi, indistinguibili e indeterminabili se non all’atto della misura vera e propria.

A questo punto appare inevitabile che, qualora si desse vita a una struttura di informazione di tipo quantistico, sarebbe necessario rigettare anche la classica schematizzazione del bit inteso come rappresentazione binaria mutuamente esclusiva. Se per creare informazioni elementari si passasse ad usare stati fisici quali lo spin di un elettrone o la polarizzazione di un fotone, la definizione di bit dovrebbe cedere il posto ad una più ricca definizione di qubit.

Cerchiamo di capire con semplici esempi quali grandi opportunità scaturirebbero da quanto detto. Poiché l’elettrone può trovarsi in uno stato indefinito, cioè in una sovrapposizione di stati che possiamo rappresentare tramite i simboli tipici della fisica quantistica, cioè ↑(Spin su) e ↓(Spin giù), allora attribuendo allo stato ↑ (Spin su) il valore binario 0 e allo stato ↓ (Spin giù) il valore binario 1, si perverrà alla conclusione che il sistema elettrone si trova in uno stato che rappresenta la sovrapposizione dell’informazione 0 e dell’informazione 1.

Estendiamo adesso il ragionamento immaginando di costruire un registro costituito da due elettroni, i cui stati stabili di spin saranno quattro (↑↑, ↑↓, ↓↑, ↓↓), corrispondenti ai quattro stati binari (00, 01, 10, 11). Laddove il registro non si trovi in uno stato definito, ma in sovrapposizione di stati, si dovrà necessariamente concludere che il sistema costituito da una coppia di elettroni si troverà in uno stato che rappresenta tutte le possibili sovrapposizioni degli stati delle coppie, cioè 00, 01, 10, 11. In conclusione, in un registro a due celle, possono convivere in stato di sovrapposizione tutti e quattro gli stati indicati perciò, mentre per registrare i quattro valori indicati nel sistema binario classico occorrerebbero quattro registri a due celle, in un sistema quantistico i quattro valori indicati sono contenibili in un solo registro a due celle.

Domenico Signorelli

C’era una volta un paradosso, storie di illusioni e verità rovesciate di P. Odifreddi

«I paradossi sono quasi sempre pure e semplici verità, e il tempo si diverte a sollevare lembi del grande velo che le nasconde», così spesso queste contraddizioni o assurdità si risolvono, trasformandosi in curiosità e, in matematica, anche in teoremi, aprendo la strada a nuovi ambiti.

Così introduce l’argomento Piergiorgio Odifreddi, l’autore di questo interessante libro, che merita di essere letto sia per i numerosi ambiti esplorati, sia per la sottile ironia, che semplifica un argomento non sempre accessibile.

Le sezioni del libro sono dieci:

Immacolate percezioni: ci viene spiegato che le nostre percezioni, i nostri sensi, a volte ci ingannano, perché ciò che vede è il cervello, non l’occhio – come è stato intuito da Keplero già all’inizio del XVII secolo.

L’arte dell’illusione: si parla dell’arte figurativa, ovvero della rappresentazione bidimensionale della tridimensionalità o della rappresentazione statica del movimento. Gli effetti paradossali creati dalla prospettiva hanno spesso indotto gli artisti a correzioni prospettiche delle loro opere, come dimostrato dal Partenone o dal campanile di Giotto.

Cose dell’altro mondo: Odifreddi ci svela quelle che, secondo lui, sono le idee astratte sulle quali si basa la nostra cultura e che finiscono per rivelarsi paradossali. Dai paradossi dei sensi, si passa quindi ai paradossi della ragione.

Immacolate concezioni: le strade diverse intraprese da Occidente e Oriente e le immagini del mondo sviluppate da questi due mondi sono spesso antitetiche, visto che da un lato c’è il realismo, dall’altro l’idealismo. A causa di questa opposizione radicale, l’immagine dell’uno appare paradossale all’altro e viceversa. Solo con il Novecento, con la relatività e la meccanica quantistica, queste due diverse realtà sembrano convergere: con questo capitolo, Odifreddi ripercorre brevemente le tappe di questa storia.

Storia apocrifa di un mentitore: il capitolo è dedicato al paradosso del mentitore e alle sue diverse formulazioni filosofiche, che nei secoli ne hanno mutato la forma.

La corsa nel tempo della tartaruga: i paradossi di Zenone (V sec. a.C.) esprimono l’impossibilità del movimento, ma aprono anche la strada all’infinito. La storia dei paradossi percorre i secoli, attraverso numerosi personaggi, fino ad arrivare alla raffigurazione visiva del paradosso da parte di Escher. 

I para-doxa della democrazia: per George Bernard Shaw, «l’avvento della democrazia ha sostituito la nomina di pochi corrotti con l’elezione di molti incompetenti» e la logica con i suoi teoremi è forse ancora più pungente. Così scopriamo che il vincitore, fra molti candidati, dipende dall’ordine in cui vengono effettuate le votazioni e Amartya Sen ci informa, negli anni Settanta, che in una società al massimo un individuo può avere dei diritti. 

Sguardo paradossale al futuro: Odifreddi cerca di rispondere alla domanda se la logica possa essere d’aiuto nel prevedere il futuro.

Mucchi, smeraldi e corvi: rispetto alla scienza, la matematica cammina in avanti, dagli assiomi ai teoremi, mentre la scienza parte dai dati sperimentali per indurre leggi fisiche. Eppure, nonostante questo cammino privilegiato, anche le nozioni matematiche non sono immuni da paradossi.

Dai paradossi ai teoremi: i paradossi matematici sono stati responsabili di una revisione, un progressivo cambiamento di prospettiva e quindi, da errori di ragionamento, sono stati elevati al rango di teorema. L’incommensurabilità della diagonale del quadrato rispetto al lato è diventata la dimostrazione dell’irrazionalità della radice di 2, i paradossi di Zenone sono diventati la dimostrazione della convergenza di un serie infinita, il paradosso del mentitore è diventato il Teorema di Incompletezza di Gödel, la scoperta delle radici di numeri negativi nella soluzione delle equazioni di terzo grado ha permesso l’introduzione dei numeri complessi e il paradosso del barbiere ha stimolato la formulazione assiomatica della teoria degli insiemi.

Daniela Molinari

Informativa

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Le migliori scoperte scientifiche del 2013 per la rivista Science

La rivista “Science”, come ormai è tradizione ogni fine anno, ha passato in rassegna i principali studi scientifici del 2013, per stilare la classifica delle 10 migliori scoperte scientifiche, i cui risultati porteranno notevoli innovazioni nel campo della ricerca e i risultati verranno ricordati nel tempo.

Se le scienze biomediche risultano protagoniste indiscusse della classifica, non mancano però importanti scoperte per i raggi cosmici, che si originano dalle supernove e nuove prospettive per le celle fotovoltaiche a basso costo. Scorriamo insieme la classifica delle 10 migliori scoperte scientifiche.

Al primo posto della classifica di Science c’è l’immunoterapia contro i tumori. Una terapia innovativa che non consiste nell’attacco diretto della massa tumorale, bensì l’ingegnerizzazione delle cellule T, al fine di renderle più aggressive nei confronti dei tumori.

Il secondo gradino del podio ci porta nel campo della neurochirurgia genetica. Troviamo infatti il bisturi genetico, ovvero una proteina batterica denominata Cas9.

Medaglia di bronzo per le celle solari a perovskite. Un nuovo tipo di celle fotovoltaiche, più economiche rispetto a quelle tradizionali, a base di perovskite, un minerale composto da ossigeno, titanio e calcio.

Numerosi gli studi effettuati nel 2013 su un nuovo modo di progettare vaccini con la biologia strutturale, che ottiene il quarto posto.

Segue CLARITY e il cervello trasparente, una nuova tecnica di imaging che permette di rendere trasparente un organo così importante come il cervello.

Sesto posto per i mini-organi riprodotti in vitroattesa scoperta secondo la quale i raggi cosmici che colpiscono la Terra provengono dalle supernove, le esplosioni che interessano le stelle giunte al termine del loro ciclo vitale.

Nel 2013 sono stati fatti numerosi passi avanti nel campo della ricerca sulle cellule staminali. Uno dei principali studi in materia, ha dimostrato infatti di aver clonato embrioni umani e di averli usati come fonti di queste cellule, aggiudicandosi l’ottavo posto.

Al nono posto la risposta ad un interrogativo che riguarda la nostra vita quotidiana: perché dormiamo? secondo i neuroscienziati che hanno risposto alla domanda è che con il sonno il cervello si ripulisce.

Gli studi sui microbi degli esseri umani ottengono infine il decimo posto.

“Io scelgo, Io studio”: la campagna per l’orientamento scolastico promossa dal Miur

Prenderà il via a Gennaio, dopo le vacanze di Natale, la campagna per l’orientamento “Io studio, Io scelgo” firmata dal Miur e dedicata agli studenti delle scuole superiori di I e di II grado. Un vero e proprio set di risorse messe a disposizione dei ragazzi alle prese con un interrogativo la cui soluzione appare sempre più ardua anno anno dopo anno: “Cosa farò dopo la scuola?”.

Per aiutare gli studenti delle scuole medie superiori e inferiori nelle scelte scolastiche o lavorative da affrontare dopo la licenza media o la maturità, il Miur ha disposto una serie attività per potenziare l’orientamento a scuola. In particolare la campagna “Io studio, Io scelgo” prevede un sito web per permettere agli studenti di ”conoscere le opzioni in campo”, uno spot tv per sensibilizzarli a una scelta consapevole e informata, e ancora un gruppo di esperti per indirizzare e orientare i ragazzi.

Da quando il Ministro Carrozza si è insediata da subito ha messo in chiaro il ruolo forte che l’orientamento avrebbe avuto nei suoi piani per la scuola italiana, e in occasione della presentazione della campagna ha dichiarato: ”Dopo anni in cui non veniva stanziato nulla con il dl ‘L’Istruzione riparte’ abbiamo previsto 6,6 milioni di euro per l’orientamento. Con le nostre indicazioni e l’investimento ad hoc vogliamo aiutare scuole e studenti a raggiungere l’obiettivo di scegliere presto e farlo bene”. Il futuro delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, ha aggiunto il ministro, ”dipende dalle loro scelte di oggi. E’ per questo che l’orientamento deve svolgere un ruolo fondamentale all’interno dei percorsi scolastici, per aiutare gli studenti nelle loro decisioni, indicare la via migliore per seguire le proprie inclinazioni e farlo presto, perché le sfide e la competizione che abbiamo di fronte sono ormai globali”.

Sul sito web www.istruzione.it/orientamento gli studenti potranno accedere a diverse sezioni in cui ricevere informazioni utili per comprendere che tipo di percorso di studi o lavorativo intraprendere. Alcuni esperti designati dal Miur risponderanno alle domande degli studenti via mail, inoltre nella sezione #iohoscelto, professionisti di vario tipo, come la scrittrice Chiara Gamberale, l’astronauta Luca Parmitano, lo chef Bruno Barbieri, e il regista e conduttore Pif racconteranno le loro esperienze in brevi video.

Serena De Domenico